L'avvenire del Teatro

L'avvenire del Teatro L'avvenire del Teatro Nostra corrispondenza particolare PARIGI, marzo. |le Imperversa, da qualche anno, in Fran- ! deia, la mania dello inchieste. Non parlo, I sc„ j. i« ■ i ; ? 1. : i— : _ i * ntendiamoci, ili inchieste giudiziarie: eli li quelle, al contrario, non se no fanno più, > poco ci manca. Farlo di inchiesto sullo luestioni del giorno, di referendum, so così preferito chiamarle. La tendenza s'era venuta delincando, per verità, alla vigilia dela guerra, quasi premonizione dell'imminene capovolgimento di valori che. il cataclisma avrebbe reso necessario; o aveva avuto i suoi fasti nello indagini, divenuto di ì a poco famose, di « Agatone » e di « Probro » sulla giovano Francia. Ma dal giorno dell'armistizio, anche questa, conio tanto altro coso originariamente buone, almeno nelle intenzioni, ha degenerato. Oggi si ìndico un referendum su un argomento quaunque, dal voto allo donne all'importazione di domestiche negre, dalla riforma dei manuali scolastici al nomo del nostro romanziere preferite. Il tal giornale chiede ai propri lettori qual'c il grand'uomo di cui vorrebbero impressa l'effigie sui biglietti della Banca di Francia. Il tal altro manda attorno per Parigi un redattore a ricercare se esista mestiere o professione elio uh uomo, avendoli esercitati durante la propria vita, vorrebbe veder abbracciati dal proprio figlio. Il tal altro ancora domanda agli sfaccendati del marciapiedi quanti fiammiferi contiene una scatola dela Manifattura Nazionalo che dovrebbe contenerne conto. Non si c trovata, un giorno, perfino una rivista rispettabile — che non nominerò per non mancarle di rispetto — a quale ha osato diramare una circolaro fra i letterati di Parigi per chieder loro so si sentissero spiritualmente più prossimi di Pascal o di Renan e se l'ammirazione porata all'uno dei duo impedisse loro di ammirare egualmente anche l'altro?... E si on trovati, quel che c peggio, letterati per rispondere! Fernando Divoire, ad esempio, l quale assicura, probabilmente ridendo sotto i baffi — è il solo modo in cui sia dao ridere di una rivista alla quale oggi o domani può venir fatto di dover oifrire un articolo —, tli essoro « un tipo del genero li Pascal ». E poi anche Giacomo Bainvile, confessante di sentirsi cosi lontano da quei duo grandi uomini conio da Abelardo c da Aldcbarano. E da ultimo perfino il ministro della P. I., il quale dopo aver fato una confessione analoga, mettendo semplicemente Shakespeare al posto di Abelardo o Leonardo da Vinci al posto di Aldcbarano, insinua <r a vertici di tale altezza non esser dato avvicinarsi ge non per le vio del genio o le mulattiere dell'imbecillità »... Ma lasciamo correre. L'inchiesta di cui voglio farvi parola oggi non è, d'altronde, di quelle che abbiano bisogno di un lungo preambolo per giustificarsi. Essa potrebbe, anzi, riuscire interessante, qualora le inchieste, come le discussioni o come in generale tutte le manifestazioni dei pareri e dei giudizi del prossimo, non fossero per definizione condannate d'avanzo ad aumentare la confusione dei pareri e dei giudizi anziché a dissiparla. E' il malanno che ha sempre viziato dalla radice i regimi fondati sulla rappresentanza elettorale; e tanto più gravemente quanto più l'aritmetica dell'opinione è venuta, attraverso i tempi, facendosi perfetta. Ma, appunto, la manìa delle inchieste or ora lamentata non costituisce, in fondo, se non una delle innumeri conseguenze della democrazia e del suffragio universale : ed ecco un argomento cho, in mancanza di meglio, potrebbe ampiamente scagionarne, agli occhi di un popolo libero, i promotori. In ogni caso, la crisi spirituale del teatro esiste; e non saprei, affò mia, dar torto a Paolo Gsell di aver pensato a interrogare in proposito coloro che più dovrebbero essere in grado di valutarla o interpretarla, ossia gli autori teatrali. E' vero o non è vero, ha egli chiesto, che pubblico e commediografi comincino ad esser stufi di un'arte drammatica unicamente intesa allo studio della casistica dell'amore? E' vero o non e vero che il teatro venga lentamente orientandosi verso nuovi ideali? E in che consistono, in tale ipotesi cotesti ideali? Le risposte più amene sono