Il processo dei veleni ad Alessandria

Il processo dei veleni ad Alessandria Il processo dei veleni ad Alessandria La figura delia donna, imputata di avere avveienato ii marito e i due figli « Oscura vicenda di strani malanni, di purghe, di medici, di amanti Le denegazioni e le lacrime dell'accusata resa irriconoscibile dal carcere — La drammatica deposizione del suocero: "Non seggo ove quella donna si è seduta! Voglio giustizia per il mio povero figlio ! „ La risposta della nuora : un' avventura boccaccesca. (33ea.l nostro inviato speciale) ALESSANDRIA, 17. VetHamo l'imputata prima che entri nell'aula. Scende rial carrozzone con fatica, come se le gambe non avessero la forza di reggere il peso del corpo. Teresa ('.lavino, vedova Galone, sulla quale pesa la terribile accusa di aver avvelenalo il marito e i due figli', ha quarant'anni. Non ne dimostra di più, ma nel suo corpo, nel suo volto, non vi è più alcun segno di grazia e di piacevolezza. 11 conio e. sfasciato. 11 viso è scarno, affilato, cruasi contratto, come per un interno spasimo; due prandi occhi da allucinata. Veste dimessamc-tite ; ha un paletot nero ed una Ìoquc nera, modesta. Quando più lardi, nell'aula, si toglierà il cappello, vedremo che ha i capelli grisi. La Gravino è fatta entrare nell'aula quando già i giurati sono al loro posto, e il presidente, cav. Nasi, il procuratore del Re, cav. llaviola, e il cancelliere Agosta sono pure al loro posto. E' quasi portata « braccia dai carabinieri. Si attacca allo sbarre della gabbia per non cadere. Precisa Un modo appena intelligibile il suo nome. Al banco della difesa siedono l'on. Brezzi, «-sottosegretario alle Poste e Telegrafi, e l'aw. La Penìa. La parte civile è rappresentata dall'avv. jachinn e dall'avv. Porratta. Si passa alla costituzione della Giuria. Poi viene ammesso nell'aula il pubblico. L'ampia galleria è .Tremila. Moltissime le donne. E' un procosso questo che suscita intensamente la curiosità femminile. L'udienza e aperta. II presidente premetto la cronistoria deila causa, precisa le accuse, e invita i giurati à prestare giuramento. 11 procuratore generale, cav. Ràviola, avverte che è incorso ìm errore materiale nella ciiazione degli articoli riguardanti le imputazioni. E' introdotto il padre del marito della Gravino, il signor Gaione Giovanni Batlistr., che si è costituito parte civile. " Non è vero nulla! „ Esaurite cosi le formalità di impostazione del processo, comincia l'interrogatorio dell'imputata. La Cravino si alza, volge gli occhi intorno impaurita, ha una prima protesta di innocenza: - Non 6 vero nulla; io non sono colpevole rti nulla, lo non ho avvelenato ne mio marito nò i miei figli. E' poi interrogata dal presidente, e comincia a fare il racconto deila malattia del marito. E' la sua, una narrazione minuta, dettagliata, infarcita di divagazioni ; si sicilia .". seguirla. Il presidente, notala l'impossibilità n cui si trovano i giurati a comprendere che cosa dica la Cravino, la fa uscire dalla gabbia e sedere nel centro dell'aula. L'impuata poco a poco si anima, trova qualche accento vivace di denegazione. L'accusa precisa che. la Cravino ha avuto molti amanti : e i sentiremo ricordare, e taluno lo si vedrà anche comparire nell'aula. Ma, a vederla, non si crederebbe. — Quattro anni fa --- nota l'avv, Jacniiio — era una bella donna. Non bisogna dimenticarsene. L'imputata comincia col negare recisamente l'imputazione che le viene fatta di aver causato la morie del marito, Gaione Giovanni, nredianle sostanze venefiche. Pico: — ,11 22 gennaio, mio marito si recò a Vigevano n buone condizioni di salme; il 2i di detto mese alle 20.M arrivò in casa improvvisamente, febbricitante, e mi raccontò che a Vigevano si era sentito mule, essendo stato preso da vomita, diarrea e. freddo, per cui, dopo aver