Primi passi d'un grande artista

Primi passi d'un grande artista Primi passi d'un grande artista • Tinoanzo Gemito ha compiuto i settaiiIna anni; e un altro squisito artista napoletano, un de' nostri poeti viventi più delicato e caratteristico, Salvatore di Giacomo, no rievoca la vita e l'opera in una ricca ed elegante pubblicazione, edita dall'Alfieri e Lacroix di Roma, nella collezione di monografie c della Rassegna d'Arto antica e moderna », diretta da Corrado Ricci. Spira dal libro il caloroso affetto, insieme con la più fervida ammirazione, con cui il poeta partenopeo considera la persona e la produzione del grande e tormentato scultore, ■up concittadino ; ma affetto o ammirazione costituiscono in questo caio, per lui, una fiamma di più vivo lume, a meglio rischiarargli la complessa, talvolta coutradittoria, conturbata psiche di quello, o a fargli vedere più nitidamente e più profondamento i caratteri, le particolarità, l'intima sostanza dell'arte sua : sicché la monografia risulta celebrativa, com'è giusto, ina non ovviamente laudativa : opera di storia, senza aridezza, con palpiti vivaci, ed opera di critica più intelligènte, sottilmente penetrativa e chiara. E la si legge con il gusto d'u n'interessante novella : mentre le figurate tavole, che adornano doviziosamente il volume, ravvivano successivamente il ricordo delle più elevate e vantate opere del creatore delVAcquaiolo e del Pescatore, rivelano opero meno note di lui o studi o frammenti d'opere incompiute, e disegni e acquarelli e pastelli: dall' A cgttajuolo e dal Pescatore appunto, al pastello colorato La « padrona iti casa », e a un disegno mezzo lacerato, ritratto di Anna Gemito; dai ritratti di Giuseppe Verdi, di Mariano Fcrtuny, di Domenico Morelli, di Gustavo Marvasi, del Principe Amedeo, a diversi studi d'autoritratto, ad acquarelli e disegni acquarellati in cui è ritrattata la signorina Dutfaud, ài j disegni di « Masto Ciccio *, della Fanciulla di Santa Lucia, della Fanciulla di Capri, della Cucitrice; dalle terracotte del Giocatore — la prima opera famosa del Gemito, — dal ritratto del pittore Petroncelli, dal Cinese, da Maria la zingara, e dal bustino di Carlo V, a un particolare di trionfo da tavola, al ritratto a disegno dell'ingegnere Achille Minozzi, al recente disegno della Zingara... E' più di mezzo secolo — che queste pagine illustrate del libro documentano — di un'operosità artistica intensa, diversa, discontinua, turbolenta, con soste torpide, ma con riprese vulcaniche; c in parte il vario sforzo dei tentativi, quali anche abortiti, quali troncati a mezzo, quali mirabilmente riusciti, e la preparazione, e quasi la gestazione dello opere maggiori, il laborioso studio, l'affannosa ricerca, il martirizzante e sublime travaglio ; ed è soprattutto la forte affermazione, la grande conquista artistica, il meglio di ciò cui affida il suo nome, la sua gloria, Vincenzo Gemito. Egli intanto, pur gravato dall'età, e più da quel suo interiore sconcerto che da tanti anni ne fa un angosciato misantropo, isolato dal mondo, quasi prigioniero di sè •tesso; egli ancora, sempre lavora: «...Tra' «uoi ritorni incessanti alla creta e alla cora...» — scrive il Di Giacomo — «...e lo occupazioni sempre vigili dell'avido suo spirito investigatore — a cui la vita, le cose, le persone offrono argomenti di attenzione profonda e, talvolta, di singolari discussioni, Gomito colma, felice, gli spazii che la sua natura laboriosa contende a qualunque inattività. Disegna. E ogni giorno le sue preziose cartelle s'accrescono di somiglianti contributi all'acuto suo studio umano, che sanno dell'antico e in cui, se pur sono classici il vigore e la sapienza, è d'oggi la freschezza del tocco e sono moderne le delicate suggestioni. I disegui s'avvicendano alle plastiche. E chi recentemente, e per dirlo a una bella rivista d'arte, s'è recato a