Passeggiate umbre Assisi

Passeggiate umbre Assisi Passeggiate umbre Assisi Nel momento In cui U piccolo treno doppia, arrancando ed ansimando, lo sperono che digrada verso Basila, ed il vento ne squassa con gesto improvviso o brutale la chioma di vapori e la rompo o via hi disperde Per i prati umidi, un arcobaleno si accende e brilla a traverso il cielo piovoso ed uggioso, cingendo la dolce, Assisi d'un nimbo paradisiaco. E' Santa Chiara, che dall'angolo estremo della città nitida, invia il suo luminoso messaggio; Santo Francesco, dall'estremo opposto, lo raccoglie, lo beve stilla per stilla. La luce trema, l'arco si restringe, si solleva, si perde nella bruma spessii. E la staziono di Assisi ini accoglie con uno scroscio sonoro. Ora, su su per, l'erta, nell'automobile russante e sbuffante, costretto, premuto, soffocato fra una torma di inglesi. Visi congestionati, denti elefanteschi, esclamazioni della più. cavernosa guttu) alita. La cupola alla vignolesca di Santa Maria degli Angeli — offesa boriosa all'umile, divina Porziuncola — suscita in loro una rumorosa ammirazione; ma la città, cho ad ogni svolto va via scoprendo i suoi raccolti tesori, li ammutolisce. La pioggia batte a tamburello contro i cristalli ; scrioecliiolio di ghiaie, sciabordio di mota e d'acque; nell'inferno, silenzio. Prima l'una, poi l'altra, poi l'altra, estraggono da certa carta oleosa delle leccornie grasse, elio addentano famelicamente, gli occhi grigi e slavali, perduti in non so quale sugno di cuccagna. Digrignare di denti, urtare di ginocchi, pioggerella di briciole; ed io, con una gran mula cattiveria ribollente in cuore. La cameretta d'albergo, al forzo piano, questa volta ó veramente francescana; candida e spoglia. 11 fasto cosmopolita s'arresta ai secondo piano: meglio cosi! La Pioggia c cessata, ma il Subasio domina ancora chiuso c torvo in un cumulo di vapori; il vento :igola, sospira, ulula a traverso le mal chiuso finestre, a traverso gli usci mal connessi. Dal vicolo stretto giunge un brusio alterno di portatori, di eli auff eurs, di viaggiatori. Scendo.'a San Francesco, subito, lottando contro il vento. Sulla piazza claustrata gridi di monelli a frotte: allo, radenti le nuvole, stridi o iorneamenH di rondini. Nell'interno della basilica inferiore, silenzio umido ed oscurità spessa. Via via che avanzo, abituandosi gli occhi alle tenebre, riconosco le cappelle, gli affreschi, i monumenti. Passano le buferò per il mondo, qui nulla si muta e la paco apre lo sue candide ali. Nulla, si muta? Ahimè, veramente no. La tremula luce discreta delle amiche lampade nutrite dell'olio puro d'oliva; la tìamma viva ed agile creata dalla vergine cera consunta, sono stato sostituite dalla fissità fredda ed agile della luce elettrica. Le dolcissime mistiche nozze di San Francesco con Madonna Povertà ne ricevono i raggi beffardi, la Castità, guarda, stupita più ebe mai, dalla sua eburnea torre... Un gemito, un ronzio, mi sibilo acuto di ruota. Domando, contrariato, cho avvenni ad un operaio in camiciotto turchino, che esce da una botola aperta nell'impiantito tutto vibrante del coro. SI sta provando il motore elettrico, che dovrà agire sul mantice dell'organo. Anche il motore elettrico ci voleva presso la sacra tomba del Serafico! Mi affretto a salire alla chiesa superiore. Qui. almeno, dura incontaminato il sacro vestigio dei secoli e la splendida nudità francescana. E Giotto racconta fiorentinamente lungo lo pareti le gesta del Cavalieri» di Cristo: come adolescente, posa il delicato piede su molti tappeti, e poi via via che la Grazia sempre più lo penetra, come dona ad un povero il suo mantello e si denuda di fronte al padro per amor di Crislo, e il vescovo lo ricopro dei suoi paramenti o caccia i dèmoni dalla città di Arozzo, e si offre alla prova del fuoco davanti al Saladino, e costruisce il presepe per il Bambino Gesù, p. Predica agli uccelli e fa sgorgare la fonie dall'arida roccia e ricevo le stimmate e muore, e durante il trasporto riceve l'ultimo saluto da Santa