Il conte Bianco e Gioberti di Carlo Bianco

Il conte Bianco e Gioberti Il conte Bianco e Gioberti Il conte Carlo Bianco di S. Jocrioz fu uno dei più ardenti, jjìù combattivi rivoluzionari d'Italia. Ufficiale piemontese partecipò in prima linea ai moti del '21 : sospinto in esilio, militò nello schiere costituzionali di Spagna, patendo lunga prigionia. Sorta la G. Italia lo subordinò la setta degli Apofasimeni fondala da lui : fu de" capi della spedizione di Savoia. Alla pratica, associando la teoria, pubblicò quella Guerra d'insurrezione per bande, a cui il partito cl'a; ziono contro i vecchi Governi della peniBoia s'ispirò sempre, sin quasi al '70, corno a Vangelo. No conosco duo edizioni: l'una in duo volumetti, oon la semplice data: Italia ISSO (Braidense di Milano) ; l'altra in un solo volume, in duo parti (esemplare mutilo nell'Archivio di Torino). E' onesta naultima la redazione primitiva, perchè menoMiesdadomzifilmdreclseodamampia, anzi addirilttuTa schematica in molti punti. E' in compenso più svelta, porspicua, leggibile: monta-e il rifacimento del 1830 ha stucchevoli prolissità' e leziosaggini di purista classicheggiante. Sembra un Basilio Puoti rivoluzionario, che indossi i più bogli abiti da festa, si diverta a infarcire i periodi con le frasi più ammuffito della vecchia lingua aulica, mettendo costautemonto ij verbo in fondo. Nell'una e nell'altra redazione, balzano agli occhi malgrado la forma stantia certo particolarità quasi attuali per noi: l'uso costante di designazioni romano, militari Bpecialmente: Centurie, Decurione, Censore, Condottiero o Duce, Console ecc., la predilezione pel color nero nell'abbiglia-' mento de' militi e de' graduatili Bianco acclimatò in Italia i. costumi delle guerrUlas: per procurarsi il materiale occorrente alla confezione di « camicione nere » suggeriva un espediente abbastanza comico, frutto (egli diceva) delle sue esperienze di Spagna, dove nella classica lotta d'indipendenza < le assise erano provveduto o confezionate dallo donne, dai frati « dalle monache ». Esistono di certo in Italia, concludeva, più di 50 mila preti: ciascuno dei quali possiede due vesti talari di panno nero pei divini uffìzi. Si invitino questi con buona maniera dal Condottiero « a misura che s'incontrano a cederne una bonariamente a vantaggio della causa patria s, ed in poco tempo sarà facile « colle spoglie preiàli regalato vestire coorti e legioni di volontari ». Del contenuto del libro si potrebbe ripetere ciò che dell'Alfieri cantava il Parini: che fossero carte « incise col terribile odiator di tiranni pugnale ». Un'ode finale nell'edizione del 1830 preludeva alla prossima rivoluzione trionfante: c Bella di spiche, di genti libere — O Italia madre! Vittrice assiditi » ecc. Era inevitabile che allora a un tal sovversivo restassero inesorabilmente chiuse lo porte della patria, anche quando, fiaccato da un esilio ventenne durissimo, vedendo cadere tante illusioni, il povero Bianco, s'era piegato a invocar l'amnistia. Escluso da aliala del 1842, per le nozze di Vittorio Emanuele (II), il Bianco, oppresso da dissesti economici, finì per annegarsi a Bruxelles. Chi provvide a rimuovere le difficoltà per la sepoltura religiosa, a tacitare i creditori, per incarico della famiglia;' chi assistette e difese (consacrandolo un'iscrizione a stampa) la vedova, incolpata d'aver contribuito alla catastrofe, fu Vincenzo Gioberti, allora modestissimo insegnante noi1-! Collegio Gaggia. Delle due lettere inedite che ani lacrimevole caso scriveva Gioberti commosso a F. Sclopis :— cugino ex maire (una Peyretti di Condove) del Bianco — mette conto di riprodurre testualmonta la prima del 20 maggio 1843: La Sig.ra Contessa. Bianco mi commette di notificarlo una orribile disgrazia;, che forse sarà irta pervenuta a sua cognizione per via «tei fogli pubblici. Da Qualche tempo in crua il consorte della Sig.ra Contessa dava segni non dubbi d'alterazione di mente, che tuttavia non parevano annunziare alcuna sinistra intenzione re clie furono probabilmente causati dal disordine dei suoi affari e dall'essere stata