Un processo storico

Un processo storico Un processo storico pAncora un libro eopra Lucrezia Borgia? D suo caso storico rientra iu quello cause celebri, che non si chiudono mai in modo definitivo o le cui sentenze non passano mai n cosa giudicata. Di tempo iu tempo si fa un supplemento d'istruttoria, si offrono nuovi documenti, che modificano le concluioni anteriori, quando non rovesciano addiittura i termini dell'intero giudizio. La Borgia è forse il più curioso esempio di queste totali inversioni di valori nella stoia. Ci eravamo abituati a vederla in sembianza di Menade, che in una mano stringe 3 pugnale e nell'altra la fiala del veleno. Ma la bionda Furia sanguinaria e bellisima, che sotto i tratti seducenti e dolci d'una Grazia nascondo crudeltà feline pongiunte a lussurio indomate, ha avuto a fortuita d'incontrare sulla sua strada più d'un don Chisciotte generoso, che è ceso per lei in lizza armato non già di ancia o spada, ma di buoni documenti, letere e carte d'archivio, s'è fatto campione della sua innocenza e ne ha rivendicato la ama. Il modenese Camper! lanciò il primo artello di sfida ai detrattori della "bella alunniata (Una vittima della storia, L. li. 866); seguì il tedesco Gregorovius (1874) on un suo poderoso volume apologetico detinato a nettar la sua dama dal molto fango onde l'avevano bruttata i suoi contemporanei italiani (basti di tutti ricordare il Sannazzaro e il suo feroce epitaffio : Hic aeet in tumulo Lucretia nomine sed reThai*, A.lc.ranilri filùi. spanna, nitrii*), e dall'ingiuria che il porta francese le aveva ecata trascinandola sulla scena, senza il minimo rispetto della verità, in veste di Messalina. La difesa non persuase tutti ; Pastor nel III volume della Storia dei Papi si mostrò scettico, e molto più Lazio, he nel più recente scritto Isabèlla d'Està e Bornia (1916) ha recato a questi studi un prezioso contributo di notizie inedite tratte dai dispacci del relatore gonzaghesco G-. L. Cattanei. H dottissimo scrittore, pel quale gli archivi italiani non hanno segreti, denuncia apertamente. In conclamata immoalità di Lucrezia e rileva la profonda repngnanza che la Marchesa di Mantova sempre manifestò per la cognata. I giudizi coninuano così ad esser molto discordi e seguita la gara tra i cavalieri erranti disposti a spezzar lance iu favore e quelli che insitono nell'accusa di disonestà e peggio, tracciando a foschi colori la vita romana di Lucrezia o dubitando della sincerità del uo pentimento e della sua finale converione a Ferrara. Ad ogni modo la leggenda è finita : il mostro apocalittico divenuto una donna di carne ed ossa si riduce alle più reali proporzioni d'una ccraune peccatrice, ens'altra partecipazione al tenibile dramma, di cui i Borgia furono protagonisti e Koma teatro, che quella d.i una semplice comparsa. Con questo però non si creda debba anguire l'interesse per la bella donna amorosa del Binascimento, che anzi essa sembra esercitare il suo fascino colla stessa irresistibile forza d'incanto con cui avvinse i uoi contemporanei. E oggi è uno spagnuolo il marchese di Villa-Urrutia, che restituito alla diplomazia, donde incidenti di carriera l'avevan' distolto, serve ora, come •gii scrive, al Rey én in. Embajada de Soma con no menor celo qut en l-as de Lon+ret y Paris. 13 intanto distrae quella che i profani definiscono la Indente ociosidad diplomatica con la lettura de libro* y papelet viejos, che dopo tutto sono ancora i migliori amici visto che la compagnia dei morti ci compensa dei molti fastidi che ci danno j vivi. A Roma appunto il nostro amabile diplomatico ha incontrato Madonna Lucrezia; l'ha incontrata naturalmente tra vecchi libri e carte ingiallite e non ha saputo resistere al desiderio di occuparsi di ei, tanto più che si è ricordato d'essere spagnuolo, o che la Spagna era iu debito verso quella sua celebre, so pur un potroppo avventurosa, figliuola, perchè nessuno degli storici compaesani se n'era fin qui occupato, eccezion fatta del suo buon amico il marchese di Laurencìn nella importante Jlelación de log jestejos que se ceìebraron en el Vaticano con motivo de Ics bada* de Lucrecia Borja con D. Alonso de Arogón eie. (1916). Veramente il libro del Villa-Urrutia apporta al problema genoa-alc dei