L'esercito ed li militarismo

L'esercito ed li militarismo LETTERE DALLA JUGOSLAVIA L'esercito ed li militarismo (Dal nostro inviato speciale) BELGRADO, marzo. La storia della grande guerra su questo fronte, racconta che anche qui i Croati, come avvenne a Vittorio Veneto contro gl'Italiani, continuarono a battersi accanitamente contro i loro fratelli serbi, quando già la sorte dell'Impero era decisa. La fusione quindi dell'organismo miniare austro-ungarico con quello serbo all'atto della formazione dello Stato era un avvento impossibile a verificarsi. Caduta l'Austria, i Consigli nazionali formatisi nelle città jugoslave raccolsero attorno a sé lo truppe sbandale dalla vittoria italiana o costituirono le guardie nazionali, ;he divennero il rifugio degli ufficiali austriaci nati o domiciliati in Jugoslavia, e •he avevano imparato a odiar meno questa dell'Italia, della Cecoslovacchia o del'1 Taglieria. La avanzata dei Serbi dalla inea Sava-Danuhio iiquidò rapidamente i 'randelli dell'esercito abslnirgico. La -sola Cronzia-Slavonia avrebbe potuto salvare ci sua milizia territoriale organizzata con una amministrazione autonoma e con la lingua di comando croata. Ma il Consiglio nazionale di Zagabria ne ordinò il disarmo, in seguito a un'abile mossa dei Serbi della Slavonia, d'accordo con quelli ■li Belgrado. Di questa rinuncia i Croati, In seguito, si pentirono amaramente poiche l'esercito serbo, accolto come liberatore, divenne ben presto oppressore, sino ad applicare la fustigazione anche ai civili è alle donne. Avvenne la reazione, e allora il Comando serbo proclamò la Croazia-Slavonia territorio occupato soito la legge marziale. E in cotesta condizione si trova tuttora. Serbi ed austriaci Gli ufficiali serbi si erano rifiutati di considerare come camerati gli ex ufficiali austriaci. I maggiormente compromessi se ne andarono o furono radiati. Altri, esautorati con il paesaggio in sottordine o l'invio in guarnigioni inospitali, dimissionarono rapidamente, f più passarono al servizio di Horty, formando quella legione croata che raggiunse i 30.000 uomini: e finalmente ve ne furono di quelli che sì dettero alla macchia, abbracciando il banditismo in Albania, in Bulgaria, in Macedonia, nel Montenegro; e in quella condizione si trovano tuttora con grosse taglie sul capo. Pochi pure furono i montenegrini che entrarono nell'esercito jugoslavo. In complesso 5000 ufficiali austriaci e montenegrini domandarono di farne parte. Non he furono accettati che la metà, di cui 300 ufficiali superiori. Formato lo Stato jugoslavo, l'esercito fu subito impegnato per mantenere l'ordine intorno': mentre il Comando in capo, meditando nuovi e arditi piani espansionistici, constatava la deflcenza grandissima SÌ elementi tecnici e istruiti superiormente. Per un complesso di cause che sarebbe troppo lungo enumerare, l'esercito serbo durante la grande guerra, se perdette un numero abbastanza rilevante di soldati, riuscì a conservare quasi integro il suo corno di ufficiali circa 3000. Oggi ne ha 6400, con 2 generali d'armata, 24 generali e 421 colonnelli. Gli ufficiali sono assai modestamente pagati. Mano mano che gli allievi dell'Accademia militare di Belgrado sono promossi sottotenenti (250 all'anno) si prosegue nell'eliminazione dogli ufficiali ex austriaci e montenegrini. Nessun ex austriaco copre posti di fiducia 0 di responsabilità, ad eccezione del generale Ùzelas dell'aviazione. Tempo fa. con un solo decreto vennero giubilati 60 ufficiali montenegrini. Una delle cause di incompatibilità tra ufficiali ex austriaci e serbi, sta nel fatto che nell'esercito non è ammessa praticamente che la scrittura cirillica, difficile a leggersi scritta e ignorata da tutti coloro che sono usciti dalle scuole militari austriache. Per cui un ex austriaco, se fosse al comando, dovrebbe avere sempre come interprete un serbo. Inoltre tra gli ufficiali serbi provenienti dalla bassa forza vi sono parecchi eroi delle guerriglie di montagna, analfabeti che mal si armonizzano con i diplomali di Neustadt, Il colonnello Milan Pribicevic, noto per essersi fitto in capo di arruolare nei villaggi croati un esercito di volontari e marciare sull'Isonzo (un cenno da Belgrado lo costrinse a rinunciare ai suoi folli