Il Direttorio fascistaa intima le dimissioni all'Amministrazione comunael

Il Direttorio fascistaa intima le dimissioni all'Amministrazione comunael Il Direttorio fascistaa intima le dimissioni all'Amministrazione comunael Negli ultimi giorni di aprile preanminciavamo una « probabile crisi municipale a non lunga scadenza», spiegandola con queste parole: « E' risaputo che il Partito fascista torinese non vede con simpatia la permanenza dei popolari all'amministrazione del Comune e pensa che di .__<pì£Sta y' Hnl.ìin mntnvp nntàvnlmcnle l'in- dirizzo poliiico, sostituendo con uomini nuovi coloro i qunli non rappresenterebbero più le idee ed i sentimenti della maggioranza dei cittadini ». E dopo aver accennato ad alcuni ' motivi dell'atteggiamento del Partito fascista verso l'amministrazione comunale, aggiungevamo che là crisi sarebbe stata provocata dopo la visita del Re a Torino. Ed ecco — a conferma di quelle nostre informazioni — che oggi il Direttorio fascista inizia la sua battaglia, spiegandone le ragioni politiche con questo documento, che crediamo utile dare nel suo testo integrale. Si tratta di una lettera aperta al Sindaco, la cui pubblicazione fu preceduta da un atto collettivo dell'assessore fascista Luigi Grassi, dei consiglieri comunali fascisti Gabriele Buscaglione, Enrico Ronco e Orazio Quaglia, i <ri,ali, in seguito a disposizione del Direttorio del Fascio di T-rir.o hanno rassegnato al Sindaco le. 1 —a irrevocabili dimissioni da consiglieri e. muntili. Premesso questo ecco la lettera: Il documento Signor Sindaco di Torino, Questa lettera aperta che il Direttorio del Fascio di Torino Le dirige e della quale sari presentata copia al Prefetto della Provincia, non è atto di leggerezza o di improvvisazione non è fruito di affrettati convincimenti. Prima di scriverla e di pubblicarla, il Direttorio ne ha meditata con serenità l'importanza e ne ha misurate le possibili conseguenze. Tracciamo noi dunque questo documento colla convinzione di compiere un dovere verso la città di Torino c verso il nostro partito, e crediamo inoltre di assolvere in tal modo un obbligo di lealtà verso la stessa Amministrazione comunale, che deve sapere se e come rappresenti ancora la volontà di coloro che la elessero o le nuove forze politiche venuicsi maturando dal 1920 ad oggi. Nè ci muove, nello scrivere, alcun sentimento di acredine verso cose o persone. In Tina città come la nostra, nella quale la nobiltà delle contese politiche è tradizione preziosa, noi crediamo alla necessità che qualunque divergenza e qualunque battaglia debbano restare nel campo altissimo delle idee, al di sopra degli odii e degli amori che possano aver gli uomini. Quello che diremo non tocca dunque, signor Sindaco, la stima che meritano i magistrati cittadini, la considerazione che si deve agli amministratori delle comunali vicende. I nostri argomenti, le nostre osservazioni, ìe richieste che facciamo sono di natura essenzialmente politica, vanno al di sopra dei singoli, e perciò sono ferme, decise, incrollabilmente maturate nel nostro spirito e nella nostra volontà. Del resto noi siamo sicuri che Ella, signor Sindaco, e quasi tutti i suoi colleghi della Giunta, non inarcheranno le ciglia per lo stupore quando noi affermeremo quello che già alcuni dei suoi collaboratori privatamente affermano, e che tutta la cittadinanza conosce: il Consiglio comunale eletto nel novembre del 1920, in condizioni di eccezionale pericolo, collo sforzo mirabile del popolo torinese, non è più lo specchio fedele del corpo elettorale, non corrisponde più ' alla situazione profondamente mutata della pubblica opinion.. Il Consiglio comunale, cosi come oggi è costituito, fa larga parte nella sua