Dafni e Cloe

Dafni e Cloe Dafni e Cloe Avevo' l'orso non più di otto o nove anni, quando rufolando un giorno tra i libri dei «liei fratelli maggiori d'età, c di senno, mi imbattei per la prima volta nell'episodio degli Amori di Dafni e, Cloe, in quella non inai abbastanza rimpianta Antologia per le scuole di Carducei o Brilli, nella quale era ancora posribilo leggere, nel più mondo o armonioso to.-'eano che mai si possa immaginare, dello bugie di Pipetta soldato © dei castelli in aria della a città chiamata, Matilde ». Ed infatti Pipetta, Matilde, o Dafni o C!]oo furono i compagni miei prediletti dell'età, che si suol diro più bella, che sarà nnclto talo per i più, ma elio per me, a diro il vero, fu grama auzichonò. Comunque, più ancora degli altri, mi furono cari Dafni o Cloe. Quel camminare del piccolo pastore sotto un cielo squallido, tra la ncvo fonda, verso la casa villereccia di Drianto, quel suo tenderò di lacciòli'jfra lo stridio dei passeri, quel suo spiare col cuore in tumulto, fra i mirti trinati di neve, l'uscita di Cloe, e i tifino l'accoglienza di lui tulio assideralo presso il buon fuoco, nella casa di Cloe, erano tatti motivi che seguivo con l'ansia d'un crescendo bellini*»» no. Finche, leggendo del bacio tra i duo piccoli amatili o del loro sorseggiare il vino dalla medesima tazza, mi pareva, di essere trasportato in un mondò di beatitudini appena di'lontano intraviste, ma già desiderato e temute con lo stesso fervore. E finita la lettura, ricominciavo daccapo; ed era, il giorno, un timido e ansioso ccrcr.ro, e, la notte, un gran sognare di Cloe, ira mi sarci lasciato certamente fare a pezzi, piuttosto elio essere ardito corno Dafni con una qualunque dello bambinetto mio amiche la oualo si fosse adattata a fare la parte di Cloe. ( A vent'anni, vivendo immerso negli studi della più viva o franca classicità, pure sentendo e riconoscendo quel che di stanco o di troppo maturo e come di tramonto cho è nel romanzo dello scrittore bizantino, ebbi l'impressiono d'un libro che mi avrebbe accompagnato a lungo nella vita. E difatti ancora m'acjeompagna ; e puro senza, leggerlo, conio Goethe, almeno una volta all'anno, me no vieno ancora, non so, corno una fragranza ed un sapore di fragole selvatiche, e corno un grato baglioro disfoglio purpureo della vite autunnale. Amico? certamente d'altri tempi, il sofista Longo, dal quale le vicende della vita, e più i nuovi avviamenti dello spirito mi hanno da lungo tempo allontanato ; ma sempro buonamico e sdn-ideiito. Quanto di più, caro. e-, doli 6|_ vanilità ogni cai-attero d'impurità. Certo, nono più in lui l'afflato comico, Tel ementa re'divino,* chOj.dava. alla tragedia eschilea la sua poderósa risonanza; nò c'è ancora, per,.quan-: to sorto dopo quasi quattro secoli di cri-; stianesimo, l'anelito dello spirito ad ascen-1 dere, dominando sulla carne; ma c'è. aderenza perfetta, e però innocente, dcll'uo-' m» alla natura. Vero paradiso terrestre quell'isola di Lesbo, irta di pini, ridente di' vigneti, fresca di acquo o di pascoli, cinta; dal maro scintillante corno, da un. anello nuziale; e gli uomini, che hanno assaggiato appena, o forse non }iannrv«iicora assaggiato affatto del frutto maledetto della'co-* nosconza, vivono ancora bellissimi e luminosissimi fra tutti gli animali. Quando, nel '14, Fernando . Li turni" michiese un soggetto per opera musicalo, non esitai minimamente, conoscendo'lo ;.spirito' di lui colto e squisito, a suggerirgli < gli' Amori di Dafne e Cloe. E:'so'la»tguerra' non mi avesse fatto presto pensare; a'ben altro che a idilli, avrei forsepcercato io stesso di trarne l'abbozzo drammatico o di versificarlo. Maiora jrremeoant.. Ed^offrimmn concordemente il soggetto a ' Ercole Luigi Morselli. Dna spoglia,?,ma tersa e impida saletta ùcWAÌhergo del Genio a Roma fu luogo del nostro