chiedergli quando e come egli abbia compiuto quel bellissimo ritratto di Cesare Correnti, che da poco è passato alla Galleria d'Arte Moderna di Roma, ha trovato il Maestro appunto in un de' febbrili suoi moineuti operativi, nel suo tacito studiolo^ lassù nella verde ed elevata solitudine di villa Grifeo che dal sommo d'uno de' poggi di Corso Vittorio guarda il mare luminoso e l'immenso anfiteatro d'una città elio paro non abbia confini... ». Settantun anni fa. Piazza dell'Annunziata, una delle più remote della vecchia Napoli angioina, nel quartiere di Mercato: la chiesa; e daccanto, il grosso fabbricato, disadorno o massicciò, dell'Ospizio dei trovatelli. E' notte, a ...Una oscurità misteriosa la conquista... », la piazza, « ... e uu silenzio tragico vi si spande... s. Non voglio nè parafrasare uè sunteggiare la pittorica e vibrante prosa del Di Giacomo : ...Due fanali rischiarano le scalo o il brei e pronao della chiesa c la sua porta : altri «lue più lontani stanno davanti a quella del brefotrofio, massiccia, dipinta di verde, guarnita dt ferrature e di chiodi come la porta d'una foltezza. Intorno h l'oscurità. In quest'ora raccolta l'ospizio dei trovatelli ha un'occulta rispondenza con la torbida notte creila piazzetta. Il mondo che, racchiuso là dentro, s'agita tra que' muri impenetrabili non è sconosciuto, e la fantasia del viandante non pure s'Indugia nel considerare malinconicamente la sorte di quelli esseri ignari e abbandonati, ma riarchitetta e rincorre le circostanze drammatiche onde fu, nella complico notte, consumato da genitrici colpevoli il maggiore e pur talvolta più inr-luttantle dei delitti. La buca pei reietti c 11, nella penombra, accanto alla porta... E in quella notte del 17 di luglio del lSoìl -r « ... mentre nc-lia breve stanzuccia della portineria dell'Ospizio, ove risponde la buca degli esposti, la suora, a cui per turno n'era toccata la sorveglianza, ri lasciava, cadero in grembo un picciol libro di preghiere e quasi vincere dal sonno... » — s'udì all'improvviso picchiare di fuori contro la ruota : ...Una mano aporia percoteva più volta le interne e lisce pareti della buca. E ancor prima che la suora, levatasi d'Improvviso, se le approssimasse dall'altra parte, la ruota girò sui suoi cardini unti d'olio, e un corpic; duolo scivolò nella stanza di ricezione e si venne a posare su la tavola preparata. Un pargolo, pieno di vita, con gli occhi spalancati, traeva torte il respiro, e vagiva. Davanti a lui, ritta, contemplandolo eoi suo sguarrio indifferente e usalo, la suora, immollile, ora prestava l'orecchio alla sirada. Vi suonarono distintamente i passi di qualcuno che s'allontanava, c si rifece il silenzio. Il pargolo continuava * dolersi o ad agitarsi. I.a suora lo ravvolse in un panno, lo prese In braccio, col pollice della destra gli feou in fronte il segno della croce, e subito scosse la corda d'una campanella che Untimi smicsnrimg1i«alssndcrnVcmtnsepsltds1 lontano, per lo vaste camere delle nutrici. Come una di costoro apparve a un tratto nella stanzuccia, la suora le mise il piccolo su le braccia, e quella scomparve con esso... 11 dì seguente l'Ufficio dello Stato Civile <lel Municipio di Napoli — Seziono Marcate r-r registrava che Suor Maria Egiziaca Esno »Ao, impiegata nello « Stabilimento del ^Annunziata », aveva presentato all'itili Ì9 aggiunto « uu bainbiuo di besso wa- Seziono Mercato j e e e a e o a i o a u i l a i a e a , l a a o a, — a r , a c; i n nnre, oo Il i. e ou sserrile », dichiarando che esso era i ...stato messo alla ruota del detto Stabilimento con i segni seguenti : un pezzo di tela, o l'orecchio destro bucato. Il bambino.., » — proseguo la fede di nascista — < ...compariva nato da uu giorno. Dal Governatore incaricato della tutela dei protetti gli sono stati imposti il nome e cognome di Vincenzo Gemito e gli si è adattato al collo il