indubbiamente quelle degli autori vecchi e già celebri ; i quali, manco a dirlo, trovano che il teatro va bene così qual'è, e cho guai a cambiarlo. Tristano Bernard osserva con filosofia: « Il pubblico non piglia interesse alle sole avventure sentimentali, d'accordo: sono tuttavia questo le avventure cui piglia maggiore interesse ». E, alludendo alla Fenice, il nuovo poema drammatico di Maurizio Rostand, una delle presunte speranze del teatro di domani: o II più pacifico dei borghesi si adatterà sempre a vedere incendiare delle città sulla scena, a patto che tali gesta rivoluzionarie conducano la prima attrice a cascare nelle braccia del primo attore ». E Francis de Croisset, di rincalzo: <r Ho paura che noi ci facciamo troppe illusioni su quel cho il pubblico desidera. H pubblico non si stanca punto di quel che conosce. Al contralio, è la novità che lo urta. La sua non è un'anima di esploratore. Esso non disdegna lo sorprese, ma lo sorpreso che ha prevedute. A chi gli racconta storio nuove preferisce chi gli racconti di nuovo storie dimenticate. E non gli spiace affatto riudiro al pianoforte una canzone sentita già sul violino... ». Meno scettica ma anche più radicale, suona la risposta di un altro autore celebre, Francesco de Curel: « Quando i profeti annunziano l'avvento di un'arte drammatica nuova c coblcoi teauraunbegntresteelesEcornnadebeminunvea poral'irizei tùamnacodiunEdedeIIfur'oti duchinviinconorol'ilafrretropscgedsimsetoscre"lipticcen« mtrTpdtedl'soccdcnnmGuqptpcsgirnsq«CSScnvcqrtodrcssqcmllecito sorridere. Non ci sono trentasei modi vdiversi di presentare le passioni umano da- lvanti a una folla adunata per commuoversene o per divertirsene! Leggete Eschilo, Sofocle, Aristofane; leggete i nostri: e vedrete quanto poca sia la strada percorsa in tanti secoli. L'amore è familiare ad ognuno: ecco perchè dranimaturgi e commediografi, si rivolgeranno sempre di preferenza all'amore ! Del resto, si comportano forse altrimenti i romanzieri!S>. L'esperienza quotidiana sembrerebbe, come negarlo? dar ragione a cotesti scettici. So scorriamo, sulla quarta pagina di un giornale, l'elenco degli spettacoli, dovremo immediatamente riconoscere come le sole commedie cho tengano^ il cartellone più di un mese sieno quelle a' base sentimentale o imbastite su un intrigo di alcova. I lavori aspiranti a battere vio nuove non resistono al fuoco della ribalta più di qualche sera, e in ogni caso inai più del numero di rappresentazioni necessario al capocomico per rientrare- nello speso dell'allestimento. No •a qualcosa il povero Antonie, il quale da una trentina d'anni porta ajla ribalta tutte stt le settimane una nuova promessa del teatro dell'avvenire, senza essere ancora riuscito a scovar l'araba fenice che la mantenga e gli ., . _ JZ e »'....» i(_ ■ ,_i il consenta di far fortuna. Ma i gusti del pub blico sono,*o almeno dovrebbero essere, una cosa, e gli ideali degli autori, le facoltà o i doveri dell'arte, un'altra. Così, nonostante lo molte delusioni procacciategli dallo audacio tentate sullo scene dcll'OrteOM durante il primo anno della propria gestione, un altro capocomico, il Gémici- non vorrebbe a nessun patto rinunziare ai propri sogni di mistico e di gran sacerdote del Teatro. « Per esprimere, l'idealo di domani, esclama in uno,dei suoi voli pindarici, il teatro stringerà, ripigliando la tradizione ellenica, in un sol 'fascio i vari mezzi di espressione, abbraceierà in so tutte lo arti. E, abbracciandolo tutte, esso potrà anche conseguire la fusione dei vari pubblici, corno allorchè ad Atene adunava i filosofi e i navalestri del Pireo, a Londra i marinai del Tamigi o i signori della corte di Elisabetta, a Parigi i lacche della platea e i marchesi del Louvre. Il teatro di domani intenderà finalmente la necessità di essere una grande rcligiono laica inglobante lo diverso confessioni. E, per meglio adempiere a telo ufficio, si farà l'anima delle feste popolari, che nei paesi democratici debbono rappresentare la suprema espressione dell'ideale comune, celebrando in grandiose, cerimonie, cui piglierà parte, con canti, danze, processioni corporative, la città intera, i fasti e le forze vivo della nazione: gioventù, famiglia, intelligenza, lavoro, coraggio, amoro