fraterno convegno. Costumi pastorali, cantL',.;di: vendemmiatrici, pefìi caprino o nudità luminoso, eroti, ninfe, fauni, con non poco stupore,, credo, della rispettabile clientela di pasaggio, vennero richiamali, illustrati, susurrati, disegnati, discussi. Dafni • e Cloe inascevano, do|io quindici secoli alle nostre antasie, tenendosi per mano. Ma poi,-per parecchi anni, non ne ebbi che frammenario e non sempio liete notizia: ultima, di tutto lo più crudele, la morto.di Morelli. Sul Dafni e Cloe, oggetto di tanto uo a moro, di suo così lungo e nobile traaglio, era caduta la sua mano stanca! Fernando Liuzzi s'accinse a salvare l'opera d'arte incompiuta. Seguendo • il desiderio spresso dal medesimo Morselli poco prima della morto acerba, giovandosi in parto dei unghi colloqui avuti con lui, ma anche, n parte, lasciandosi guidare dal proprio usto letterario o da un felice intuito drammatico e musicale, attenuò qualche crudo punto realistico, ritoccò, verificò (nell'abozzo morselliano il primo atto era ancora n pi-osa, il secondo e il terzo, commisti di rosa o di versi brevissimi, quaternari e uinari), saldò e strinse l'azione. Così il Mistero di maggio » — come il Morsclii aveva intitolato — era salvo. Grande, grandissima gioia la mia, di veere, per l'opera congiunta di-due nobili piriti, raccolto, coltivato e portato a manifico frutto quel piccolo seme, che per anto tempo avevo tenuto chiuso nel mio pirito; ma anche, era elio il mistero e fisato nella sua forma definitiva, un corto enso di rimpianto ed una punta di rammaico. I mani luminosi di Ercole Luigi Morelli o l'amicizia di Fernando Liuzzi mo lo perdonino; ma i miei Dafni e Cloo io non vedo più ; o, por diro meglio, li vedo anora sì, ma non più sfolgoranti nel sole delarcipelago e amatori candidi tra cozzare d'armenti e ronzare d'api e corimbi di uve mature, bensì ombrati ormai dallo magiori figuro d'un Dio agresto e d'una ninia d'acquo : di un dio Pane, non soltanto ormai aiutatore (e non più disinteressato) di Dafni, ma anche e soprattutto suo bizarro, grottesco, scornato, rivale; e d'una infa Ino, persona nuova sintetizzava dalle iovani innamorate di Dafni, non soltanto rmai maestra nella propedeutica amorosa di lui,' in luogo dell'accorta Lykenion, niti nche e soprattutto rfortunata, sentimenale rivale- -li Cloe. E sopra tutto o s.^pra utti, un riso amaro, un mal frenato scherno, e lo scorato pessimismo del vecchio patore Fileta, diventato filosofo e relatiista. E' stalo bene? E' stalo malo? Se ne può Bisqutcrc. Certo, il dramma sentito alla grottesca secondo lo spirito dell'autore'dèlyOrionc, e inquadrato in quello formo di scetticismo shawiano o pirandelliano cho lolco e squisito offro il mondo, dei' sensi}di ha raccolto con un candore,, una: gio-f R■anilità, una freschezza, che lo menda dil -^■ i'■'c—pn-ndapdcbnmtd<sld(inndCbtmnlspcsstcvblcsolspvcdprsttamcdrfcc sono così care al nostro pubblico, rappresenta un tentativo vivo, interessante, ardito, di rianimare d'uno spirito moderno, anzi, modernissimo, una favola antica. E poiché il povero Morselli vi ha profuso tutti i tesori della sua iridescento sensualità e della sua generosa fantasia, e Fernando Liuzzi gli ha dedicato oggi lo curo sue poetiche più esperte e squisito, e gli dedicherà do mani il luminoso commento della sua anima^rausicalo, non mancherà certo di ofctonero"buona e meritata fortuna. Ma io, io me no tomo al mio vecchio Longo ed ai suoi Ragionamenti, con capàrbia forse, ma certo anche con rinnovato e ravvivato senso d'amore. **.» Perchè, per me, tanto vale diro Dafni e Cloe, quanto idillio; cioè sfato di scrolliti, di luco, di sogno, sognato iiivpooo stancamente, un poco artificialmente raggiunto; aspirazióne di animi miti, aperti a tutte le squisitezze dei sonni, schivi della vita cittadina, che li offende con la sua aridità, col