progetti e a dimissionare) così giudicava gli ufficiali serbi : « Semi istruiti, di poco valore, ma smodatamente ambiziosi : tali sono i tre quarti degli ufficiali dell'esercito serbo. Un solo quarto è intelligente e conscio. Questi sono gli entusiasti non guidati da passioni personali, ma da ideali generali ». Per contro il maggiore Cristic, riportando — non si sa con quale attendibilità — alla fine della guerra, allo Stato Maggiore serbo, un giudizio del Re d'Italia sull'esercito serbo, asserì che Vittorio Emanuele aveva dichiarato che avvenendo la fusione degli organismi militari ex austriaco e serbo, sarebbe stato equo conferire ai serbi un grado di più di quello che avevano coperto durante la guerra. La "mano nera,, e la "mano bianca,, La mancata fusione degli ufficiali serbi con gli austro-jugoslavi non meraviglierà chi sa che fra gli stessi ufficiali serbi sussiste ancora una profonda divisione fra gli aderenti olla scomparsa dinastia degli Obrenovic e i seguaci dei Karageorgevic. 1 primi, fondatori della consorteria segreta detta Cma ruffa (la «Mano Nera >i), in opposizione alla corrente politica panserba, inaugurata dai Karageorgevic e da Pasic, favoriscono un movimento prettamente jugoslavo. Nel 1914, essendo stati richiamati in servizio anche gii antichi fautori degli Obrenovic, la Mano Nera ricominciò a congiurare. Si ebbe il processo di Salonicco e delle fucilazioni di ufficiali; e dopo il processo, per sorvegliare e combattere le mene della Mano Nera, fu organizzata l'altra associazione, della u Mano Bianca ». Oggi stampa e governo o la Corona pure subiscono l'influenza di queste due società, sedicenti segrete, in una misura non precisabili;, anche nel campo della politica estera. 11 colonnello Kaìafatóvic, noto per la parte a.vuta a Rapallo e. poi nella delimitazione dei confini italo- i jugoslavi, ò uno degli esponenti p'rlnc.ii pali (lolla Mano Bianca ». Insomma tra gli ufficiali jugoslavi, se non esistono attriti nalfpi.. cortamente difetta la cioes'on? morale. Si fu trnnnn politici' noli'esercitn ' t.o stralci medio dèi snlt'ufìk'inli è assai i buono, la unisse dei snidali per tnv. ti| mariti; la disciplini molto severa, il soli daló non esce quasi mai dalla caserma 1 ner diporto. La Conferenza, di Parigi ebbe per un momento l'intenzione di fissare a 40 mila uomini l'effettivo di pace dell'esercito jugoslavo. Il contingente annuale di leva dà invece 150 mila uomini. Essendo la ferma militare di 2 anni, si può ritenere che - il regno S. H. S. abbia, un effettivo di pace di circa 250 mila nomini. Essi sono organizzati in 1C divisioni, più due di cavalleria, raggruppati in quattro corni di armata (Belgrado, Serajevo, Skopljc, Zagabria). In caso di guerra la Jugoslavia pretende di poter mobilitare sino a 48 divisioni, con un milione e. mezzo di soldati; ma si tratta evidentemente di cifre teoriche. L'esercito è in pieno periodo di trasformazióne dall'antiquata organizzazione serba ad una più moderna, che serva anche da strumento educativo nazionale. In realtà, s'inora, si potò fare assai poco per la nazionalizzazione dell'esercito a causa del continuo impiego della truppa in servizio di polizia. Si è messo in esecuzione invece il tentativo di riunire nelle varie formazioni le reclute serbe?, croate' e slovene e di dislocarle in guarnigioni lontane da quella nativa. Pare che i risultati siano stati soddisfacenti. I Serbi e i Musulmani vengono inquadrati di preferenza nella fanteria, i Croati e gli Sloveni nell'artiglieria, gli Sloveni ancora nelle truppe tecniche: mentre i Dalmati sono destinati alla marina. L'organizzazione dell'esercito è stata tenuta sempre gelosamente segreta. Un giornale di Belgrado chiamò l'esercito « terra incognita ». Si reclama dal paese la sua democratizzazione. Co in piedi ora., una grande riforma militare dovuta al colonnello Kalafotovic, per riorganizzare l'esercito sul sistema misto dei quadri stabili e della milizia. Il Kalafatovic, che è un ufficiale molto intelligente e capace, parte dalla constatazione che la Jugoslavia è circondata da sette Stati, con ciascuno dei qualj si trova più o meno in conflitto, e che il confine da difendere è. lunghissimo (23S0 chilometri). Di questa frontiera la natura ha munito solo