della paco!... ». Un ritorno alle Panatenoe, dunque? Ahimè! Confessiamo che, corno novità, si potrebbo trovare qualcosa di meno arcaico ! Ma Firmino Gemier è un direttore, r.on un autore di teatro. Meglio orientato di lui, Edmondo Séo cerca invece il rinnovamento della drammatica nell'interno dell'anima degli autori. E' la stessa idea espressa da II. B. Lenormand, autore di // tempo è un furimi, del Divoratore di. sogni, del Dente r'or • allorchè giudica gli stessi avvenimenti storici di maggior conto meno atti a produne novità nel campo dell'arto di quel cho non lo sieno le trasformazioni anche più insignificanti all'aspetto intervenute nella visione che l'uomo ha di sè. « Lo scoperte, intuitivo di Marcello Proust, coincidenti con le ricerche sperimentali del Freud, hanno prodotto una rivoluzione nell'arto del romanzo. E' impossibile che non no risenta l'influsso anche l'arte drammatica. L'assimilazione lenta e involontaria del pensiero freudiano produrrà sulla nostra sensibilità reazioni tali, che i giovani autori non potranno, di qui a qualche anno, non scrivere opere profondamente diverse da quello che scrivono oggi. E ohi può dire se non si giungerà, di conseguenza, anche a sopprimere dal teatro la convenzione del tempo, quale sinora gli fu applicata? Perchè non dovremmo veder domani l'azione muovere dal presente per sprofondarsi in un passato rivelatore, o avvenimenti complessi svolgersi a scatto rallentato come permette oggi di fare il cinematografo? ». Questa speranza nella dottrini psicoana"litica quale mozzo di se perto portentose capaci di rinnovare radicalmente la prospettiva artistica, la troviamo nutrita da parecchi rappresentanti del giovane teatro francese. Anche il critico drammatico del Journal, G. Pawlowski, esprime la fiducia cho « le recenti ricerche sul subcosciente determinino un progresso nella psicologia teatrale ». E Gian Giacomo Bernard, figlio di Tristano e autore di un piccolo lavoro rappresentato con prospero successo al teatro della Chimera, conferma: <r Io credo che il teatro diverrà sempre più un'arte in profondità, un'arte di sintesi e di suggestione, l'arte dell'inespresso, intendendo l'inespresso non già come un silenzio puro e semplice, secondo fu rimproverato a me, bensì come un dialogo sotterraneo cho si svolgo dietro le battuto parlate, come i sentimenti che i personaggi non vogliono o non possono esprimere o di cui addirittura non hanno coscienza ». Molti, già, incominciano a mettere in pratica tali aspirazioni. SaintGeorges di Bouhélier, autore della Vita di una donna, di un Tristano e Isotta- e di quel Carnevale dei fanciulli che fa inzuppare ogni sera tanti fazzoletti alle spettatrici della Comédic Francaisc, sembra non perseguire altro ideale, con la sua. arte raccolta, intima, pensosa, piena di sottintesi sentimentali, intessuta su una trama di fili grigi pieni di riflessi cangianti e misteriosi, in una continua penombra. E, con lui, corno egli medesimo avverte, parecchi altri, su tutte le scene di avanguardia che da quattro anni vongono nascendo a Parigi: « Vildrac al V ie.ux-Golombier, Baty alla Chimera, Luguó-Poé all'Oeuvre, Boussac di Saint-Marc alla Grimace, Dullin al Canard Sauvagc ». Nò solo sulle scene di Parigi, come soggiunge il Bernard, ma in Scandinavia, in Belgio, in Olanda, in Ceco-Slovacchia, in Romania, in Inghilterre., e, più che altrove, in Italia. L'avvenire del teatro starebbe dunque in questa crescente interiorizzazione, in una rinunzia sempre più deliberata al movimento e alle illusioni esterne, usurpate ormai dal cinematografo, per volgersi al contrario verso un ordine di ricerche psicologiche che sin qui si sarebbe detto unicamente riserbate al romanzo?... Lo si direbbe, a prestar fede ai risultati dell'inchiesta. Ma, a questo punto, i dubbi esposti in principio circa il valore delle inchieste riaffluiscono in massa alla nostra niente. Probabilmente l'avvenire del teatro, così quale crediamo l'sitdalargriItspdliteqlal'iImlavplamzdnrsclleivelli.'gdi etdIiacpssucsvammsmDvCrsftiGddngc*K vederlo, non ha maggiore rispondenza con la realtà di quel che non ne abbia il pre sente politico di un paese quale lo prospetta, agli occhi del mondo, una votazione elettorale. CONCETTO PETTINATO