Il libro di Conrad

Il libro di ConradIl libro di Conrad (Nostra corrispondenza particolare) Da Iun parecchi j dante di modestissjij pubblica de anch' tempora VIENNA, gennaio, jruck, dove già - sono ormai ni —• era slato comi.1 Comanivisione e dove vive adesso la a vita di pensionato della Rei felci maresciallo Conrad prerili la parola pt'r narrare ai eon.J e ai posteri i suoi ricordi (FeldmaftViial] Cjoiirad: « Aus moine? DieustzeitVP, Nikola-Vcrlag, Wien, 1921). Di questi «cordi e comparso da pochi giorni il primo volume, che comprende» M periodo 1906-1909, in cui si ebbe la famosa crisi delle annessioni o in cuj l'Europi 'tremò davanti allo prime avvisaglie della guerra mondiale. Conrad ci deferivo anzi .tutto lo lòtto o il dissidi! che dovette sostenere dopo la sua nomina a Lapo di Stato Maggiore dell'Esercito: «'gli riesce spesso prolisso e pedante in particolari di minima importanza ; le personalità che con lui agiscono sulla gran scena politica austro-ungherese sono tutte sopra uno .stesso piano e soltanto quatene intere:.-ante aneddoto porta, qua e là, un rilievo tfli..cac© alle ligure. Tuttavia, questo :mentorie, abbondantemente docun1.2nt.ate, ci permettono di gettare uno sguardo negli ambienti più segreti «.Iella Monarchia, ci rivelano le aspre divergenze tra_ gli uomini di governo <• gli insanabili odii tra 1 poipoli, r-e, con la sconfitta militare, condussero l'Impero al totale sfasciamento, e — sopra tutto — mettono 111 chiarissima luce l'opera di Conrad nelle funzioni eh Comandante in capo dell'Esercito, Assai più della.parte militare, c'interessano» an queste libro, le visioni politiche, del Feldmaresciallo, particolarmente per quanto riguarda' l'Italia.-Come osservava un giornalista, viennese, Conrad fu il Catone dell'Austria: ma la sua Cartagine si cheamavà Roma. Dcìcndà Italia ! Néll'antunuo del 1906, del tutto inaspettata, giunse a Conrad una clamata da Vienna dell'Arciduca Francesco Perdi; riandò. Sua Altezza gli elisse che lo voleva come Capo di Stato MaggJore dell Esercito e che l'aveva già proposto con successo all'Imperatore. Conrad ringrazio, ma rifiutò ci l'Arciduca, congedandolo, gli disse: « Dunque, al primo assalto non ho conquistato la fortezza ». Il l'eldma-, resc'allo so no tornò a Innsbruck, di dove fu tosto richiamato a Vienna: questa volta celi accettò il supremo grado ciell'E^rciti). E siccome dalle sue smanie bel; licose e dalie sue instancabili aspirazioni alle "Iorio napoleoniche trapela, evidentemente, una grande ambizione, accetto senza dubbio, con gioia, non ostante * diplomàtico rilutto precedente e languente -riflessione, che in quei- giorni dir «èva a, uri'collega: « Chi giunge a un alto poste b dapprima felicitato, e anche .salutato con benevolenza, poi osservato, crit Icato 111 seguito ingiuriato e alla fine cacciato a sassate ». Nol}-'assumere la carica egli pre^ò l'Imperatore di permettergli eli d.r sempre la verità; il Kaiser rispose: u Non solo' glie lo permetto, ma glie) ne faccio un formale dovere!! » Conrad si attenne pesi scrupolosamente a questo dovere che non esitò mai' a esporre crudamente le proprie idee. Uro. volte portò ali Imperatore un memoria ic, che suscito la collera del Sovrano. « Io mi irrito sempre — esclamò Francesce G'.iu.'