preso un purgante, e sentendosi ancor male, era ritornato a casa, lo gli somministrai un brodo caldo con un po' di vino, e poiché aveva molto freddo, lo feci andare, a letto. Mentre gli scaldavo il leito con il fuoco, egli mi disse che in tasca del paletot aveva una cartina acquistala da una farmacia di Vigevano, allo scopo di poter sudare., e ordinò alla nostra persona t'i servizio presente di prenderla, perdio intendeva ingerirla, per vedere se gli faceva effetto. La ragazza di servizio, cena Minctto Lisetta, prese dal paletot di mio marito la cartina, senza che neppure io la vedessi, e la confezionò nell'apposita ostia; indi la porse in un cucchiaio di acqua, ed io la somministrai all'infermo. La malattia del marito e ii dott. Chiappoli '« Continuando mio marito a sentirsi male, e vodendo anzi io che siti labbro aveva alcune chiazze rossastre, impensierita, ver*:' le 22 mandai la Minettn dal dott. Ctitappori, il medico di famiglia, che abita vicino a noi. Essa ritornò dicendo che non aveva potuto trovarlo; sempre più preoccupata, andai io stessa in casa de! medico, e, chiamatolo dolila finestra, gli feci sapere che mio marito, ritornato in quella sera stessa, non si sentiva bene, essendo assalilo da vomito e diarrea. Il dott. Chiappori, anziché aderivi- ai mia invito, scrisse una ricetta, che mi buttò dalla finestra. Andai con quella alla farmacia, ove mi fu consegnala una pozione calmante, che somministrai tosto a mio manto. Dopo poco, il male si calmò; passò cosi la notte. , « Il mattino, verso le 11, venne il do.tor Chiappori, visitò l'ammalato, dal quale ebbe, pure il racconto di quanto gii era capitato I a Vigevano, affermo che si trattava di male , passeggero, dovuto probabilmente ad imligo-1 stione provocata dal freddo, e mi consigliò di somministrargli una dose di òlio di ricino. Seguendo il consiglio del medico, feci prendere a mio marito due anziché una sole, dose di dello purgante, ma senza nessun effetto. 11 Riorno successivo, domenica, moine il medico. Saputo che ii purgante non aveva' fallo effetto alcuno, consigliò un'altra dose, ed io, come avevo fatto puma, la somministrai nll'infermo cho ne ebbe, questa volta, un effetto quasi immediato, Si arrivo cosi fino a mereoledì, nel quale giorno, continuando mio marito a lagnarsi di f'òlori, anzi di una pesantezza allo stomaco, credetti bene sommiliistrargli una dose di Pagliano, e dopo avendo osservato che non facevi» cifetto, mi accinsi a farp-li un impiastro di cipolle. Mentre ciò facevo, arrivo il dottor Chiappori. il quale, saputo della situazione dell'ammalato, approvò il rimedio che stavo preparando, e dopo aver guardato, come aveva fatto nelle visite precedenti, l'ammalato, senza mai visitarlo accuratamente, se ne andò ripetendo che non c'era nulla dt grave. Continuai a fare sii impiastri di cipolle, litiche l'infermo potè orinare; presi allora un po' di orina e la mandai al dott. Chiappori. che. esaminatala, venne e mi disse che mio marito era affetto da nefrite; aggiunse che le cose andavano bene, quantunque si trattasse di un accenno di nefrite velenosa. «Al sabato, io, per assistere meglio mio marito, tenni chiuso il negozio. Essendo passata sotto le nostre finestre mia cognata, e avendomi chiesto il perchè non avevo aperto, le. riferii che mio marito si sentiva poco bene. Essa venne a trovarti, ed io le narrai quanto della malattia aveva detto il doltore. Poco dopo, arrivò pure mio cognato, Paolo, e parlo con mio manto, domandandogli se aveva piacere di essere visitavo da un «Uro medico. A; vendo l'ammalato annuito, fra i miei cognati si combinò la chiamata del prof. Cervino dell'Università di Genova, il quale arrivò il mattino successivo, ed in presenza mia e di mio cognato, Ange!