Un'inchiesta francese sul wagnerismo d'oggi

Un'inchiesta francese sul wagnerismo d'oggi Un'inchiesta francese sul wagnerismo d'oggi farngrowòascicolodelia Revue Musi S^Air^^f^^'. d reCa'la Il^fe^^y^nsmo d oggidì. Jbra lettere inedite di. Wa"- ner e memorie delle prime battaglie parigine, fra documenti ed aneddoti, ecco i pensieri dei vecchi musicisti, quelli dei giovani e dei non più giovani; DTndy accanto chedi dirWfor*?^?SSm? • antoaDui^> » »a-1 giomZ* fi "M IV u °° 1 ptn.-ler • d un° fctu- i bildio», il Lichtenberger. L iniziativa della1 sporivisto francese assai interessante dal punto : chdi vista culturale e degna di essere ripresa zioin Italia, chiarisce quale sia, secondo i più a nreputati artisti di Francia, lo stato del wag- od nensmo, considerato in rapporto alle at- mutuali tendenze spiritual! francesi 'd al gu- Pesto comune. ^ 9on* * Fr— Il wagnerismo? — Un cadavere — ri-i posponde Paul Dukas, l'auturo di Ariane et sofBarbe Blue, che volentieri indugia nel ri- tutcordare le vicissitudini di quella grande prdominazione. Resa giustizia a Wagner, che tennon s'adoperò per aver seguaci, anzi esortò 3tra non seguire la sua ne altra scuola, e ram- : mumentato che dapprima ì poeti poi i musi- ; di cisti subirono l'influenza di lui, il Dukas : rainterpreta come un tentativo di liberazione eleappunto dall'influenza wagneriana quel abculto della musica da camera e della sin- defonia, che fu assai fervido in Francia tra moil 1880 ed il 1895. Ma fu soltanto un ten- comtativo di liberazione, poiché moltissime sin-1 nisfonie e (quartetti ed altre forme da camera temerano già wagnerianizzati. In quanto ai E compositori da teatro, del tempo in cui le opere di Wagner non ancora apparivano sul palcoscenico, essi ne ascoltavano i frammenti, lunghi frammenti, nei concerti orchestrali, o le leggevano, inebriandosene, nelle minuziose trascrizioni per pianoforte;- E nemFela anvadei poemi, poi, orano avidamente richieste; lo traduzioni e chiose. Era il tempo del più acceso entusiasmo. Credettero i compositori .che la forma definitiva del dramma musicale fosse ormai stabilita ed il rapporto della musica e della poesia nel teatro fissato per l'eternità; donde l'applicazione sistematica e generalizzata dei procedimenti ■wagneriani. Così, nota acutamente il Dukas, i contemporanei, non avendo sentito quanto strettamente connessi fossero i procedimenti di composizione di Wagner con la natura stessa delle sue concezioni, con lo zampillare della sua poesia, con la spontaneità della sua immaginazione musicalo, li applicarono più o meno meccanicamente a qualsiasi argomento. Negli anni seguenti, e fino al 1900 circa, uu lento lavoro si svolse nello spirito di alcuni artisti ; i quali ripensarono sull'esattezza della presunta soluzione universale data dal dramma wagneriano al problema dell'unione della poesia e della musica. Intanto lo, opere di Wagner, ammesse in teatro, si stabilivano nel repertorio ; e la diretta e completa conoscenza di esse faceva comprendere che il loro carattere, la loro concezione erano peculiarità intrasmissibili. Si comprese anche meglio, aggiunge il Dukas, che la sublimità del loro lirismo supera il teatro propriamente detto, tanto che la materialità della scena più spesso nuoce alla loro grandezza ed alla loro poesia anziché favorirle. , Così la questione del dramma lirico era riaperta;. La prima rappresentazione di PeU Itas.et il (biande, nel 1902, segnò la prima e più gloriosa tappa dell'affrancamento dalla dominazione wagneriana; con quella geniale opera parve che la reazione antiwagneriana fosse compiuta, essendo una forma di 'musica drammatica mirabilmente appropriata alla lingua ed alla sensibilità francese. Debussy provava che si poteva fare cosa diversa da quella compiuta da Wagner; ma neppur lui trovò la soluzione unica del famoso problema, per la buona ragione che, fortunatamente per la libera vita dell'arte, non v'è nè