la parte sud-occidentale (Albania-Adriatio Alpi Giulie): il resto ò completamente r.perto e non può esser difeso che da un potente esercito «li manovra. Inoltre Kalafatovic pensa che gli Stati sconfitti non attendono che il momento favorevole per tentare una rivincita; e che lo spirito nazionale jugoslavo è ancora da formarsi. Perciò egli insiste sulla vitale necessità per lo Stato S. H. S. di avere un esercito usasi forte. Nel bilancio 1921-1922 la Jugoslavia ha speso per il suo esercito più di un miliardo e mezzo di dinari (un quarto delle uscite totali del bilancio), cifra che ù il triplo di quella spesa due anni fa. Per concludere, si ritiene in Jugoslavia che il militarismo sia il mierUore sostegno dellHinità nazionale e dolto Corona. L'armamento Tuttavia l'efficenza dell'esercito è paralizzata dalla mancanza del materiale bellico necessario al suo armamento e dalle mediocri condizioni di quello in distribuzione. Le industrie nazionali sono incapaci a produrlo, e quindi si deve ricorrere all'estero. La triste condizione finanziaria rende però le trattative per gli acquisti assai difficili. Sulla questione dell'armamento dell'esercito jugoslavo si diffondono dall'Ungheria notizie che tendono a giustificare preparativi militari magiari e a tener desta l'agitazione nnzionale contro la Piccola Intesa: le altre notizie, particolarmente quelle viennesi, sono dovute a pura speculazione finanziaria. Nel novembre 1922, di fronte all'incertezza dell'Italia fascista, il Parlamento concesse d'urgenza al ministro della guerra un credito di 800 milioni di dinari, destinato ad acquistar fucili e munizioni. Si .sperava di potere comperare uno stok di circa mezzo milione di Mauser, che si trovavano in Olanda, Svezia e Svizzera. L'operazione, finanziariamente vantaggio sa, avrebbe anche permesso di dotare tutta la fanteria di prima linea di uri unico, tipo di fucile. Ma le trattative fallirono. Non rimaneva quindi che rivolgersi a qualcuno elei governi amici. Tra la Francia protettrice e la Cecoslovacchia alleata, fu preferita quest'ultima, benché la Francia offrisse da tempo un prestito da 100 a 300 milioni di franchi, dà scontarsi interamente con la cessione di materiale bellico. Prevalse la tendenza di diminuire l'ingerenza francese nelle cose dello Sfato. Ma la situazione finanziaria costringerà forse ugualmente la Jugoslavia a ricorrere alla Francia, che è il paese che possiede le più forti riserve di materiale da guerra. Il Governo jugoslavo chiese quindi alla Cecoslovacchia un prestito fra 800 e 1200 milioni di dinari, da convertirsi in materiale militare. Ma la Cecoslovacchia non concesso il prestito, perchè la Jugoslavia non ò ancora riuscita a pagare 25 milioni di dinari di cartucce acquistate a Praga sul finire del 1921. al tempo dell'avventura di Carlo di Absburgo, e che si era impegnata a restituire dopo sei mesi! Sinché il debito vecchio non sarà stato saldato, la Cecoslovacchia non ha intenzione di concedere alla sua alleata nuovi erettiti, tanto più che la Repubblica di Masarik non può compromettere l'efficenza del suo esercito, non ancora completamente armato. Dopo essersi inutilmente rivolto agli Stati Uniti, il governo S. H. S. dovette prendere in considerazione l'offerta francese di fornirgli fucili con relative cartucce e. munizioni di mitragliatrici (dì queste gli jugoslavi non hanno che una sezione ogni reggimento: e in totale pare che posseggano 2000 cannoni) e per le artiglierie di tipo Sc.hneidor in uso nell'esercito jugoslavo, nella quantità corrispondente ni valore fra 100 e 300 milioni di franchi. Ma. in qualunque ipotesi la Francia, oltre all'interesse del 5 %, esige concessioni di boschi, miniere, ecc., a garanzia di una solvibilità di cui ha troppe ragioni per dubitare. Le trattative sono in corso: sino ad ora nulla di positivo venne concluso. Le artiglierie sono tutte resti di guerra, nelle condizioni cioè dei materiali che già furono impiegati in guerra. Per provvedere alle riparazioni correnti, il mese scordo fu chiamato a Belgrado un delegato della Casa Skoda, ma per la. solita ragione ilei quattrini non si addivenne ad alcun risultato concreto. An.he all'aviazione si pensa a provvedere. Nel mése scorso una. Commissione, presieduta dal