Un Congresso di gente felice

Un Congresso di gente felice Un Congresso di gente felice gNostra coi ispondenza particolare PARIGI, Aprile. Bibliofili e bibliotecari hanno sempre «rappresentato-ai miei occhi il prototipo delJa gente, felice. Anzitutto, sono gli ultimi esemplari di una razza ormai scomparsa: quella degli uomini che non hanno fretta. In Becondo luogo, la loro vita si svolge su un piano diverso da quella di tutti gli altri, sfuggendo pertanto allo sorti \o sogliono Tendere quest'ultima poco desiderabile. Più che attori della commedia umana, essi ne Bono archivisti. Occupano, sul quadro confuso e agitato dell'esistenza, dell'uman genere, il posto cho nelle vicende private e pubbliche di una città, di una società.spetterebbe agli ufficiali dello Stato civile. In antico, la condizione di privilegio fatta loro emulò non sempre con fortuna quella fatta alla gente di chiesa. Oggi che i privilegi di quest'ultima sono di molto diminuiti, per non dire scomparsi affatto, e che la vita del prete, aggiogata allo asperità di un miniBt»sro il quale non dà più da vivere e alle cure di una politica la quale obbliga a vivere troppo, ha interamente perduto le qualità cui dovette un tempo d'essere invidiabile, oggi i veri preti, sia detto senza alcuna intenzione men cho riguardosa,, sono £ bibliotecari e i bibliofili, anche quando non vestono l'abito talare, nelle cui pieghe durante qualche secolo la rivalità tra i due stati usò conciliarsi ma. cho non oserebbero più conciliarla nel nostro, in seno a una repubblica laica e massonica. Sono, infatti, i soli uomini cho possano ancora permettersi il lusso di rispondere alle mareggianti e drammatiche interrogazioni del loro tempo col gesto di Pilato. Autori ed editori, questo indispensabili premesse della loro esistanza., ignorano tale privilegio. Essi debbono parteggiare, compromettersi, lottare, pagare di persona. Un libro, per vanire alla luce, presuppone una battaglia, un rischio, una data somma di energia e di coraggio spesi, non di rado *eenza ritorno. Tutto ciò non interessa il topo di biblioteca. Costiti se ne lava lei m,ani. Interviene allorché il libro è beli'e fatto, anzi possibilmente quando e già vecchio, ingiallito, frusto, inermo, quando non ta'ò più, per difenderlo, un autore ne un editore. Bibliotecari e bibliofili non pigliano al dramma della sua nascita maggior parte di quella jwesa ai martiri sacri da certe placide e ben pasciute figuro di donatori che ritroviamo appiè dei quadri dei pittori antichi. H libro, questo parto igneo, vulcanico, vibrante, doloroso, ha ormai percorso intera la sua parabola, illustre o oscura, tacita a rumorosa. Non può esser dunque lontano il giorno che lo ritroveremo cadavere su un muricciolo o dal rigattiere, sepolto nella folla polverosa dei suoi congeneri. E' quello il momento buono. Ecco allungarsi sulla parete l'ombra di un braccio, della tesa di un cappello, la macchia obliqua di un ferrajolo, poi un paio di occhiali a stanga, il becco di una barba satiresca, e il sorriso della libidine; è lui, il bibliofilo. Lo ha visto nessuno? C'è qualcuno alle sue calcagna?... Guardatelo, sospettoso perlustrare con la coda dell'occnio i due lati della, contrada. L'ha scampata bella! Se lo cogliesse lì il dottor Fulgenzio, vice-bibliotecario di Santa Genoveffa, o il cavalier Samuele, primo presidente della Corte d'Appello, non sarebbero essi, capaci di contendergli la sua scoperta corrompendo il libraio, il rigattiere con un biglietto da dieci di più 1 Presto, presto. Ecco il tomo contrattato, pagato, intascato. Spesso, per far più presto, lo intasca senza contrattarlo nè pagarlo. Librai e rigattieri si estenuano invano nella sorveglianza dei ferraioli capaci dalle pieghe misteriose. Non di rado, d'altronde, al ferrajolo compromettente il bibliofilo consumato sostituisce l'onestà di un pastrano di mezza stagione, agli occhiali a stanga e alla barba satiresca, la più aperta e gioviale delle fisonomie. Bisogna esser vecchi del mestiere per scoprire allora, sotto l'apparenza inoffensiva del personaggio ilj lampeggiar furtivo