Memorie di G. Verga

Memorie di G. Verga Memorie di G. Verga a a r a o z . - - l e a o » a a » i a l e o l e i l o i n d e l a - , i i i i o a o i » a a o — La data di nascita di G. Verga è stata dub bia per molto tempo, e solo (rùniche unno fa si è potuta accertare, grazia alia • insistenza di Benedetto., Croce presso lo scrittore. La lettera eh? ir. queiroc.cnslone Giovanni- Verga scrisse ni idosofo napoletano è oltremodo cnrntierlsiica per la determinazione della sua psicologia romita e delle singolare trascura n^a di quanto riguardava se stesso. E però la riportiamo dalla Critica [io gennaio 1916): « Illustre amico. « Sono sialo al Municipio per avere la data precisa che delirerà conoscere: — 31 agosto ISÌ0. Catania, lo Invece crederò fosse il il. oppure i'H settembre dello slesso unno Eccomi duni/uc pili vecchio di. una settimana, ma sempre con granÀà slima ed affetto per Lei. « Suo: O. Verga » 11 futuro romanziere usciva da una di quelle nobili famiglie siciliane che. appartate nei loro feudi ereditari e remote da] fervore moderno ili cultura, s'irrigidivano nell'austerità di una tradi'/ione aristocratica senza splendore. Il feudo della famiglia Verga era il minuscolo borgo di Vizzinl, non lontano da Catania, dove 11 padre dello scrittore, Giovanni anche lui, si era infine trasferito. Malgrado ie origini spagnuole (un Lajn, Gonzalo de Versus era venuto di Spagna in Sicilia con re Pietro d'Aragona, al tempo dei Vespri!, e malgrado le abitudini' chiuse, un sonio vivificatore vi era penetralo, attraendo il nonno del romanziere, un altro Giovanni, alle idep liberali ed alla. Carboneria. Un gruppo carbonaro fu Istituito In Vizzini, di cui fu capo l'avolo Giovanni, che, per tale qualità, fu eletto dai concittadini e confratelli deputato al Parlamento siciliano del 1812 Tutti questi ricordi, conservati gelosamente dalla famiglia, dovevano vitalmente fermentare nella fantasia del nostro giovinetto che, secondo la consuetudine araldica, aveva diritto come cadetto al titolo di cavaliere. S.a -vittoria di CnlRtnfitni Quando l'adolescente fu iscritto, secondo il paterno volere, alla KncoHft giuridica della Università, con l'intento di uscirne laureato in ulroque, Catania risentiva l'animazione dei tempi nuovi, che dava brividi di speranze ed impeti di azione alla giovinezza italiana. L'autore di Amore e Patria, in cui è celebrata la redenzione americana, a diciottu anni potò seguire con animo ansioso gli annunci di redenzione della Pai ria sua. Le incertezze e le commozioni di quei giorni preparatori gli dettarono le TJrime pagine del romanzo 7 Carbonari della montagna, quando lo sbarco di Garibaldi a Calafatimi e l'avanzata per la Sicilia io strinsero imperiosamente a rivivere il suo romanzo sulla stessa realta viva. I ribelli' dell'Etna si apparecchiavano a liberare Catania dalla guarnigione borbonica, quando un ufficiale di cavalleria si presentò alla casa del Verga per occuparne il cortile a soopo Ai- difesa. Lo zio dello scrittore non soltanto ebbe la forza di ricusarsi, ma diede ordino che si chiudesse il portone Scrisse Giovanni: » ...I bollettini del generale Clary ci annunziarono la vittoria di dilatatimi. « Non si tratta più che di fare gli onori di casa a Garibaldi. — l'Eroe dei Picciotti. — E un pugno di Picciotti in guanti gialli organizzò il festino, di cui Clary pagò le spesu. « ... Ebbimo un giorno di lutto, si. Ma che vale. Non uno pensavo che l'indomani quella bandiera che aveva sventolato fra il fumo del combattimento all'altarino dei Quattro Cantoni, non