Borgia pochi nuovi contributi, ed è nell'intenzione Btessa dell'autore più che altro un lavoro d'informazione condotto con chiarezza, ordine e gusto su dati e documenti, che la erudizione ha messo a disposizione deglstudiosi. I punti più importanti che meritino d'esser segnalati a un lettore italiano sono: la correzione dell'errore tradizionaleche assegna a Roderigo Borgia il nome dLanzol (Lonzuoli come tradussero gli italiani), derivate ^all'equivoco in che cadde il P. Mariana (Historia general de Espana), che confuso Jofrc do Borja y Rompadre di Alessandro VI con Jofre de Borja Lanzol, suo nipote ; la dimostrazione definitiva dovuta sopratutto al Sanchfs y Sivera, in una pubblicazione da lui fatta susecondo Duca di Gandia D. Juan de Borja (1919), cho Cesare Borgia fu il primogenito dei figli di Alessandro e della Vannozzae non Giovanni duca di Gaudia come generslmente si credo. La data della nascita dCesare rimane ornai fissata all'anno 1474talché lo stesso Pastor ha dichiarato all'autore di accettarla, riconoscendo Cesare peil maggiore dei due fratelli, o intende nella prossima edizione del III volume dellsua Storia rettificare iu tal senso. Intornal dibattuto quesito dell'assassinio del duca di Gandia, Villa-Urrutia si mostra propenso ad accogliere l'opinione del fratricidio, negato dal Pastor e dal Luzio, che attribuiscono il fatto agli Orsini, o cita anche la conforme testimonianza del Capitano Gonzalo Fcrnandez do Oviedo nelle suQuincuaqenas y Batallas per la prima volta pubblicate dal Laurencin. Nega invecl'ùicesto di Lucrezia, atroce calunnia chlanciata da Giovanni Sferza, primo marito della Borgia, per vendetta del discioto matrimonio, raccolta e diffusa e accreditata più tardi, trova anche oggi qualchsostenitore. L'infante romano Giovanni, rconosciuto da due Bollo del 1501, come figlio prima di Cesare e poi del Papa, è probabilmente il figlio di Lucrezia, fruttd'un suo giovanile fallo con Fedro Caldrón (Peroto) primo cameriere di S. S., chpotrò la sua awentufa d'amoro colla figldel papa ben crudelmente: ounegato nTevere secondo il Burcardo (cccidil in Tbrrim male libentcr, scrivo con eufemismil diarista papale); scanuato per mano Cesare ai piedi di Alessandro stesso, chn'ebbe insanguinati gli abiti e il viso, scando testimoniano l'ainbasciatore veneCapello e l'Oviedo. Il suo giudizio conclusivo su LucrezVilla-Urrutia lp riassumo così: non era n ta, no! per figurare, nò come una santa aureolato sugli altari, nò come una eroina creatrice ed ispiratrice di magnanime impreso. Fu una donna come tante altre, che obo una gran voglia di divertirsi, amò ala follia gioielli e vesti e balli ed ogni sora di piaceri, non fu certo insensibile all'amore, fu anzi questa la sua occupazione favorito, o non certo si accontentò di quelo platonico. In fondo, una buona ragazza forse, ch'ebbe la disgrazia d'essere educata male, o d'aver sott'ocehio pessimi esempi ia dai tempi ed anche più dalla propria famiglia. Non si dimentichi che nelle sue vene scorreva sangue spagnuolo, anzi Vaenzano, l'ardente sangue dei Borgia, non certo indebolito nella sua forza natia dala mescolanza con quello d'una popolana romana, cresciuto alla vampa delle, più calde passioni del senso ; non si dimentichi che se dal padre, definito nomo carnalcsco, Lucrezia non poteva ereditare virtù che quegli non possedeva, non poteva neppur sottrarsi all'ambiente d'abominazione e di ussuria che. si respirava, nella corto pontificia. Essa peccò dunquo come tante altre figlie d'Eva, ma potrebbe allegare a sua discolpa il temperamento eccessivo, cui s'aggiunse a maggior stimolo il malo esempio che d'ogni parte la ciioondava, padre fratelli zie cognate cugini. Volontà debole, coscienza fiacca, essa fu troppo spesso stromc-nto docile nelle mani perverse di Alessandro e del Valentino. In lei non fu ammirata ne la bellezza sovrana di Giulia Farnese, nò l'eleganza squisita nel corpo come nello spirito che fece, di Isabella d'Este il vivente miracolo della femminilità italiana cinquecentesca. Non fu in Lucrezia il carattere ferreo di Caterina Sforza, non la cultura maravigliosa di Costanza Varano e di Isotta Nogarola, e nemmeno la poetica anima di Vittoria Colonna, per richiamare i nomi dello donno di questo