maggioranza come nella sua minoranza fe. partiti che volgono al tramonto, mentre non dà rappresentanza alcuna alle giovani forze che reggono dall'ottobre il Governo d'Italia. Il Consiglio comunale raduna sui banchi della sua aula molte foglie cadenti della vita pubblica cittadina e sbarra la strada ai nuovi virgulti che intendono aver la loro rappresentanza negli organi dirigenti della città. E' cid aro T Da questa base limpida, da questa inopputrnabile premessa scaturisce la altrettanto limpida conseguenza: Torino deve avere un Còntiglio comunale intonato alle nuove condizioni politiche; deve marciare all'unisono 'eolla nuova vita del Paese, ed il Consiglio comunale designalo da partiti in decadenza, in disorientamento o in letargo deve rimettere il suo mandato alla popolazione. Non ci si dica, d'altronde, che l'amministrazione della città è materia soltanto di cifre e di bilanci, e che la politica non deve intorbidare le acque della direzione cittadina, perchè a smentire questa vecchia favola basterebbe da sola l'origine di questo Consiglio comunale. Il quale, si ricordi, fu eletto sulla base di una bella, nobile, ardente battaglia politica, ci.e aveva allora ragione d'es,aere nella minaccia bolscevica alla civiltà nazionale ed alla integrità dei nazionali istituti. Politica, esclusivamente politica, fu la culla dell'attuale Consiglio; politica 6 la sua ftsonom'a. e quindi con criteri politici deve essere valutata la opportunità della sua sopravvivenza ad una situazione che è ormai un ricordo storico. Noi tale opportunità, non siamo disposti a riconoscere, e svanita per merito nostro la minaccia dei barbari che urgevano alle porte del Comune, distrutta da noi la loro oltratanza, ridonata per nostra volontà uria vita tranquilla alla popolazione, eccoci a domandar di sgombrare il passo a coloro che male sledono sulle poltroncine del Consiglio perchè rappresentano o una esagerata valutazione delle loro forze o addirittura un miserabile ricatto elettorale che soltanto per amor di Patria fu sopportato tre anni or sono. Quando parliamo di ricatto, signor Sindaco, eludiamo al Partito Popolare Italiano. Il ricatto popolare Ella conosce questo ricatto meglio di noi, foà vale la pena di ricordarlo ai cittadini torinesi, perchè gli italiani, educati per trenta 'anni ad una squallida educazione politica, hanno la memoria debole e sono assai proclivi a dimenticare il passato. Vale la pena di ricordare cioè come neppure nel novembre del 1920 la maggioranza consigliare fosse lo specchio fedele della popolazione torinese, come il popolo la subisse soltanto per evitare che la bandiera rossa sventolasse dal balcone municipale della • regal Torino ». . Ricorda T Era l'anno nel quale i socialisti «ri t comunisti marciavano all'assalto delle citta maggiori del Regno ; Milano cadeva una sceonda volta dopo una battaglia memorabile, Bologna ammainava la bandiera tricolore, a Napoli le schiere demagogiche .portavano al vico-sindacato della citta 11 ealtaleone Arturo Labrloa. A Torino i sower-•ivi erano sicuri della vittoria. Socialisti e comunisti, dietro alla Insegna dell'Ordine Nuovo (che voleva dir antico e repugnante disordine), marciavano alla conquista del Comune. Già erano divise le prebende della citta. ; un tal Pastore, microbo politico e voetferatore sovversivo, sarebbe stato sindaco dalla antica capitale piemontese ; una pleiade di borghesi e di proletari disertori rispettivi delle loro classi sociali avrebbe sventolata dalle posizioni del Comune la bandiera del bolscevismo. Per vincere occorreva l'untane compatta di tutti I partiti nazionali, e ae aualcuno avesse disertato al momento della battaglia, Torino sarebbe stata perduta. Par fortuna, nel