può esservi soluzione unica. In seguito, la musica drammatica francese prese le più opposte Vie ; ma nei tentativi numerosi e diversi il wagnerismo occupa un posto sempre minore, mentre Wagner stesso ne occupa uno più grande ed universale. Si tornerà a Wagner? Il Dukas prevede che. quando la musica drammatica si proporrà nuovamente grandi argomenti, appariranno opere in cui l'abilità tecnica e la preoccupazione di modernità, anziché essere uniche mire dell'arte, saranno subordinate alle necessità d'una larga poesia; non torneranno i musicisti alle imitazioni d'un genio che sembrerà arcaico, ma, essendo cessato il favore popolare, fattosi silenzio, gli artisti riscovriranno' certamente la sua sublimità. Così Wagner feconderà novellamente l'avvenire. *** . — In nessun altro paese Wagner è stato meglio compreso, più amato che in Francia, ove era necessario. Il 6iio compito è finito — dichiara il letterato André Suarès, cho ha tuttora il linguaggio strampalato ed aggressivo di taluni wagneriani della prima era ; egli rievoca o la lunga e forte lotta» di Wagner contro l'opera del suo tempo, quando <t si trattava di ridurre al silenzio la coorte dei Bellini, dei Meyerbeer, degli Halevy, dei Donizetti, perfino dei Rossini, e la loro ignobile posterità. Morto Weber, Berlioz. troppo impari, Liszt avrebbe sciupato la'sua forza. Il Successo ò il re della moda ». Senza Wagner non si potrebbe concepire la risurrezione musicale della Francia. Debussy non avrebbe potuto creare « la musica nuova nel letamaio ( !) dell'Ebrea, di Semiramide, della Sonnambula, della Favorita, di tutte queste eroine buffe e lugubri — dice testualmente il Suarès — lo più stupide certamente che mai eieno venute a miagolare le loro leziosaggini canore all'orecchio d'una folla ; impazzita a Lannnerracor, la Lucia fa il flauto sulla scena ; e colei che era Muta a Portici, gargarizza vocalizzi a Parigi... Sposando la sinfonia al dramma, Wagner ha reso la musica alla Francia »'. **# Osrgi l'entusiasmo del periodo eroico del wagnerismo è da molto tempo svanito; una serie di sintomi evidenti annunzia una decisa reazione contro il maestro di Baireuth — «iota Henry Lichtenberger, l'autore d'uno dei più significativi studii su Wagner poctt et yenseur. — Non perchè l'anti'wagnerismo d'una volta, ingenuamente dottrinario, abbia ritrovato adepti; esso è sparito, o quasi; se ne vede qua e là qualche residuo allo stato fossile. E neppure ci è accaduto — dice — di èssere ripresi dai pregiudizi» nazionalistici cho, sorti contro Wagner nel '70-71, provocarono lo ■jauiXesbazioni antilohengriniane. Si tentò deprtivricalscMcocllacuesStSaWtecoa fodeticsisuavsagnogneprcechwcitropimnidiriopRpeè sipoquchdie s'vilegrriinsicoarpistgnrareladRstinbpcpnsmvr.tilitupstrsndmaWqzdrcmcrgscpWsdetcfidgblsrnoftc far risorgerò quei pregiudizi! subito dopo la erandS gu«ra,nìa "precisamente i com. ^ to™ati dalla trincea dichiararono che non avrebbero rinunziato al loro diritto di udire Tristano o Parsifal. Non si può dire che il gran pubblico bì sia staccato da Wagner, che è sempre il 6ùo favorito; forse, egli è il solo musicista che, ai nostri giorni, parli più direttamente alla sensi- bilita dcl Pubblico e ne faccia sorgere più spontaneamente l'emozione. «Non credo che fra i musicisti sia.decresciuta l'ammira ziouo per Wagner, no che si pensi sul serio a negare che egli sia, accanto a Beethoven od a Bach, uno fra i più grandi eroi della musica tedesca e dell'arte di tutti i tempi, Pertanto è incontestabile che i giovani si 9ono allontanati da Wagner, sopratutto in Francia, ma anche in Germania. Dal tem- po della dominazione, elio minacciava di soffocare l'originalità degli artisti francesi, tutto è mutato. L'orizzonte francese s'è prodigiosamente allargato — dice il Lich tenberger — ; abbiamo vagato con la no 3tra curiosità in tutte le regioni del mondo musicale; siamo stati prèsi dal misticismo di