I feroci assassini della vedova Grasso sono due operai siciliani

I feroci assassini della vedova Grasso sono due operai siciliani I feroci assassini della vedova Grasso sono due operai siciliani pUno di essi, arrestato, addossa al compagno la responsabilità del delitto II giovane dal soprabito "noisette,, identificato ma non ancora rintracciato - La commessa arrestata come Presunta complice - Esistenza equivoca ed oziosa - Come fu preparato il delitto, secondo la versione ell'arrestato - Oravi indizi designano i due assassini anche quali autori del delitto di via Belvedere. Il duplt&e mistero dall'assassinio della vedova tìrasso, in via San Massimo, e (lolla vado|vfi) Boel'la, In via Belvedere, è Analmente svelato: l'atroce Incubo ha cessato di gravare suola cittadinanza, profondamente commossa da cosi orrendi delitti. L'uno ò l'altro si ricollegano strettamente, non soltanto perone le due vecchie donne erano amiche affezionate, ma perchè un sinistro destino ha voluto che esse cadessero sotto i colpi dei medesimi assassini. La lunga fatica dei funzionari o degli agenti investigativi, designati dal Questore, comm. Carrassi, a) compiere le non iacrili indagini, è stata coronata dal successo ed ha rivelato, per tutta una lunga 'serie di Indizi! che costoro, spinti dalla prospettiva di un notevole lucro, avrebbero ucciso anche la' infelice rigattiera di via Belvedere. La cittadinanza deve essere grata al Questore, comm. Cabrassi, ed ai suoi collaboratori diretti: il cav. avv. Palma, capo delia Polizia giudiziaria, U comandante interinale della Squadra Mobile, cav. Fatila, il giovane viceconunissario, dottor Camilleri, gli ispettori e agenti investigativi Gallia, Di Pietro, Gummaudo, Langasco, Pezzi e Monti. La notizia che la Polizia aveva potuto ideiir ttncare gli autori dei due nefandi misfatti era a nostra conoscenza fin dalla mattina di mercoledì (e lo sanilo le persone ohe furono da noi' interrogate su questo o, quel particolare), ma' ci parve che, tacendo" le nuove circostanze emerse dall' indagine, avremmo aiutato l'Autorità nel suo difficilissimo compito. Volutamente, quindi, da ieri mattina non pubblicammo più un rigo sul delitto di via San Massimo, perchè se le pi-ime rivelazioni da noi fatte sul misterioso individuo dal soprabito • noisette », elle si era accompagnato alla commessa della disgraziata vedova Grasso, avevano servito a qualche cosa, ogni nuovo particolare avrebbe potuto compromettere il risultato finale che la Polizia si riprometteva. Fatta questa premessa, crediamo di richiamare alla memoria dei lettori i particolari più salienti del delitto di via Belvedere, poiché per quello recentissimo di via San Massimo il ricordo 6 chiaro e vivo. Nel pomeriggio del 10 novembre scorso, la rigattiera Giovanna Galletti vedova Boella, veniva trovata morta nella sua bottega. L'impressionante sooperta fu fatta proprio da una figliuola della infelice vecchietta, a nome Adelina, che si ara. recata a tenerle -compagnia. Entrando, la donna, a causa della penombra in cui la bottega era immersa, non aveva veduto la madre e soltanlQ avanzandosi presso una finestra ebbe la rivelazione dell'orrendo misfatto. La vecchia giaceva sul pavimento e su di essa era gettato un grosso sacco ripieno di stracci, che in gran parte la copriva L'Adelina pensò che la povera madre sua fòsse stata d'improvviso còlia da svenimento e che fosse caduta, trascirrandoàl addosso il sacco. La donna., incapace di sollevare l'involto, corse in oerca di aiino; interveiuiero i vicini e la vecohia fu liberata dal sacco che la premeva. Allora si vide .che la vecchia era tutta imbrattata di sangue. Gli assassini l'avevauo stordita, percuotendola con una casseruola di ferro smaltato, poi uno degli aggressori le aveva intento un tremendo colpo alla lesta con una lima triangolare, trovala più tardi dagli aganti nella perquisizione. Per timore che non fosse morta, gli assassini le turarono anche la bocca con uno stracciò; premuto violentemente, tino a soffocarlo l'ultimo rantolo di agonia. Come a suo tempo narrammo, due sconosciuti, in abiti da operaio, erano stati visti, verso le 15, fermarsi dinari/-; al negozio di via Belvedere ed entrarvi quasi