generale Uzelas, l'ex austriaco, parli per recarsi in Inghilterra, Francia o Italia, per acquistare apparocciii che verranno esperimentati nel cqgjctddddnbosrrdmcMgGcsqtbj campo centrale di Novi Sad, per decidere quali saranno i tipi da adottare per migliorare le misere sorti dell'arma aerea jugoslava, por ora quasi inesistente. E questo non sono le sole manchevolezze, dell'esercito che é in continua ricerca per ottenere panno per uniformi, tela por biancheria e altro materiale indispensabile. — In una delle ultime seduto del Consiglio dei ministri, i bisogni totali dell'esercito furono conglobati nella cifra di 3 miliardi di dinari. Cifra che continuerà a rappresentarli per un tempo non breve, a che esprime non un mezzo, strmord'narin per aumentare l'efficenza dell'esercito jugoslavo, ma semplicemente per renderlo atto al suo scopo; poiché la -verità é che oggi lo Stato R. H. S. non ha disponibili neppure 200 mila fucili. Presunzioni jugoslave La Jugoslavia mantiene anche una numerosa gendarmeria (20.000 uomini) e le cosidette Guardie di confine e la polizia di Stato. I gendarmi nello regioni del Mezzogiorno sostengono vere battaglie con gli insorti macedoni, con i ribolli montenegrini e. con i comitagi bulgari. Nelle Guardie di confine (8000 nomini) si contano anche dei Russi di VVrangcl. Qualcuno degli ufficiali russi di Wrangel presta oggi la sua opera al servizio di Deigrado; ma essi sono io numero minore di quello che nreneralmenta si creda e si sia stampato anche in lialia. Quando fu scioito l'esercito di Wrangel, il nucleo principale e poi successivamente altri scaglioni passarono in Jugoslavia, dove furono dominati in origine ai lavori di riattamento delle - ferrovie. Una piccola parte fu impiegata in repressioni macedoni e albanesi. Infatti negli scontri con gli Albanesi del Governo di Tirana i Russi ebbero una certa parte. Ma da indagini fatte non mi risulta vero che 5000 ex ufficiali mssi presiti o servizio come semplici soldati nell'esercito .igoslavo. Esiste ancora però a Serajo.vo una scuola di cadetti russi, dove i giovani russi, per lo più orfani, ricevono l'istruzione e l'educazione da docenti militari. Qualcuni !<a scritto che questi giovani sono il nocciolo dell'esercito che farà risorgere la grande Russia; ma evidentemente si tratta di propositi privi di qualsiasi valore apprezzabile. Anche supponendo dunque che l'esercito jugoslavo riesca a provvedersi del necessario, cosa che oggi è ben lontana dall'avere, esso non rappresenterà nulla di particolarmente impressionante. Gli Jugoslavi però dichiarano fieramente che il loro esercito ha un terzo della potenza di quello francese, e che è la migliore istituzione dello Stato. Uno scrittore militare francese ha anche detto che .« resercitp_jugoslavo costituisce, per il suo numerose per lo spirito di sacrificio (?) dello Stato Serbo-Croato, Ja seconda potenza militare' dell'Europa, dono la Francia»!... Oggi però, per le ragioni che ho già scritte quando ho trattato delle attuali relazioni fra Italia e Jugoslavia, le presunzioni jugoslave sulla propria potenzialità militare sono alquanto scosse. E' vero che questo popolo è talmente infatuato di se stesso che ho conosciuto degli ex-ministri, delle persone che hanno vissuto a Roma, a Parigi, a Londra, affermare con la più imperterrita sicurezza che fra Eelgrado e Nuova York non c'è molta differenza e che in ogni modo Milano e una città di second'ordine rispètto a Belgrado stessa!.*. Povera Milano balcanica.!... Ma sta il fatto che oggi, negli ambienti militari responsa.bili, si pensa se non sarebbe più saggio mettersi, anche, per l'armamento, d'accordo con quell'Italia, fino a ieri così affamata e disprezzata, e cercare, di raggiungere con noi, per esempio,, un'unità di armamento che consenta ai due eserciti di essere sempre pronti ad agire assieme... Dove? E'" ozioso dirlo, poiché si tratta di ipotesi germinate dalla fervida fantasia di un popolo in formazione. Ma tanfo: il chiodo delia potenza e della solidità statali italiane è oramai entrato in questi cervelli in modo die essi ora ristanno, assislendo al dileguarsi dei fantasimi di quelle impossibilità che hanno in questi anni costituito il loro alimento spirituale principale. ARNALDO CIPOLLA.