Francie, dall'impressionismo e dal natu ralismo dei russi, dalla purezza sobria ed elegante dei nostri vecchi maestri francesi • abbiamo gustato il folklore musicale d'occi dente, d'oriente ed anche quello dell'cstre mo-oriente. E siamo finalmente ritornati completamente noi stessi. Nè l'impressio nismo debussysta uè l'espressionismo con temporaneo devono più nulla a Wagner ». E rjrosepua: Lidel'iingnmseccrpamela qupositnediffnaginagiloedsi tegrLE prosegue <• CI slamo persuasi che nelle quali l'imitazione di anche le opere louni procedi¬ menti wagneriani parve evidentissima, come Fervaci o Saint Christophe, non erano, nella loro essenza, wagneriane. Già durante gli anni che precedettero la guerra, Wagner aveva cessato di essere « alla moda ». Debussy lo giudicava infetto di intellettualismo; ereo o l e o ) e l i o , a a o ; a iu è a; e piti lo tò detto che la musica dovesse rinunciare alle pretese letterarie o filosofiche che l'appesantivano, e dichiarò guerra aperta alla itterica musicale, alle costruzioni simmetriche, all'uso dei motivi conduttori, all'esercizio scolastico degli sviluppi tornatici. Albéric Magnard sapeva di essere « inattuale », e si compiacque ni sembrare un ritardatario, proclamando nella prefazione della sua Berenice la derivazione dal maestro di Baireuth. di cui si dichiarava discepolo/ Oggi i nostri espressionisti di avanguardia, procedenti da Strawinski, da Arnold S ihocnbc-rg e dn Erik Satie, non hanno gran cho di comune con Wagner. Questi intellettualisti, amanti della tecnica, sdegnosi del sentimento, anelanti a combinare inedite armonie, non hanno nulla a clie fare con Wagner. Questi é ormai profondamente lontano da essi per il suo gusto del monumentale, per la sua retorica patetica, le effusioni liriche, il senso delle vaste sintesi e delle architetture potenti, o per il suo fondamentale romanticismo. I giovani avanguardisti parlano con la più irrispettosa ironia del ron-ron wagneriano o del gnaugnan di Cesar Francie. Wagner appartiene oggi al passato, ove conserva un posto eminente nella storia della musica europea. Comprendo ohe i giovani si stacchino da lui. « Mi liir.ito pertanto a desiderare che essi cerchino di strappare a Wagner un segreto che egli . non ha loro rivelato. L'arte wagneriana è essenzialmente collettiva e sociale. Wagner ha voluto parlare alle folle, trascinare le masse, -e vi è riuscito. La sun opera, che ha sedotto le aristocrazie, si ò imposta anche al gran pubblico, ed ha manifestato cosi una straordinaria potenza, di diffusione. ■ I suol drammi musicali possono rivaleggiare da questo punto di vista con le opero n a •successo « corno Faust, Mignon o Rigoletto. E questa osservazione non è superflua. Il valore artistico di un'opera non è certo proporzionale al suo potere di espansione; ma è deplorabile che un'opera d'arte possa conquistare un numero di ammiratori quanto più numeroso possibile. Ora 6 cerio che c'è in questo-momento, in Francia, una distinzione assai netta fra l'arte .delle folle e quella! degli artisti. 11 pubblico artista, che s'interessa agli esperimenti della nostra giovine scuola, è troppo esiguo per riempire le sale dei teatri. E poiché d'altra parte il gran pubblico non vuol saperne degli esperimenti dei novatori, ne risulta che opere di indubbio interesse, che rappresentano un considerevole sforzo artistico, che sono state accolte con favore dal critico e dal pubblico artista, dispaiano dal cartellone dopo un piccolo numero di rappresentazioni. Pellùas stosso non è popolare, ed a stento ha raggiunto la centesima rappresentazione. Ariane et Barbc-lìlcue, che 6 indubbiamente opera d'alto valore, a stento si mantiene In repertorio. Eguale sorte ha il delizioso capolavoro di Ravel, VHcurc cspagnole. E che dire della Berenice di Magnard, del Pags di Ropartz, dello Scémo -di Bachclet, ecc. ! Questo divorzio fra il teatro d'arte e il teatro industriale 6 dovuto unicamente all'incurabile