Il tragico fatto di Albano Vercellese

Il tragico fatto di Albano Vercellese Il tragico fatto di Albano Vercellese lì pro-Sindaco e una guardia municipale davanti al giurati ' (Corte d'Assise di Torino) Ieri mattina è cominciato davarti ai giurati il processo per il tragico fatto di Albano Vercellese, che tanto appassionò la cittadinanza di Vercelli. Ricordiamo le cause e i fatti brevemente, come, risultano dall'atto d'accusa. .Nel palazzo comunale di Albano, nell'autunno del 1 '.120, era stata murata da ciucila Amministrazione comunista-socialista, colla autorizzazione dell'autorità prefettizia, una lapide alla circa due metri, col nome dei compaesani caduti in guerra e una iscrizione la tinaie fu poi tolta, dopo il sanguinoso episodi.), dall'autorità governativa, l-a iscrizione diceva: « Ai morti — che dettero ignari la giovinezza alla causa del capitalismo — l'Amministrazione Comunale di Alba.no Vercellese — negli albori della rivoluzione proletaria — rivolge il pensiero. — Dal loro sacrificio immane — divampa alta la fiamma, distruttrice — o s'eleva severo il monito — incitante i lavoratori de) mondo alla riscossa ». Ora avvenne che una consimile iscrizione, posta netta casa comunale di Andomo, ve nasse distrutta da una spedizione di fascisti milanesi, per cui di sindaco di Albano, Pietro parità" iVàre"(ÌiTuUaUdallo -oa«alà. ShMvolS to di cui diciamo piò sotto. Il Sala dispose ul-1 lora che le due guardie comunali si appo- ;stas-sero nell'edificio scolastico di fronte alla lapide dove, da una finestra munita di solida »'»a',i ,^«,neavre,5b&ro P0lul° Si" I gnoreggiare la situazione |Sandreui, resirte-nie in Andomo perchè segretario di iìii."I Municipio, scrisse al suo assessore anziano, con funzioni di pro-sindaco, Francesco Sala, contadino, invitandolo alla più rigorosa vigilanza. L'accusa afferma che questa lettera — contenente disposizioni ben esplicite stesso pro-sindaco Sala, per non coinvolgere anche il Sandra iuli ex-combattenti di Vercelli non nasco- sero le loro intenzioni. La notizia che si sarebbero recati ad Albano non fu tanto un ndstero; e l'Accusa vuoe che ne iosse edotto lo stesso prosindaco poiché la vigilia del rat- | taccio, dopo avere ripetuto l'ordine alle due guardie di appostarsi nell'interno della scuola comunale, se ne parti per Vercelli non ritornando in paese che all'indomani. Il prosindaco afferma invece che vi' si recò per urgente necessità del suo ufficio e non per togliersi da eventuali responsabilità. X La notte dunque del 7 gennaio una squa- ! dira di 9 giovaiM, delia quale faceva parte ili noto campione di foot-ball Aldo Milano, par- uva verso la mezzanotte da Vercelli sopra [ un camion per Albano col proposito di smu- tare la lapide. Giunti in paese, si erano ap- na accinti al lavoro che la guardia Dell'Olmo Pietro affacciatosi alla finestra, interpretando alla lettera l'ordine ricevuto, lasciò partire un colpo di moschetto a mitraglia contro il gruppo del <) fascisti che si trovava a due o tre metri di distanza. L'altra guardia non sparò e non 6 a giudizio.. Rimase ferito il fascista Vittore Dolimele a un braccio: e gravemente all'addome Aldo Milano che mori la sera stessa all'ospedale di Vercelli, il Dellarole guari in 40 giorni. Il Dell'Olmo venne subito arrestato e In seguilo alla sua deposizione veniva tratto in arresto pure il prosindaco. Ieri i due sono comparsi d'avanti alla nostra Corto d'Assise dove il processo, da quella di Vercelli, è stato rinviato per legittima suspicione. Il Dell'Olmo b impiliate di premeditato omicidio e mancato omicidio: il Sala di correità coH'aggravanto di avervi