Alla Società di "Gli amici dell'arte"

Alla Società di "Gli amici dell'arte"Alla Società di "Gli amici dell'arte" a a e l l n ; o e l e d i e e a i l e • e , . e l , à e o o a e a no o ir-, i a r^i o» a eu a n p e, rii er di a, el di le aa. la se iò e« i. a < ie Mi? li, noer> alvuaFrancesco Margotti ,E' ritornato fra noi, dovto un lungo soggiorno m America. Ed il fervore mistico, di cui appara, oggi tutta penetrata la sua pittura, dopo lontana e vivacissime impressioni d' WPWypnlani, non si e affievolito. Francesco Mafgotf! è. e rimane, uno dei pochi, i quelli «mostrano di sentire veramente che cosa sia, Cloe che cosa dovrebbe essere, la vera pittura religiosa, Che non basta mettere insieme quattro figur*. inspirate ai reocoutl biblici, od alia storia (teli» religione, per credere di aver fatto dell'arie sacra. L'arte religiosa è eievazlone spirituale; è materia vivificata- e purificata, dato spirita, epperciù tanto piti notile e profonda, quanto più spoglia da contatti terreni. Chiamare religioso, almeno per i quattro quinti, l'arte nostra presente <«J passata è usare un. termine qualsiasi, tanto, pei< intenderci: 6 derivare dal semplice < sc»;,get«to h una denomiaiazione, che non risponde all'essenzadelvoTO. Conosco opere dal soggetti più umili; più semplici, ipiti lontani dalle pa- fióe del nuovo Testamento o dalle vite dei anti. dalle quali emana veramente, un senso religioso tale da renderci pensosi pev la sita profondità e pienezza. E conosco altre opere.' óve 11 Divino protagonista c pretesto a fare della pittura storica, più o meno drammatizzata, ma non certo ad inspirare un sentimento di religiosità. Ora; Francesco Margotti anche là, dove la rievocazione Ai cose da lui viste potrebbe indurlo ad una rappresentazione puramente documentària — come nelle scena delle teste eucaristiche, svoltesi testé a Genova — eleva 11 vero nelle regioni dell'ideale; la realtà non lo preoccupa .se non come una tonte di elementi decorativi, ma di una decoratlvttà intesa sd appagare pio lo spirito, che non l'occhio; del movimento di colori, di luoi egli non fa un'orgia dèlia tavolozza, bensì l'esaltariono di w concetto, ohe espresso pittoricamente nella' indeterminatezza ■ del cantorie B«\Ia fusione delle tinte quasi perde ogni carattere di realtà, per diventare come un'aureola. ( Non so fie nell'opera finita il Margotti riesca' pòi à risultati cosi caratteristici, e decisivi. Ma certo «gli 11 raggiunge, nei vari bozzetti esposti al Valentino, E s'avvicina al risultato in «saorarium Virginia». Concezione audace e percift pericolosa, che già sorrise, sotto altra torma, tò Adolfo Wildt: ma concezione ricca di poesia. La luce, che si diffonde intorno dftl; « primo tabernacolo » — Gesù nell'utero virginale — e lascia in un'ambra tenue e carezzevole, piena di mistico mistero, la madre, è luce di pensiero. E Francesco Margotti C un pensatore. E forse, anche me. gllo, un sognatore, u.n poeta, litigi piatti insegnante disegno nella nostra R, Accademia Albertina di Belle Arti, OnetU è, naturalmente, un disegnatore vigoroso e preciso, Ne è un* prova Più ohe sufficiente la raccolta lai Manco e atro1 di cui va-lieta la R»0, ff|'i¥ftffielf.