-ppc, battendo il pugno sul tavolino - quando leggo 1 memoriali di Vostra Eccellenza.» Conrad stesso ci descrive la scena : « bua Maestà cardava (isso davanti a se, !" sue vene srano così turgide che, data la sua tarda ita, io temetti per lui un accidente, bravamente preoccupato, sedetti tacendo a un lato della scrivania. Quasi dieci muniti di silenzio passarono e mi sembrarono senza fine. Pei ii sovrano mi fece continuar la lettura-del memoriale. Con un asciutto •« La ringrazio » fui licenziato. Tuttavia, al successivo collcciuio 1 Imperatore mi venne cortesemente incontro e mi salutò come se nulla fosse successo ». Conrad non voleva fare soltanto il Capo rli Stato Maggiore, ni* anche - e volentieri — l'uomo politico. Eseguire quel che da lui si desiderava da più alti post;, contenere le sue attività semplicemente nei limiti rielle funzioni militari, no! Egli 0 dell'opinione che il Capo dell'Esercito de've a "ire concordemente con il Governo e speBialmenté col Ministro degli Esteri: solo quando egli sia infermato degni passo, d'ogni atto all'cgbilro, può tenere pronte le trunpo ad ogni eventualità. Oufsta sarebbe ssguire la politica-, Conrad, myetje, voleva farla. E non c'è guaio peroro d 1:11 guerriero gallonato elio voglia esercitarsi 111 diplomazia. Di tale parere si dimostro anche Acrouthal, il quale non permetteva c-;rtamr-nte l'invasione del propri' campo, a! Capo di citato Maggiori'. Perciò i numerosissimi memoriali con cui Conrad mitragliava l'Ini peratcro e il Ministro degli Esteri venivano da quest'ultimo ci iderati come una perenne seccatura, che Insognava sopporta re con rassegnazione:>e con la più perfetta indifferenza. All'affermazione del feldmaresciallo che 0 nella primavera del 1909 si era offerta un'ottima occasione ncr condurre con successo una guerra, ma dio tale occasione non era stata sfruttata », Aerea ••^al rispose seccamente che la decisione d'una guerra non spetta ad altri se non al ministro degli Esteri ». Con questi sisterni — dicono le menu rie -- il marescial lo Conrad conobbe il trattato della Triplice 0 lo scambio di note con la Serbia, che precedette lo scoppio delia guerra mondiale, soltanto dalla più ta ila e r tutti accessibile pubblicazione del libro Uplomatico. Conrad, il tipico austriaco italofono, non aveva (a differenza della maggior n'àrté degli uomini politici dell Austria-Ungheria e della Germania) alcuna fiducia noli Italia: egli considerò sempre la nostra Nazione come il più serio o temibile nemico della Monarchia. A suo giudizio, la Triplice si poteva paragonare a un tavolino a tre gambe, che necessariamente cade appena se ne rompe una: quella gamba era preri-saniente rappresentata dall'Italia. Già nel suo memoriale del 6 aprile 1907 egli scriveva: a Tra tutti gli Stati, l'Italia e quello con cui si presenta più probabile un conflitto ». Questa probabilità di conflitto dipendeva specialmente dal suo grandissimo desiderio di provocarlo, perchè — come egli stesso ne conviene — l'Italia amava starsene' tranquilla e svilupparsi in pacifico modo commerciale. Poiché la guerra doveva « inevitabilmente » scoppiare tra Italia e Austria-Ungheria, il fcld-mareiciallo la voleva al più presto possibile : ( tanto prima verrà, tanto meglio sarà ». Jonrad vedeva la Monarchia degli Absburgo minacciata da una coalizione eli1 Potenze, le quali n terminati con calma i propri armamenti, a un determinato momento da esse scelto, avrebbero con schiacciante superiorità vibrato il colpo ». Dunque, guerra preventiva per togliere, di mezzo l'Italia: la Russia egli non la riteneva il nemico giurato, perchè era convinto di poter sempre raggiungere — nella maggioranza dello questioni — un accordo con l'impero dello Czar. Con l'Italia, assoluta? mente no. Senza pericolosi temporeggiamenti, bisognava cogliere il nemico impreparato e il •niomeiit-o opportuno-parve presentarsi a Conrad nella