-.. Gaione, visitò accuratamente jnio marito. « In quel frattempo, arrivò pere il me lieo curante, dott. Chiappori, al quale il prof. Gervino riferi trattarsi di polmonite cho aveva avvelenato il sangue. Però il chiappori insorse contro la diagnosi del suo collega, affermando, invece, ci»; si trattava dì avvelenaroento. perchè l'infermo presentava alia bocca delle placche di vario colore. Sorse un alterco fra i due sanitari; i: Chiappori se ne andò ed io, per sostituirlo ni I consulto, mandai a chiamare un altro medico, il dott. Corbella Tanto questi clic il prof. Cervino, stettero con l'ammalato senza la presenza di estrane!, o quindi non so cosa abbiano dello. Solo, alla fine del consulto, udii il dott. divino consigliare al collega la cura che dove va seguire. Però mio marito andò sempre peg giorando. finché, martedì, alle i... La richiesta del veleno A questo punto, l'interrogatorio si la p.ù serrato Cominciano le interruzioni del Pie»iSe le domande delle parti in causa La -j^ravjno ha. ormai la padronanza completo di ù a i si-, si . difende ron energia quando può, e quando non può cerca di evadere le domande. Presidente: — Quando vostro molilo accennò a migliorare, siete o non siete andata rial dott. Chiiippori a chiedergli un veleno per abbreviargli la vita? Non gli avete forse detto: Tanto cronico, meglio che nuota »? — Non è vero! — esclama l'imputata con forza. La rema : — Questo lo vedremo. Avv. 3achino: — La vostra ca.sa era un andirivieni di medici: chi li pagava? — Li ho pagati tulli io, ad eccezione del prof. Cervino porche chiesto dai cognati, lo non avevo fiducia in lui. — Siete siala o no dal dott. Chiappori? — ripete il presidente. — No, no: io non ci sono stata; io non ho chiesto veleno. L'accusa è tale che rimango di legno. Prue. Generale: — Andava da lui e da altri; i suoi amanti non si contano. Brezzi: — Ma si dica tutto; si dica francamente che la Cravino era l'amante del dott. Chiappori. I giurati devono saperlo; è questo un elemento, della causa. La Penìa: — Tu dal dott. Chiappori, perdi" ne era. l'ornante, od ò interessante si precisi ambe in quali condizioni ella fu l'amante del dottore. — Ho avuto rapporti col Chiappori una vièta, durante la malattia ili mio marito, ed una volta, dopo. Presidente: — In quali rapporti eravate con vostro marito? — Mollo buoni. — Presidente: — Non vi ha forse bastonata '.' — Una volta, perchè avevo un amante. Per andare ai bagni... Presidente : — Era il Chiappoli il vostro amante, in ciuci tempo? — No, il mio amento era, in quel tempo, l'Amino. Presidente: — Vostro marito non vi ha bastonata, tm'altra volta? L'imputata risponde di sì, c spiega il quando e il come. Viene poi a dire dei suoi rapporti col dott. Chiappori: — Tutti gli anni 10 andavo ai bagni, ma solo per pochi giorni. Un anno volevo fermarmi di più e per avere l'autorizzazione di mio marito ricorsi al dolt. Chiappori, e questi la ottenne, ma col palio che fossi sua. Avv. lachino: — La tossa... l'residente: — Lei ha dello cho fu del dottor Chiappori durante la malattia di suo marito. Chiarisca il perchè. Forse, come prezzo dei veleno che gli aveva chiesto? — No, no il veleno non c'entra. Presidente: — Quando ebbe l'ultima volta rap■■ rii co! Chiappori ? ' aa settimana dopo la morte di mio merito. Avv. La l'orna: — E' bene che sia precisato che iti denunzia per avvelenamento venne fatta dDl Chiappori, dopo che ebbe cessato ogni rapporto con la Cravino. Avv. Jachino: — Denunzia generica, senza precisare accuse specifiche. Avv. Ln Penìa: — Benissimo, ma dopo verni giorni, il Chiappori precisava che l'imputata gli aveva chiesto il veleno. Presidente: — Dica se è vero che altra volta suo marito fu ammalato e gli si ordinarono delie cartine da prendere ogni due ore, e lei elicle diede tulle in una volta. — Non sono stata io a dargliele, io ero in bolifga. Fu lui a prendersele. Avv. La