marco segnato con la lettera Q o col numero 1191... ». Il giorno dopo, Vincenzo Gemito riceveva il battesimo. La sua nascita, un mistero: « ...mistero, che attraverso tanti trascorsi anni o la giammai placata inquietudine.della creatura sul cui povero cuore esso è pesato, e rimasto da quel punto insoluto... ». *"# Certi coniugi Baratta — lui, pittore di stanze —* che non avevano avuto figli, se n'erano preso, comò si dico, uno della Madonna: era Vincenzo Gemito — Vicenzì, lo chiamavano ih casa. E nel '61 troviamo il ragazzetto nello studio dello scultore Emanitelo Caggiano, che lavorava allora alla Vittoria per la Piazza dei Martiri a Napoli. Vicenzì voleva imparare <i a far lo statue », come disse la sua madre adottiva, raccomandandolo al Caggiano. ... Il ragazzetto ebbe un bel camiciotto turchino, di cui si mostrò fiero, e un berretto nuovo. Ebbe al desco dei Caggiano il suo posto ogni giorno. Non aveva mai disegnalo — e vi si volle provare nascostamente. Il suo primo picciol disegno ritrasse la vivace testina di il/edoro, un cagnuolo che il Michelini [lo sbozzatore del Caggiano] s'era portato da Carrara. Il Caggiano osservò con attenzione quella ingenua opera fanciullesca, compiuta con la timidezza do' principianti. Era, se non altro, una prova significativa della coscienza scrupolosa od acuta di quel piccolo osservatore, non disposto a trascurare, fin dai suoi primi coiilritii oggettivi, alcuna pur dello più insignificanti particolarità che gli presentava un modello. Continuò a disegnare: e. or copiò da' gessi che il Caggiano gli poneva davanti, ora dal vivo, adoperandosi a riprodurre su ruvidi fogli le sembianze del maestro e del Michelini. Usava di una matita rossastra, c se no piaceva, cosi per la simpatia del suo colore, coinè ancora perchè quel segno, meno cancellabile, lo poneva nella necessità di non ricredersi, di non coi reggere: ed egli, appunto per poter pretendere u una interpretazione impeccabile, non voleva avere resipiscenze. Parecchi mesi passarono, qualche anno forse... Poi, un giomo — la Vittoria era partita dall'officina che le aveva visto metter l'ali, ed era collocata sul suo piedistallo in Piazza dei Martiri — il Gemito scomparve; e il Caggiano lo cercò invano. 11 perchè di questa fuga del ragazzo, di questo improvviso, sdegnoso abbandono del suo primo, amoroso maestro, il Di Giacomo non ce lo dice. Forse, un fanciullesco bisogno di cambiare, di cercar di meglio, senza pure sapere che cosa; forse una stranezza delle tante checaratterizzano, da' suoi primordi ad oggi, la vita di questo stranissimo artista. Nel '64 ritroviamo il Gemito nello studio dello scultore Lista: lo ritroviamo « ...assiduo... volonteroso... affettuoso... servizievole... ». Un giorno, insieme con sè egli condusse allò studio un suo compagno, « ...che anche lui voleva apprendere... ». Questi si chiamava Antonio Mancini; e « ... già disegnava assai bene, già coloriva talvolta, e con una rivelativa franchezza di pennellata... ». E tant'anni dopo, il Lista stesso narrava al Di Giacomo: « ...Li misi a copiare dalla statua e dal nudo: qualche mia statua teneva loro da modello, e pel nudo posava or l'uno or l'altro di essi davanti al compagno. Un bel giorno dissi al Mancini : <t — Insomma, tu sei nato pittore. Vattene a studiare all'Istituto di Belle Arti. « Mi parvo imbarazzato. All'Istituto non ora mai stato, e non conosceva quei maestri. Conosceva, ma solo di vista, il Morelli. « — Ebbeue, presentati al Morelli. Digli che ti mando io, e mostragli i tuoi disegni.o Così fece. Poi mi raccontò che il Maestro aveva guardato attentamente i disegni0 lui, con certi occhi penetranti e scrutatori. — E questi disegni — gli aveva chiesto — son tuoi? — Miei. — Lasciameli, e torna doman l'altro. « Era tornato. E Morelli gli aveva detto: <t — Vieni pure. « Così... rimase al mio studio il solo Gemito... ». L'Istituto