seppellita l'ultima sua domanda per la ricuperazione dei propri beni. Ebbe inoltro una febbre cerebrale che diede qualche inquiotudinei ma in pochi giorni so aie rtebbo e si trovò bastantemente sano, benché agli occhi e ai portamenti si vedesse che non aveva ricovrata la sua tranquillLta antica. Nel mattino dei nove del c uscì di casa sotto pretesto di, prenderò un po' d'aria ©di fare'alcune commissioni e nel partire si mostrò più lieto e sedato del solito, tanto che non diede alcun sospetto. Ma dopo la sua partenza la Contessa si avvide di 3 lettere che avea lasciate:-l'una delle quali era indirizzata a let medesima, e le altre due al figlio e a me. Si lessero e dal modo Con cui erano concepite si acquistò, se non certezza, un timore che l'infelice avesse disegnato di togliersi la vita. .Si corse subito a cercarlo per o$ni dovès là polizia fu avvertita e fece pur molte indagini, ma inutilmente. JWnalmrate una settimana dopo il caso si trovo il cadavere del povero Conte 1n uno d*/i numerosi canali che circondano la città. Tal è il doloroso evento, che la Signora Contessa m'incarica di parteciparle, pregandola a dame notizia cosi alla famiglia di lei, come a quella del defunto. Nell'adempiero questo lacrimevole ufficio, io non posso presentare a V. S. IÙ.ma altro conforto se non la mia ferma persuasione che il suicidio del Conto Bianco tu un effetto di alienazione montale o non di libera clezicmet; U che se non può consolarci di tonta perdita dee pure arrocaro qualche lenimento al nostro dolore, mostrandoci nella causa di esso, non un errore, ma un infortunio. Le includo la lettera lasciata dal defunto pel Conto Alessandro suo ligliuolo, acciocché V. S. I. possa ricapitarla, usando tutti quel riguardi che le parranno opportuni in si tristo accidente La Signora Contessa m'impone eziandio di informarla che potè ottenere la facoltà di rendete i suffragi e gli onori ecclesiastici all'estinto, non ostante le circostanze deplorabili della sua morto: ma che ciò porta seco l'obbligazione di due funerali, l'uno nella parrocchia di domicilio, e l'altro nel luogo dove furono trovate le spoglie del Conte. Al quale offerto alla attende i provvedimenti opportuni dalla di lui famiglia. Fin qui lo sono mesto interprete degli altrui cenni. Ora debbo aggiungere in confidenza a V. S. I. che il Conte Bianco nella lettera che mi scrisse prima di morire mi raccomanda la sua povera moglie e m'incarica di combattere l'accusa elio potrebbero darle di essere Jn qualche parte càusa della determinazione da lui presa, assicurandomi sul suo onoro che ciò none; sono lè suo parole. M'ingiungo inoltre di provvederle il necessario e di spedirla in Piemonte. Ella vede miai sacro obbligo pesi sovra di ine. Io lo adempierò religiosamente, ma riguardo all'ultimo articolo sarebbe (Orse bene che V. s. si degnasse di far sapere alta signora Contessa che 11 desiderio suo e di tutta la famiglia è conformo a quello del defunto e che la partenza dovrebbe aver luogo ai più presto. Tal ò pure l'avviso del March. Di Prie, ohe meco si unisce nell'offrirle Sue' servigi che per noi si possono in cosi oloroso frangente, quando Le piaccia di comandaci. ^ccoMa!Bent.mo sig. Conte, i sensi di alta é singolare osservanza con cui mi reco a onore ai, essere DI V. S. I. de.mo Servitore: V. Gioborti. Sull'animato conseguente carteggio tra lo Solopis, il conte Peyretti, e il Gioberti non occorre indugiarsi: chi n'abbia vaghezza, troverà abbondanti ragguagli — in parte liberalmente comunicatimi dal benemerito CL Balsamo-Crivelli — in una recente mia nota'»ll-*A«cademia|.'dene Scienze, degcodgral'relituscocspciddcnfichsutuinaPzdmauscinimccaldtldbvcpgscgdpdidmisUrlsttddsdpscm Importa qui unicamente rilevare la strana ironia del destino : che all'autore suicida cidoMiella Nuova Rivista Storica, sono inoppu- estremi offici di cristiana pietà fossero resi dall'autore del Primato. Ciò non fu soltanto dovuto alla circostanza fortuita della dimora a Bruxelles, bensì anche alle aspirazioni elio, un decennio prima, i duo esuli — filosofo e patrizio — avevan nutrito in oommune. *** La