Ma non è una cosa seria...

Ma non è una cosa seria... Ma non è una cosa seria... La burocrazia che amareggia i destini della nostra marina mercantile, ha sentito il bisogno di difendersi dalle critiche che incidentalmente mossi contro due suoi decreti, in un articolo pubblicalo sulla Stampa del 21 corrente. E ha fatto lo sue difese in una specie di articolo-circolare, pubblicato su vari giornali del regno c del quale non mi occuperei neppure,"ove le affermazioni di fatto in esso contenute non dessero la prova 0 di una singolare deficienza di memoria da parte dei compilatori, oppure di una non meno singolare speranza riposta nella smemorataggine del pubblico. Giova pertanto ricostruire i fatti — qui. ripeto, ncn si tratta più di ragionamenti — per dimostrare una volta di più, glastiacmndsecacncon un esempio molto importante per il trpresente e per l'avvenire, con qmli strani criteri si esaminino fi Roma in taluni ambienti i problemi della vita economica nazionale. Nell'articolo de! 21 enrr. lamentavo duo provvedimenti: il Lo, che concede 50 nuovi I milioni, in più dei 125 dati dal decreto Relotti, per la costruzione dei piroscafi da carico: il 2.o. elio assoggetta la concessione di dce ncqDlainvendita all'estero di una data categoria di (dpiroscafi all'obbligo, fatto all'armalpre, di.| dordinarne altrettanti ni cantieri nazionali L'articolo-circolare afferma che il decreto Belotti doveva essere seguito da un altro, che concedeva 200 milioni per la costruzione di navi mister ma che, non essendo esso entrato in vigore, diventava obbligo del Go 'no di far rientrare nel primo decreto i ie le C5.000 tonti, antecedentemente non inclusevi. Questa è. la storia ad uso burocratico: Cicdè incinpnma la storia vera 6 ben altra. Col 30 giugno I u1921 scadeva il decreto De. Xava, che con- ncedeva particolari favori ai piroscafi da ca- qnco ultimati nei cantieri nazionali entro]pquel termine. A quella (bua, la marina mercantile mondiale era già entrata in pieno in quella crisi, da cui è ancora lungi risollevarsi. Quindi.noi sostenemmo energicamente che, caduta finalmente quella bardatura di guerra, In Stato non si occupasse ulteriormente di costruzioni navali.: e in questo senso conducemmo una lotta asprissima contro le richieste fantastiche degli interessati, cooperando a farne cadere i tentativi rovinosi per la finanza pubblica. Però, apparve dalle, lunghe discussioni come fosse pericoloso, e a: che in parte ingiusto, passare di colpi, dal regime della tutela a quello della libertà assoluta. E perciò il ministro Belotti pi eparò due decreti, l'uno — quello dei 125 milioni — che risolveva il problema immerV ito di un gruppo di piroscafi da carico, impostati in baso #1 decreto De Nava, ma non portali a termine in tempo utile unicamente perchè le ditte estere non avevano consegnato le materie prime entro i termini stabiliti. L'altro decreto, invece, aveva scopi più ambiziosi. Esso si intitolava « provvedimenti per la flotta delle linee sovvenzionate » e si proponeva di alleviare la crisi dei cantieri, concedendo particolari premi di costruzione per il quadriennio 1021-24, a favore dei piroscali misti e di quelli da passr.ggieri. Questo progetto, clic, come ognuno vede, non aveva proprio niente a clic fare col primo, presentava molti punii de- sropm| IsìI(teplmrptptpcscvtrcsv—boli: sicché non giunse in porto ed il Mi-,,nistero attuale lo ritirò, sostituendovi in- Cvece il decreto Ciano del febbraio di questo anno, che rifonde in un blocco unico la legge del 1911, e dà uno stanziamento di 150 milioni per la costruzione dei piroscafi, che si faccia in Italia, lasciando peraltro la libertà agli armatori di acquistarli all'estero. Questa legge sostituì e annullò il progetto Belotti dei 200 milioni. Cosa avvenne? Che parecchi di quei cantieri i quali, avendo già impostato dei piroscafi, avevano dichiarato di costruirli di tipo misto, quando videro clic il decreto Belotti dava un premio più alto di quello successivo Ciano, cambiarono idea e 'fecero pressioni perche le loro navi venissero comprese nel primo decreto: mentre di piroscafi da carico ne abbiamo già in sovrabbondanza, mentre relativamente scarseggiamo nel tipo misto e da passeggi eri. Era quindi doveroso da parte del Commissariato di rispondere a questi signori che, non avendo essi fatto in tempo utile la dichiarazione necessaria per partecipare al decreto Belotti, e ciò nella speranza di guadagnare di piti per altra via, erano decaduti da ogni rìiritio e dovevano adattarsi a lavorare sotto il regimo del decreto Ciano. Avendo il Commissariato invece adottato un'altra via e assegnato nitri 50 nuovi milioni per far passare 05.000 tonn. sotto il regime Belotti. ha compiuto un atto di favore a danno della Finanza pubblica. *** E veniamo al secondo provvedimento, che dal punto di vista della concezione economica è ancora più sbagliato del primo. L'articolo-circolare della burocrazia marinara veramente rispecchia questa verità, perchè sul nuovo decreto spende poche e vaghe parole. Ma anche qui i fatti valgono meglio di ogni più lungo