subito. Negozio più clie modesto': nel quale erano esposte alcune stufe maiameute rabberciate, e si vedevano cataste di rottami di ogni genere e cianfrusaglie sparse per ogni dove. Fu appunto a guardare una di queste due stufe che 1 giovani si fermarono alquanto appena entrati nella bottega. , I due individui furono poi scorti anche da una lattlveildola nel negozio. Vi erano penetrati senza che la vecchia Boella, alletta da gravo sordità, se ne fosse accorta. Fu a\>zi la lattivendola che richiamò la sua attenzione. Allora i due individui finsero di voler contrattare una stufa e se'ne andarono, doim aver offerto una somma irrisoria In seguito, certi di trovare sola la povera vecchia, tornarono e compirono il delitto. Le indagini, purtroppo, non condussero alla scoperta del due nefandi assassini e occorse che un secondo deliuo. altrettanto grava, essi compissero: l'uccisione della negoziante di via San Massimo. i primi indizi La sera di sabato scorso, infatti, dal portinaio Francesco Novaresio, velane trovala uccisa nel proprio negòzio di via .San Massimo la vedova Grasso. Le prime indagini eseguite subito ,dopo, accertarono elio il misfatto aveva avuto per movente la rapina. Lo stanze apparivamo in online: aiie orecchie della disgraziata donna brillavano Uuo orecchini di valore, ed una bruche d'oro fu raccolta sul pavimento, dove era riinasta abbandonala. Ma un cassetto del canterano, lasciato semiaperto, dimostrava che s'i assassiui, appena compiuto il delitto, avevano febbrilmente fregato li dentro, per impadronirsi del denaro racchiuso in una casseltina di latta. Non si trattava, evidentemente, di delitto occasionalo, ma di un reato premeditato. La molte era avvenuta in seguito a due colpi di trincetto, e l'arnia era stata portata via dall'assassino, perchè non fu possibile ritrovarla sul posto', dove invece si rinvennero altri cinque""coltelli consimili, di proprietà della Grasso. Non fu neppure possib&e precisare a quanto ammantasse il denaro l'ubato, perchè la vecchia, sebbene avesse due figliuoli, (uno dei quali abita a Biella), ed •anclie altri parenti, .tuttavia essa Viveva isolata, noci mantenendo relazioni continuate con nessuno. Si suppose perù che nella cassetta potessero trovarsi non più di quattro o cinque mila lire. Il fatto che i deJlnqu-enii — come abbiamo già accennato — non avevano messo sossopra l'appartamento, rnu erano andati a colpo sicuro a prendere i quattrini dentro ouejla tale scatoletta di latta, fece supporre che si trattasse di persona o di persone molto pràtiche della casa e delle abitudini della Grasso. Sugli assassini, dunque, non esisteva nes6un utile indizio, tranne quelli forniti dal portinaio di via San Massimo, N. 14, Carlo Bramante, che aveva veduti i due individui appiattati sotto l'androne del Ni 14. (Egli — come il lettore ricorda — si appressò ai due tristi figuri, uno dei quali portava quell'orma! famoso soprabito « noisette », che cosi bene servi in seguito per identificarlo, e chiese chi aspettassero; essi risposero allontanandosi). Informazioni, queste, che si integravano e completavano con quelle fornite dalla commessa Rosina Accatlno, di anni 2tì Costei; rintracciata dopo non poca pena, poi che in un primo momento nessuno sapeva fornirne l'indirizzo, sembrava di una ingenuità, diremo, per lo meno, esagerata. Non Capeva nulla di nulla, non aveva mai avuto amanti, non andava in alcun luogo, nò si fermava a parlare con chicchessia. Dopo 11 suo lavoro, metteva le « serrande » al negozio-di via San Massimo e se ne andava in via Lessolo, N. 28, e accudiva alle faccende di casa. Quel sabato, come le altre sere.