Gocce d'inchiostro

Gocce d'inchiostro Gocce d'inchiostro Umorismo ebraico Umorismo ebraico Ho riletto in questi giorni la Bibbia ; anzi, j>èr essere preciso, ho letta la bella antologia letteraria Dalla Bibbia (Ed. Zanichelli, Bologna), apprestala da Giuseppe iRicoiotti, ch'e un ve.ro competente. Inutile dire l'altezza meravigliosa, alla quale perbene il lirismo ebraico, la profonda saggezza, che le sentenze ebraiche contengono. Cose risapute e ripetute, sebbene, come «sserva amaramente il Riccio-Iti, <i un italiano ,■mediocremente colto non ardirebbe confessare di non aver letto nè un verso d'Omero nè una riga di Cicerone, mentre Bonza vergognarsi potrà asserire di non aver letto nè uno stico d'Isaia nè una sentenza Hi Giobbe. « ...Ma quel che qui voglio diro è ohe nella Bibbia manca, o m'inganno, ogni sfumatura di riso; manca, iti particolare, l'uraorimo. Eppure, gli. Ebrei non difettarono nè difettano di vena umoristica; né sono privi di scrittori umoristici! Razza perseguitala e imprigionata nei Ghetti, come essi sarebbero potuto sopravvivere, se il loro naturale pessimismo non fosse etato alleggerì1-'! da mille allegre leggende, storielle, barz:. ite, sorte spontaneamente dal popolo, o inventato e propalate dai previdenti rabbini? E' tutta una bassa letteratura popolaresca, che meriterebbe, esser raccolta o fatta conoscere ai profani ; e della quale possiamo avere soltanto un'idea attraverso autori ebrei, scriventi in lingue, moderne. Per esempio, attraverso Zangivil. Israele Zangvril è scarsamente noto .in Italia, nonostante le buone traduzioni ed introduzioni di Gian Dàuli. Eppure, si tratta d'uno scrittore di prim'ordine, popolare in Inghilterra, tradotto in molto lingue, studiato da critici importanti d'Europa; uno scrittore, per di più, che ama in modo particolare il nostro paese, e ru Veijezia ha scritto pagine indimenticabili. Dopo i Sognatori, del Ghetto, strani e patetici, vorrei che dello Zaugwil si conoscesse il Re degli Schnorre.ru. recentemente tradotto dallo stesso Gian Dàuli (Ed. Modernissima, Milano). E' uu magnifico saggio d'umorismo, e preciname.ntn israelita; giacche non solo il protagonista è il tipo perfetto del mendicante ebreo, idealista e realista, ingenuo e maliziosissimo, ignorante e sapiente, splendido o straccione : non solo tutta l'azione si svolge in ambienti israeliti, fra rabbini, mercanti, banchieri, pezzenti ebrei; ma, sopratutto, perche quell'umorismo spiccia e zampilla dalla stessa casistica moralo degli Ebrei, la più complicata, la più minuziosa, la più meravigliosa, che sia mai stata nel mondo, o Fatta la legge, trovato l'inganno j : diciamo noi. Ma qui la legge stessa, sapientemente adoperata, c strumento d'inganno; le Etesse sentenze bibliche e lalmudiste, estremamente sottili, se pur estremamente morali, diventano, in mano di Manasse, « a» dei pezzenti » magiche e subdolo armi, perchè l'avaro apra la borsa ir furbo sia intrappolato, il giudice cada nella pania, e sull'ignoranza, debolezza, sciocchezza, universali, trionfi Manasse, sublime e grotteboo, spregevole e meraviglioso. Questo straordinario pezzente è così abile, che un ricco tigli ore gli fa da servo, invitandolo alla, sua stessa tavola; va a teatro gratis, e vi è. applaudito; prepara nozze regali per la figlia; riesce a sciogliere il gran consiglio ebraico del Mahamad ; giunge persino ad Baricentro la Sinagoga con donazioni, che altri pagheranno, ed egli stesso godrà... Manasse è una. creazione zangwilliana, Sebbene l'humus, dal quale e sorta, sia appunto l'innumerevole somma di leggende, storielle, barzellette, di cui s'è parlato. Una creazione che non tanto ricorda l'umorismo spregiudicato e doloroso di Heine, quanto quello, di cui Shakespeare, non ebreo, ma, come sempre, divinatore meraviglioso di anime, seppe impostare la tragicomica figura di