La villa del Caleotto

La villa del Caleotto Fa tasteggiate manzoniane La villa del Caleotto IL OALEOTTO (Castello sopra Lecco), < Quel ramo del lago di Como... i. Qui, ecco, la scena della grande rappresentazione manzoniana : la patria dei « Promessi Sposi »: la culla ideale del romanzo, insieme, e il paese di Renzo, di Lucia, di Agnese, di don Abbondio, di don Rodrigo... Ecco: il ramo del lago, « ...che volgo a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli... 1; o qua, dove si ristringe, prendendo « ...corso o figura di fiume, tra un promontorio a destra..; • — il monto Barro, là di faccia, in forma d'un tozzo tronco di cono, e da cui, ancora verso mezzogiorno, oltre la depressione di Galbiate, dilunga la catena delle colline che separano la valle dellAdda dalla Brianza — « ...e un'ampia costiera dall'altra parte... »: — questa proprio, di cui il Caleotto, frazione del comune di Castello, ma che ormai, con l'estendersi di Lecco, da tempo divenuta città, è divenuto a sua volta, insieme con Castello stesso, un popolosoeindust.ro sobborgo, e la villa La Scola, che fu già dei Manzoni, sorgono precisamente al punto centrale. La villa e belvedero a ricontemplaro il naturale scenario, cui non pare adeguato altro appellativo che di ntanzoniano; ma questo s'impone al pellegrino, spontaneo e immediato: forse perchè i caratteristici aspetti dei luoghi — cerulo specchio di lago, lento salir della riva, colti ben ordinati, ai direbbe quasi pettinati, poggi aprichi, vallette boscose, paeselli sparsi tra '1 diverso verdo, o ciascuno con il suo piccolo bianco campante che "emerga dall'aggruppamento oscuro dei tetti ; e poi aspri dorsi dì monti, precipiti mm-arjlie e diruti speroni di roccia, creste dentate, picchi; — e un non no final senso intimo e grandioso che spira dall'insieme, da tanta e austera e ridente bellezza di paesaggio, là con forti toni selvaggi, qua con dolcezze armoniose di toni, e con umili grazie che appena all'occhio amoroso si palesano; tutto, dico, rende la ■stessa impressione, di potenza e di varietà, di libertà e di serenità, di conforto o di vita, elio l'arte manzoniana. O forse la realtà dei luoghi è cosi suggestivamente rispondente all'imagine che la descrizione del Manzoni ce ne aveva formata in mente, che la realtà stessa ci par quasi uua riproduzione della sua fantasia: quella e questa fanno ora per noi tutt'uno, i monti e il lago che Domeniddio ab initio creò con terra ed acqua sotto il lucido cielo, e quelli che don Alessandro ricreò nella prosa immortale. Qui davvero ò la patria dei Promessi Spot!. In questa villa, di sobria- ed elegante architettura, tra del palazzo gentilizio di provincia e la tradizionale vUlotta lombarda, Alessandro Manzoni fanciullo o adolescente — quando in famiglia lo chiamavano Lisandrino — veniva a trascorrere, presso il padre, le vacauzo dal collegio di Merat'e, prima, poi da quel di Lugano? e qui, fceato di ozi agresti, soddisfaceva, ma ancora di nascosto del padre, quel prospero appetito che non gli riusciva mai di cavarsi intero nei troppo quaresimali pasti del collegio, ove i Padri Somaschi avevano assai più lesta la mano allo punizioni corporali che non al dispensar minestra e pane : onde a lui rimase poi sempre, delle scuole in genere e del collegio in {specie-, quella trista impressione che manifestò, con una acerbità ne' suoi giudizi inconsueta, nel carme In morte di Carlo Imbonati: « ...Né ti dirò com'io, nudi-ilo In sozzo ovil di mercenario armento, «.ili aridi bronchi fastidendo e il pasto l>e la insipida stoppia, il viso torsi 1 ]>a la fetente mangiatoia talor discepolo di tale Cui mi sarta vergogna esser maestro...'».