generale disfacimento della cooclenia nazionale cominciava già ad hrlre D reagente vigoroso del fascismo che Jrfomo per giorno guadagnava terreno, e soltanto laTprSenza e l'azione Implacabile, et nerosaTdei fascisti e dei nazionalisti rese posSbflTai liberali di prendere nniziaUva di una riscossa elettorale. Riconosciamo ai -^nStiva. ma è bm chiaro lnow> rrgliaadnsetaliodpnminget'svatasdcimfonpatubbgQvlopvliedl'slplrvtaltdqoqCldaccziceifCdrdsscltmslIdgzasplytZÙe, incontrovertibile che l'azione eletto- godptpbzAtvtadtbdnlmdsrdvpsbn a a e o , e i e a a e e e a o a e . d e si > ratessvuppavadietro alla muragliadela reazione fascista che aveva già nella battaglia i suoi caduti e le sue sanguinanti ferite. AU'cppello dei liberai: fascisti e nazionalisti accorsero. Non domandarono candidati, anzi non ne vollero. 11 liberalismo era allora al Governo, aveva allora in città posizioni dominanti, sia pure per forza d'inerzia, e nazionalisti e fascisli domandarono solo di servire nella battaglia come pattuglie di punta, s'Inchinarono cioè a quella gerarchla politica cui gli eletti di ieri devono a loro volta, oggi, inchinarsi. Ma quando si arrivò a stringere il patto d'alleanza coll'allora oltracotante Partito Popolare Italiano, quale differenza! Fascisti o nazionalisti avevano dato il loro braccio limitando ogni mercanteggiamento, i popolari invece eseguirono un vero, autentico, vergognnso riratto elettorale. Essi sapevano che in città i loro consensi erano scarsi e potevano rappresentare tutt'al più un quinto della maggioranza ; essi sapevano che partecipando al blocco portavano una forza assai limitata, ma sapevano anche che la lotta tra ordine o disordine era tanto serrata che la loro astensione avrebbe significato la vittoria social-comunista. E dettarono le loro condizioni; vollero trenta candidati, vollero quasi metà della Giunta, imposero, signor Sindaco, che il Sindaco fosse un autorevole uomo nè carne né pesce, non troppo liberalo, beneviso ai popolari, pronto a ricevere al Comune il Congresso antli-fascista del Partito Popolare ; amico di tutti e di nessuno, non colorato da nessuna bandiera, non spasimante per nessuna fede ; brav'uomo. eccellente avvocato, sorridente gentiluomo e basta. La popolazione male sopportò il ricatto. Quella cappa di piombo che i popolari avevano imposta sulla città, quella forzato coloritura demagogico-cristiana- che andava portando sugli scanni del Consiglio alcuni valentuomini ed un cospicuo numero di nullità, fu tanto ostica al pubblio torinese che esso si vendicò lasciando in tromba l'ex-sindaco senatore Teofilo Rossi che era stato l'artefice dell'accordo liberale-popolare. 11 senatore Rossi rientrò poi in Consiglio per la porta di servizio, ma la protesta del popolo torinese non ebbe per questo meno valore ; essa significava che i trenta consiglieri popolari erano stati eletti contro gola, in virtù di un volgare ricatto, e che rappresentavano soltanto il rasoio cui il naufrago si aggrapperebbe pur di non affogare. Tutto ciò nel 1920. Ma da allora ad oggi le cose sono ancora più radicalmente mutate. Nel 1920 i popolari distribuivano aii soci della Sezione di Torino circa ottomila tessere; quest'anno no hanno distribuite mille ed ottocento. E noi domandiamo: che cosa stanno dunque d fare nel Consiglio i trenta popolari? Chi rappresentano? Come non sentono essi la truffa cìic continuano a commettere in danno della pubblica opinione? Come non arrossiscono a parlare in nome di Torino cìie li ingoiò come rospi necessari nel 1920, che li abbandonò con impressionante diserzione più tardi? E come non si vergognano i liberali di star ancora assieme a questi ricattatori politici, che tra le altre cose si