ragionamento, La legislazione rellica Villa-De Nava concedeva alle navi da carico costruite in Italia fra l'altro, un noleggio biennale a carico del Tesoro, che ripagava nei due anni fino ai 9/10 del valore della nave stessa, e faceva divieto ali armatore di vendere per un quinquennio questi può scafi all'estero. Una volta accettato 1 intervento statale in quella forma, tale ultima disposizione era allora logica perche: Lo si supponeva che la guerra potesse durare ancora parecchi anni, con conseguenti enormi distruzioni di piroscafi per opera dei sottomarini, e con altissimo costo di coetruzlone: L-.o diventava quindi assurdo che un armatore, dopo essersi fai lo ript cdnledsimcrtppphlfiadsntctunTlavngid(md gare dallo Stato i 0/10 del costo della nave, la vendesse poi ad altissimo orezzo all'estero, realizzando un indebito lucro. Ma lo scoppio della pace (per certi cantieri bisogna proprio usare questo termine) anniento tutte queste ipotesi. Le navi da carico si manifestarono eccessive, in numero o portata; i costi di produzione diminuirono con rapidità; i noli ed i prezzi delle navi calarono vertiginosamente. Cosa restava da fare in queste circo- j stanze?.Si noti che anche nei suoi effetti economici la legislazione di guerra aveva creato un caos: alcuni armatori si erano arricchiti, altri s'erano rovinati; alcune navi costruite in Italia avevano avuto Un trattamento, altre un trattamento diverso; alcune avevano fruito di un regime, talune di un altro, e così di ccndp. I casi sono numerosi quanto le navi e gli armatori c non è possibile ripristinare tip trattamento uguale per tutti. Perciò la via elio si presentava spontanea era quella che. scaduto finalmente il decreto De Xava, si ritornasse alla libertà piena, lasciando che gli armatori, che limino navi in disarmo da tanti mesi, le potessero ven doro dove credono, per diminuire lo per dite: tanto più che vendere una nave vec- Cina oggi è cosa tnlt'altro che facile. Ma questo era troppo semplice e la burocrazia di Roma ha trovato che allora essa diventava ancora più inutile di quello che è già. Ed ecco, quindi lo schema di decreto in parola, il quale impone all'armatore, che vende all'estero mi "piroscafo costruito in regime di legislazioue di guerra, di impegnarsi a farne costruire uno equivalente nei cantini nazionali, versando all'uopo una cauzione pati ai 2o del valore" dèlia nave. Progetto, ripeto, sbagliato tante volte] quanti sono gli articoli di cui si compone, ]per le ragioni seguenti: La perchè dimo- slra che nel Commissariato trionfa la burocrazia, la quale si ostina a ritenere che j oggi in Italia bisogna costruire navi; 2.o perchè, mentre la legge Ciano lascili all'armatore libertà di scelta di far costruire ih | Italia, o di comperare all'estero, con questo decreto si segua un grande passo alì'indietro, costringendo a far costruire in Italia, anche se non conviene; G.o perchè (ale passo tuT.ihdie.tro significa che i cantieri sballati — e lo banche di cui sono emanazione — hanno vinto la partita, perpetuando cosi la nostra crisi marinara, la quale continuerà a costare centinaia di milioni all'Erario; Lo perchè tale progetto rappresenta un favore reso a taluni gruppi ili armatori-costruttori, tirreni ed adriatici, a danno degli armatori puri e semplici, i quali sono sempre siali tartassati ti Roma, forse perche costituiscono l'unica parte sana, delia nostra attività marittima, che vive e lavora sui mari vicini e lontani, senza profittare delle finanze dello Stato, come fanno invece i cantieri e le linee sovvenzionate; 5.o perchè, per alcuni errori tecnici di compilazione, iì progetto non raggiungerà neppure taluni di quegli speciali fini che vorrebbe ottenere. Esso, insomma, è tutto un danno, senza nessun vantaggio: almeno per il paese. #*« Risposto cosi — e confido definitivamente — alle fantasie storico-economiche, del ,,. Commissariato per la marma mercantile, chiudo con una osservazione generale. Una delle causo precipue delle disgrazie governative che sistematicamente perseguitano la nostra marina mercantile, è l'unione di essa con la marina da guerra nello stesso dicastero. L'armamento inglese va benissimo, anche perchè nessun Nelson se ne è inai occupalo. Fra marina da guerra e mercantile vi è un solo, unico punto di contatto: che i principi generali della teoria dell'equilibrio dei galleggianti valgono tanto per una supev-dreadnought quanto per un veliero di 100 tonnellate che fa il piccolo cabotaggio. Ma, escluso questo punto, per tutto il resto i due problemi non hanno proprio nulla a vedere l'uno con l'altro. Viceversa, la psicologia di un ufficiale della marina da guerra è la meno adatta per esaminare i problemi economici della marina mercantile, la quale costituisce un problema di economia internazionale che non si risolve mai con atti di intervento e di autorità. La direzione generale della marina mercantile è una superstrtittura, più che Imi tile, pericolosa. Basta, per le sue funzioni, una sezione in un Ministero dello Comunicazioni. ATTILIO 5ABIATI.

Luoghi citati: Cina, Italia, Roma