Pace

Pace Pace Sono secoli e secoli cho con struggimento angoscioso l'Umanità ripete a se stessa questo grido. Prima ancora cho milleno. vecentoventitrè anni or sono un gruppo di pastori udisse intorno ad una capanna del proprio villaggio alzarsi questo grido come promessa di un avvento sicuro, milioni e milioni di altri fratelli fra lo strazio della loro umanità martoriata avevano teso l'anima in avanti se da Oriente apparisse l'alba del giorno che potessero celebrare il convito di pace. Pure quegli stessi uomini che dopo tanti secoli di attésa sentirono intorno a quella capanna quel grido divino, pochi anni appresso uccisero il fratello che era venuto non per annunziare» soltanto, ma per dare ad essi effettivamente quel bene.che con tanta effusione avevano invocato. Da allora l'umanità non ha mài più, o se non per brevi, tratti, saputo ritrovare quel bene. Da allora però le se n'è acuito il desiderio, e questo è diventato uno struggimento angoscioso come di un bene che si è impotenti a raggiungere, ma del quale si sente che non si può fare senza. Migliaia di altri Natali furono da allora celebrati, e ripetendo il saluto augurale milioni e milioni di cuori sobbalzarono da aliora alla speranza non quello potesse * essere il giorno che il sogno si facesse realtà. Mai Natale però fu celebrato con tanto desiderio di pace non solo, ma con tanta speranza di averla finalmente conquistata per tutti gli uomini, e per semr pre, come quel Natale che vedemmo e celebrammo noi stessi solo cinque anni fa. Chi non ricorda l'alba di quel giorno? L'umanità usciva allora dalla più lunga, più Immane e più feroce guerra che mai l'avesse straziata. Nelle case le madri, le spose, 1 figli, attendevano i propri cari vigilanti ancora nell'armi; in molte famiglie man, cava la legna per riscaldarsi, mancava il pane per sfamarsi, pure ogni cuore si Aperse in Europa alla speranza. La terra non avrebbe avuto più sangue, e gli uomini si sarebbero risalutati fratelli, anche quelli che avevano incrociato il ferro l'uno cóntro l'altro, anzi essi sopra tutti. Tutti in quell'orrore e in quella miseria comune avrebbero fatto come'i .due soldati nemici sul campo di battaglia, che, prima di chiudere per sempre gli occhi alla luce, avevano bevuto alla stessa borraccia e pensando alla madre e al figliuoli lontani si wano stretta la mano cóme fratelli.. Che Speranze, che cuori in quel giorno! Sette sècoli or sono, Francesco d'Assisi in un {villaggio dell'Umbria vide tra i pastori Simili • i fratelli fattisi poveri per amóre ~ Wt tto, Vide Cristo ridiscendere nel presepio .ove nacque; quel Nàtale un sentimento di amore e eli fratellanza parve rivive» in tutti ì cuori europei, perchè tutti in Europa sentirono che bisognava movere verso una storia meno tribolata e più {umana che nel passato non fosse! stata. Fu sogno e dileguò come sogno.- Ma la trepidazione di -quel giorno bisogna pure che almeno oggi ci richiamiamo a memoria, se non vogliamo che i saluti augurali di oggi non siano che la ripetizione ipocrita di una formula morta nei cuori. Bisogna che mentre ci diciamo l'un l'altro pace e ci avviamo al. convito, rammentiamo a noi stessi che cinque anni dopo quel giorno l'Europa non ha ancora pace e milioni di uomini oggi non solo non riscalderanno la casa, ma non avranno pur un tòzzo di pane per cavarsi la fame. Bisogna che.ciascuno di noi dalla memoria di quel giorno ridiscendà all'esame delle cause che hanno impedito l'attuazione di tante, speranze che ad ognuno parevano pur cosi vicine, e si domandi se ognuno non abbia, in tale' fallimento, la sua parte di colpa. Come uomo e come cittadino. Come uomo, non attuando in se stesso la parola che mormorava con le labbra; come cittadina non operando perchè l'ideale civile che vagheggiava diventasse coscienza attiva dei Governi. Era' illusione che la pace del mondo potesse venire dalla stanchezza della guerra, dopo che questa, hv mezzo ai suoi orrori, aveva scatenato una tempesta di appetiti in individui, Nazioni e classi. Era illusione che la pace potesse venire dalla volontà di un uomo, anche se egli la avesse promessa e pur se fosse stato più potente che in realtà non fosse. La pace non sarebbe venuta se non fronteggiando e vincendo quegli appettiti, ovunque essi si annidassero, in individui, in Nazioni od in classi. Ed invece si scatenarono tutti, e ne derivò la miseria eociale e politica in che si affanna cruciosa e da cui tenta invano c?uscire l'Europa presente. Dobbiamo disperare, e per non essere Ipocriti non ripetere oggi nemmeno il saluto augurale? No, dobbiamo anzi pronunziarlo con più ardore e più intensamente sperare e volere. Il mondo non può trovar pace se non in una democrazia di lavoro, che di là dalle cupidige nazionalistiche si alzi alla visione non solo, ma alla volontà di una solidarietà internazionale, ove le patrie non cessano, ma nel rispetto e nell'aiuto scambievole si allargano e rinforzano, Or oggi .rispuntano gli accenni di tale sentimento e di tale volontà. La vittoria delle classi liberati e lavomirici in Inghilterra ne è un primo, ma non piccolo indizio. Sapranno esse dalla esperienza dolorosa del passato movere , yereo l'avvenire, vincendo prima di ogni altra cosa gli egoismi propri di elasse e di Nazione? Noi non sappiamo, ma lo vogliamo sperare, perchè sappiamo che i dolori e le miserie proprie non si sanano se non si risanano insieme i dolori e le miseri' altrui. Questa è la gran legge della vita, che l'Uomo di cui oggi celebriamo il Natale ha insegnato ai suoi fratelli. Ed è per Averla scordata che gli uomini nella luri,. ghezsa della loro storia hanno fatto tanto >* soffrire è tanto hanno sofferto. Noi non ri I i illudiamo Vii poter distruggere ciò che è inalienabile dall'uomo. Egoismi e violenze sono per tutti il doloroso retaggio del passato. Ma con gli egoismi e con le violenze nessuno può costruire nulla di buono. E questo stesso struggimento per la pace cho ci affanna nel momento medesimo che ci dibattiamo nella lotta, prova che la pace, ed essa sola, è con l'amore cosa tutta umana. Perciò in questo Natale diciamo a tutti di volerlo celebrare con il risoluto proposito che, al di sopra di individui, di classi e di Nazioni, la pace possa diventare patrimonio e coscienza non dell'Europa soltanto, ma dell'intera Umanità, L'on. Mussolini a D'Annunzio pel dono del Vittorlale Roma,-24, mattino. L'on. Mussolini ha inviato a Gabriele D'Annunzio il seguente dispaccio : « S. E. Giuriati mi comunica notizia cerimonia intima o solenno per donazione Vittoriale. L'Italia di Vittorio Veneto, a cui tu hai fatto il grande dono, ti esprime a mio mezzo la sua profonda gratitudine. Nel quotidano faticose travaglio del Governo io sento che ormai il tuo sogno di vittoria è segno di tutto il popolo italiano. Al donatore il Governo fascista- risponde che l'Italia cammina gagliardamente e toccherà la meta. Abbraccioti, Mussolini».

Persone citate: D'annunzio, Gabriele D'annunzio, Mussolini