-w M era andata alle ore 19,10, lasciando però v^ l'uscio socchiuso, avendo la 'padrona l'abV tudino di chiuderlo da sè. Nei primi interrogatori la ragazza non fece alcuna rivelazione, che si riferisse al giovane dal soprabito « noisette »; fu solamente dopo che le fu riferita la deposizione del portinaio che essa parlò di quel tale che aveva portato un paio di tomaie da cucire, raccomandandosi, perchè lo temessero pronte per la sera. « Cosa strana, — essa aggiungeva, — con tanta fretla dimostrata, egli non è più ritornato a prenderle». Su questo cliente, però, la commessa dicova di non poter fornire informazioni più precise. Anche un agente investigativo aveva anch'esso notato, passando per via San Massimo, i duo sconosciuti appostati dentro il portone-del N.li; ma li aveva veduti cosi di sfuggita che neppure avrebbe potuto ravvisarli. Chi erano costoro? Le indagini sembravano iniziarsi sotto poco favorevoli auspici: si brancolava addirittura nelle tenebre, poiché gli elementi positivi che abbiamo enunciato erano oltremodo insulltcienti a fornire un filo conduttore. Il capo della Polizia giudiziaria, cav. Palma, coadiuvato dal cav. Failla e dal dottor Ga.milleri, non si risparmiò fatiche, e neppure no risparmiò ai suoi sottoposti, pur di arrivare a fare un po' di luce. Il questore, comm. Carrassi, esprimendo la sua personale opinione in merito a questo delitto, aveva consigliato di limitare le ricerche alla categoria dei calzolai. Le ferite fatte da arma di trincetto 'e la quasi teertezza riportata che l'assassino doveva per lo meno essere un habitué del negozio, suffragavano questa ipotesi. E le indagini si svolsero in questo senso, senza che si dimenticasse di fare spociali sondaggi nella malavita locale. Ricerche che servirono se non altro a confermare che non in questo ambiente si doveva sperare di ritrovare gli uccisori della donna. n vice-commissario Camiilleri e l'ispettore Gallia, recatisi il giorno dopo il fatto nel negozio di via S. .Massimo, avevano proceduto al sequestro delle due tomaie lasciate dallo sconosciuto dal soprabito n&LseUe. Poi lo stesso funzionarlo ed il cav. Failla rintracciarono e- interrogarono circa quaranta calzolai, tutu clienti dèlia vecchia Grasso. L'arresto di uno dei colpevoli „ Attore cinematografico,, Pareva cho tutto questo sfibrante lavoro non dovesse portare alcun vantaggio alle indagini, quando la ragia guardia Giovanni Grasso, dell'S.a compagnia ciclista, ed il suo camerata Rosario Rigano, della 4.a compagnia, avendo appreso quali fossero i conotati ed i conti-assegni degli assassini, che noi pubblicammo nel corso dell'indagine, li identificarono per due individui di loro conoscenza, e clQè: Giuseppe Cavallaro'di Salvatore, di anini 32, di Acireale, e Di Pietro Antonio di Antonio, di anni 21, da Pachino (Siracusa). Appurato che realmente uno dei due individui sunnominati, e cioè il Cavallaro, era quello da noi designato come il giovane dal soprabito noisette, che si era recato a poi-tara le tomaie alla Grasso, e che poco prima delle 19 stava nascosto entro il portone della casa dirimpetto, fu disposto per operarne l'arresto. Ma uno solo dei due fu possibile acciuffare; l'altro si era allontanato prudentemente, senza lasciare alcuna indicazione circa la nuova dimora. Fu l'Antonio Di Pietro che cadde nelle reti della Polizia Egli venne tratto in arresto in una locanda di via iPrlpcca, 15, dove si era- recato a dormire L interrogatorio di costui, appena venne condotto negli Uffici della sqùo.dra mobile, durò In bellezza di dodici ore consecutive! Fu una abile schermaglia fra l'arrestato, che voleva conservare il suo terribile segreto, ed i funUavv; p«'ma, il cav. Failla e il iioitor camillen, che, succedendosi l'uno dop° j,':11.1'0-. coglievano le sue inevitabili contraddizioni, ribadivano l'accusa e lo consigliavano a confessare. Ed il Di Pietro, vinto in quella impari lotta, lini infatti per conessare, pur cercando — come del resto è naturalissimo da parte sua — di attenuare il più possibile la sua responsabilità, che tuttavia anche in questa forma appare chiara e sul{'am?co%uoffeMare tU,,° 16 maselori <f »e Il Di Pietro, che è un operaio laminatore. a\e\a presta.0 servizio militare presso l'Sl 0 reggimento di fanteria di stanza a Roma ina durante tale periodo aveva avuto occasiono di- venire due volte a Torino. Della nostra citta — bontà sua! — riporto gradevolissima impressione. Dovendo congedarsi e non sorridendogli ti pensiero di ritornare al suo piccolo paese nell'i lontana Sicilia, decise di piantare le tonde In una grande città delItnlia Settentrionale dove il lavoro è maggiormente apprezzato e quindi meglio retribuito e la sua scelta cadde su Torino SI occupò .Hin*i subito alla Biak di corso srtupinij I. ma, cosa strana, egli non fu conlenlo ne dòli'oecùyuzioùe trovata, ne della compagnia • ■>=• • •.