Ritorno alle lettere

Ritorno alle lettere Ritorno alle lettere Sfoprendcrerno su queste colonne a tratterò di letteratura italiana, suo stato d'oggi, suoi diversi avviamenti .ascensioni rincorse, con relativi smarrimenti c capogiri ; opere belle o brutto — pur troppo — in prosa e in verso, nomi che promettono e sia pure ingegni ch^ stentano a mantenere. Guarderemo in particolare ni giovani : anche perchè di fanio solide c stabilito no restano poche, o non suscitano molto spo, ranzo o inquietudini. Quelle che oggi contano sono, ci pare, reputazioni crescenti, ancora incerte, ma diffuso; autori che chicdono di essere studiati con applicata attenzione, opero da perscrutare, ognuno come meglio può, noi seguendo i priucipii, le consuetudini e financo gli scrupoli della nostra educazione letteraria. A proposito di questa educazione. Essa vale quel che vale, non sta a noi giudicare ; non certo quanto sperammo un giorno, movendo i passi, ahimè, verso il classico e l'antico. E tuttavia sono trascorsi pochi lustri da allora e quasi sembra d'c=.ìcrc entrali in un'altra epoca. Sono intercorse, da quei primi così ripesati inizii bolognesi, triumviri Acri Carducci o Gandino, une grosse guerre nazionali e un'infinità turbinosa di altro cose è passata, e avventure pratiche e spirituali, c uomini ed eventi non comuni. Si è dovuto fare altro che compulsare sacri testi : e la nostra- educazione classica fu svagata e interrotta. Non di noi soli, questa fu la sorte di tutta la nostra generazione, a uno a uno di quanti o facevano o s'occupavano di letteratura iiisicmo con noi e intorno a noi. Non giureremmo che la colpa sia per intero degli avvenimenti: le cose sarebbero andate nonmoltodiversamente ancho senza la guerra. A ripensarci, crediamo senz'altro che la china sarebbe stata la stessa. Una già patente imperfezione di studi letterari nel buon vecchio senso, appariva fino da quegli anni in. quasi tutti noi cho pur fummo gli ultimi a studiare lettere sul serio, italiane, latino e greche. Il tradizionale sentimento umanistico si a.ndava universalmente smarrendo in Italia. Il Croco traeva i nuovi scolari per tutt'altro vio da quello che potevano parere segnato a noi italiani da secoli di esperienze fruttuose. Il bando di leva, la vera chiamata di classe per la generazione critica fu allora; e ne sorse la nuova milizia, cho ancho oggi, dopo vent'anui, c la più numerosa in campo e prevale. Dire che quel movimento andato a sboccare nella critica letteraria, e mosso allo origini dal pensiero tedesco, sia stato uno dei tanti sfoghi parziali cho ha tentato presso di noi, in corpo naturale contrario, lo spirito della Riforma, il razionalismo protestante, può sembrare un ameno paradosso. Ma e proprio così, senza poi cho ci sia nulla di male. Per tutto dove l'ingegno si manifesta suscita considevaziono e rispetto, e il suo travaglio, qualunque espressione prenda, reca luce e fervore di vita negli studi e nel costume di un popolo. Indubbiamente il Croce e i seguaci hanno ingegni non pure brillanti, ma chiaramente interpretativi comprensivi e profondi. Che i loro scritti abbiano fatto male alle lettere, lasciamolo borbottare agli scicochi e ai pinzocheri. I nuovi protestanti con l'aria vindice o ammonitrice sono venuti a tempo, quando la cattolicità letteraria cadeva in ribasso, a un punto di generale infiacchimento del vecchio umanesimo, non a soffocare ma a sostituire forzo ormai incapaci di reggere. Con il Croce abbiamo avuto un indirizzo critico, senza di lui avremmo avuto il vuoto e la baraonda. Non solo, ma quel che c'è di buono nella sua critica e negli scritti dei giovani che, mossi da luì, ora cercano di andare por proprio conto, rimano acquisito alla nostra coltura e nulla se ne perde. S'ha da riconoscere cho questo loro c un modo ancho caso di cercare quel che c'è di vivo e umano, di pensato e sentito, di grazioso o di •forte o di commosso in un'opera letteraria, romanzo dramma lirica o poema. Solo che anch'essi hanno risentito l'effetto della poca ediicazione letteraria del tempo e del gusto rinvilito. Dopo le loro varie e serie esperienze, rimane ancora c più ohe mai vero e provato che c'è modo di considerare e gustare la letteratura senza impacci ideologica: che è il modo umanistico, universale in alcuni secoli e italianissimo sempre, per tradizione nostra e per natura, in secoli cristiani e cattolici come anteriormente in pagani: quello cho non pure in teoria, ma nella pratica quotidiana del leggere e nell'atto immediato del sentire e del giudicare identifica un'opera letteraria con la sua stessa forma intima e rivelatrice ed espressione minuta e indissolubile: e, come insegna la parola umanesimo, non dimentica e non trascura nell'opera d'arte nulla di ciò che è valore umano o sentimento; nota le finezze e sfumature e illumina le cime della fantasia; sensibilità della forma in quanto l'arto è creazione della forma, non sta nelle cose e nei sentimenti, che sono quel che sono, ma nel modo di esprimerli, dove appare l'artista e il poeta. A questa critica non si arriva con la sola educazione filosofica, ci vuole educazione e magistero letterario ; non compromessi col generico o con l'Assoluto, ma movimenti liberi e trepidi