suo tumulto, col suo sarcasmo : rifugio insomma o non lotta, astrazione o. non reazione. Ora, inserire nel sogno l'ironia c distruggerlo ; c distruggerlo, a me sembra, e opera di uno sdegno, di un odio, che trascendono di troppo la tenuità stessa del sogno. Chi non lo ama, può bene pa3saro oltre ed o, -are gagliardamente ad occhi aperti, ira perchè affondare lo ninni nella sua tela sottile o devastarne i fili, che non sanno reggere al minimo urto? E' comò se alcuno, passando ricino ad un rosaio di serra, e non amando minimamente nò il profumo nò il coloro di quelle rose, ; allo quali l'artificio d'un sapiente giardiniere è riuscito a darò squisitezza-nuova ili linea, colore, profumo, velluto, si''divcrtiVo a fnrno scempio, per. goderò dello schianto dei lievi tessuti e della loro morbidezza ferita e violata. C'è iùclubbiamenfco nello spirito dell'idillio alcun cito di-troppo molle, o raffinato, o femmineo, che bene si comprendo possa non piacere agli amatori d'una vite piena e gagliarda ; ma., c'è, d'altra* parte, nel grottesco che mira a distruggerlo, urna violenza, una crudeltà, o starei per-,dire come un compiacimento sadico, dal quale sembra a me lecito anche masgiormento ripugnare. Ma neppure è detto cho negli Amori di Dafni-e Cloe sia davvero tutto così artificioso e così'stanco, d'aver bisogno di una cura.'Veroiea, per rivero o rivivere. L'artificioso, so mai, sta nella cornice; il quadro è-,vivo «'parlante. L'artificioso sta nella tramai rievocanto i tristi motivi del mito, della corani odia e del romanzo antico — ab- aoua.corani ocita e■ aei romanzo antico — ali Radono di' bambini» appena nata,* loro nl -lattamento per cura et ammali, ratti, guer¬ re,, saccheggi, e, all'ultimo, agnizióne è sposalizio —, o nel sentimentalismo di qualche episodio, (bacio rudeliano di 'Dore.ono); o infine, so si'ivuolo, ancho nello sfondo di paeso i-avviato o domato; tutto alberi fruttiferi e mansueto colline o chiari ruscelli e ulivi,'vigne, cipressi, pini, lsuri, roso, giacinti, giglij'violo o narcisi, com'era nel gusto-dei classici. Ma quanta c> -fogliosa vita nello,lenti maglie di quella : ssa trama, e quanta-,umanità nuova nella sensazione di mieli, vecchio paesaggio! Anello nei conrrontiidi^Toocrito, anche nei confronti di ^Virgilio l^Certo,-il regno dello spirito non è ancorai sorto; ma quanto avrebbe-mai da imparare-iniV penetrazione psicologica, ini profondità di sensofpanioo della vita, nella precisione, stessa ideila rappresentazione fi■ siologica,(per non dire poi in decoro, coni'tegnooo^misura), qualche moderno scrittore 0 drammaturgo da quel maraviglioso Frfihlin/jserwachcn, f da* quello . svegliarsi della ■primavera, dei sensi^che Longo studia non con*l'aridità" dell'anatomo o con la presunzione del'' moralista, ma con l'amore del poeta !, Sentito Dafni, cho giunto in un nevo3ol; mattino invernale, col pretesto 'della caccia,*;presso la casa di Cloe, smarrisce'ogni"'coraggio nel momento di battere alla porta : 1 Assiderato e disperato di vederla... prosa ardimento dt-vedfiav. sotto qualcho sousu. witraro in casa e cervava.lra so stesso ili che, diro i-tic più facilmente sii credeva — Son venuto per del foco — Noi» avevi- tu';più presso vicinato elio 11 nostro? — Son venuto per ilei pano — Olii la tua tasca ò piena! — Ho liisoRiio ili vino — voi no riponeste puro assai. —missiva un lupo elio mi venir» dietro. — E dove son io retato del lui»? — Son venuto per uccellare. — Uccellato che tu Ila!, parelio -noiif-tc ne torni — Voglio vedere la Cloe. — E eli" dh-etuie mal questo al padre o alla madre di lei? Oppure l'effetto del primo baciò di Cloe: Olmo, elio liaclo 0 questo? Clic nuovo effetto farà euli in me? Clio cosa ò attcsta, che lo mi sento andar per In vita? Com'è, elio le sue labtira siano piti morbido che le rose? la sua bocca più dol.