di Belle Arti di Napoli bandiva in quel tempo un concorso per Una statua, di Bruto. Il Lista consigliò al Gemito di tentare il concorso. Questi'lavorò di buona lena; © presentò il suo bozzetto. » ...Non era un capolavoro... » — ricordava poi il Lista — « ...ma differiva da quelli degli altri, quasi tutti atteggiati in una posa meditata e teatrale, per la verità del movimento e l'assenso vivace di ogni membro di quella tragica figura alla emoziono del momento in cui l'aveva colta. Si venne alla votazione. Morelli, mi sovvengo, votò per Gemito; ma fummo superati dalla discorde maggioranza di due terzi dei giudici... ».A questo punto, il Gomito, pur essendogli staiti, ottenuta, per raccomandazione del Morelli, dal ministro della Pubblica Istruzione Correnti, la commissione di riprodurre nel marmo il suo Bruto — a quei beati tempi dunque la Minerva aveva fondanche a ciò!... — il Gemito abbandona il suo secondo maestro, il Lista, non meno improvvisamente c sdeguosatnente che il primo: » ...Compresi... » — è sempre il Lista che rievoca — et ... «lai modo <:on cui mi salutò, in su la sera, quaudo uscì dal mio studio, che forse non ci saremmo più visti... . « Difatto, non si feco più vivo. Portò altrove il suo marmo, ma non riesci, come io seppi appresso, a cavarne il Bruto. Si mise1 ad opero di puro studio, di pura rappresentazione oggettiva; ed obbe per officina delle sue plastiche il sotterraneo d'un monastero, ov'egli o il Mancini o altri suocompagni componevano, nel prescelto e suggestivo orrore del luogo, opere di rara bellezza. Tutti quei giovani frequentavano l'I lituto di Belle Arti, in quel tempo tioi'cuissino : alcuni di loro venivano ancora alle. , ■ • , ■ 111 una pubblici) scuolat mio lezioni serali Gemito mai... ». All'Esposizione della Promettici, delle Belìo Arti di Napoli, del 1S68. una statuirla in terracotta, intitolata il Giocatoree iiruia'.a da uno scoiiotciuto — allora — attraeva sin polarmentei. I Vincenzo Gemito o ,. ... ... ;. ,, ,o 1 attenzione e suscitava l'ammirazione d.. di tutti 1 visitatori. Fu un successo memole j rande. E il re Vittorio Emanuele acquie ' o l i a- o ! stava l'opera per la sua collezione re»"ia di Capódtnionté. E davvero , slatinila era la rivelazione ri-1 Gemito, lo* • 1-i j 1 • -, i-' cmnemo mirabile del suo spinto ilcweiv.izione e del ìuo vivacissimo ingegni rappredellalucila• . lo acntativo. Giustamente osserva il Di Giacomo : ; ... 11 '.Giocatore fu come il-programma, defluito o chiaro dell'arte sua.: egli vi fermo la comma di tutte le sue intenzioni e vi.raccolse tutti jrii accenti Che poi resero così personale quell'arie... ... La rappresentazione della verità, desiderio incessanti! di quell'artefice oggettivo, s'era, da prima, tniomrala in un soggetto predisposto, in quel Bruto, che aveva provato e riprovato, invano, facoltà che Gemito non possedeva, e che non s'è da quel punto mai più adoperato a cercare in sé stesso ; facoltà fantastiche, architettanti, creative — che sono sempre sovvenute dalla conoscenza e dalla cultura che l'artista chiama in soccorso delle suo visioni. Il Giocatore fu, invoco, un'osservazione — e lo bastarono l'occhio e la mano, davvero prodigiosi, di quel giovanetto sedicenne... Venne poi, poco tempo dopo, l'ammirabile Pescatorello. E finalmente, dopo i ritratti di Verdi o di Fortuny, tralasciando le opero minorij ma pur potentemente significative, nel '77 — Gemito contava allora venticinqu anni — il Pescatore — uu capolavoro: un solo grido d'ammirazione di tutta Napoli, il nome, là fama del giovine scultore diffusa in tutta Italia, le porto del Salon di Parigi che gli s'aprivano... I.ECTOR. S.u.v.vroiiB ni Giacomo: Vincenzo Gemito — Pi-ima monografia, della Rassegna d'Arte antica <: moderna diretta da Corrado Ricci. — Roma, Accomandita Ed. Alfieri e Lacroix, di Luigi Alfieri c C. — Lire venticinque. nbr