Perna: — Vorrei che l'imputata precisasse se il Chiappori cominciò a mostrarsi ostile dono cho ella ebbe troncato ogni rapporto con lui. — Sia prima della morie rii mio marito, ed etiche per qualche tempo dopo, — risponde l'imputala — i rapporti col Chiappori furono sempre cordiali, tanto vero che egli ebbo a dirmi che sarebbe stato il perno della mia difesa., nel raso che qualcuno avesse tentato di accusarmi di qualche cosa. Fu soltanto dopo che io lo sostituii col dott. Grillo, in seguito alla malattia sopravvenutami, che 11 Chiappori si fece apertamente mio nemico Anzi, un giorno nel mio negozio, io Io chiamai per sentire il perché della sua guerra contro di me, ed egli ebbe a dirmi: « E' porche lei ha cambiato modico », facendo cosi chiaramente capire che il suo odio era originato dal fatto della sua sostituzione. Le lettere anonime Presidente: -- Vuole spiegare perche da lei stessa si mandava delle lettere anonime, facendole spedire da Allussola? Forse per farle vedere a suo marito ? — No. Procuratore generale: — I',' assurdo! Presidente: — Si dice che ella ha scrìtto al Comando militare dorarne la guerra per solleciterò l'invio al fronte di suo marito: E' vero questo? — Non ii vero, io ho.chiesto i] suo esonero. Erezzi: — Noi proveremo che essa fece le picriche per l'esonero del mai ito. Procuratore Generale: —Quanto credilo da suo marito? -- Duecentomila lire. Proc. Gen.: — Dimostreremo clic ereditò di niù. Presidente: — E veniamo nlle lettere con la polverina. Li.; sa che nei 1919 pervennero alla Mazzetti oleune lettere nelle quali :-i invitava questa signora ad interessarsi presso suo murilo perchè prendesse delle cartine che dovevano servire a farlo esonerare da! servizio militare. — Io non ci sono entrala — esclama l'imputata. Presidente: — Lei ne ha sentito parlare almeno? — SI, ma io non ci sono entrala, iirezzi : — Precisi perii, signor Presidente, che le lettore non sono siate scritte da lei, ma dnll'Àuttno, e elio l'Autino era il suo amante. Presidente: — Lei conosceva la Mazzoni. La conobbe vicino al letto di suo marito ammalato. Quando vide la Mozzotti a Genova, aveva giù ricevuto le lettere con le polverino? — Non lo so. Avv. Brezzi : — Prego il Presidente di far vedere la due lettere all'imputata. Di queste lettele viene data lettura. Si apprendono, a domanda degli avvocati, e secondo le risposte dell'imputata, diverse cose. Che l'Autino lui riconosciuto per sua una sòia delie lettere, lettera die l'Autino dice di over scritto perche cosi volle la Gravino, mentre costei nega; che la Mazzetti non consegnò la polverini! oche la cartina con la polverina solo due nnoii dopo verme consegnata al giudi ■<•■ istruttore. E' quasi mezzogiorno, e l'udienza è rinviata al pomeriggio. Stilla morie del figlio Ernesto Riprendendosi L'udienza il presidente cav. Nasi ritorna all'interrogatorio dell'imputa',a e lo riprende dove l'ha lasciato, cioè suiia questione della lettera collo polverine. Presidente: — Stamattina lei ha negalo ogni sua partecipazione all'invio della ictiora colle polverine alia Mazzoni. Può dire la slessa cosa per (punito si riferisce alla dichiarazione che avrebbe fallo alla Ravazzuni ? Imputata: — Non ho nulla da modificare a quanto ebbi a rispondere nell'interrogatorio. Io delle polverine non ne so niente. E si passa alla cronistoria dell'avvelenamento de! bambino Ernesto Gaione. L'imputata racconta che una sera il suo ragazzo. l'Ernesto, tornò a casa dalia scuola ferito al capo. « Per castigarlo, dopo averlo medicato, lo mandai a iettò senza cena ». E continua: «Poco dojio venne a trovarmi la cognata Angelina. Raccontai a Ipì che cosa era successo al bambino, li bimbo insistiva perei.- la baciassi. Non voleva addormentarsi senza ricevere il consueto bacio della sera. '.'