"Siam fratelli, siam stretti ad un patto...,,

"Siam fratelli, siam stretti ad un patto...,,LETTERE PALLA JUGOSLAVIA "Siam fratelli, siam stretti ad un patto..,, Questo articolo, come, un,successivo, che pubblicheremo prossimamente, fa parte di quella serie di lettere, che ci. ha mandate il nostro invialo sneciale-nel suo recente viaggio in Jugoslavia. Ritorniamo a Belgrado, alla capitale, al ouero dello Stato. In un paese di questogenero è molto difficile essere, come si suol diro, obbiettivi, cioè parlarne senza subire or l'una or l'altra delle varie tendenze che lo tormentano. 13 coteste tendenze, qui, a Zagabria, a Lubiana, a Serajevo e in Dalmazia, senza contare il Montenegro (nome che vaga nell'aria nomo uno spettro senza pace e che turba col rimorso la coscienza serba), sono talmente divergenti, anzi, agli antipodi, che non sembra possibile che i varii popoli dell'amalgama jugoslavo riescano mai a trovare un terreno d'intesa. Eppure si errerebbe affermando l'assenza nel paese di un sentimento nazionale e si sarebbe ingiusti negando l'esistenza di sforzi per crearlo. Senòrichè, cotesti sentimenti e cotesti sforzi sono l'imitati ai giovani, allo generazioni novello, che ora soltanto, e senza aiuti di nessuna specie di serie organizzazioni, cominciano col far parlare di sé. Pel momento, però, i giovani in Jugoslavia non contano. Le sorti del Governo c quelle dell'opposizione sono rispettivamente nelle mani della vecchia oligarchia politica serba e degli eredi dirotti degli odii e degli amori austriaci. Podio speranze, quindi, di conciliazione fra cotesta gente, nessuna che esse vengano sommerse da una. rivoluzione e lascino il posto ad elementi nuovi. I battiti del cuore jugoslavo, che si percepiscono dalla sua Capitale, ve no convincono ogni giorno. Cominciamo con l'esaminare la situazione fra serbi e croati, che ò la più grave. Qualcuno ha detto che essa somiglia a quella della Prussia con la Baviera, ma credo che sarebbe più giusto prevedere le future relazioni fra Serbia e Croazia simili ai rapporti fra Inghilterra e Irlanda... I serbi, durante la grande guerra, non pensarono mai di annettersi la Croazia e la Slovenia, I) concetto della formazione 'della Grande Serbia escludeva, totalmente cotesti due paesi dalle rivendicazioni nazionali panserbe. Formatasi, contro tutte le previsioni, la Jugoslavia, i serbi si illusero di riuscire facilmente a fare dei croati altrettanti serbi. Favoriti 'dalla lingua connine e agevolati dalla presenza in Croazia degli ortodossi serbi, che rappresentano nn quarto della popolazione, l'impresa non parve ardua a Belgrado. Viceversa le masso croato si mostrarono refrattarie ad ogni assimilazione, sino a far 'della formula « Vogliamo essere jugoslavi, ma non serbi'», la loro divisa. E fisse nell'idea del loro millenario Stato, che si preparano a festeggiare, assunsero l'atteggiamento di oltraggiate, di perseguitate, sino a raccogliersi compatte, com'è awermto nelle ultime elezioni, attorno all'uomo, Radic, che personifica il particorismo croato, contro il concetto • statale Berbo. Le insanabili antitesi serbo-croate I serbi, quando odono i croati inorgoglirsi della loro nazionalità, confessano che par loro di sentire la voce d'oltretomba dell'Austria... Inoltro non c'è un serbo sn mille che non pensi che la Jugoslavia è nn semplice ampliamento della an tica patria e che ai serbi soltanto, spetta la funzione di reggere lo Stato, poiché essi soli hanno lo qualità per poterlo fare. In onesto i serbi si dimostrano i meno slavi fra tutti gli slavi, obbedendo inconsciamente all'istinto ereditato dalle razze latine e turche con le quali s'incrociarono. I croati, che etnograficamente sono slavi più puri, si lasciano invece dominare rassegnati, contentandosi di portare il berretto tradizionale aperto sulla sommità, mentre i dominatori lo portano chiuso e di dare il loro voto a Radic, cioè di aste nersi da ogni partecipazione fattiva alla vita politica dello Stato. So