primavera del 1907, in cui noi eravamo insufficientemente armati e i nostri confini orientali non avevano ancora quelle fortificazioni (delle quali il feldmaresciallo parla con molto rispetto), che il nostro Stato Maggiore fece costruire più lardi per premunirsi contro un attacco dell'Austria-Ungheria. Conrad chiese la guerra all'Italia senza indugio, ma non trovò orecchi disposti ad ascoltarlo. E' vero che nò Francesco Giuseppe nò Aere.nthal avevano un'eccessiva fiducia nell'alleanza italiana ; ciò non ostante non vollero saperne d'un conflitto. La visione della politica estera austriaca di Aerenthal era questa: « Mantenere l't'quilibrio tra le grandi Potenze, non impedire il naturale sviluppo degli Stati balcanici e favorire anche tra essi un rapporto el'equilibrio, tenendo specialmente d'occhio la Romania e la Bulgaria. Quindi l'Austria abbisognava d un forte esercito, non per cercare la soluzione delle questioni controverso in guerre preventive, ma pe'r servirsene solo uel caso che l'integrità e l'onore della Monarchia fossero minacciati oppure non si potessero pacificamente far valere e difendere i suoi vitali interessi ». L'ex-Capo di Stato Maggioro austro-ungarico voleva invece: «stretta alleanza con la-Germania o la Romania; rapporto di buon vicinato con la Russia. Pronta rottura di guerra eoiv l'Itaiia-per renderla iriof-' fensiva ed evitare un doppio simultaneo assalto da parte sua e della Russia: così, in seguito, l'Austria avrebbe mano libera sui Balcani. Qualora, la Serbia e il Montenegro non rimanessero traiicjuilli; guerra anche a loro, contemporaneamente a quella contro l'Italia. Sbrigati questi propositi, pensare a incorporare la Serbia alla Monarchia. Assolutamente, la Serbia non doveva consolidarsi e rafforzarsi in Stato indipendente... ». Questo bellicoso programma dimostra che Conrad non ora soldato per nulla ! Oltre al problema italiano, egli si occupò, con molto interesse, del problema sud-slavo. Anche qui — naturalmente — egli propendeva per una soluzione con le anni. La crisi delle annessioni, che tenne l'Europa sospesa per un mese nel terrore d'una guerra, parve al Feld-maresciallo un'ottima occasione per' soddisfare il suo desiderio d'appianare ogni questione a suon di cannonate. Già nel 1907 egli aveva scritto al Ministro degli Esteri che il problema slavo poteva risolversi soltanto in Serbia, con un'azione • in grande stile », annettendo alla Monarchia quello Stato e instaurando rapporti saldi di buon vicinato, fondati su materiali interessi, col Montenegro. « Se noi abbiamo lo nostro truppe in Nisch — sono lo testuali parole — la facoamo laggiù da padroni e la nostra influenza sulla parto nord-ovest dei Balcani ò assicurata ». Il passaggio dall'occupazione1 all'annessione della Bosnia-Erzegovina, doveva offrire il mezzo di attuare cpiesto piano — pensava Conrad. Difatti, in un colloquio col Kaiser, egli dichiarò che non si poteva sfuggire alla lo*-ta e tanto valeva quindi affrontarla subite. Francesco Giuseppe non voleva però appigliarsi ai mezzi estremi e rispose fatalisticamente : « Questa guerra verrà da sè ». Negli ultimi giorni del marzo 1909 si ebbe1 la sensazione che il conflitto con la Serbia era inevitabile. Conrad aveva già,-'preso tutte le misure. Dal Consiglio dei ministri del 29 marno egli Uscì convinto della guerra imminente. Ma il riconoscimento da parte della Serbia dell'annessione troncò le sue speranze. In un breve memoriale, che il Feld-maresciallo diresse al Kaiser subito dopo la fine della, crisi delle annessioni (2 aprile 1909) troviamo queste! parole: « si ò creata, una situazione che costringerà la Monarchia a una guerra contro parecchi nemici ». ' Conrad espone o:;e,i le sue visioni politiche, affermandone la giustezza : e in questa sua affermazione sta la sua ultima ingenuità ■ eli feld-niaresciallo-uomo politico. Si può infatti 'supporre che se egli avesse potuto attuare il suo imperialistico piano, dichiarando cioè guerra all'Italia, incorporando la Serbia, 1 Europa sarebbe rimasta impassibile.' Lo zolfanello acceso a Serajèvo, che diede fuoco all'Europa, non gli ha insegnato nullo ? Egli inoltro dimostra d'aver temuto una coalizione di Potenze'contro la Monarchia austro-ungarica: cibano, se codeste Potenze avessero voluto attaccarla, perchè non si sarebbero magari valse d'una certa sua debolezza dopo lilla guerra — anche fortunata -•■ contro l'Italia o nei Balcani? .Imiegabilmente, dal riluto di vista teorico, il piauo di Conrad è ottimo. Ma dalla teoria e dall'ideazione, all'attuazione il passe ò lungo, particolarmente in fatto di guerra e di politica. L'ex-Capo di Stato Maggiore della Monarchia dovrebbe saperlo. Queste le sommarie obbiezioni al primo volume (gli altri due compariranno nel prossimo anno) del fold-marcsciallo Conrad. Il quale, tra i suoi molti memoriali, ha pubblicato anche interessanti documenti. Traduco, a titolo d'esempio, qualche brano d'una lettera che l'Arciduca Francesco Ferdinando diresse al Conrad, ne'l 1909: «Lei non pirò immaginare, caro Conrad, come io mi sia roso d'ira e eli disperazione in quest'I ultimi tempi per la situazione nella nostra Patria e specialmente ner il contegno elei Ministro della Guerra e dei elue Governi ! Da per tutto si gei» da che abbiamo duecento milioni di coro-, no d'eccedenza,, si regalano venti milioni agli impiegati, venti milioni ai ferrovieri 0 non si concedono nove milioni ai nostri poveri ufficiali. E tutto ciò per un tradito»} rè gracchiare d'ungheresi! « Ma questo non òche un pretesto: ia verità è più protonda : ora la Monarchia si trova interamente nelle mani degli Ebrei, dei Framassoni, dei Socialisti e dcHUtigheria,- che vogliono scontentare e guasta-; re il Corpo degli1 ufficiali ! 1 In confidenza,'Lo comunico questo: se si procede così e se il Ministro della Guerra, che è insanabilmente malato di cronica megalomania, continua a trattare cu. bagttUìU gli interessi dell'Esercito e si preoccupa soltanto del suo seggio ministeriale, sotto il motto: .1 preti moi le. dcluf/e, offrendoci in sacrificio ai Kòssutliisti, è giunto il momento elio so ne vada. Mi è riuscito con Potreieli,' mi riuscirà anche con questa inarrivabile grandezza. Io la prego di indicarmi alcuni generali, che Ella ritenga idonei all'alto posto e che non pieghino le ginocchia davanti a ogni Kossuthista. 11 Sa che cosa farei, se fossi io l'Imperatore? Chiamerei — qui l'Erede al trono nomina parecchie persone —e direi loro: a Io vi mando tutti al tliavolo se tra otto giorni non ho l'aumento delle reclute e quattrini per gli ufficiali! 0 Sono convinto che in ventiquattrore otterrei tutto! Ma i ministri sanno clic questo uon accade loro certamente: l'Esercito non riceve nulla o gli Ebrei, i Socialisti, l'Ungheria trionfano ! ». Così scriveva. l'Erede al trono austro-ungarico uel 1909. E quantunque erroneo il giudizio suile cause delle condizioni della Monarchia, pure era chiarii ima in lui la sensazione elei non lontano crollo e l'intuizione che l'unico Cemento per rimediare allo crepe dell'edificio consisteva nell'Esercito. MASSIMO CAPUTO.

Persone citate: Francesco Ferdinando, Francesco Giuseppe, Iorio, Kaiser