Chiara... F:orentinament.e, voglio dire, senza perdere ..it' contatto con questa vita terrena, e qualche voi'» pure ridendone con certo suo sorriso arguto. (L: crede o non ci crede? Nella cacciata dei dèmoni aretini ha voluto glorificare la. potenza d?l Santo, o ridersi dei diavoli e degli arcuila vo]f come farà un giorno il giovane Beneghel? Nel miracolo della fonte ha veramente rivissuto un istante profondo di tradizione mosa'ca o si è semplicemente divertito a rappresentare il contadino che bevo ingordamente steso Per terra? Nella visiono del seggio eletto che al Santo toccherà in paradiso e nella bene ordinata serio (leprii scanni stessi, è una semplice ingenuità di primitivo o una sottile ironia sul luogo dove si raccolgono i boati c'alio bianche stole? Non so. >Ma qualche volta l'animo dell'artista si solleva d'un balzo ,1 disopra della sfera terrena ed il suo realismo si purifica o sublima. La predica agi uccelli, velata nella bruma azzurrina che i secoli le hanno donato, pare veramente sogno divino, e il disincarnato addio di Santa Chiara alla salma di San Francesco — curva la persona sonilo ed il viso arguto sul capo sollevato del Santo, fisso l'occhio luminoso sulla bocca sigillata di lui, proteso le braccia a cingonie il rigido corpo — è la Pietà umanamente più effusa, divinamente più pura, che spirito d'artista abbia mal saputo accogliere ed esprimere. Esco. Il vento s'ingolfa a folate nella via tortuosa; tace, riprendo, sinebiozza, ulula, geme, minaccia. Non c'è anima viva. Saltellano sul nitido lastricai graziosi piccioni, saettano ancora nell'aria, stridendo, le rondini. Porte sbarrate, finestre chiuse; rade gocce di nlOBKia battono sulla pietra con sonorità metallica. Una porta s'apre silenziosamente; n'esce una donna delia campagna con un grosso cesto: sussurra non so che con ima persona invisibile, svolta dietro un angolo di casa, scompare corn'onihra. Dalle viuzze digradanti a piombo verso il piano, appaiono lembi di campagna scura ed il Fcscio serpegg'an'.e in anso colore dell'acciaio. scroaqacdclumfoofupnilvpzmvg'vmèdbenmqmqlpgesppQcsnussMmmtuldfosttpdcptltcemlempartgUsumFdcriltdMEntdlfrvltistmgslpFlccnisfcl Sul piazzale erboso ili Santa Chiara, ali estroiiìo termine della città, ancora monelli che giocano a frotte e. stridono a gara con le rondini. Assisi, chiusa, protetta, cinta dalle amorose braccia dei suoi sanii riposa tranquilla. La chiesa che gli Assisiati eressero alla loro Santa diletta e veramente « clama n, conio, il nome di lei. Nudità nivea, profumo di bianche roso di maggio. — - che Santa Chiara ci dia s-alute! Per poco non abbraccio la. vecchia mendicante sulla porta della chiesa, tanto quel saluto mi brilla ili luminosità nuova! Ma sili per la strada, che conduce a S. Damiano, è nuovamente silenzio profondo: profondo e fragrante. Da non so quali arbusti, o rami, o glebe, o corolle, si effonde un profumo più dolce di ogni umana dolcezza, più puro di o?ni umana purezza. 11 grano tenero riarc di seta, e gli ulivi d'argento. Come il vento ne agita gli steli e le foglie, paro via via si stendano sulla terra o sventolino per l'aria, damaschi di non mai vista bellezza e di disegno stupendo. Il cielo s'è leggermente chiarito e la piana apparo ora d'un verde esultante. — Scusate, si va per qui a San Damiano? — Sì, signore. li contadino, a cui rivolgo la domanda, mi guarda con occhi spenti e lontani. — Se vuole, l'accompagno per un pezzo. ' Accetto con gioia. Il principio di ogni nuova conversazione mi è sempre penoso. Ma il mio compagno mi toglie d'imbarazzo. — V'ode? Quella è la l'orziuucola, e laggiù è Monto Amiata; per di la, dietro lo sprone del monte. Spello. Ed in quella gola del Subnsio è l'eremo delle Carceri. Seguo piuttosto distratto le sue indicazioni ed intanto l'osservo. Sul viso solchi profondi, negli occhi una luce buona, nei gesti un'umiltà disinvolta e discreta. — Come ve' la passate? — Eh! cosi, cosi. Se non fossero questi quattro santi! E descrivo colla mano un gran cerchio, come per comprendere