- lutai.- adattamento dove'. -i 'frequentare nell'officina. Egli nel suo cervello balzano aveva lutto un sogno die desiderava ad ogni costo effettuare: voleva diventare tutore cinematografico! Da quando era rimasto a bocca aperta ad ammirare le prime filins si era domandato perchè anch'egli un giorno non avrebbe pondo sostenere una pari.' principale in una di quelle romanzesche vicende che appassionano le ragazzo Credeva di possedere- le tlsiuue du róle. L'occasione di provarsi corno-attore si p;cento: un avvisetto di quarta pa«ina indicava « l'Accademia di Mte cinematografica « Suprema Film », come la più idonea per plasmare in breve tempo gii artisti per la scena muta. Il IM Pietro si presentò al direttore sig. De Bartolomei? che a sua volta gli fece conoscere il direttore di scena Murlzz.i 0 il direttore tecnico Covini Manco a dirlo, l'operaio — previo pagamene to di congrua tangente — fu ammesso a questo corso superiore di insegnamento Credette di toccai» il cielo col dito e sognò di figurare in un l'Uni sensazionale. Ahimè il lllm egli lo ha vissuto in una sinistra e orribile realtà come delinquente. Come mai il Di Pietro col viso piatito, quei due occhietti cosi piccoli da sembrare duo capocchie di spilli, coi tratti del viso più cho Irregolari, addirittura insignificanti, poi. leva sperare-di riuscire un fortunato attinta della scena cinemato£rafica? Edi anche il fisico era come il suo viso inadatto alla bisogna. Il brutto, quando è accompagnato dal o-ymico e forma tipo può diventare in questo campo una qualità preziosa, ma egli non aveva neppure questo... pregio. Le illusioni quando germogliarlo in un cervello balzano v»i sì abbarbicano tenacemente, ed il fatto elio era stato uccettatoi fra gli allievi di quella scuola di po.-a gli sembrava motivo bastante per sperar bene del suo avvenire artistico. Frequentando quel carso... accademico, l'operaio laminatore vi trovò il calzolaio Giùseppe Cavallaro. I due siciliani furono felici di conoscersi, parlarono dei loro, paesi, delle comuni aspirazioni, dell'avvenire che si prospettava all ditirambi tteto dei più rosei coleri. La loro amicizia fece passi da gigante ed in breve i due fecero; vita in comune dividendo e.il (losco e la camera. Il Di Pietro provnva per l'amico calzolaio unii hiconvlizionata ammirazione per la sua aperta intelligerKu, pel suo energico modo di fare ed anche perchè in quella scuoia il Cavallaro veniva indicato dai direttori, come l'uomo clie rappresentava una fulgida speranza per; l'arte muta, e portato ad esemplo agli altri. Sebbene fòsse tutt'altro che bello, pure i li¬ ntsnldssfdsmcsedcbsddcgcsffIÌfInvdVchtpdr«plmvlfMpnqiddgmmcdcdC neamenti marcntlssimi del viso, il naso sottile, gli zigcimi sporgenti, la fronte alta e spaziosa incorniciata da capelli crespi e neri, ne facevano un tipo. Solamente la bocca con labbra esilissime, quasi tagliata coni un colpo di rasoio su quella faccia pallida, dava una sensazione di innata: crudeltà, anche quando si atteggiava al sorriso. Tale ci apparve il Cavallaro da urna fotografia che aboiamo avuto occasione di intravedere. 'Le speranze che sembravano aleggiare sul suo avvenire operarono come ima lorza magnetica sul Di Pietro. « Quello è un uomo cho indubbiamente andrà lontano! » — aveva sentilo molto volte Idire parlando di lui; — ed egli condivideva questa opinione. Ora fidandosi sulla gloria avvenire l'operaio laminatore,' si lasciò persuadere di mettere in comune coll'amico tutti 1 suoi risparmi cho egli assicura sommavano a parecchie centinaia tìi lire, ma che nelle mani dell'in; i-aprendente siciliano sfumarono in pochi giorni. I due giovani eraro andati in quell'epoca ad abitate insieme in via Mazzini 54, angolo via della Rocca, di un'isolato distante da via Belvedere. Ma tutte le loro speranze su un avvenire cinematografico sfumarono in breve quando la famosa «accademia» chiuse i : noi battenti, dopo aver truffato per circa 50.000 lire di danaro! Compresero allora che la loro vanità era stata, lusingata solamente per spillare loro quattrini.

Luoghi citati: Acireale, Biella, Pachino, Roma, San Massimo, Sicilia, Siracusa, Torino