partecipazione del Gioberti ai t sogni» della G. Italia era stata assai più viva e diretta che non siasi creduto finora. Le conclusioni, che espressi nella Stampa del 29 settembre p. p., confutato corno eccessive od irriverenti ( ! !) da un fervido ed alacre ammiratore giobertiano, Valentino Piccoli, a o a n i o i i i i i i a e a tn a e la o abao o r el e si oa a o n a, ito ia della Guerra d'insurrezione per bande gli fin■ tanl'tàminpnrefiriSpGhytabet1msiachtaGBpgmlagnabili: posso confermarle dall'a alla z, con altre prove, di recente ripescate a caso. Un rapporto di polizia dell'8 aprilo '33 dice precisamente così: Sono stato confidenzialmente informato che già da vari mesi a questa parto sogliono seralmente radunarsi net lungo di Corio o nell'osteria esercita da certo Rostagno molti aderenti a] sistema liberale, ove si tratta di tutti li affari politici o si leggono con entusiasmo tutti i scritti rivoluzionari ed in ispecie l'opuscolo un'usuale intitolato la Giovane Italia, oltre le varie Gazzette riservate che vengono colà trasmesse al sig. avv. Canaperio da certo sig. Teologo Giobcrt abitante in questa capitale. Fu questa sicuramente la prima denuncia, da cui rampollarono subito tutti i guai del Gioberti 1 Chi lo penserebbe? Fra le stampe incendiarie, sequestrate dalla polizia a quella conventicola di Coriò, o da' suoi componenti brevi manti consegnate a confessori, finì per saltar fuori quel tale esemplare, che ho già rammentato della Guerra d'insurrezione del Bianco (prima edizione) : tutto sgualcito e sudicio, per essere passato in chi sa quante mani. L'aveva inviato il Gioberti? Non si può asserire, ma non è inverosimile. Il dilettissimo amico del Gioberti — Paolo Pi-.lia — a cui ò dedicata con stupendo iscrizioni la Teorica del sovrannaturale, era pure designato da rapporti di polizia così intimamente legato a quel c corto teologo » da aver preso immediatamente la fùg^a, appena uditone l'arresto. Varcato le Alpi, il Pallia s'unì a' mazziniani, scrisse nella G. Italia, collaborò alla spedizione di Savoia. L'istanza che il Pallia, colpito da tisi, indirizzava moribondo a Carlo Alberto per implorare il rimpatrio, esordisce con umile confessione delle sue collie, oon esplicito riconoscimento dell'onestà de' giudici proposti a' processi politici: Sacra Beai Maestà, Se io avessi coscienza d'esser puro di frutte lo colpe che mi sono apposte, non dubiterei di rientrare liberamente, in patria e di costituirmi prigione per essere giudicato secondo le leggi, perchè fidando nella religione e fede dei giudici di V. Maestà sarei certo di uscir bene da qiiol giudizio ch'io stesso avrei provocato. Ma la mia coscienza non mi rende cosi buono testimonio. Uscii per vero di patria piuttosto per vani sospetti e timori che per grave colpa di cui io fossi conscio a me stesso: ma dopo la mia uscita io devo confessare che seguendo l'empito d'inconsiderato boiler giovanile ho fatto cose, le quali se fossero cadute sotto il rigor delle patrie leggi sarebbero per certo «tale in me gravemente punite. Si è detto che la morte del'Pallia rdcldliptdngttrlfcesrldvrptgLmtssnnPlrrJ I i desse di pia vivo sdegno il Gioberti contro<j i mazziniani; ma non avrobbo per giustizia dovuto ùn poco recitare il meo, culpa: memoro d'avaro pur egli infervorato nelle sue;, idee l'infelice giovane, paralizzando gli!", sfarzi fatti per rattenerio dall'ab, Peyron? Una lettera di' costui' fr> laeeia legger tra le righe. L'e>ìoqoerma de' .fatti non si distruggo oon l'ipotesi gratuita che certi owii rilievi siano ispirati da <(acredine personale » con- cthlvnmpsItdtro il Gioberti (ridicola lotta di pigmei con-,aztro un gigante). Con simili argomenti polemici, che traducono in linguaggio illustre il famoso grido: ha detto male di Garibaldi, nessuna di-, scusatone storica sarebbe possibile. Restiamo, dunque nei buoni metodi dell'obbiettività: ponendo nettamento il quesito, quale'si presenta a un'indagine spregiudicata: — se cioè fosse o no Vincenzo Gioberti moralmente obbligato a fedeltà monarchica scrupolosa, dalla-ena-qualità. di prete e cappellaio di Corto, da' benefici ricevuti, « forse da' giuramenti speciali prestati. Nessuno allora si sottraeva, per qualsiasi anche infima carica, al giuramento: » le formule erano rigidissime.