. p lichè mi seccava colle sue insistenze gli di due (i tre scopacioni, mentre egli cercava di nascondersi sotto le coperte ». Brezzi': — V. queste sono le sevizie nelle quali è accusata! Impalata: — A! mal!ino il male era Iti gran parte scomparso ed il bimbo poti- tornare a scuòla. Scile giorni dopo però quello fatto erti moriva. Presidente: — Ma che cosa aveva dato lei ! alla vigilia della morte al bimbo? sivltsTctctncrdanummf Imputata: — Il giorno prima della morie, siccome ii bimbo non stava bene, chiamai l dottor Grilli che scrisse una ricotta. Era verso mezzogiorno. Mandai a fare la ricolta ma non feci in tempo a far ingoiare i medicinali al bimbo. Il dottor Grilli tornò verso le quattro casualmente a casa mia e, pregao ria me, si recò a visitare il bimbo e rimase allarmato dalle condizioni in cui lo trovò. Tanto che tornava verso le oro sei e mi invitava a fare un consulto per le ore otto. 11 consulto infatti avvenne a quell'ora e vi partecipò il dottor Cordella. La sentenza fu decisiva. I dottori mi dissero che nella notte il bimbo sarebbe morto. Io ho fatto tutto oueìlo che può fare una madre in tale occasione per salvare il suo piccino ». E qui l'imputata scoppia in pianto e piange a lungo. Quando può, riprende: —Nella notte ho elegrafato a mìo marito, alla zia e ad altri parenti. Presidente: — Il bambino è morto alla mattina, non è vero'/ Imputata: — Appena giunse il papà. Appena, il bambino vide il padre, gli getto le braccia al collo e cosi restò. La pnrga a forza l'n nuovo scoppio di pianto. L'Imputata sì accascia su si stessa e rimane per qualche momento silenziósa. Dice poi: — Nessuno elevò accuso subito contro di me. Fu mio comalo che geltò prima l'accusa. Ma non parlò di veneficio, bensì di morte provocata dalle percosse. Io non sapevo come difendermi. Non feci altro che portarmi con lui dal dottor Cordella e dal dottor Grilli, che avevano curato il bimbo, perchè dicessero al cognato di che malattia era morto mio figlio. (E qui torna a piangere). Presidente: — Suo cognato diceva che lei aveva ammazzato suo figlio con delle botte. E non era vero. Ma i dottori die cosa hanno detto? Imputata: — Che era morto per causa di un'ulcera lo non so niente. Io non ho dato nulla al ragazzo, se non quelle medicine che ha ordinato il dottore. Presidente: — Ma come glie le ha sonuninistratC ? In quale modo ? ... Procuratore Generale: — Chiedo si faccia dire, all'imputata se è vero o non è vero che nella, notte tra il JS ed il 29 gennaio 3916 essa chiamò certo Paolo Ratto per tener fermo il figlio Ernesto onde fargli ingoiare una purga di olio e caffè. Avv. La Perna: — Ed io desidero si faccia anchò dire all'imputata se si ricorda bene in qual giorno essa ebbe a somministrare la purga al bambino. Se è il giorno prima della mone o se è due giorni prima, e ciò per riferirsi agli interrogatori. Imputala: — E' verissimo. 11 Ralto, che fu garzone nel mio negozio, mi aiuto a tenere fermo il ragazzo, ma il bimbo, nonostante questo, non volle prendere l'olio che volevo somministrargli. Fri io vi rinunciai. Non mt ricordo bene se fu il giorno antecedente alla morte ma ini sembra che sia stato un giorno prima. Avv. La Perna: — Bisogna che i giurati sappiano che questa donna ft-'accusata di avere avvelenato il suo bambino proprio in questa circostanza, clic essa nega, cioè somministrandogli coll'olio di Jicino del sublimato corrosivo. Presidente; — n Ratto dice che l'olio di ricino fu fatto ingoiare al bambino. Afferma che il bambino fu legato e si mise a piangere ma che, nonostante le lacrime, fu obbligato ugualmente a prendere la pnrga. Imputata: — Non è vero. Se anche lo dicessero in mille, griderei sempre che non è vero. (E nuovamente scoppia in pianto). — Permetta, signor Presidente, dice l'avvocato La Penta, che io faccia vedere al giurati le fotografìe dei due