di pupille a cui si riconosce il vizioVizio?... Più vizio che non virtù, certo. Bibliofili e bibliotecari sono i sultani e un po' gli eunuchi delle belle lettere. Essi trattano i libri come gli orientali le donne: badando unicamente al loro formato, al colore e alla grana della pelle che li ricopre, alla nitidezza del testo, all'anno di nascitaIl piacere che ne prendono non va oltre quello della vista, del tatto, e tutt'al più dell'odorato. Che il volume abbia, poi, o no un'anima, che voglia dire questo o quell'altro non li interessa gran fatto. Fausto invecchiava sui libri, ci si logorava contro come una lama sulla cote. Costoro si limi tano ad incartapecorirvi sopra, per spirito di mimetismo più cho per effetto patetico Per questo sono gente felice. Della felicità dei becchini, pei quali le complicazioni più atroci e diverse dell'esistenza si sciolgono e uguagliano" nella composta immobilità duna clientela sempre rassegnata e ben diposta, sempre con le braccia conserte e ivestito della festa, che non rompe loro le ocatole col racconto dei fatti propri e la cu&ola originalità, di volta in volta, sta nepesare di più o di meno, nell'attenderla distesa in Sia cassa di mogano o in una dfaggio, come i libri sono tascabili o in-folio e rilegati alla bodoniana ovvero in vacchetta di lusso. Quale più serena, disinteressata, olimpica visiono della vita di quella che è dato godere dalia riva della morteCosi bibliotecari e bibliofili, questi necrofori e necrofili della letteratura, guardanai libri, ai libri sanguinósi che furono un di la passiono, l'ebbrezza, il supplizio, la disperazione di un uomo. E, guardandolile loro pappagorgie si arrotondano delicatamente, le loro labbra sorridono di contento, i loro pollici si incurvano mollemente come quelli degli usurai o dei mercatantusi al maneggio dei rasi e dei velluti. Non amo questi signori. Ma confesso lloro felicità essermi sempre stata oggettdi invidia, e aver seguito le sedute del congresso che fra il 3 e il 9 aprile li raccolse a Parigi da tutte le parti del mondo — c'erqui anche il bibliotecario^ doli'Ambrosian— sopratutto per la curiosità alquanto malsana di veder raccolti insieme molti esemplari di una specie d'uomini rara, privilegiata ed odiosa. Presieduto dal Martin, amministratore della biblioteca dell'Arsenaleil congresso si è occupato, naturalmente, dquestioni librarie ed editoriali, di scambdi rapporti culturali, come, un congresso dlavoratori e non di parassiti del libro: mnon saremmo noi a lasciarci trarre m_ inganno da programmi stampati e messi imostra su un tappeto verde ! Son quescome ì discorsi sul bello o sul brutto temp'destinati a tenere a bada il libraio o il r gattiere mentre l'occhio libidinoso accarezza cupido' la grassa venustà di un messalo del Quattrocento o la snellezza efebica di un romanzo libertino del Settecento. Il vero scopo perseguito da quei falsi dotti sobbarcandosi a molte ore di strada ferrata e a strappa non lievi nel delicato tessuto delle proprie abitudini stava nello spendere qualche fecondo pomeriggio sui lungo-Senna, col naso dentro le madie di zinco dei rivenduglioli di vecchi libri, e sopratutto nel procurarsi mercè una opportuna Mostra de1 Libro l'occasione di contemplare senza aumento di spesa ima buona scelta di esemplari preziosi racimolati nello biblioteche pubbliche e private di Francia. Il signor Mortet> amministratore della Biblioteca di Santa Genoveffa — l'ostello degli aldini e degli elzeviri — i signóri Boinet e Callot, bibliotecari della medesima, furono su questo punto pei convenuti complici' impareggiabili, essendo giunti a riunire e ordinare in breve tempo nelle sale del padiglione di Marsan, la vecchia ala del Louvre ohe servì di abitazione alla duchessa di Berry, una esposizione di quanto uscì di meglio dalla penna degli amanuensi e dal torchio degli stampatori francesi dall'VIII secolo alla fine del Secondo impero. Bibliotecari e bibliofili sfilarono là dentro durante una settimana sudando freddo e segnandosi di nascosto per non dannarsi l'anima in un perpetuo peccato di desiderio. Dicono