contribuito, servendosi della sua qualità di pubblico ufficiale. Cìli interrogatori Al proevsso assiste molto pubblico specialmente composto di vercellesi. Presiede il barone Daviso; Proc. Gen. il corani, avv. Pellicani cancelliere Vittonatto. Alla difes». del Dell'Olmo siedono l'aw. Poddigue e ,'aw, Gabazio di Vercelli- Il Sala à difeso dall'on. aw. Savio e Cantano di IMella. La famiglia Milano e il ferito Dellarole si sono costituiti Parte Civile coli'assistenza dell'avv. cemm. Bozino di Vercelli. Esperita le consuete formalità il Prcsiden te procede all'interrogatorio della cuardia Dell'Olmo- Egli narra: k iala Francesco a me e all'altra guardia Brignone aveva dato l'ordine di vigilare la lapide sparando addosso a citi si fosse avvicinato. L'ordine ha ripetuto la sera de] 6. » Andate — ci disse — nella scuola dove snrct2 riparati ». Io ero riluttante perchè faceva freddo. Entrò il maestro don Banchetti e ti fece osservazione vedendoci entro la scuola. Poi se ne andò dicendoci: «State attenti che non vi succedano disgrazie!»Ci siamo coricati verso le due quando udii dei rumori. Capimmo che si martellava la lapide. Siamo saltati In piedi. Sala ci aveva dato preciso ordine di sparare sotto la sua responsabilità, a chi toccava Ir lapide. Presidènte- — Ma non gii avete osservato clic era un ordine un po' straordinario!.... — Io rammentando l'ordine, supponendo die gli uomini fossero armati, non sapendo come difendere la lapide ho sparato un colpo senza volere fare male a nessuno... Presidente: — Avete sparato contro un cnipBO di gente a pochi passi. Avete colpito il povero Milano nel ventre- — Ma io non credevo, non sapevo. Ali pareva d'aver sparalo in alte... Presidente: — Avete sparato con un moschetto mili'are che colpisce a mille metri, ed n mitraglia. Proci Gen. : — E avete sparato ben riparato da una finestra protetta do un'inferriata •Presidente: — Badate che l'ordine ricevute dal vostro sindaco non ri scagiona! Neppure la forza pubblica spara senza avviso o intimazione. Sparare senz'altro, siila cieca, contro gente che non si sa ehi sia. senza dichiararvi guardie, senza dare ordini, come s« =i sparasse contro un cane rabbioso che passa, sono cose da selvaggi... Imputato: — Ero egitato. Non so come avessi il fucile. Aw. Bozino: — Nessuno accorse, neanche quel don Bianchetti, maestro di scuola e prete, neppure il medico. A tanto si arri vói 1,,'avv, Bozino chiede all'inimitato se il Ss3a avrebbe detto a sua moglie che non -oto non gli sarebbe piaciuto di sparare sul gruppo, ma avrebbe sparato sui morti. Difensori: — Non ò un cannibale! Chlacehiere di donne. Avv. Bozino : — E' stato dette. E si vedrà dj piò: che si impedì al fratello d1 avvicinarsi al morente, e il cadavere, mentre lo -i trasportava, fu preso a sassate. A dimostrare l'attaccamento alla consegna della guardia Dell'Olmo, la Difesa esibisco un documento da cui risulta che l'imputato, soldato al fronte, un giorno dal suo capitano fu posto di vedetta in una località avanzala. Poche ore. dopo 11 capitano retrocedette con i suoi compagni, dimenticando di ritirare la vedetta. Il Dall'Olmo, avvertito del fatto da un graduato e invitato ad andarsene, non volle lasciare il posto, o scrupolosamente vi rimase per ben due giorni, e cioè (Ino a tanto che il capitano che gli aveva dato la consegna non andò a rimuoverlo. E' interrogato il prosindaco Sala. Presidente: — Ammettete dì avere dato mieli'ordine? — Imputato: — Se permetto parlerò, ma in dialetto perchè non so esprimermi bene. Aw. Bozino: —Ma nei comizi parla bene! Aw. S'ivio, difesa: — Lei non lo ha mai sentitoli Sala narra che