- E qui veniva ancora in vacanza quando passò al collegio Longpne, di Milano — allora detto de' Nobili —'1 - Padri Barnabiti, e con luogo di villa à Castellazzo do' Barzi; e qui aveva compagno di giochi tal Giuseppe Bovara, che diventò poi ingegnere e architetto nominato: questi, poco più adulto di lui, manifestando già la vocazione tecnica e costruttiva, inventava e tracciava con il futuro poeta minuscoli sistemi di canalizzazione, guidando, forse proprio in questo prato ora compreso nei parco della villa, rivoletti d'acqua', e formando caacatelle, a mettere in movimento la ruota, fatta di canna, d'un fantastico mulino. Poi, avanzando negli anni, il gran diletto di loro due diventò l'uccellare alle allodole col paretaio. E il Bovara, 'da vecchio — morì passati i novantadue anni — ricordando il suo compagno di giochi e amicò di gioventù, « ...lo dipingeva... • — come riferisce Antonio Stoppani in quel suo interessantissimo libretto di « spigolature » su 7 primi anni di Alessandro Mantoni — « ...di mite temperamento, di carattere tranquillo, di modi, composti. — Nulla però in lui di straordinario — soggiungeva — da cui si potesse arguire olio sarebbe diventato quell'uomo... i. Ma « quell'uomo •, il Manzoni s'incamminava già a diventarlo quando veniva ancora qui, dopo uscito definitivamente di collegio, quasi tutti gii anni, più o meno lungamente a villeggiare, l'estate o l'autunno: che, lasciando da banda il poemetto II trionfo delta Libertà, che altro non può giudicarsi, per il riguardo estetico, se non una mediocre raffazzonatura del Monti della Basvilliana e della Mascheroniana ; e lasciando ancora da banda i sonetti, di evidente imitazione alfieriana e foscoliana, Bitratto di sè stesso e « Como il divo Alighier l'ingrata Fiorai; e insieme magari l'idillio Adda — per cui l'ampullosa lode del Monti par soprattutto riconoscenza del c divo » all'ingenua ammirazione e alle sperticate lodi tributategli dal seguace diciottenne ; —e lasciando anche i tre sermoni, il Panegirico di Trimalcione, t Se alcun da furia d'irritato nervo • e quello indirizzato s Giovanni Battista Pagani; ecco però il carme in morte dell'Imbonati — calorosamente lodato, tra gli altri, e stavolta a, più buon dritto, dal Monti, e per cui il Foscolo, riportandone in una nota ai Sepolcri i versi che si riferiscono ad Omero, scriveva: « Poesia di un giovine ingegno nato allo lettere e caldo d'amor patrio: la trascrivo por tutta lode, e per mostrargli actcludmeqil i e l l l a o a l , o a i quanta memoria serbi di lui il suo lontano amico »; — ecco il poemetto Urania — per cui il ventiquattrenne poeta fu giudicato t ... colorista quanto il Monti, sobrio e preciso quanto il Parini, magnanimo quanto l'Alfieri... », mentre ancora il Monti, con un compiacimento non privo di prosopopea, dichiarava: « Questo giovinetto comincia dove io vorrei finire »; — ed ecco specialmente la prima edizione degli Inni Sacri. E già la Morale Cattolica era a buon punto, e il Conte: di Carmagnola architettato. E se qui, al Caleotto, non nacquero realmente i Promessi Sposi, fu perchè, a certo momento, toccò proprio al poeta l'amarezza di emigrare dai cari luoghi — cui non doveva più tornare che una volta sola, tre anni dopo, per pochissimi giorni —: n ... Addio, monti sorgenti dall'acque ed elevati al ciclo... Addio, cosa... ». "* Questa villa del Caleotto fu costruita nel Settecento da don Alessandro Manzoni, nonno del poeta, su disegni dell'architetto, e poeta audio lui, ma di fama men cho mediocre, Giuseppe Zanoja. Fu ereditata quindi da don Pietro Antonio, padre del poeta; quindi da questi, nel 1807. Ma