-o del. mh'le? e che '1 suo bacio sia co.sl pungente, che più non tralInRO.-nn aco di ppcRliia? lo ho pur baciati di molti capretti, bo baciato assai cagnolini, baciai pure 11 lattonzolo fvilelo ili lattei, che mi ideilo'Dorcene. tallio volto, .t'orò non sciiti 1 mat tal cosa, l'or certo 11 bacio della Cloo debbo esser d'altra maniera elio non sono gii altrui. OlipJ, elio <rll fptritl mi tremano, 'l cor mi balte, l'anima mia si consuma o pur desio di baciarla, ecc. Ma in tutto: nelle piccolo infantili trelosie dei due amanti felici e infelici, nelle doro carezze di uccelletti ignari ed esperti (óspcr neotlós érnitho»...), nella loro lunga ingenua accorata ricerca dell'ultima gioiti, nella rapnresontazione del costume contadinesco; che dico? nell'in;egnamento stesso dell'etera Lykenion — intorno al quale il Caro ha avuto il torto di ricamare alla boccaccesca — è talo limpidità, talo luce, tale vita, semplicemente sì, ma anche realmente vissuta, che di astrazióne o di sogno non mi sembra più lecito parlare. Ed intorno agli uomini, la natura; non loro estrania ed avversa, ma partecipo in scuso o sentimento. Gli uccelli, svogliati dai piccoli pastori, modulano sul loro il proprio canto; i venti suonano la siringa (suritfousin) tra i pini; lo mele, giunta la matura stagione, cadcuo al suolo innamorate (frànta) , lampeggiavano prima tra lo fronde come oro, odorano poi, sulla terra, come il vino. Sui fiori guasti, calpestati o recisi dal bestialmente ingelosito Lampis « lo api volano intorno ronzando senza tregua e facendo funebre lamento (thrcnotUai) del misfatto j. Ma sopra gli uomini e gli animali o le piante e le cose, gii dei. Ancora, puro loro, niènte più cho rudi element i o uomini selvatici; ma come degli uomini tonto piti potenti, cesi ancfto loro protei tori o benevoli; ed animati da un scuso di equità, che tendo a flettere, ad attenuare le l'orzo del fato ed a corrèggerò gli. errori o le colpe degli uomini. Dei, elio infondono speranza o ammoniscono col sogno, elio puniscono o premiano con la realtà. Ma sopra tutto e lutti, Amor.'. Amore, non soltanto piccolo dio capriccioso ed alato, come apparo agli occhi del buon vecchio Fileta : ma anche, conio lo stesso Fileta. sento e riconosce, spiri!:) dominatore o creatore, onde lutto si origina od in cui tutto fetido a ritornare. Soirito, per il quale « corrono i fiumi, soffiano i venti, girano i cieli », e cho durerà finché al mondo sarà bellezza, cioè vita. csmtdgdpctfcdctsunabfii«dmldmispcisfdbpppsnduoihIcbaI GfscpplsdslslfappsnlmdccnpcT Tutto questo detto, narrato, cantato in un'atmosfera musicalo ora limpida, eoimpuò essere limpido il cielo primaverile di Lesbo, ora vibrante o travolgente, come un'orgia bacchica. Sono rematori, che passano cantando lungo lo grotte dell'isola e l'eco rispondo loro dal profondo; sono capro elio obbediscono docili al richiamo, ala carezza all'ammonimento, all'allarme della zampogna del pastore; sono fragorosi imenei villerecci, cho « sembrano fenderò la terra col tridente » ; sono ritmi misteriosi e possenti, che uscendo dalla tinnirà di Pano infuriato fanno tumultuare il mare o tremar la terra; sono melodie dol¬ cissimo cho passano fra la terra e il cielo sotto il gesto del dio placato. Per questo, molto mi sono stati e molto mi sono ancora cari idi Amori di Dafne e. Chic, E' avvenuto rii me con loro, come di solilo avviene del ntvstro primo amore: che non è quello dal quale nasca la solida e paca fp.miglftì o che si proietti nel divino e nell'eterno; ina ehi umanamente, non può f - • re dimenticato mai, nò ricordato senza u:.i vera stretta al cuore... C;J1D0 MANACORDA. < '•'. hny./.u luifni c Cloe, Favola Pàs.tòmle,] ait mi . mistero ili Marinio ,,. inedito di K. !.. | M'ti.-i.i.t.i. _ noma, Nuòva Antologia, 1023; I

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