fu eletto prosindaco per volontà del ponolò e dà schiarimenti sul come fu informato delle intenzioni dei fascisti. Le lesse sul giornale La Sesia. Dice inoltr che aveva dato gli ordini di vigilare la la nlc,e, aU,° enarrile, stando rinchiuse nella scuola che sia di fronte, ma senza specificare di sparare. Al nell'Olmo c a sua moglie disse soltanto che non c'era da aver paura, poiché tanto suo manto quanto l'altra guardia erano annate di rivoltella e di moschetti. In sostanza afferma che per dovere del s,,° uR1cil1 si a''son'0 il ^mo ™'iTna flel ^.pernottò a Vergili e ritornando al mal- gli disse ^Vnti" ma *wevTVolnitn''uno' ÀnrfrV ir?°fn?-" n™c& ™,a r„ r-pr^mari arrivato da vefcelli fn^lo»^ t?SKr?«^tóf ntawdiè"°^S%MJte^Wmtò^S&. ProrondaHcommozio^e,f,tan,toS che* use per non svenire. L'essenziale è sapere rrtie- Per non svenire. \vv. Bozmo- gt0. E- Vp'ro '0 npll è verb .h ■ dato ordini precisi di sparare e onesti or ditti sono consacrati in parecchi verbali? imputato: - lo avevo detto alle mie guardie che dovevano difendersi. Aw. Bozino : — Ma se erano chiusi in IscuoJa, colle finestre protette da inferriata Il Precidente legare lì primo interrogatorio (leu imputato in cui effettivamente confessa di avere dato espliciti ordini di sparare contro cliiimime avesse tentato di danneggiare quella lenirle, ' ' „^?'«l 0£dlgu!:,~ E vcr° ^ne la vigilia del- fatto limoniate si recò nella casa della guardia a ripetere l'ordine di sparare? L'imputato nega, ma l'aw. Bozino cita un verbale d'interrogatorio del Sala in cui af , = ™ m cui af¬ ferma di essersi recato una seconda volta a ripetere l'ordine. Vittorio Dellarole, ex-capitano d'aritolieriaricostruisce le vicende di quella tragica not te e ricorda che a metà dell'operazione èall il Milano e il Charbcmnet si portarono veri i.p ta finestra a pianterreno della casa antistante (la scuola) e. bussarono ai vetri col{intenzione di avvertire le persone che sembrava vegliassero dall'interno, circa le intenzioni del gruppo, a Desideravamo cioè — aggiunge — die m-m ci si credesse dei ladri volevamo dire che si voleva sempllcementw togliere quella scritta ingiuriosa. Bussando alla finestra chiamai due volte dicendoReverendo. Ritenevo infatti che la casa fosse abitata dal parroco. D'improvviso due fucilate furono sparato dall'interno: una mi fe n al braccio, l'altra colpi'in pieno il povero Milano che stramazzò con un urto. c Bori erano fascisti La P. C. vuole a questo punto sia posto te rilievo che la comitiva era composta non di fascisti ma di ex-combattenti Il testo conferma od aggiunge clje i'1 Fascio fu formato più tardi, cioè dopo l'uccisione del Milano. Quella notte nè lui r>è i suoi compagni portavano armi. E' interrogato il fratello dell'ucciso, Giuseppe Milano, il notissimo foot-baller. SI e costituito P. C. e ciò da motivo ad un os. servnzkme dell'avv. Poddigue il quale ricorda clie il povero Milano morente perdonò al suo uccisóre. Avv. Bozino. — Ricordi, avvocato, che si tratta del fratello dell'ucciso. Il testte rievoca la ferale notizia che lo feco portare subito ad Albano, presso il fratello che giaceva insanguinato e senza soccorsi sotto un portico della piazza. Quando l'automp-bile, nel quale si trovava col dott. professor Prest.ifari di Vercelli, giunse sul posto, una ottantina di persone impedi loro di prn seguire. Occorsero preghiere e insistenze per potere avvicinare il povero ferito. Egli non aveva ricevuta cure di sorta dal dottore di Albano. Il teste Milano aggiunge che si recò a parlare col Dell'Olmo il quale ai suoi rimproveri, freddo e cinico gli rispose: » Ho fatto il mio dovere ». Narra che il povero suo fratello morendo ebbe parole di perdono per ehi l'aveva ucciso. Ciò nonostante, quando l'autolettiga lo trasportava a Vercelli una turba eli fece una dimostrazione ostile. Presidente: — Coso da selvaggi! S'interroga il dott. prof. Prestmart. Avv. Bozino: — E' vero che entrando In paese una turba di gente non voleva che il camion procedesse? — E' vero. — E quando fu trasportato il ferito? — Il ferito fu trasportato da un autobus seguito dal camion dove c'oro io col f-atollo, del povero morto. Non so quale accoglienza abbia, avuto il primo convoglio; so che il mio camion fu accolto da fischi, e da sghignazzate. Il testo ammette che In quel momento ci fu molta confusione. Aw. Bozino: — Anche nel rio't. Cuzzotti che aveva lasciato vestito il ferita con. quel po' po' di squarcio nel ventre?! — Disse elio non aveva osato svestirlo per timore di complicazioni. Avv. Bozino: — Svestirlo no, ricoverarlo in Albano no, ma mandarselo fuori dai pie,di sì, spedirlo a Vercelli si. Toste: — Però aveva fatto delle iniezioni. Aw. Bozino. — Delle iniezioni', eppoi non si .'ece più ve'ere. Erano eli ordini ricevuti; Brignone Francesco, d'anni a'irto? ai tualmentiì guardia comunale di Albano. Era di appostamento nell'aula scolastica Insieme a,l Dell'Olmo la notte fatale. Dichiaro che nei primi di dicembre il Sala gli fece leggera una lettera del sindaco Snntlretti in cui costui affermava che la lapide doveva essere ad ogni costo vigilata. Verso i primi di gen nato, il Sala gliene mostrò una seconda sei;. za leggergliela. Gli disse che conteneva altre sollecitazioni a sorvegliare la lapide. Presidente: — Ma in sostanza quale ordine aveste? , , , — Era di sparare a chiunque si avvicinasse alla lapide (.impressione). Avv. Bozino: — Mi pare chiaro... Il leste, racconta clic vide vicino alla lapide inque persone. In quel mentre arrivò il suo compagno che Imbracciò il fucile e sparò. — E lei perchè non sparò? -- lo non sparai perchè non mi spettava. Era lui il più anziano {ilarità frauorosu, cornine nti). — Ma se lei fos>e stato più anziano avrebbe sparate? — Non so quello che avrei fatto. Certo che 'ordine era di sparare. S'inizia una vivace discussione fra gli avvocati e il P- G. circa il permesso prefettizio che sarebbe stato concesso per l'apposizione di quella lapide. P. G. e Presidente stentano a credere che un tale permesso sia stato dato. L'aw. Bozino in ogni modo nota che adesso non si tratta di fare il processo al sottoprefe'tto di Vercelli, ma agli uccisori del Milano. De Sinioni, vice-commissario di Vercelli, ricorda come avvenne, il fatto, secondo lo deposizioni raccolte, interrogalo il Dell'Olmo, questi disse che aveva ricevuto ordino di sparare contro chiunque si fosse avvicinato alla lapide. L'altra guardia, il Brignone, confermò anche in un confronto col Sala, il quale del resto in sua presenza ammise dì avere tato ordini tassativi. Avv. Savio : — Ma scrisse lei il verbale. Si ripete la discussione sul permesso elio sarebbe occorso per la lapide. Il teste afferma che il Prefetto ignorava il tosto di quella lapide. Non occorreva alcun permesso. La legge non ne parla. Esige il permesso per af figgere un manifesto, ina non .per murare una lapide. Avv. Savio: — Impossibile. Il permesso fu chiesto e fu concosso. Teste: — No, no. Il Prefetto intervenne dopo, anche in altro occasioni, per ragioni d'ordine pubblico. 