qui ha certa parte quel disordine morale, con relativi riflessi materiali, che attristò la famiglia da cui uscì Alessandro Manzoni, come poi, in varia guisa, quella che uscì da lui. La madre del poeta, donna Giulia Beccaria, figlia marchese Cesare, nel 1792 — quando cioè Lisandrino aveva sette anni — si separò dal marito, don Pietro Manzoni appunto, per andare, com'è noto, a vivere a Parigi con il conto Carlo Imbonati. Il fatto non si giustifica, ina si spiega : si spiega ponendo mente semplicemente a questo: elio don Pietro stava allora per toccare i cinquantasei anni, mentro donna Giulia non ne contava ancora trenta, e l'Imbonati ne aveva trentanove. Peregrina ventura, por altro Iato, di questi! cho adolescente fu incoronato dell'augurio della Musa maestra di Giuseppe Parini; e la coltre funebre ebbe inghirlandata del compianto della Musa giovinetta di Alessandro Manzoni : sicché si può anche pensare che nel genio del figlio di Giulia Beccaria, dell'autore dei Promessi Sposi, abbiano concorso, per chiare e misteriose vene, e si siano ricongiunto vaghe e certe derivazioni di quegli altri due grandi: del filosofo umanitario e giurista autore del libro Dei delitti e delle pene, o del cantore del Giorno. Ora, dopo che Alessandro, nel 1805, essendo morto il conte Imbonati, volle raggiunger© la madre a Parigi, e si stabilì con lei, il padre, don Pietro, testò che alla sua morte diventasse procuratore generalo del Caleotto e dei beni connessi — tra l'altro duo ricche tenute, Erna e Indeviccio, a bosco o pascoli, su i fianchi del Resegone — certo A... G... (La reticenza dei puntini non è mia: ò dello Stoppani, che riferisce l'episodio in quel suo libretto citato). L'A... G..., morto don Piehro nel 1807, era proprio quel che ci voleva per amministrare il patrimonio d'un poeta. Nemmeno era di quelli per cui suol dirsi, — Fammi fattore, ed io ti compro la fattoria: — lui, la fattoria, se la piluccava pari pari : ma proprio come una gallina un grappolo d'uva: che tu volti l'occhio, e non c'è più che il raspo. Cesi « sfumarono » Erna e Indeviccio; così tutta la roba andava sparendo ch'era un incanto. Finché don Alessandro capì ohe l'unico rimedio era vendere alla lesta quel che rimaneva, liquidare tutto; e sacrificare subito la villa del Caleotto, per salvare almeno l'altra, di Brusuglio, in quel,di Milano, che egli prediligeva per la vicinanza alla citta, ove,- dopo il ritorno da Parigi, s'era stabilito. Racconta lo Stoppani : t ...Venne il giorno fatalo in cui Alessandro Manzoni aveva sottoscritto il contratto di vendita de' suoi possessi nel territorio di Lecco. '(L'istrumento di vendita del Caleotto e dei beni nei comuni di Lecco,- Castello ed Acqunte per la somma di 105.000 lire italiane, è in data 11 novembre 1818 : rogato dal notajo Innocenzo Valsecchi, in presenza di Alessandro Manzoni, abitauto in Porta Nuova, contrada del Moroho al n. 1171, e sottoscritto dallo stesso Alessandro Manzoni). Avvicinandosi l'epoca del San Martino fissata prl trapasso del Caleotto al nuovo padrone, il Manzoni viene a villeggiarvi per l'ultima volta, -e a congedare i suoi mezzaiuoli, che. dn noi diconsi massai, (Tu lombardo masse). Spiegatisi avanti i libri dei conti, li manda tutti a chiamare a titolo di salutarli o di liquidare lo partite. Ma che liquidare? Tutti erano impegolati fino ai capelli dai debiti. Ve n'erano di quelli il cui debito montava fino a tremila lire milanesi, somma che, se non è spregevole adesso... » [lo Stoppani scriveva questo intorno ai 1S70] a ...era a quei tempi una bella moneta. Ragioni e scuse, già si intende, n'avevun da vendere. Che fa il Manzoni ? Impugnala