che fra il 1450, e il 1816, ossia in meno di quattro secoli di attività tipografica, siono stati stampati nel mondo tre milioni e seicentomila opere, ossia circa tre miliardi di tomi, calcolando una media di tra tomi e di trecento copie per opera. Di questa fantastica montagna di carta non resterebbe oggi più che un terzo. Di quel terzo, la mostra dol padiglione di Marsan ha accolto soli setteoentosettantatre volumi. Ciò vi fornisca la misura della raffinatezza dei bibliofili! Scegliendo fior da fiore, potrebbe essere il motto di cotesti epicurei. Trovate quindi laggiù il 'l'ito Livio di Carlo V, lavoro parigino del 1370 ; il Salterio di Sant'Aura, la seconda patrona di Parigi, pomato in processione sino alla vigilia della Rivoluzione; l'Apocalissi, del monastero di Betlemme presso Lovanio, le cui miniature servirono nel Trecento di modello per gli arazzi della cattedrale di Angers eseguiti da Nicola Battaglia per ordine di Luigi d'Angiò e finità nel 1S43 in una vendita di roba vecchia organizzata daU'amministrazione della Casa reale, dove il vescovo di Angora li ricomprò per 300 franchi. Gli arazzi vennero esposti anch'essi, per accrescere il godimento e la passione dei bibliofili: e dall'alto delle pareti le tinte da pastello delle misteriose figure di angeli e di mostri sfumanti come nel vaporare di un mistico incenso si direbbero i sogni dei morti amanuensi in tonaca e cocolla, i cui manoscritti rimasti squadernati nelle vetrine mostrano ancora le alluminature pazienti e delicate vergate colla porpora del loro sangue, il cobalto della loro fede e il bistro dei loro peccati. Una raccolta di antiche poesie francesi copiata e miniata verso il 1285 per Maria di Brabante, il Bestiario d'amore e lo Specchio della vita e della morte, trascritti nel 1277 in un monastero del nord, fanno compagnia alle grasse e ferme miniature quattrocentesche del Terenzio dei Duchi, rubato al legittimo proprietario da un precursore dei congressisti odierni, Giovanni duca di Berry, e alle brillanti figurazioni di Maestro Francesco della scuola di Tours e di Giovanni da Montelucio della scuola di Bourges. Vengono poi gli in-folio a stampa: le Cronache di Francia, dette di San Dionigi, il primo libro in volgare stampato in Parigi, del 1477; le edizioni dei classici. Col Seicento, la severità cede terreno ; la pace anche. Incomincia il capriccio, con le edizioni di Dafni e Cloe e dell'Asino d'oro, si fa strada l'improvvisazione, la fretta, il bisogno di guadagnare annunziar]te la comparsa del letterato nel mondo: Feste teatrali per la finta pazza, drama del sig. Giulio Strozzi, rappresentate nel piccolo-Borbone in Parigi, questo anno 1645 ; Làbyrinthc royal de l'Mereule gaulois triomphant sur le sujet des fortune», batailles, victoires... Nel Settecento è l'arrivo della galanteria, col suo corteo di amorini, di fregi pastorali, di vignette licenziose: Lcs Grdces di Querlon, Les Baisers di Dorat, Le jugement de Paris dell'Imbert, Le tempie de Gnide di Montesquieu, Le paysan pervertì e La paysan.ne pervertie di Rerif de 1* Bretonne, Les haisons dangereuses di Choderlca di Laclos. Poi le cose precipitano, i tempi ai guastano, lo zelo se ne va, la furia s'impadronisce di autori e di editori. Le stamperie lavorano .a macchina, gli ingegni anche, la carta si assottiglia, la vacchetta e il marocchino scompaiono dalle rilegature, seguiti a breve distanza dalla tela; spunta l'era dei rifusi, degli erróri di stampa, delle edizioni economiche. Siamo, si capisce, nel ventesimo secolo! Ma chi è che sopravvive dei bei tempi, dell'età d'oro, 'dell'età in cui si amava il libro per il libro?.,. Eccoli lì: i bibliofili! Sfaccendati, senza pensieri, con le mani dietro la schiena e gli occhiali sulla punta del naso, quali ambulanti ex-libris di monsignori umanisti del secolo decimottavo, bighellonanti tra una vetrina di museo e uno scaffale di bibliopola, tra il padiglione di Marsan e il quaì Voltaire. Gente felice ! La sola che sia rimasta, probabilmente.,. CONCETTO .PETTINATO atKliaaddultufal

Luoghi citati: Angora, Betlemme, Francia, Parigi