bambini. E' la migliore prova del rome questa donna curava i suoi ragazzi. (Le fotografie ricor riano il {riorno della cresima del ragazzo ed il giorno della prima comunione della bambina). Avv. on. Brezzi : — Pongo qualche domanda precisa. E' vero che il ragazzo si trovava da quindici giorni malato? E' vero che il dottor Grilli, chiamato per ben due volte, ha ordinato delle purghe? Presidente: — Perchè ha chiamato il dottor Grilli e non il dottor Chiappori? Imputata: — Perchè, a quel tempo, col dottor Chiappori avevo rotto ogni rapporto. E' un uomo che ha l'abitudine di parlare troppo. Il Chiappori ritornò in casa nastra por desiderio di mio marito quando io caldi ammalata. Sulla morte della figlia Angela E si passa così all'avvelenamento della bambina, Angela Gaione. Presidente: — Sei mesi dopo l'Ernesto e morta l'altra. Come è morta? Imputala: — Non so. 'l'ornata da collegio ondò ai bagni ad Albissola col papà. Dòpo quindici giorni tornò a casa con mio manto ammalata. Chiamai subito il dottor l'edesclii. Si aggravava però tanto che, allarmata, la portai u Genova nella clinica de! firof. Vallebcna. Presidente: — E nella clinica essa 6 morta. Avv. Jaciihio: — Ed ó morta, cigli stessi sintomi del ragazzo? Imputata: — La portai nella clinica venerdì insieme al dottor Grilli. Passai la notte vicino a lei e poi l'affidai al personale delia clinica e tornai a Ovada. Poi si recò a Gen •va il padre, il quale re^tà vicino a lei fino a che è morta. Avv. La Perna: — Cho cosa notò nella not-te che ebbe ad assisterla? Imputata: — .son so. Parlava di Gesù, della Madonna, si rivolgeva ad essi. Era già in cielo. (Ed ha qui una forte crisi di lacrime). Presidente: — Sa che il bambino, durante la malattia, perdesse sangue dal naso e si lamentasse per la grande sete? Imputata : — Si. sì. Presidente: — E la bambina? Imputata: — Questo non mi risulta. Tornano a passare Ira le mani dei giurati le fotografie dei due bambini. Si accerta l'età quando vennero fatti i ritratti: 2 anni prima della, morie. Avv. lachino.: — Vorrei sapere che cosa ha fatto la Gravino dopo la morto del marito. Imputata: - Abbandonata da tutti, ho creato un uomo che potesse difendermi ed ho sposato il Gaveglio. Ho ceduto il negozio di Ovada per 43.000 lire, ho venduta la casa per 1(3.000. Avevo poi delle cartelle di ]ondila. Complessivamente 110.000 lire. Altro uUOtf) lire le avevo alla Banca. Avv. La Perna: — E che cosa ne ha ralto? Imputata: — RO.OOO lire sono andate a tinire nelle mani del Gaione padre. On. Brezzi: — Faccio notare. ad evitare una perdita di tempo, die, per stabilire l'entità dci patrimonio, vi sono gli atti. Presidente: — Che cosa ha fatto lei col Gavcglio ? Imputata: — Ci siano stabiliti a Torino. Gli affari sono andati subito mule per noi. Il cinematografo, che avevamo acquistato m via delle Finanze, non rendeva. Gaveglio non voleva far niente. Consumò lutto il mio e ai fece anche imprestare dei denari da amiri. Per rimediare lilla eventualità di un fallimento, abbiamo rivenduto il ciurmato, grafo ricavandone 110.000 lire. A me non restarono che 20.000 lire. Avv. La Fermi: — 13 queste 20.000 lire le spese col suo nuovo amatile, l'ex regi:' guardia Spadoro? Lo dica pure scusa esitazioni, L'imputata racconta dettagliatamente le sue ultime peripezìe collo Spari aro e poi nuovamente col Gaveglio. Dice poi come apprese dalla Stampa l'accusa di avvelenamento. Si trovava colla Compagnia Gaveglio a Borgomanero. 