penna, la tiene un po' sospesa per uria, e poi : « Tiriamo » dice « una riga su tutti e su tutto, e non se ne parli più: perdono generalo !» — E si che ve u'erano di quelli elio avrebbero potuto pagare, e che, laEciaudo in asso il padrone, si erano procurati terre a chsc in proprio. Ma il Manzoni non volle faro eccezioni; anzi, come fosse lui debitore, uè bastasse l'aver tiralo quella riga a saldare i suoi debili, aggiunse: « Anche il frumentone che sarete ppr raccogliere, e tutto il resto dei frutti di campagna che raccoglierete fino a San Martino, ve li lascio anche quelH, e godeteli in santa pace... ». Perchè — casomai fosse qualcuno che non lo sapesse abbastanza — il Manzoni non era un uomo superiore — di quei cioè cho si dicon superiori m senso assoluto — soltanto par intelletto, quando dettava i promessi Sposi, o lo tragedie o gl7«wi : la sua era superiorità assoluta o permanente d'auimo, e di modo d'intendere e di praticare la vita. E con» all'arte sua, per riuscir sublimo, non era bisogno che s'awcutasso « ad ardimenti immaginosi » — secondo l'espressione, che vorrobb'essere maliguetta, del Canta — o di materia fastosa o comunque stupefacente — « ... Io non volli nei miei lavori battere la grancassa... », egli ebbe un giorno a dichiarare; — ma gli bastava la storia del matrimonio contrastata ili due villani; cosi alla sua supremazia inorale non era bisogno, per manifestarsi in disinteresse, in signorilità, in generosità, di pro¬ ve eccezionali o di cimenti temerari : bastavano i conti, che non tornavano, dei masse. *"* Ma come, nell'opera manzoniana, accanto-alla .rappresentazione dell'iniquità, a contrapposto, quasi a contravveleno di essa, non manca mai, e risulta tanto più efficace, più attraente, la rappresentazione dell'onestà: — ci sono sì tanti birbanti al mondo, che perpetrano laute birbanterie; ma — par che ci ammonisca continuamente il poeta — ma c'è anche l'uomo ritto, c'è anche colui che pratica zelantemente la virtù; c questa spando intorno a so tanto bene, e per quello che essa direttamente opera, e per la forza dell'esempio, c per un'innegabile attrazion simpatica che da essa spira, che, pur solitaria c contrastata, finisce sempre per prevalere su quel tanto più maio cho intorno la premo e oppugna: — come dunque nell'opera manzoniana, così in questi ricordi cho si ricollegano al Caleotto, alla ville, della fanciullezza e della gioventù di don Alessandro, in contrapposto alla figura del procuratore ladro, si profila la figura di un domestico quant'altri mai affezionato e fedele. Di questi, lo Stoppani, che di proposito lasciava nella penna il nome dell'altro, ci riferisco, insieme con il nome, un po' di biografia e qualche aneddoto. E giustamente, manzonianamente anzi, osserva: » ?.. Gli nomini andrebbero applauditi e riineritati con quel criterio che si suole adoperare cogli attori da scena, mentre non si applaude già a chi fa le parti di re o di regina, ma a chi fa bene la parte sua, ancorché sia di Figaro o di servetta. Se la stima prendesse misura dal merito, il bravo operaio e la buona massaia ne avrebbero quanto il poeta, 10 scienziato e l'artista. Quando si comincerà a fare un po' di giustizia in questo senso, Giovanni Cornino avrà acquistato un doppio titolo di figurare a lato di Alessandro Manzoni. Questi disimpegnò benissimo la sua parte di letterato e di poeta; quello la parto di servo fedele... ». Il che, so vogliamo, è concetto genericamente, o in certa parte, incluso in quei periodi che il Manzoni avrebbe trascritto integralmente dal suo Anonimo, nell'Introduzione dei Promessi Sposi; quando quello appunta cho « gl'illustri