eressero nell'ultimo Congresso a fustigatovi impotenti del Governo nazionale? Noi domandiamo ai signori popolari di far le valigie e di lasciare il Comune. Nel Comune essi rappresentano soltanto il ricordo pseudo-cattolico di un antipatico affare, rappresentano solo il freddo acido calcolo del demagoghi che erano pronti a far lo stesso coi sovversivi, se i sovversivi l'i avessero interpellati. Questi popolari, che Iddio certo considera come i mercanti nel tempio della sacra religione, noi li consideriamo i mercanti nel tempio del Municipio torinese, e domandiamo che se ne vadano senza che debbano essere agitate le fruste dei purificatori. Aggiungiamo che. dopo il Congresso popolare, noi consideriamo il Partito Popolare Italiano come un avversario e teniamo conto delle eventuali solidarietà che gli sieno elargite. In ogni modo i popolari, eletti per forza al Consiglio Comunale, rubano da tre anni il loro mandato: è giusto che restituiscano la refurtiva o che l'autorità superiore provveda a restituire la sincerità politica alla rappresentanza comunale. La posizione «lei liberali o- Veniamo ai liberali. Noi non sappiamo, signor Sindaco, se Ella sia più vicino a questi o a quelli, e non abbiamo alcun motivo per desiderare di saperlo. Noi diciamo che la posizione dei liberali, ben diversa moralmente e politicamente da quella dei popolari, è però ugualmente scossa e degna di revisione. Si tratta di revisione politica. Nel novembre del 1920 si può dire che Torino costituzionale gravitasse per tre quarti attorno alla Associazione Liberale-Democratica, che un tempo si chiamava anche monarchica. Il go. verno di allora era liberale-democratico, l'I talia insomma era democratlca-liberale fino alla nausea. Era dunque giusto che pernio della lòtta elettorale fossero i liberali democratici (si dice cosi, o si dice forse democratici-liberali, democratici senza aggettivi, li' berall senza attributi, costituzionali senza avverbi) 7, e che i liberali costituissero il nucleo della maggioranza. Fascisti e nazionalisti non si preoccuparono clip di combatter© e volentieri aiutarono alla bisogna. Forse fecero male a non dare candidati, aggravando la difficoltà di compilare una lista (diciamo cosi) potabile; perchè anche nel gruppo liberale accento ad alcuni valentuomini le nullità non mancano. Ma si dice che ciò sia d'obbligo, e passiamoci sopra. Però dal 1920 ad oggi è avvenuto in Italia un grande rivolgimento. Forse Ella, signor sindaco, non se ne è accorto quando riceveva in Comune i congressisti popolari che espettoravano contro il Governo, e non se ne sono accorti nemmeno quegli assessori comunali che deridevano dal balcone municipale 1 Sindacati fascisti ; ma noi possiamo as sicurarla che in Italia è avvenuta nell'ottobre scorso una specie di rivoluzione per la nuale i liberali-democratici sono stati sbalzati dal potere ed 1 fascisti hannp assunto il Governo. Del resto, se non ci crede, lo domandi all'on. Facta che e a Pinerolo a portala di mano. In anticipo a tanto avvenimento è accaduto che nel paese si era sviluppato un partito che si chiama Partito Sazionale Fascista e che raccoglie attorno al Fascio Littorio ed all'Aquila Imperiale la parte più vibrante della popolazione. Torino non gravita più attorno a via Genova, 23, ma gravita piuttosto attorno a via Bogino 6. Il centro politico di Torino non sono più i liberali, sono i fascisti coloro che interpretano le direttive del Go verno non sono più i liberali, sono i fascisti E allora noi, che par facciamo buona differenza tra liberali e popolari, domandiamo ai liberali: vi pare di poter considerarvi ancora nelle stesse posizioni del 1920? Non vi slete accorti che le condizioni politiche della città sono