vovesse mostrarsi al Palazzo di Città. « Alla nostra volia ripresimo ì capitoli che dormivano da qualche mese in mezzo alle ansio supreme dell'aspettativa dell'aprilo 1860. Li ripresimo con slancio... e poi, ci si perdoni il peccato, in quel momenti ci parevano belli, ci pareva di combattere la nostra battaglia morale ai Borboni e a Clary. « ...In capo a qualche tempo scrivevamo un bel Fine maiuscolo, il bel sogno di ogni autore, in fondo all'ultima pagina, e aspettavamo il buon vento per pubblicarli ». Terminato il romanzo, Giovanni doveva presentarsi agli esami di laurea. Si presentò, invece al padre, munito dei suo manoscritto, per dichiarargli con rispetto ma con. fermezza ch'egli non si sentiva di fare l'avvocato. Inolile buttar fatica e sprecar denari per il diploma, che non gli sarebbe servito. Unica sua volontà era di far pubblicare il romanzo. Bisogna riconoscere che il nobile genitore non si ostinò a contrastare i propositi del figlio. Fece di più. Ecce slampare il romanzo a spese della famiglia, in quattro volumetti ora introvabili. Cosi al giovane romanziere, con l'aiuto del padre, si apriva la via segnata dalla propria vocazione. Fra i campi Negli Sludi sulla letteratura contemporanea Luigi Capuana scriveva nel 1882, a proposito della Cavalleria rusticana del Verga, edita la prima volta nell'80 col titolo di Vita dei Campi : « Il romanziere è ritornato fra i campi della sua Sicilia, in qupll'angoio dell'isola che sta fra il monto Lauro, le colline di Vizzini e la vasta pianura di Mincò ». Cosi Giovanni Verga aveva ritrovate nei luoghi, che furono l'origino della sua famiglia, tutte le note accese della sua Cavalle-, ria e tutte quelle roventi dei Malavoglia e di Mastro Don Gesualdo. « I personaggi della Vita dei Campi — scriveva il Capuana — hanno esistito realmente; e l'autore non ha fatto che degli studi dal vero. Quella Lupa io l'ho conosciuta; tre mesi fa, tra le collino di Santa, Margherita, in quel di Mlneo, passavo pel luogo dov'era una volta il pagliaio di lei, fra. gli ulivi, presso una fila di pioppi che si rizzano gracili e stentali sul terreno umidiccio. Ella abitava li per dei mesi interi, specie nel settembre e nell'ottobre, quando i fieli 1 d'India erano maturi. Si vedeva rllta, innanzi il pagliaio, all'ombra del rami di un ulivo, in maniche di camicia, col fazzoletto rosso sulla testa, spiando le viottole, pallida come se avesse sempre addosso la mutarla, in attesa di qualcuno che doveva arrivare dalla Arcui'a o dai Sai-acini o dalla Casa di mezzo, o da sopra la Rocca. Spesso la s'incontrava alla 'lena, china sulla lastra di pietra, accanto al ruscello, apparentemente per l'avare i panni, in realtà per fermare tutti quelli che passavano e attaccare discorso. Più spesso si .vedeva andare di qua e di là per la campagna, sola come una cagnaccio, con Quell'andare randagio e sospetto della lupa, tale quale il Verga l'ha superbamente dipinta. Ora il pagliaio è distrutto, e quell'angolo di collina deserto». Dalle campagne selvaggie di Vizzini, che furono il principale teatro delle 3ue notazioni reali. Giovanni Verga se ne riveniva in Catania, dove ordinava i suol appunti e dava torma compiuta 'alle opere, Nell'alter¬ npr—ofoVcocicstredvtalocagddVadfovl'nrmdmmrnleEdUcCalelbrvctieddrsqmattumtifCcmsstvzrqipcsradllDfatto«tol aDCnacsaluTnocTutGBLMDPVDMmIO gnativa di questi due soggiorni, — non sapremmo quale dei rjue fosse 11 più solitario, — è passata la più gran parie della vita che oggi si Ironca. « Un senso di raccoglimento caldo e profondo » dominava l'interno del palazzo dei Verga. 