Shylcck. Marcellino. Chi riconoscerà in questo nome, di primo acchito, Marcelline Desbordes-Yalmore? Chi si ricorderà della famosa sentenza carducciana: « Conosco tre sole donne che siano veri poeti: Saffo, Elisabetta Browning, Marcellina Debordes-Valmore? ». — Taecfiano pure il suo nome i pedanti e i gravissimi storici dolla letteratura francese: non per questo, tutti coloro che sentono ed amano la poesia, onoreranno meno Marcellina, anima che nutrì un unico amore, e quello cantò in versi, so non impeccabili, certo inobliabili. c Unico amore » : ciò che pare un sogno, 'fra romantico e romanzesco, fu veramente vissuto da Marcellina. Nata, a Donai da povera famiglia, che proferì rimanere povera, anziché rinnegare la prepria fede cattolica; imbarcatasi con la madre, in cerca d'un parente arricchitosi nella Guadalupa, e giuntavi quando era scoppiata una rivoluziono d'indigeni e infieriva una terribile epidemia ; perseguitata, al ritorno, dal capitano della nave, essendo morta la madre; finalmente in patria, costretta, per vivere, a fare l'attrice : attrice di prosa e di canto, apprezzata ben presto come * ingenua n, anche noi teatri parigini, aM'Odéon e all'Obera comique... Ma tutte questo avventure non valgono la più semplice, e pur fatale, avventura : l'incontro con un uomo, che fu appunto il suo u unico amore ». Nel ISIS ella pubblicava il suo primo volume di poesie, col quale si poneva in prima linea fra le donne scrittrici. L'amore l'aveva fatta poeta... • Fu, l'uomo amato, quel Hyaciuthe Thabaud de Latouche, detto Heuri do Latouche, editore dello poesie d'Andrea Chenier, di cui parla il Sainte-Beuve? — Comunque, fu l'Amore, che viene una volta, e non torna; l'Amore, che dona tutto, e nulla riceve, perchè non trova, dall'altra parte, l'amore, ma soltanto il capriccio. All'ebbrezza felice d'uri giorno seguì un'eternità di rimpianto. A chi voglia avere una prima idea della potenza lirica di Marcellina può giovare la. raccoltina di Liriche d'amore della novissima collezione « Essenze » (Eri. Modernissima, Milano). Ma chi intenda veramente awicinaiBÌ * questo schietto spirito di donna e di poeta, cerchi le Ocuvrcs jtoitujues (ed. Lenierre, Paris). Vedrà come l'amore terreno possa fon3ersi oou l'amore divino, come la gelosia più angosciosa posr ea implicare il più sublime disinteresse, e desiderare l'amore possa anche significare paventarlo ; come l'orgoglio possa, per amore, fiaccarsi e avvilirai, e l'ira cadere ad un solo sguardo... Marcellina è veramente l'usignolo cieco, che canta por dolore, e .pe^ illudere la sua pena; la sorella di tutte' le donne che piangono; la degna letti oe di Leonardi: L Leopardi! Doux christ oublié de sun nèiré, ^tóré de la mort sans le ciel qu'elie espère... » lÀJfrede- ide Vigny la chiamò ? il più rlfnddvdppdfs1«sdsmfcsPoàtiqccgfqcbCdfitms1tgluecltcistficprs e o re r a o a e r a e, . d i n e o e i e a ù e , , a , o a è. a o d e , , a o o , i ? e — i o , e a e n a a rgrande spirito femminile del nostro tempo » ; Bóranger ne ammirò « la squisita sensibilità ». Brizeux ne lodò « la bella aùima dal timbro d'oro »; Victor Hugo riconobbe in lei « un ingegno incantevole, l'ingegno più penetrante di donna » ; infine. Kainte.-Beuve, n'esalto l'anima n piena di coraggio, di tenerezza, di misericordia. », e la. sua poesia come * un semplice dono di piangere, gridare, lamentarsi, avviluppare la propria sofferenza di melodia ». Marcellina non ò « artista », non è «r impeccabile », non ha una. tavolozza ricca e precisa... Avranno dunque ragiono i pedanti e. i gravissimi storici della letteratura francese, che affettano di non conoscere il suo nome? — Indirettamente rispondeva 10 stesso Sainte-Beuvc, quando scriveva: « No, tutto le sfumature del prisma, pur supponendo che. si potessero esprimere mediante parole, non suppliscono, non soddisfano