sciocchezza del pubblico teatrale? Non posso non domandarmi se non vi sia anche colpa degli artisti. Non tendono essi a compiacersi del raffinamento dell'esperienza tecnica, del modernismo eccessivo, dell'arcaismo che disorienta? Non hanno complicato volontariamente la loro lingua, raffinato ecessivatnente le loro combinazioni armoniche r.d i colori strumentali? Non rischiano, continuando in questa via, di creare opere nobilissime, forse, ma condannate dalla loro natura a esser prive di diffusione? Sarebbe imprudente per i nostri musicisti il rinchiudersi in uno smodato sdegno del volgare. Si tratta di sapere se la loro opera possegga sufficiente vigore elementare e vera umanità per conquistare finalmente anche il grande pubblico. Ed a questo proposito mi domando se i nostri giovani musicisti non abbiano ancora da prendere consiglio da Wagner. Se Wagner potesse comunicare qualcosa della sua robustezza, della sua forza, a! nostri impressionisti ed espressionisti di oggi, non perderemmo nulla. La vigene-i razione della musica francese è oggi un fatto commuto. Ma è desiderabile che i nostri musicisti apprendano à' trascinare la folla, come hanno sedotto l'aristocrazia. E Wagner resta per essi un modello -non ancora raggiunto, dì cui l'insegnamento può essere salutare ». «** Oggi, come quarant'anni or sono, Vincent d'Indy, l'autore di Fervaal, il discepolo di Franck, è fervente wagneriano. Wagner — egli dice — ha reso il più gran servìgio alla musica francese, liberandola dal giogo italo-giuflaico-eolettico pel quale essa aveva rinnegato le sue originali qualità di chiarezza e di logica espressiva. E poiché in arte tutto ricomincia, bisogna, aver fiducia nella venuta d'un altro genio che dia nuovo slancio alla musica francete, togliendola alla bottega di curiosità e di bruttezza in cui essa sembra indugiare volentieri. H vecchio Dubois dice che l'argomento è sfruttato e non vai la pena di chiacchierarne ulteriormente. Per il realista Bruneau, Wagner resterà accanto ai grandi olassici, suoi fratelli d'urte. Guy Ropartz afferma che i musicisti degli ultimi cinquantanni devono molto a Wagner. Roger-Ducasse resta neutrale : //. a fall trop de Uicn pour en dire da mal. Il a fait trop de mal pour en dire du bien. « La personalità di Wagner — dichiara Ravel — fu dannosa alla nostra letteratura ». Florent Schmitt non ha parole velale: Wagner l'èmbèìr. ; Walther ì\ conio Beethoven, uno di quei genii ingombra ini troppo esclusivamente ammirati dui pubblico. Da- gideannotèdudistl'anoqubaglo mortopadi.sibimbmcoGpchstgnndalailamncclucvdsgacailsidcpeqtssnvnmrvasUczisplctzmad0Bpdd! cj j ; | 1 i •j, rius Milhaud detesta cordialmente Wagner, per ragioni di antipatia di razza... ..*.. Fra i vari pensieri, simpatizziamo con quello del Dukas, il quale vedendo più acutamente e più storicamente dello stesso Lichtenberger, fissò l'errore d'allucinazione dei « wagneriani », e, dichiarando esaurita l'influenza wagneriana, prospettò il ritorno, in un'epoca più o meno lontana, di Wagner, di Wagner che apparirà, fuor d'ogni mondano rumore, grande della sua intrinseca grandezza, agli occhi dello storico e del critico che ne valuteranno l'essenza; apparirà purificato e risorto, mirabile eternamente nelle sue pagine non periture. Ma la richiesta del Lichtenberger è, ahimè, alquanto vana ed antifilosofica. Volere non è potere. Come potrebbero gli esigui compositori francesi d'oggidì strappare a Wagner il segreto della sua forza e della sua diffusione, ed avvantaggiarsene per trascinare le folle dietro le loro musiche ? Immaginate lo stesso Debussy violentare la sua natura, per conquistare le platee ? E poi, si giovò Wagner di una « ricetta » miracolosa, e mirò forse agli anfiteatri colossali ed allo migliaia di spettatori? Egli, come si sa, chiuse il suo grande sogno nel piccolo tempio di Baireuth, e colà atteso i pellegrini, da ogni parte del mondo. A. DELLA CORTE.