d'un gusto fine e sicuro, e un particolarissimo sentimento dell'arte di scrivere, nella quale lo pause le clausole i ritmi i minimi suoni hanno pel letterato la stessa importanza delb verità universali per il filosofo. E che altro è l'umanesimo se non remissione piena, intera, totale dello spirito ai grandi richiami ed esempi delle lettere, e gusto delicatissimo e sentimento profondo tra fantastico e musicale tutto intimo o dolce, della vita medesima così rivissuta nelle suo ansie e piaceri, incertezze e speranze, passioni 0 tormenti, angosce e scoperte, dai più lievi brividi del senso al religioso affanno Begli ultimi problemi? Questa è sempro stata la nostra arte, eattolica o pagana, e questa, a modo nostro di sentire, potrebbe anche tornare ad essere la critica, critici protestanti a parte. *** . Si capisce che scrivendo su un giornale, le pretese AiAizico o appartate bisogna ridurle a misuro e proporzioni ragionevoli. Niente di peggio che se venissimo qui a ricalcare nello stile letterario le esagerazioni spinte, le malinconie solitarie, le goffaggini estreme e l'insopportabile gergo di certi arrovellati e invasati dell' ultima critica, che hanno più punte e spini e tormenti ideologici in oorpo cho l'istrice non abbia penne sul-dorso. Non c'è. che lasciarli morire di tanto orrido strazio, stoicamente. Noi saremo umani nel nostro umanesimo. Lo ridurremo, anzi tutto, a tenero iaocduaccfnifdeiatqtcarsdfLfidcdnrpvotpmpsfisspntidcqdcqtpmlqomssllqadblmmcsscpsias1 in conto gli antichi insieme coi moderni ; o a cogliere dallo ristampe che so no fauno, occuLione a parlare a quando a quando anche di loro, che sono poi lo vera ragiono d'essere della nostra letteratura, c le diurno unità, prestigio o grandezza. Non si ;wcs:-o a erodere cho la letteratura italiana comincia oggi a fiorire e illuminare il mondo, conio si va dicendo sul serio d'altro cose, forse anche meno serie. Non ci proponiamo, no, di scoprire i classici; se mai scopriremo, in vista olla loro lieta o robusta sanità e fervorosa ricchezza, un po' della nostra indigenza e debilità e difetti di troppo cose, e avremo il vantaggio di trovare a tempo i toni giusti c le giuste misuro da applicare ai moderni. Ai quali, diciamo subito, ed è bene intenderci, non apriremo su queste colonne quasi una succursale di rivendita dello vetrino in cui espongono i loro libri, ltichiami fastosi, esaltazioni gratuite, lodi amichevoli, adesioni di convenienza non saranno il nostro forte. Chi ne vuole non si soffermi da noi, passi oltre, entri in una dello botteghe accanto che troverà aperto e fornito dei generi molto comuni che corca. Letteratura, nc.1 concetto che co no siamo formato noi su esempi confortabilissimi, importa un'evidente signorilità ed elezione di spiriti, e avversione a ogni qualunquo compromesso. Da parte nostra, in compenso, non chiederemo agli scrittori cose contro la loro natura, assurde e impossibili: cho in un romanzo o in un dramma ci diano, ad esempio, la soluzione dell'una o dell'altra gravissima questione sociale o morale, politica o — poniamo — gnoseologica del nostro tempo. Chi scrivo per fantasia, per arte, per spinta o rapimento dei sensi fuor del mondo comune o badiale ci ha da saper portare, se mai, nella luna o nel corpo delle stello o nel fitto della terra, nei luoghi difficili dove non si può andare che per trasporto di suoni e d'immagini. Uno appunto si trae in disparte a far buoni versi o buona prosa in quanto non sa risolvere riè bene nò malo nessuno di questi problemi urgenti o non se ne impaccia. Se sapesse farebbe il politico, il sociologo, il demagogo, il venditore di specifici in piazza. A chi ci presenterà un volume di versi, chiederemo un poco di respiro poetico, una qualche aria, di canto, un po' di intimità, di calore o di colore infine. Prenderemo, si capisce, il meglio che ci dà, pur che ci dia qualche cosa. Del nulla assoluto non garantiamo di accontentarci ne in versi nò in prosa. E chi ci verrà incontro con un romanzo di duecento o quattrocento pagine, lo leggeremo diligentemente per trovarci qualche carattere o studio del cuore umano oppure un po' di fantastico e di inverosimile, o alla fine, se non ci sarà altro, uno sfondo di paesaggio, o un effetto di luna sui tetti ; ma insomma bisogna bene cho a libro chiuso non tutte le illusioni fino all'ultima ci siano svanito dinanzi e cho qualche beneficio o costrutto sentiamo di averne cavato. Preferiamo anzi non prenderò nò dare nulla all'ingrosso, non inebriarci di vapori, non lavorare nè di lodi nò di biasimi sul generico, ma sul particolare, ancho piccolo, ma preciso. Ci pare di essere tutt'altro ohe esigenti, ma dobbiamo tenere conto dei tempi e del mercato. Che so uno anche ignoto ci darà molto di più, questa sarà la sorpresa che cerchiamo ancho per giustificare l'opera nostra dinanzi ai lettori. Dimenticavamo un particolare che ha la sua importanza: a chiunque ci si presenti con carta stampata in mano, sottile sia l'opera o voluminosa, chiederemo, per questione di principio, un minimo di garanzie in fatto di lingua e di sintassi, che salvi autore critico o lettore da inutili quanto spiacevoli umiliazioni. LUIGI AMBROSINl.

Persone citate: Carducci

Luoghi citati: Italia