11 Gaveglio, clic dirige ima compagnia di prosa e canto, le avrebbe chiesto se volesse fuggire. Fila preferi costituirsi. Imputala: — Sono vomita ad Alessandria e mi sono presentata al Procuratore Generale.Procuratore Generale: — Proprio a me. Ma voleva sémplicemente degli schiarimenti. Avv. La Penìa: — Si ó presentata spentaneamenìe .piando seppe che era stai i arre. slato l'Alitino perchè sospettato di complicità i con lei nell'avvelenamento del Gaione o dei tìgli. E si ha quindi una lunga discussione ira il Procuratore Generale, Difesa e Parte civile ocr accertare se la Gravino si costituì spon¬ l j I a , e , e e i e taneamente. A chiarimento il Procuratoro Generale avv. Raviola racconta come si presentò la Cravino alla Seziono d'uccusu. Avv. on. Brezzi: — Si è presentata; questo è l'importante. Si c presentata mentre poteva farne a meno. Come sorse la terribile accusa Il Presidente fa dar lettura degli interrogatorii resi dall'imputata in istruttoria. Si accerta che la Cravino fece fallire un cognato, il Gaioho Angelo, per 1(5.000 lire che egli le doveva e per altro ìo.OOO lire di credilo che la Gravino si fece cedere da altre persone. Questo fatto sarebbe, secondo l'imputata, una delle determinanti dell'odio dei cognati contro di lei. Sono solo i cognati che essa accusa di essere artefici di queste manevre contro la sua persona. Dagli interrogatorii si apprendono molto oltre cose relativo alla, famosa lettera colle polverine, dio è la più gravo prova contro la Ctavlno per l'avvelenamento del marito. Merita ricordare tutto specificatamente. Secondo l'accusa, l'Autino, istigato dalla Gravino, nel marzo I91(i ha inviato alla Mazzotli a Genova una lettera per (1 marito Giovanni Gaione, lettera nella quale ora contenuta la cartina di veleno, che, se ingoiata, avrebbe causato la morte del Gaione. La Mazzoni non consegnò uè la. lettera ne la cartina e solo tre. anni dopo, o cioè il 10 febbraio 1919, consegnò la cartina al giudice istruttore come indizio di colpevolezza della Cravino. Nella casa della Mazzoni viveva una sorella del morto, e In Mazzoni era conoscente della famiglia Gaione più che della Cravino. L'Autino ha ammesso di aver scritto una delle lettere sotto l'istigazione della Cravino, ma smentisce e protesta di (nulla sapere della sostanza venefica della polverina, e la Sezione d'accusa lo ha prosciolto da ogni imputazione. Dal canto suo, poi, la Cravino afferma che l'affare della lettera è una macchinazione dei suoi cognati. Essa nulla sa delio polverine. Conosceva aopena la Mazzoiti. Si leggono alcune lettere dell'Alitino alla Cravino e sono lettere d'amore. Si leggono anche delle let'ere scritte dalla Cravino in carcere, che riferiscono particolari già noti. Procuratore Generale: — Vuole dire l'imputata il motivo del proleso odio della famiglia Gaione contro di lei? L'imputata risponde parlando di liti avvenuto fra il marito ed i fratelli a proposito di merci. — Non è vero! — esclama il vecchio Gaione, che sta seduto presso la Parie civile. Imputata: — Mi si minacciava senza motivi. Una volta uno dei cognati ebbe anche a dirmi : « lo ti alzo le vesti anche in mezzo alla piazza e ti picchio ». Si apprende che imo dei cognati, l'Angelo Gaione. doveva KÌ.OOfi lire alla Gravino ma non voleva dargliele e. nemmeno riconoscere il debito. Un alno cognato. Giacinto, le doveva iii.OOO lire c non voleva rendergliele. Avv. Brezzi: — Prego i signori giurati di tenere conto di questa posizione dell'imputata di fronte ai suoi accusatori. Era odiata come creditrice, La lellura degli atti dell'istruttoria prosegue e viene, seguita dalla Cravino, quietatasi in questo momento dopo i ripetuti scoppi di pianto, con frequenti affermazioni e denegazioni. In tutti gli interrogatori la Gravino ripete semine la sua protesta di innocenza ed accusa i cognati di volerla perdere. Lo stesso dottor Chiappori, secondo dichiarazioni della Cravino, avrebbe detto che i cognati armeggiavano contro di lei ed avrebbe aggiunto: « Sarò io a parlare in sua difesa ». Avv. La Perna: —.E ora è diventato il suo accusatore ! La lettura degli atti riferciitcsi agli interrogatori della Cravino è, secondo il