si domanda ai croati in che costi s'integri il loro programma di lotta per scuotere l'egemonia, serba e giungere al federalismo, non sanno che risposta dare. Sperano nel Padre Eterno o nel tempo e in fondo non mostrano di essere eccessivamente impressionati della .tirannia che subiscono. Si con¬ solano pensar.do che anche il regno del l'imperatore serbo linciano durò poco.... E in questo, si mostrano profondamente slavi. Se il Governo di. Belgrado la facesse finita con la sua mania di volere continuamente chiamare alle urne gli jugoslavi che della Jugoslavia unitaria non ne vogliono sapere, nessuno in Croazia protesterebbe. Cosi si va avanti. Zagabria c Belgrado per mezzo dei loro giornali se ne dicono ogni giorno di tutti i colori e la Jugoslavia non è ancora riuscita ad avere un inno nazionale unico ed una unica bandiera, Quando alla Skuncina parla uno sloveno nella sua lingua slava, l'aula e lo gallerie si vuotano e rimarrà celebro l'insuccesso dell'ultimo prestito lanciato dal Governo, che le sole banche sottoscrissero, ma che nessun croato o sloveno si sognò di acquistare, neppure per cenio dinari. Insomma le antilesi fra serbi e croati sono insanabili. E i croati, che al crollo dell'Austria avevano abbandonato l'idea della Grande Croazia per evolversi nel concetto supcriore della Jugoslavia, si contenterebbero oggi di vivere in una » Piccola Croazia ». Badie anzi ora viene a dirci che so la Croazia riuscisse ad ottenere dei dicasteri propri per gli intorni, per il culto, per l'istruzione e. per le finanze presieduti dal «Sacro Bano» lui e i suoi 70 deputati si deciderebbero ad andare a Belgrado. E questo è la prova che, malgrado tutto, i croati non pensano a separarsi dai serbi. Già non lo potrebbero, poiché i serbi scaraventerebbero loro addosso tutti gli altri eterocliti elementi della Jugoslavia, ma per indole i croati preferiscono chiudersi in sè slessi, aspettare. In Spianto all'allearsi con i magiari, con i tedeschi o con gli italiani, impossibile o quasi, a causa dello rivendicazioni territoriali. Sì, qualche volta i croati volgono lo ■ sguardo implorante verso l'Italia, ma per ritorcerlo subito inorridito alla vista di Fiume e 'dell'Istria. Però, so i serbi dovessero spingerli alla disperazione, cosa che non credo debba succedere, sinché almeno vivrà Pasic, potremmo anche vedere il quasi cieco Radic implorare il nostro aiuto o quello di qualcun'altro. CU sipaai Diverso da quello usato con i croati è stato ed è il comportamento dei serbi nei riguardi degli sloveni. Questa gente, un milione o poco più, di un egoismo feroce, non vuole avere legami con i croati. Un sol punto li unisco con costoro ed è il culto dell'irredentismo del mezzo milione di genti di lingua slava entrato nei confini d'Italia. E, a proposito di questo irredentismo, convien dire che so osso è vivo in Slovenia, tanto da attirare gli studenti slavi di;-Gorizia a preferir Lubiana a Padova (porcile il Governo d'Italia non toglie a costoro il vantaggio del ritardo del servizio-militare?), non trova in Jugoslavia un'eco Iole da farne una questione nazionale. Già, di questioni nazionali vere e proprie, in questo paese non ve ne sono e l'irredentismo è un argomento d'occasione, che viene agitato secondo le,convenienze del momento. T serbi, nella' Slovenia interamente cattolica., che parla una lingua diversa dalla sorbo-croato., si son trovali come dinanzi ad un baluardo. Difficilissimo conquistarlo per la mancanza, in Slovenia, di quell'imponente nucleo ortodosso che viceversa esisteva in Croazia e che favori enormemente la preso, di possesso materiale di quel paese. In luogo di perseguitarli i serbi favorirono del loro meglio gli sloveni, i quali seppero abilmente profittare delle buone disposizioni di Belgrado a loro riguardo e non se ne mostrarono sconoscenti, limitandosi a reclamare dai serbi una modesta autonomia amministrativa e l'appoggio nell'alimento dell'irredentismo. E' per questo che il partito cattolico