Campioni » cho né\\'Arringo della I/istoria « ...fanno messe di Palme e d'Allori, rapiscono solo che le sole spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando co' loro inchiostri le Imprese de Prencipi e Potentati...'; mentre lui, l'Anonimo stesso, t ...hauevdo hauuto notiiia di fatti memorabili, te ben capitorno a gente meccaniche, e di piccai afare... » si accingo * ...dì lasciarne memoria a Posteri... » poiché con esse « ... si vedrà in angusto Teatro luttuose traggedir. d'horrori, e Scene di maìvaggità grandiosa, con intermezzi d'Imprese virtuose e buontà angeliche, opposte alle operationi diaboliche... ». Ciò che importa insomma è la virtù nell'individuo e l'etica nell'azione, non il grado sociale del personaggio o la grandiosità dell'atto. Concetto questo cui non credo sarebbe facilmente arrivato uno scrittore del Seicento, che per tanti riguardi, di mentalità e di stilo, ci fa pensare a un don Ferrante cronista: se l'Anonimo non fosse lui stesso un personaggio creato dal Manzoni ; se anzi, invece che lui per bocca del Manzoni, non fesso proprio il Manzoni cho parlasse per bocca di lui. Giovanni Cornino, dunque, era stato prima cuoco presso i Cappuccini di Castello : {'uomo dei frati, cerne soleva chiamarsi nel territorio. Poi, quando venne la soppressione dei conventi ordinata da Giuseppe II, rimasto disoccupato, fu assunto in servizio da don Pietro Manzoni, il quale aveva potuto apprezzare le sue virtù culinarie, quando, come spesso avveniva, era invitato a pranzo dai frati. E-il buon Contino era colui che dava di nascosto da mangiare al piccolo Lisandrino, che il padre avrebbe voluto rigido ai pasti, e a questi parco come la convenienza e certe sue lacedemoniache norme d'igiene volevano : mentre il ragazzo aveva in corpo quella cotal fame sempremai residua dal regime dei Padri Somaschi, congiunta, e proprio nel buono della cresciuta, « un cosi sano stomaco, ohe gli durò poi tale fin passati gli ottanta. Quando poi, nel 1799, il paese fu invaso da Austro-Russi e da Francesi, nelle famoso giornate di Cera d'Adda e di Verderio, 11 Cornino rimase solo a vigilare e a tentar ili dit'eudere la casa dei padroni, questa villa del Caleotto. E passò un gran brutto quarto d'ora: che un Cosacco, ubriaco come la giustizia, l'aveva già cacciato ginocchioni, e stava per fargli la pelle; quando un Francese salta dentro da una finestra, e t'infila il Cosacco su la baionetta, come un tordo allo spiedo; e il Cornino, che non credeva all'umanità dei Francesi molto più che a quella, così bene sperimentata, dei Cosacchi, scappa dall'altra parte: mentre scannare giù in caut-iun, erano attaccati alla spina delle botti come un bimbo alla poppa della mamma. E nella cantina del Caleotto, dopo, si sguazzava nel rosso, cho non sapevi s'era più vino o I sangue. E tutta la villa era a soqquadro, divelti usci o finestre, rotti e sfondati i moj bili, insozzate ie pareti, un letnmajo i pavimenti... Chi non ricorda come don Ab! boncTio e Perpetua, lasciato il rifugio del castello dell'Innominato, o tornando a casa, dopo il passaggio dei, lanzichenecchi, rividero il paese e ritrovaron la canonica! « ... entrano in casa, senza ajuto di chiavi; ogni passo che fanno nell'andito, senton crescere un tanfo, un veleno, una peste, cho li respinge indietro; con la mano al naso, vanno all'uscio di cucina; entrano in punta di piedi, studiando dove metterli, per iscansar più cho possono la porcheria cho copre il pavimento; e danno un'occhiata in giro. Non c'era nulla d'intero; ma avanzi e frammenti di quel che c'era stato lì e altrove, se ne vedeva in ogni canto: piamo e penne delle galline di