mutate? , , . Non credete che spetti a noi, non a voi, la funzione di pernio attorno al quale deve girare la vita cittadina? Che cosa curiosai II solo partito che non è rappresentato in Consiglio è il fascista. Ci sono ancora i vecchi adoratori degli idoli infranti, ci sono gli avversari del Governo, ci sono i laudatores temporis acll, ci sono i piagnoni, 1 delusi, gli inaciditi, gli storditi, ma le forze nuove e travolgenti non ci sono. Vi pare che questo possa durare? Noi vi diciamo di no. Noi vi diciamo che ci sentiamo la forza, il cervello, la volontà di condurre il Co mune di Torino con mano sicura, e che vo gliamo condurlo. Dite di no? interroghiamo il corpo elettorale. Ecco quello che noi domandiamo. In scala minore dei popolari e con maggiore dignità, anche voi, o liberali d mille tinte e colori, sbafate il potere; anche voi siete gli eletti di una situazione tramontata ed avete il dovere di dimettervi. Noi non diciamo che voi non abbiate il diritto ad es sere equamente rappresentati ma vi neghi a mo quello di essere alla testa del comune Se vi pare che nbr-inrpo tórlo interroghiamo la città. Discuteremo allora anche le molte questioni ammini6irative por le quali facciamo le più esplicito riserve e che non intendiamo oggi discutere volando richiamarci soltanto a pure e serene considerazioni politiche. Le nostre parole sono franche, sincere, precise: noi invitiamo il Constjllo comunale di Torino a dare le dimissioni perchè la città punii eleggete un animi i ..itine—che risponda alle attuali condizioni politiche della popolazione. Noi lanciamo questo appello colla persuasione che la sua serietà e la sua portata sieno ben capite da tutti, re non capiranno insisteremo, ma avvertiamo fin d'ora che nella ricostruzione terremo conto delle resistenze incontrate per l'adempimento di un atto che è, prima ancora di un dovere politico, un dovere morale, e che i consiplicri onesti sentiranno senza dubbio, rammaricandosi soltanto di non averlo ance; : sentito. La minoranza Tutto questo per la maggioranza. Ma la rappresentanza comunale è ormai artificiosa anche nella minoranza. Chi sta più alle spalle dei consiglieri socialisti e comunisti che ancor blaterano in Consilio tra la deferente attenzione elei liberali j dei popolari? Domandatelo alle loro organizzazioni onerale che sono o scomparse o tramortite. Domandatelo ai mille fili e legami che li avvincevano a tutte le forze della vita cittadina e che noi abbiamo spezzati. Domandatelo soprattutto agli operai che sono passati a migliaia sotto i gagliardetti dei Sindacati fascisti rompendo una 'radizione servile, mortificante ogni sentimento di dignità nazionale. Se le accada, signor Sindaco, di passare davanti alla Camera del lavoro ustionata dalle fiamme purificatrici, muta e deserta come il sepolcro di una vergogna, si ricordi che il socialismo ed il comunismo somigliano, se Dio vuole, a miei sepolcro. La minoranza sovversiva non può n«>N parlare a nome de! ponolo; il popolo oggi è italiano. La minoranza è il frutto di una momentanea elefantiasi dell'aberrazione bolscevica, è il risultato di una atmosfi""> avvelenata dui gas asfissianti della predica.zion rossa. Oggi la elefantiasi è stata distrutta da noi che ce ne vantiamo, la bolla di sr.