età a diversi titoli più celebrate. Lucrezia c soltanto la donna amorosa, d'irresistibile incanto naturale, come appunto la definì con una sola frase deliziosamente la Marchesa di Cotronc, quando di lei disse che aveva una dolce ciera; dolcissima infatti nel riso e nella parola, bianca o bionda, di adornamenti e di mundizie magnifica, e festosa e allegra per indole. E tale sempre rimase; nò è da accoglier 'ingenua partizione della sua vito' in periodo romano e periodo ferrarese, quasi che trasferendosi dalle rivo del Tevere a quelle del Po bì fosse in lei operato il miracolo della via di Damasco, la conversione da cortigiana in santa ! Lo escludono le relazioni col Bembo, di cui rimangono documento le Ietterò unite ad una bionda ciocca di capelli che si conservano aW'Ambror.iana, lo prova il pudico adulterio col cognato Francesco Gonzaga, meglio conosciuo oggi nel carteggio ri esumato dal Luzio. La verità sembra piuttosto questa: a Roma ora sommessa ai capricci della sua famiglia, a Ferrara dovette contenere i propri nei limiti dell'onestà o della prudenza imposti da un marito geloso e da una Corte ipocrita. Perchè i Borgia 6 il loro dramma hanno suscitato e tuttora suscitano un così vivo interesse? Bastano a spiegarlo l'intensità delle passioni, la veemenza degli atti, e il loro risalto sullo sfondo del Papato, il contrasto fra la solenne maestà del soglio pontificio o la cruda brutalità degli umani appetiti, la sacrilega mescolanza del profano e del religioso, l'urto degli opposti spinto al grado estremo? Questo sta bene, ma ncn è tutto. Mi pare che si possa andar un po' più dentro. Forse gli storici hanno veduto solo la parte episodica; chi ha accentuato lo scandalo, chi l'ha velato, chi seguo la tradizione, chi scandaglia il documento. Tutto ciò è £1 lato esteriore, l'aneddoto, la curiosità. Ma non va alle viscere, non coglie il significato del fatto. Credo che sia possibile assorgere ad una più larga comprensione di esso. I Borgia sono nella storia qualche cosa di più che l'esasperaziono della simonia e del nepotesimo, asssi più che il massimo livello attinto dalla corruzione papale. Segnano un momento essenziale nel processo di trasformazione del massimo istituto della storia europea. I/a tendenza implicita in ogni potestà temporale di fissarsi in sistema dinastico, con loro spinge il papato verso l'attuazione di una specie di correlato cattolico del califfato mussulmano. Nel Medioevo sotto la pressione prevalente dell'interesse spirituale il papato resistette vittoriosamente a questa tendenza e si svolse piuttoso nella direttiva teocratica. Ma accostandosi i tempi nuovi, sotto l'influsso del rinascimento pagano, nello splendore crescente della propria mondanità, esso corre ben altro pericolo. Messo ad una svolta della storia, minaccia di trasformarsi in un equivoco tipo di principato sultanesco. Questo carattere assume l'inserzione dei Borgia nella storia papale di Roma. Veri figli di Spagna, portano con sè l'eredità ibrida della loro terra; trapiantano sulla sponda del Tevere un modello politico-sacerdotale, che fiorito sulle rive del Tigri o deH'Oronto si era acclimato a Cordova, e a Granata. Il loro Vaticano ha un po' l'aria di Serraglio, è un pezzo d'Oriente mussulmano, una corte araba cui nulla manca: harem, lusso e lussuria, sangue e veleno, violenze e voluttà meridionali congiunte, superstizioni e delitti. Intrusi ed usurpatori i Borgia sono oi\asi estranei alla rinascita italiana, e rappresentano una terribile parentesi storica. Il tentativo mostruoso, per cui violentano la tradizione pontificalo, accelera per reazione il processo riformatore della Chiesa. Da Savonarola a Lutero non corrono vent'anni. E so il sacco di Roma potè dirsi la vendetta della Nemesi, il riscatto dell'immane debito di colpa lo compì la Spagna medesima la cid doppia anima, avendo fornito il veleno, procacciò anche l'antidoto. E questo non fu già, come dicono alcuni scrittori, quel santo scolorito che uscì dalla fosca casata dei Borgia, Francesco, bensì quello stupendo lottatore per la fedo cattolica che fu Ignazio di Lojola! ZINO ZINI. Marquós de Viixa-Urrutia, lucrecia Borja. Estudio històrico. — Madrid, 1922. bncrmegTsglddcdctgulgpgnLdqcsglragPdrndgbcvdrcdiucidtpbL