11 Villaroel, che ,lo vlsilò nel 191S. così descrive le stanze vedute: « Da un uscio aperto s'intravede una lucida fuga di camere. Nell'ultima : io .specchioiio giallo di un Ietto di ottone. Dalla stanza n.ttUjua al salotto scorgo uh lembo rettangolare di scaffale da biblioteca: tutto di legno oscuro, massiccio e scolpito. Nei vani: lunghi ordini di rilegature cupe, dalle targhette rósse e bianche in pelle. Nel salotto, ovattato di tappeti la bolla tesy canuta di Giovanni Verga balza viva e signorile da una pittura a fondo scua'O, operai dt un giovane artista di talento, ammiratore del maestro. « L'attesa non si prolunga mollo. Giovanni Verga non ha l'abitudine' di inchiodare in anticamera i suoi Visitatóri. Semplice, modesto, senza posa e senza tono, giunge infoiti sorridente e sereno. Ma nella espansività misurata dei suoi modi si sente sempre l'aristocratico dello spirito, del signore generoso e benevolo ». In questa casa raccolta e severa il maestro ricevette tranquillamente le novelle dei vaimi trionfi e del proprio riconoscimento tardivo. Sia corriH(>ondeiiKa Dalla corrispondenza con Dall'Ongaro emorge l'amicizia col Rapisardi. cesi sappiamo dell'amicizia col Capuana, con Salvato, re Di Giacomo, col Giacosa, col Grada. Aia nessun fatto importante ha mai allacciale le vite di questi uomini alla vita del Vergi. Egli viveva « in alto, fuori ' delle scuole c. delle chiesuole », com'ebbe a dichiarare a Ugo Oielfi nel colloquio che questi ebbe con lui nell'agosto del 1849. Pertanto al Capuana, nell'occasione del giubileo dedicò alcune righe gentili- «A Luigi Capuana fu* legato con fraterna comunanza di simpatie letterarie e di intenti (in dagli anni pia belli di caldi entusiasmi di aspirazioni inarrivabili e di lavoro fervente. Ora. come lo vedo dopo tanti anni, nella stessa fede alacre al suo lavoro infaticabile senio coll'ai;tico affetto un'alfa riverenza per quella feda e per quei lavoro costanti ». Dalle lettere scritte a Di Giacomo, apprendiamo come egli si schermisse da onci-i e da incarichi: «SI, caro DI Giacomo, ù varissimo che non 'faro parie' della Commissione per le commedie da premiare. Non io quel che ne pensino Martini e De Rcdju.k, ma io fin dalla prima ed ultima nostri adunanza, ho detto e predicato, o dichiarato chiaro e tondo che non credo alia opportunità, stavo per dire aila sincerità del premio, oggi. E quanto alla giustizia distributiva di esso, lascio che vi pausino 1 posteri, fra cinquiu.fauni .. (Dicembre 13S9) <•". E ratino doi \ « Sapete clic ! , piantato la b'ara.cca dèlia Commissione drammatica? Che volete, certa cose mi fanno maio allo stomaco, i malgrado il desiderio di non mostrarmi, scortese, nò di posare a riformatore, non .ho saputo fare a meno di lavarmene le mani » . Nel 1903, in attesa della prima, rapprcscrtazione del dramma: Dal mio al tuo, riscrive eri Di Giacomo: «Nel punto di affrontare anch'io il giudizio della platea, rileggo li vostro Mese mtt-, rlano Noi ci intendiamo' psrfeuameriic, quanto a criteri d'arte, ma vorrà intenderli il pubblico 7... » Sono questioni bizantine, a ogni modo, perchè voi ed lo o tanti altri faremo l'arte come la sentiamo — ad ogni costo •. Ma quando gli si chiedeva notizia della sua vila, rispondeva ineiorabilmenie con un riikito. Al Houx, elio gli aveva domandati alcuni c«nni autobiografici, rispose: « Voglia scusarmi, non è per far pompa di modestia che declino un suo invito assai lusinghiero; ma, perchè lo feri vere e il parlaro di me mi sono antipatici addirittura».