-one leninista e stata sgonfiata da noi che ce ne vantiamo, t gas asfissianti sono stati dispersi dalla ventata tricolore del fascismo. Oggi si respira aria pura anche a Tarino E allora chi è, che fa. a nome di chi agisce la minoranza social-comunista? Che diritto ha di restare oltre al controllo del Comune? Nessuno della sua amministrazione si è mai sognato di domandarlo a quel signori, forse per non sentirsi rispondrc: « Sta bene, ma... e voi?» Noi lo domandiamo agli uni ed agli altri. La bandiera rossa non ha più diritto di veder sventolare a Palazzo di Città neppure il lembo della minoranza. Se abbiamo torto, lo dica il corpo elettorale che noi, ancora una volta, invochiamo. In nome di chi? Ed ora, signor Sindaco, al momento (li deporre la penna per inviarle questa onesta espressione del nostro pensiero, ci sembra di sentirla chiedere col suo stanco sorriso: — Ma, in fondo, in nome di chi "ariate voi? Siete voi tanti da poter pretendere di indicarci la strada che dobbiamo segiitó? Vi sentite tanto fortt da osare questo attìngi amento davanti a chi rappresenta vecchie usanze, vecchie bandiere, vecchie e quindi sperimentate mentalità? Ebbene, noi siamo molti, signor Sindaco. Siamo numericamente tanti, che nessuna Associazione in Torino può vantarne altrettanti Nonostante che abbiamo chiuse le porle con doppio chiavistello per evitare che la fiumana dei fifa-fascisti intorbidasse le acque della nostra fede, nonostante che le necesisità della disciplina e della compagine ci abbiano costretti a selezioni vaste, spietate, talvolta dolorose, noi ci contiamo a migliaia e raggruppiamo nel Sindacati fascisti, in Torino, trentamila lavoratori. Ma siamo infinitamente di più del nostro numero, perchè la nostra volontà è ipeomparabilmente più energica di quella degli altri, per i quali negli anni della lotta non si sarebbero compiute le difese che salvarono la città. Non è questo il momento di stabilire accurate graduatorie di merito tra le parti politiche e di ricordare passato ed episodi di uomini e di Associazioni. Un esame di tal genere, per quanto più allegro che triste, ci porterebbe lontano. Ma Intendiamo affermare ancora una volta che l'attuale condizione politica della città di Torino l'abbiamo creala noi, e che mentre altri beneficiano dei frutti che dettero le nostre battaglie, noi slamo esclusi dalla vita amministrativa della città. Vogliamo ricordare che se Ella ed i suoi colleghi sledono da quasi tre anni sugli scanni del Comune non lo devono tanto agli elettori, quanto lo devono ai giovani con o senza il certificato elettorale, e che non dettero tregua all'avversario Anche non lo videro boccheggian te a terra, incapace di schizzare veleno. A nome di costoro, noi parliamo. Nel cimitero di Torino ci sono delle croci di martiri che furono massacrati nella lotta civile; i partiti che siedono in Consiglio non hanno martiri; noi parliamo invece anche in nome di quei morti. Noi rivendichiamo insomma al Fascismo il diritto di essere in prima fila nella vittoria come lo è stato nella hattoglia. Allora le brave e buone persone cui tremavano le vene ed i polsi ci gridavano: L dlibi — Tocca a voi, giovani! — e ci cedevano l passo. Adesso non osino gridare: — Tocca a noi vecchi! — perchè il passo lo vogliamo noi. I vecchi hanno fatto il loro tempo. Che lo abbiano fatto bene o male, che potessero far meglio o peggio non è questione che oggi c'Importi ; noi ricordiamo loro che 11 soggiorno al Palazzo di Città fu già lungo e che Torà di non dimenticare più oltre gli artefici dell'Italia Nuova è suonata. Ben volentieri saluteremo lo fine della loro atica coll'onore delle armi e ci inchineremo al loro tramonto dallo sfolgorìo della nostra aurora; ma Intendano che ò l'ora di partire. E non sperino, come alcuno osò far credere, ohe l'azione del Fascio di Torino trovi disensi in più aito loco. Il noHro Duce è con noi, è colle sue schiere, è con i suol fedeli in questa come in tutte le cose,- DEL RESTO NOI SIAMO GREGARI TROPPO INTELLIGENTI E DISCIPLINA 11 ~PEH l-'AR CÙ-5A CHE NON PIACCIA A CHI DEVE PIACERE. Dall'alto del Governo il nostro Capo ha un desiderio solo: che tutta Italia sia intonata