sotto un solo gesto i quattro colesti protettori della città. — Arrivederla e buona salute! Solo un'altra volta. Ancora il vento carezza le docili erbe della sua mano ruvida; ma il paesaggio cambia un poco. Rossi papaveri gettano tra il verde chiazze di sangue vivo, e c'è un gran fremere e sussurrare, un rotto singulto, un sospirare flautato d'uccelli. Non più rondini, ma cilicio, pettirossi, sgriccioli, passeri : non più stridi, ma voci discrete. Qui predicò San Francesco ad una famiglia come questa, e di questa progenitrice, e ciascuno ascoltava inlento ed assentiva con cenni del capo grazioso. La pioggia è ricominciata fine, fine, come un tessuto di seta. Giù di corsa, per la discesa. S. Da.mia.no mi accoglie nella sua. frescura umida e nella sua oscurità profonda. Mi getto sfinito su di un banco ; inlomo a me, quattro n cinque ombre, genuflesse, immobili ; una tenue luce ad olio trema di fronte ad un'icona invisibile. Dal coro giunge una cantilena d'antifona, cho muore in un loco sussurro. Silenzio. Qui i muri lo Trasudano il silenzio! Ma da non so quale profondità rompo il lento scandito tic lae d'un orologio a pendolo. Mi sento frangere, prosternare, calpestare, disperdere. Di là dall'altare maggiore comincia a voce alia la Meditazione sulla morii'. « La morte arriva improvvisa quando Dio ha decretalo, ignota al disegno degli uomini. E pero apparecchiati: come l'onesto mercante che tenga sempre in pari le sue partite, come il navigante che attende col carico pronto i! momento di issare la vela... i. La voce — una voce giovanile e tremarne — si effonde in oscure volute, uria contro le pareti di pietra mula, si perde in echi paurosi. Dio mio ! Ancora, ancora la morte! Ma da quanti anni ormai pende dall'albero del mio naviglio la i.'ela pronta ad espandersi verso lo sconosciuto oceano? Com'è che ancora il vento non spira? dio non partiamo una buona volta, in nome di Dio? La Meditazione i>. finita. Silenzio profondo, ancora. Dal di fuori, scrosci alterni, disperati di pioggia : lo quattro, cinque ombre intorno a me, sempre immobili, il capo appoggiato sulle braccia incrociate. Tic, Ine, He, Uk! Il ritmo si incide nel mio spirito con stigmate di fuoco. Unus ex hif.ee moricris: uno di questi istanti morirai! Lo so, lo so; ma non ne posso ormai Tùli. O buon Santo Francesco aiutami! Vorrei geitarmi ai piedi di uno dei frati oranti, gridare forte le mie colpe, i mie-i travagli, i dolori che. mi logorano e mi dilaniano; sapere se nella bilancia ili Dio essi traboccano ormai sulle colpe : sentire una parola fraterna da uno spirito mondo: « va in pace, e vedi di non più peccare! ». Ma mia forza enorme pd oscura mi trattiene. E resto anch'io immobile, nel mio angolo, non so come, non so quanto, immerso in una torpidità peggiore di tulle le sofferenze. A traverso i campi, ancora tutti madidi dell'ultimo rovescio. Tramonto beffardo ; tra le nubi di piombo, lame di cielo lucide e fredde. Fango in terra ed in cielo ; Assisi livida e muta, costretta, oppressa, quasi schiacl'ata dal Subasio. Salgo lentamente ed a fatila per una mulattiera sassosa. Via via, fra il verde emergono, affondano, appaiono dispiiono, torri c campanili, palagi austeri, torri merlate, c San Francesco, quadrato e massiccio e Santa chiara svelta come una gazzella. Ma d'un tratto il pauroso silenzio si .'ompe, il muto incantesimo si spezza. E' la campana di Santa Chiara cho comincia, poi quelle di S. Pietro, di S. Rufino, di San Francesco, che chiamano, chiamano, dondolano, dondolano, tintinnano, martellano. La citt-'v ha riconquistato la sua voce e prega dai campanili protesi verso Dio la sua alta canora preghiera. Assisi sembra veramente un incensiere di canti cho salgono, salgono verso un invisibile aliare. Solo, tra le nuove foglie d'un gelso, un uccello canta anche lui come può la sua preghiera, effondendola dall'esile petto piumato. GUIDO MANACORDA. nMbcfNssasistvtslAvs

Persone citate: Basila, Gesù, Madonna Povertà, Saladino

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