11 cap. Giuseppe Zaffagnini, dei Reali Carabinieri, ripete quanto ha già dotto il vicecommissario. Le dite guardie gii confermarono gli oidini ricevuti e lo stesso Sala li confermò senza indugio. Soltanto quando si tratto di mettere a verbale le sue dichiarazioni, incominciò a nicchiare, a tonteii na re. Aw. Carpano : — E' naturale. Voleva si scrivesse la verità. Gibbone Pietro, brigadiere dei carabinieri di Àrbore, da cui dipende Albano: si recò sul posto ed ebbe le primo dichiarazioni del nell'Olmo. Presidente: — Aveva visto e letto quella lapide? — Si. — E non l'aveva trovata... straordinaria 7 — Si, e ne avvertii il mio tenente, il quale mi risposo che stavano facendosi le prandio per rimuoverla. li teste aggiungo che sapeva degli ordini partiti dal segretario di Aiulorno e di quelli emanati dal suo fac. funz. di sindaco, il Sala. Questi non gli nascose, infatti, di avere dato ordine.di far fuoco. Presidente: — E lei non si curò di ammonirlo?... Aw. Carpano: — Segno che non trovava nulla di male in quelle parole Presidente (al teste): — Però, se un'altra volta sentirà del sindaci cosi virulenti, ri cordi loro la moderazione... Aw. Bozino: — Si chieda se in tasca al morto, Milano si trovò la copia di un.i, iscrl zione, che doveva essere messa al posto del l'altra. E' come- la risposta dei morti ai vivi. Milano: — Sì, l'aveva in tasca del pa letot lett. L'iscrizione da sostituire L'iscrizione dice: «Non rimpiangete i nostro martirio, nò disturbate la nostra pace non spetta a noi definire il sacrificio perdio del sacrificio noi siamo generoso simbolo e sintesi purissinfa — non spetta voi parlare a nome nostro, perchè noi ab biamo parlato, morendo, a tutti, per il bene di tutti. — Tacete ed onorateci. — La Patria è errando, per il nostro silenzio, non per le parole vostre. — Tutto è vano sotto di noi e noi siamo snpra tutto e sopra tutti. Onoratoci e tacete -.>.- E' interrogato il brigadiere dei carabinieri Cavìddu. Fu la prima Autorità che arrivò sul posto. Chiese chi aveva sparato" e Dell'Olmo risposa: « in. per ordine del vice sindaco ». Si rivolse allora al Sala, c quest confessò che era stato lui ad ordinare di « sparare, difendendo la lapide a tutto ol tranza ». Il marchese Arborió di Gattinarn. residen te in Albano, narra clic la moglie di nell'Olmo gli narrò delle pressioni ricevute dal Sandrefti per sorvegliare la lapide. GIJ narrò pure che il Sola aveva v.into le riltittahz del marito ricordandogli che. era sfato sol dato e doveva coi-v> riarsi come se fosse in trincea. Presidente. — Già, perchè era rinchiuso nella scuola ' Il teste aggiunge che ai rimbrotti della moglie nell'Olmo,'il Sala rispose che non aveva nulla da temere perchè si assumeva tutta lui la responsabilità-. Avv. Bozino. — E si è visto. Il teste aggiunge : — 11 nell'Olmo è un povero diavolo, molto chiuso. Credo abbia agito per nauta di perdere il posto. Avv. Poddigue. — Non per malvagità. A domanda della P. C. il teste afferma che i! Sala aveva un enorme ascendente sulle masse. E ancora a domanda dell'imputato, il teste ammette di averlo avuto alle sue dipendenze ed esserne staio contento « Di più, era uno di quei capU'ega che differenza di tanti altri — aggiunge il test — metteva tutto il suo ingegno perchè i patti agrari fossero osservati Avv. Savio. — Siamo lieti di questa dichia razion L'imputato Sala ricorda con un lungo di scorso il suo servizio compililo in guerra, suo senso di disciplina, il dovere sciupi seguito con -fedeltà ed onore. Presidente. — E perchè hai cambiato tutto d'un tratto Imputato. — Fu una gran disgrazia. Se l'avessi sapulo avrei lasciato portare vi anche il Municipio ! Antoniotti Diodct'o ripete in sostanza quante ha .affermato il marchese .Arborio ciò ch'ebbe u dire la moglie della guardi Dell'OÌmo. E a questo punto l'udienza è ri mandata a stamane. M.