«te.,p chi-ossejvi in essa, e sóvràttutto il profilo del « Cristo morto », terribilmente vera, eppure purificata da quel soffio di passione ultraterreno, che della cosa inerte fa la creatura viva, non si rassegna certamente a considerare neilQnetti soltanto chi sa disegnare e sa d'imo-, strare agli allievi che sia disegno, Jl successo di « R pazzo » è lontano. Ma e di ieri quello di «la Marcia fùnebre di Chopln ». E resistettero all'ira degli incendi l grandi dipinti -decorativi che ornano l'esterno dell» Camera del lavoro. Momenti significativi nel' la carriera dell'artista. La voce del dolore in k il pazzo», la serenità derivante, dalla fatica giornaliera a datt* paca domestica nei dipinti murali: l'incedere lento, fatele .della morte1 livellatrice in « la Marcia, funebre^ di Chopin ». Cioè un tritticp: la tenebra dell'iotéllig*n*fl; la .luce nell'anima, e nel.cqor rèiWmmo^i -delllufmq-^nelia' tenebra1 senza fine. Concepiti ed espressi in tempi fra i loro lontani quésti tic episodi-rivelano una unità organica e ccintinua di pensiero, che iva al di là della semplice concezione pitto-; -rtea. E questa austerità ili.conce?lpne si n-| vertwra «ella dignità dell'esecuzione, Si di-1 ce da qualcuno che- l'Ònettl è freddo, che è j compassata, ohe è accademico, che la sua pittura è incolore,' e dura e povera. Ora io : penso m e non sorrida l'Opettì par il pai-a' gone audace, che à semjtìlcc richiamo di idee, e non confronto di valori io penso alla soave « Melanconia* di Alberto Ptirer- E pen, so altresì che l#p.1ttura può, essere sorriso e ; riso, ricchezza, esuberanza eli faritasia esul- ! tante attraverso un inno al movimento co alla luce, che è anch'essa movimento- Ma ' può essere ugualmente, e ^degnamente, racco- la visione niltorica; frigidità «he si riscalda hi-rnlte Calore "di; una luce interiore, E non sarà àrie codeat»? Ed arte che si ciba del pano duro del sacrificio del senso ali idea? Si, evidentemente- g allora?-. Luigi Scrralunga Cuoje aperto come il riso; parlare .schiettop colorito![lavoratore instancabile durante il giorno; conioagno lestevala a festeggiato, se T'ora tarda falardl i passi attraverso la To, Vino notturna; Le esposizioni nostre e straplere ne accolgono lietamente le opere por 1% orò impronta di signorilità; per.il gusiosp eq'uiUbrio fra J* verità e la decorativttà dei. l'insieme; per la spontaneità di una esediziu, né larga e spintolo. Luigi Serra'ungH adoi'ft i fieri V amai bèi nudi iemminili ('honny $Oit...»l. Tant'è ohe ss alla Mostra attuale di gli • amici dell'arte >i primi si fanno desiderare, non mancano, con qualche buon ritratto, i secondi. E sono"n"udini tutta delicatezza, che un raggio di sole .si c'iverte a costellare qua e là di riflessi dorati, di piccole ohiazze luminose, jatiraveraw velature perlacee, e ad audaci scorribande nel campo del problemi più art'ui, dettati dallo studio della tlgura all'aria aperta. Corto la signorilità innata nel pittore si compiace in qualche memento al quel manierismo elegante, che con parola intraducibile usiamo chiamare «chic». Nè sempre la morbidezza del tòcco e.la grazia della linea bastano a, compensarci di quella mancanza, o. deficienza, t'i solidità, di «corpo », che può essere .consentita anche dalla ricerca più delicata di una colorazione tenue, e come trasparente, e dal desiderio c'i fare della nudità materiale una. visione di spiritualUà. Ma quelle dal Serral-unga sono nor.cimeno tra le opere migliori e imi interessanti della Mostra, anche perchè più di tante altre corrispondono a quello spirito'dt ricerca, cne avrebbe dovuto essere mio fra i caratteri peculiari deir&sposljjone, E il pittore, che pop vuole essere, a ragione, nè questo, nò quest'altro, ma si accontenta Ci bore, come il Ue Mussai, > dana san verrà », ci dimostra anche stavolta che In questo bicchiere « sempre la (ireziQsu essema. cuL il pubblico accosta voonticri il labbro, canne se/ essa fosse-distilat.à da quel fiori, di cui Luigi Serralunga sa rendere tutta la freschezza e (i profumo dell, calo o Ja poesia, E, Farrttlipi, ■avneLidetandedelaunsvitdt*temterei IngvescpphdnsochocolandretamnstpotrraolusslainnlsrigCltpdifpsrslctamqhlrecqambcnpmv

Persone citate: Adolfo Wildt, Chopin, Francesco Margotti, Gesù, Luigi Serralunga

Luoghi citati: America, Genova