presidente, finita. La difesa chiede vengano letti i verbali di confronto tra l'imputata ed il dottor Chiappori. Sostiene che essi rappresentano parte integrante degli interrogatori. Il Procuratore generale cav. Raviola sostiene invece che, poiché il Chiappori e citato come testimonio, delle sue dichiarazioni non si può dar lettura prima, della sua deposizione. Si lia un vivace battibecco fra io parti. L'accusa inesorabile dei vecchio suocero E' chiamalo il padre del morto, il signor Giovanbattista Gaione, un vecchio di 80 anni. Piccolo di statura, duro nell'espressione, rigido nel gesto. 11 presidente vuol farlo sedere ina egli se ne esime. « Dove, ha seduto quella donna, egli esclama, non mi siedo 10 ». Poi grida con voce strozzata: « Lo giuro sulla tomba di mia madre che morirono della stessa morto non naturale e per la stessa •causa il mio nipotino Ernesto e mio figlio Giovanni ». L'imputata, che è stata fatta passare nella gabbia, pallidissima appoggiandosi alle sbarre risponde: « Non è vero ». Tutto il pubblico, die assiste al processo, si agita e mormora. Il leste, rivolto alla Cravino: « Io sono stato zitio 'quando parlavi tu. sta zitta ora tu che parlo io ». Poi, volto verso i giurati: « 11 male che ha fatto questa donna alla mia famiglia è terribile ». Si sente che il rancore l'odio ribollono in lui. Non può stare seduto, non può stare fermo. Paro un uomo sotto I ■. tempesta. Evita di guardare la nuora ma da ogni sua parola, ria ogni suo gesto sprizza odio contro di lei. Vi b della rabbia e delia commozione insieme. Non si può raccogliere la deposizione del Guionc. Parla coi singhiozzi in gola. Si vede che gli sta dinanzi agli occhi la immagine del figlio e del nipotino agonizzanti colla bocca dilatata. Porla gli-occhiali ma ogni lauto se. li toglie e grida rivolto ai giurati: «Voglio giustizia! voglio giustizia! per il mio povero figlio, fatemi giustizia ». E' un momento drammaticissimo. Pare il teatro c non più la vita. Col richiamo al sentimento della giustizia vi è un'altra frase che ritorna nelle Tjarolc del povero Unione: « L'ho sorvegliata quella donna ma non ho potuto sorprenderla. Le ho leso mille agguati ma non è caduta. Ha dilapidato tutte le sostanze del mio povero tiglio. Ha regalato lo cose nostre ai suoi. Ha fatto la comica ed ha doto tutto ai suoi amanti ». L'impressione è grandissima. Il presidente lenta indurre il Gaione a precisare, a specificane, Ma non ricava nulla. Ogni parola del vecchio, ogni grido è un singhiozzo. Ripete sempre più laceratile il grido elio la sua Impressiono è che11 figlio ed il nipote non sono morti di morte naturale e che tutta la famiglia Gaione è convinta che essi siano stati avvelenati ed avvelenati dalla « cagna » che merita una condanna esemplare. 11 suo cuore è chiuso ad ogni pietà. Interviene l'imputata. 11 mo-'monto è quanto mai drammatico e di una tonalità passionale altissima. Pallidissima, dirigendosi dalla gabbia verso i giurati dice, indicando il suocero: ■Quel gentiluomo... ». Questa frase suscita qualche protesta. La donna fredda, rigida continua : « Quando avevo negozio a Nizza quell'uomo si è recato in casa mia. Avevo il mio piccolo Ernesto che dormiva. Suonò. Col pretesto di acquistare delle pelli, egli ha tentato dabusare di me. — Non è vero! Non è vero! — grida i! vecchio. La rivoluzione provoca i commenti più vivaci di tutti: del pubblico e dei giuratiLa Gravino continua a narrare i particolardi questa avventura boecaeesoa ed il vecchio continua n protestare. Non si viene però ad un confronto. L'udienza viene sospesa per qualche minuto; poi il presidente fa per riprenderla m« dato che gualchi giurate si è allontanato il presidente rinvia la seduta a domattina. Non vi dirò die Alessandria segue con appassionato interesse questo delittuoso groviglio. GIGI MICHSLOTTI.