sloveno, guidato da Monsignor Koroscez che ha conquistato la grandissima maggioranza dei collegi elettorali sloveni, è poco probabile che vada d'accordo con Badie e con la sua pseudo repubblica. Il territorio sloveno è povero e i suoi abitanti hanno continuamente bisogno di ricorrere al Governo centralo per invocare aiuti e alleviamenti d'imposte. Un atteggiamento degli sloveni ribelle, a BcIgrr.GO, come quello croato, non sarebbe possibile. La prudenza slovena è tacciata dai croati di pusillanimità e peggio. I giornali croati di questi giorni sono pieni di contumelie all'indirizzo degli sloveni, talmente volgari da superare, ed è detto tutto, gli insulti che i croati riservano solo agii italiani. Si propone a Zagabria che la plebaglia slovena «vile, gesuitico., fariseo., bifolchi dalla testa ottusa, genia simile a quella serba, ann"satori di sterco », sia espulsa in massa dalla Croazia, dove, a detta dei croati, non esercita che la prostituzione ed alimenta la peggior delinquenza. Veramente, uno straniero che giungesse nuovo della situazione di questo paeso, e si-occupasse di collezionare i complimenti che si largiscono ì diversi popoli del conglomerato }*tìoslavo, si crederebbe caduto in una immane bolgia di dannati danteschi, costretti a viver vicini. I serbi che odiano i croati e viceversa, i croati che detestano gli sloveni, i croati, i serbi e gli sloveni che vorrebbero mangiar vivi i magiari-(parlo di quelli nel regno SHS), i sorbi che « colonizzano » la Macedonia, sterminando i macedoni, i sorbi ancora elio-odiando gli albanesi li massacrano allegramente'-hmgo ed extra confine, i montenegrini organizzati per miseria, e non per idealità politiche,' in brigantaggio contro i serbi, i bosniaci... Ah basta! La Jugoslavia, insomma,. non ha subito evoluzione di'sorta dall'armistizio,-ma si è irrigidita nelle vecchie mentalità ante-guerra;1 Como abbiamo detto,'il desiderio di evoluziono; manifestato-.nei giovani è stato strozzato''dall'idea-panserba, che è tntt'altra cosa-dell'idea jugoslava. Idea che possiede, qualche-lato elevato ma'che ha calpestato e distrutto tutto quello che di utile e di buono era-,sopravvissuto all'Austria, per conservare ■'essenzialmente le caserme eji'blok-haus dei gendarmi sullo frontiere o un sistema interno poliziesco, indegno d'un.libero paese. Infatti, contro la libertà incondizionata che gli jugoslavi hanno di venire e di soggiornare in Italia, gli italiani in Jugoslavia' sono costretti ad una infinità di restrizioni: il soggiorno nel paese è sempre limitato, non si arriva "in nessuna città jugoslava e non si parto senza il permesso della polizia e sino a qualche tempo fa, il Consolato Generale di Zagabria, retto da un funzionario di altissimo valore, il cav. uff. Poccardi, torinese, era condannato alla pena cotidiana di andare a scoprire, per liberarli, gli italiani che la polizia si era divertita a ficcar dentro con i più eterocliti pretesti. Poco tempo fa, ad un disgraziato commerciante italiàno capitò la bella avventura di essere scambialo per un famigerato assassino bosniaco. Fu arrestato in treno uè valsero le sue proteste e l'evidenza dell'esser suo o la lingua che parlava e l'assurdità di prendere un italiano per un islamita delia Bosnia. Venne rinchiuso in prigione e ci stette dicci giorni senza clic l'autorità consolare italiana ne fosso informata. Quando si decisero a lasciarlo libero gii fecero le scuse. Bella soddisfazione! Fervori di progresso Da quello che è fatto e si fa a Belgrado, incominciando con lo statuto e finendo con la rete ferroviaria, si direbbe che la Serbia senta che la Jugoslavia perirà per convertirsi nella Grande Serbia. Tutti gli atti della vita pubblica dalla politica del partito radicale all'organizzazione dell'esercito, dalle mene della consorteria della Mano Uianca alle tradizioni dei Karageorgevich, sembrano prevedere cotesto evento. Gli Jugoslavi, insomma, sentono che non potranno alla lunga andare contro la legge geografica che