Perpetua, pezzi di biancheria, fogli de' calendari di don Abbondio, cocci di pentole e di piatti; tulio insieme'o sparpagliato. Solo mi focolare si potermi vedere i senni d'un vasto saccheggio accozzati insieme, erme molte idee sottinteso, in un periodo stoso da un uomo ili garbo... ». E quanto, all'evii deuza di questa descrizione, e a ciò di es altri Francesi sopraggiungono, a altri Russi, che, rintanati giù in sa che precedo e a ciò che segue, quanto non concorsero lo impressioni che il Manzoni giovinetto ritrasse dal racconto, che certo si fece lungamente ridire, del Cornino, dol saccheggio del Caleotto, o da ciò ch'egli stesso forse vide, tornando dopo quella gran burrasca) Già, lo soldatesche in guerra, in ogni tempo, son sempre lanzichenecchi allo stesso modo, e peggio. Per altra parte, egli certo ricordava la ritirata de' Francesi, poco tempo dopo, battuti dagli Austriaci, la disperata fuga di cui aveva assistito a qualcho episodio mentr'era al collegio di Castellazwj de' Barzi. E benché si trattasse di fuggiaschi, invece che di invasori, e luoghi e tempi fosser diversi, le impressioni dovevàn esser quelle: <t ...Vengono; son trenta, son quaranta, son cinquanta mila; son diavoli, sono ariani, sono anticristi; hanno saccheggiato Cortenuova; han dato fuoco a Primaluna; devastano Intrcbbio, Pasturo, Barsio; sono arrivati a Balabhio ; domani son qui... ». Negli ultimi anni ohe il Manzoni tenne il Caleotto, aveva nominato suo agente il Cornino, tentando, ma invnno, di contrapporre la scrupolosa fedeltà di questi a riparo, o almeno a freno dello sistematiche ruberie doll'A... G..., i cui diritti di procuratore generale restavano inoppugnabili. E il nome del C'ornino ò registrato, anzi, in un documento ufficiale, negli Atti drl Convocato generale del Comune di Lecco tenutosi il 31 ottobre 1816, in cui egli figura come n ...sostituto del signor don Alessandro Manzoni primo deputato... »: il quale documento anche ci rivela questa circostanza che quad nessun biografo manzoniano ha ricordato: che il Manzoni, fra i trentuno e trentadue anni, era a capo dell'amministrazione comunale di Lecco, quel < gran bcrjo » allora, com'è ricordato nella prima pagàia dei Promessi Sposi, che s'incamminava « a diventar città». Quando poi, per le malversazioni doll'A... G..., contro cui il Cornino nulla poteva, il Manzoni vendette il Galeotto, il Cornino stesso rimase qualche tempo co' nuovi proprietari, i La Scola. Ma circa tre anni dopo, un bel giorno don Alessandro torna al Caleotto, in breve gita, per rivedere i luoghi della sua infanzia e della sua giovinezza; e persuado il vecchio servitore ad andare a stare con lui, a Milano, in qualità di giubilato; e se lo porta via con sé. Fu quella l'ultima volta che il Manzoni venne qui. Ci venne soltanto proprio per rievocare il tempo andato? o per compiere quella buona azione di giubilare presso di sé il fedele Cornino?... Il fatto si è che proprio quell'anno — 1821 — e precisamente il 24 di Aprile, egli cominciava a scrivere i Promessi Sposi: « Quel ramo del lago di Como... »; e la costiera, e il San Martino, e il Resegono, e Lecco... E in quella prima stesura era un periodo, riferito a questi luoghi, ch'egli poi soppresse nella stampa: f ...La giacitura della riviera, i contorni, le viste lontane, tutto concorre a renderlo un paese che chiamerei uno dei più belli al mondo, se, avendoci passata una gran parte della infanzia e della puerizia, e le vacanze autunnali della prima giovinezza, non riflettessi che è impossibile dare un giudizio spassionato dei paesi a cui sono associate le memorie di quegli anni... s. MARIO SASSI. GnA(dvqlcgn