alla nuova coscienza nazionale. Nel consiglio Comunale di Torino c'è molta bravissima gente che è al di fuori o sui margini di questa coscienza, e non c'è ragione che si coninui cosi. Tale, signor Sindaco, il nostro pensiero. Noi abbiamo ferma speranza che Ella lo accoglierà senza rancore, cosi come noi senza rancore e con sentimento di grande rispetto o abbiamo scritto. Speriamo anche che Ella ed il Consiglio sentiranno la giustizia delle nostre richieste, la logica del nostro atteggiamento. Ci dia retta, signor Sindaco, e farà cosa buona. Ricordi il detto popolare che oggi più che mal va d'accordo colla storia d'Ialia : « La gioventù ha sempre Tagione ». IL DIRETTORIO Domenico Bagnasco ■ avvocato Giorgio lìardanzcllu - Dante Puzzoni - avv. Daniele Brrtacchi ■ Eugenio Bertuelli - on. cesare Maria Devecchi - Urtino Gemelli ing. Alessandro Orsi - dott. Orazio pedrazzi. Per il Segretario Politico: Pfn-' Mongini - avv Mario Gino. pndRvmv3PzQdprd.sS—lo—dQuesto documento — che non potrà non fare nella cittadinanza torinese la più profonda impressione — si commenta da sè. Ricordiamo, per la storia, che l'attuae Amministrazione del Comune di Torino rappresenta il blocco di tutti i partiti costituzionali, unitisi per salvare la città dal pericolo di un dominio bolscevico. Essa ha assicurato a Torino, in un periodo burrascoso, insieme con una calma quasi perfetta, la libera affermazione dei sentimenti patriottici della cittad!; anza, manifestatisi anche recentissimamente, col più schietto entusiasmo, in occasione della venuta di S. M. il Re; nel tempo stesso ha amministrato il Comune con saggi criteri economici, e con risultati ottimi, nvidiatici da altre città, per il bilancio ricondotto all'equilibrio. Di fronte al nuovo Governo nessun atto men che corretto può esserle imputato; ad esso, anzi, essa ha mostrato sempre la più ampia deferenza pur non intendendo mescolare, com'era suo diritto e dovere, la politica all'amministrazione. Per tutte queste ragioni, non vi può essere alcun dubbio che la presente Amministrazione continui a godere la piena fiducia della cittadinanza. La quale, del resto, non può aver dimenticato quanto ebbe a scrivere, non è ancora un mese, un giornale filo-fascista come la Gazzetta del Popolo In una nota intitolata L'omaggio deWon, Mussolini all'amministrazione comunale di Torino. Scrisse infatti quel giornale in data 17 maggio u. s. queste precise parole: » A noi risulta che Von. Mussolini non solo non avrebbe accollo la proposta del prefetto (Si ricorderà il fiero telegramma con cui il prefetto smentiva la attribuitagli proposta di procedere allo scoglimento del Consiglio comunale), ma che si sarebbe manifestato nettamente a favore dell'Amministrazione Cattaneo. Questo atteggiamento dcll'on. Mussolini non è improvvisato, perchè sappiamo che alcuni giorni or sono egli, scrivendo ad un'alta personalità torinese, si compiaceva che la questione del Consiglio comunale si fosse risolta « felicemente », alludendo alla seduta del Consiglio che segui la visita a Torino del Principe Ereditario ». Dopo questo precedente — e nonostante le voci corse da noi più sopra riferite — l'impressione nella cittadinanza sarà anche di meraviglia. Infine, quanto alla procedura, questa ci sembra in contraddizione con le recenti dichiarazioni dello stesso on. Mussolini secondo le quali devono essere avocati ai prefetti e agli altri organi governativi tutti gli atti inerenti alla vita politica e amministrativa delle <:<.. tà e provincie. È anche per la procedura la cittadinanza avrà dunque motivo di esprimere, ripetiamo la parola, la sua meraviglia. tpvlvpsdiesLazctgsmdpriètqissdcDda(tedsnrLcmqlosdtcVdpraclsspMdtBDIl contributo del Comune Lr