rappresenta l'ostacolo insuperabile alla loro effettiva unificazione. Essi abitano un paese senza confini naturali, cioè quella penisola balcanica che potrebbe esser definita una terra d'alluvione di popoli, un sedimento che è tornato all'asciutto solo nei nostri giorni, lasciando al sole popoli che mai, nel corso della storia, si conobbero (fra sloveni e macedoni quali legami vi furono nel passato?) Forse, se la Jugoslavia invece che unitaria fosse sorla federalo, avrebbe meglio sopportato le scosse dei suo consolidamento interno. Ma i Serici pensano invoco che il polso forte è il cemento migliore e, coinè ripeto, preferirebbero vedersi staccare la porte settentrionale del regno che cangiare sistema. Tuttavia la volontà di vivere dei non molti ma attivissimi elementi di coesione, del nucleo degli intellettuali che sovrasta sulla massa amorfa dei contadini analfabeti, possiedo — bisogna dirlo — un così profondò sentimento f'i razza e di patria e una cosi intensa energia volitiva che '• riuscito a far superare al Paese le fiere scosse della riforma acraria, dol'a leggo marziale contro la Croazia, del comunismo, della crisi industriale, dell'arresto del commercio, del 'disordine amministrativo, delle lotte, rel'ginse, dell'impressionante passività finanziaria. Per mezzo di convegni e di congressi si è cercato, da parte della piccola, oligarchia intellettuale jugoslava, di amalgamare i « fratelli ». A Zagabria, a Lubiana, a Cilli, a Scrajevo, a Spalato si sono riuniti e si riuniscono le associazioni dei lavoratori intellettuali, la lega dei maestri, degli artisti drammatici, degli studenti universitari, i sokolisti, 1 volontari di guerra, i boys scotits, gli ingegneri, gli architetti, i letterati, i musicisti, i giornalisti, la lega degli astinenti, le femministe, la « omlandina» (gioventù), gli albergatori, i comitati sportivi, i seticultor e sino i filatelici e i barbieri, con gli industriali, i medici, i tipografi, i metallurgici, i vilicullori e professori. — Il fervore'del progresso, il desiderio di diventare un coefficiente nella civiltà europea, anima tutti gli Jugoslavi, l'impulso dato alle scuole, alla stampa, alle istituzioni di coltura, alle ferrovie è rispettabilissimo. Peccalo che il maggior sentimento che scaturisce dalla vita morale jugoslava sia l'odio contro tutti i popoli che li circondano. Essi, gli jugoslavi, si sentono grandi e mancano assoiutamente del senso delta misura nei rapporti con il mondo. Parlano dell'Inghilterra, della Francia, dell'America (non dico dell'Italia) da pari a pari e si ritengono possessori di ricchezze naturali incommensurabili. Per esempio, riguardo al carbone sono arrivati a scrivrre che ne hanno da poter sopperire ai bisogni dell'Europa per 500 anni, mentre tutti sanno che il carbone jugoslavo non è che della lignite piena, di zolfo inservibile, o quasi, per le ferrovie. Ossessionati da questa pretesa ricchezza, hanno sperperato i loro mezzi e si sono ridotti a non aver più denari por lo cose indispensabili, mentre vanno a far prestiti onerosissimi con l'estero per la flotta e l'esercito, spinti da megalomanie senza freno. E così, lo poste, i telegrafi, le ferrovie, i servizi pubblici tutti sono per aria, il parassitismo dei funzionari fantastico (200.000 salariati dolio Stato su 11 milioni di abitanti!), la politica rovina tutte lo migliori iniziative, nessuno lavora, tutti speculano e i giorni, i mesi, gli anni passano fra il marasma e le feste religiose, perchè ciascuna delle tre religióni non rinuncia alle sue, mentre lo Stnlo è ancora tutto da organizzare. La Jugoslavia, infine, è magnificata dalla sua gente come un paese sano, forte, vergine, mentre gli ammalati di si ftlido ascendono alla spaventosa cifra di 2 milioni'(più di un sesto della popolazione) e il numero dei fanciulli abbandonati è di 123.000 e il sessanta per cento della, popolazione dormo sulla nuda.terra. ARNALDO CIPOLLA.

Persone citate: Badie, Cilli, Karageorgevich, Poccardi, Radic