allo sfumature infinito dol sentimento »... I giardini selvaggi Una. bella figura di giovine scrittore francese, caduto in combattimento, ci fa conoscere Henri Pourrat, in Les jardins sauL-aflCi (Ed. Nouvcllo Revuo Francasse, Paris): Jean-Francois Angeli, alverniate, oriundo còrso, ohe fu a Roma, redattore àplVItalic, a Firenze, aggregato M'Institut Franr.aU; ammiratore di D'Annunzio; insegnante in Francia di lingua, italiana... Perchè il Pourrat ha voluto riovocare questa figura, forse destinata ad uscire dall'oscurità, se la morte, non avesse Tecisi in boccio i suoi sogni di poesia? — <t Noi dobbiamo ni nostri morti questa, prova d'amicizia. : dire ciò ch'essi volevano dire, fare ciò che volevano fare »... La vita dell'Angeli, secondo l'interpretazione del P'ourrat, fu appunto quella d'un provinciale, che quanto più s'allontana dalla sua provincia, tanto più ai sente ad essa vicino; che riconosce la sua salute nel ritornare, sensibilmente e idealmente, alla sua regione. Così, i suoi poemi non sono che i « giardini selvaggi » dell'alta montagna d'Alvernia, arida e battuta dai venti: giardini di fiori semplici, un po' strani, vigorosi di tono, ma soavi di sfumatura, imprevisti, ma freschi e selvaggi. Di qui, una più vasta interpretazione, e una vera missione: 11 regionalismo. Non si tratta semplicemente d'un dilettantismo folkloristico, nonostante le leggende, i racconti, i proverbi che pur nel libro sono raccolti. Hi tratta, ho detto, di una missione, e però d'una, tesi spirituale e morale. La, regione s'identifica con la campagna, con la natura-, e questa diventa la vera creatrice d'una, sostanziale e profonda cultura: « Se non vi fosso vera cultura che per quelli che hanno vissuto nei campi ? La cultura e forse altra cosa, che il risveglio in noi de! passato, e il suo risultato secondo la sua linea di svolgimento? Sì, sprofondarsi nelle campagne significa discendere nelle età. Vi si ritrovano, coma i sedimenti geologici, scavando un pozzo, gli spiriti e i sentimenti dei nostri antichi padri, le idee fondamentali della razza. La campagna è l'antichità contemporanea ». — Forse, fin qui, siamo ancora nei limiti del regionalismo barresiano. Ma si procede oltre, sicuramente, quando si richiedo un'arte regionalista, e non già nel senso « fèlibristico », che anzi il Pourrat respingo come cosa poco seria, ma in un senso espansivo: * Fare ciò che oggi desidererebbero faro i nostri antichi padri. Cantare, per esempio, come potrebbero cantare su pensieri nuovi i poeti delle antiche canzoni di Francia... ». Ciò mi pare significativo. Nei periodi di stanchezza letteraria, infatti, lo spirito poetico ama ritornare con nostalgia al passato più lontano, come ad un sogno suadente, o alla natura più solitaria, come ad una fonte di freschezza. In Francia, come in Italia ; che anche noi, ora, vivendo fra giardini ben pettinati e serre ben riscaldate, sentiamo il più vivo desiderio di c giardini selvaggi »... Dante gnostico Non me l'aspettavo; ma tante. In un grosso libro di Vincenzo Soro su La Chiesa del Faracleto (Ed. « Atanor », Todi), fra le molto altre cose istruttive, s'apprende anche questa. Danto fu, nel segreto dell'anima, gnostico; la Divina Commedia è un poema gnostico, impregnato d'un cristianesimo che non ha nulla di comune con quello della Chiesa Ufficiale; Beatrice non simboleggia la Teologia, ma la Teosofìa, anzi la Gnosi... Non vorrei che nessuno abbozzasse il minimo sorriso. Dice benissimo l'autore del libro: Dante, essendo di tutti, uon è di alcuno, e però « la Chiesa Gnostica Universale ha tutto il diritto di salutare noi Genio Massimo del mondo latino uno dei suoi Maestri Maggiori »... Equesto appunto il destino del Genio: tutti lo vogliono dalla loro parte, perchè tutti hanno bisogno di lui. Soltanto lui non ha bisogno di nessuno... LUIGI TONELLI.