* Troviamo p. e. che nel 1822 tutto il clero dovè impegnarsi a sostenere con ogni mezzo la piena possanza sovrana... In un lungo elenco di nomi, figurano accanto al Can. Cottolengo ed altri suoi colleghi, de' semplici seminaristi. Poteva esimersi il Gioberti cappellano di Corte da un giuramento, pel quale persino i pezzi più grossi del clero sotto C. Alberto erano tenuti a promettere di non cospirare, e scoprendole a rivelar le congiure ì L'atto formale del suo giuramento non fu rinvenuto, ma si può con quasi certezza presumerlo come indeclinabile formalità. Ciò posto, sorprende per lo meno il veder Gioberti, sotto il tetto stesso della Reggia benefattrice, ospitale, trescare co' sovversivi, che fin entro le pareti domestiche assillavano Carlo Alberto di contumelie e di minacele anche a mensa ! In non so che giorno, cioè, del maggio 1833, vennero a C. Alberto, presentati de' dolci, che il confettiere Giacone aveva freschi freschi ricevuti da Parigi. Da un biglietto febbrile del Lescarene, da un rapporto del governatore di Torino, s'intuisce la scena che seguì, quando il Re svolgendo la carta che racchiudeva i bonbons vi lesse un atroce libello dedicatogli. Mi limito al rapporto Revel, tutto autografo (16 maggio): < J'at falt appeller Mr. Cincone, il a éto tre» surprts et mortine cn apprenant que ics bonbons étoient enveloppés dans dee papier* infàmes. En l'asaurairt que sa borine fot n'étoit pas mise eri doute, ]e l'ai prévenu qu'tl devolt prendre toutes les précautlons nécessaires pour arréter un pareli scendale, putsqu'à ravenir la faulo rolomberoit sur lui. Je ne doute pas qu'il sera sur ses gardes ». I versi venivano da Parigi: erano quasi certamente l'Epistola Au Prince de Cari gnan, comparsa nella terza dispensa dclVHomme rouge, satire. Hebdomadaire (14 aprile — Parigi-Lione) : riboccante delle più sanguinose invettive, delle più mordaci allusioni a' «tradimenti del Ventuno», al l'infamia del Trocadoro. ... Un Prince piemontols Jura, puis combattit la chnrte des Cortesi Gioberti fu arrestato il 31 maggio, aveva daio le dimissioni da cappellano di Corto il 9 : e si può escludere che avesse la menoma parte nell'incidente de' dolci. Ma d'altra parte ò sicuramente assodato ch'egli distribuiva le stampe della G. Italia a To.rino • fuori: nè si può dirlo vittima d'in- tbn- giusti sospetti ; tanto meno contestare la generosità del Sovrano nel troncare il processo. L'abito sacerdotale, le resistenze dell'Arcivescovo Franzoni — gelosissimo difensore dolio immunità ecclcsiasticho — avrebbero indubbiamcnte salvato il Gioberti da capi tale condanna, non però Ha lunga detonziono: poiché Carlo Alberto aveva con fitto nell'animo il ricordo dei Cavalieri della libertà miranti ad assassinarlo nel suo appartiamonto; e non poteva parergli meritevole di indulgenza un cappellano di corte, cho propagava tra borghesi o soldati pubblicazioni non solo poco ortodosse ma ferocemente repubblicane! Un dispaccio poco avvertito finora della Legazione francese a Torino, riferito in un suo ottimo saggio da Arturo Segre (Miscellanea Manno, I, 406) ci apprende che a C. Alberto religiosissimo il Gioberti era già invilo per In sue opinioni hlosolìche confinanti con l'ateismo!... «Il y a environ trois semaines quo S. M. s'étaib plaint à son premier aumònicr de l'abbé Gioberti, dont elle aocusait Ics principes et quelle disait étre athéo » (8 eiusmo 1833). * 5 I personaggi storici bisogna pigliarli come sono: la coerenza in tempi di convulsioni politiche ò rarissimo dono di poche anime tetragone. Non trovo nulla di men cho vero, di men che rispettoso noi constatare come V. Gioberti — il Drmnfiln della G. Italia — tumulasse dieci anni dopo, a Bruxelles, simbolicamente, anche lo proprie illusioni d'un tempo, insieme allo spoglie del Conto Bianco, la cui drammatica morte suggellava per seinpro a' puoi occhi la e vanità » dello dottrino rivoluzionarie. ALESSANDRO LUZIO scccpgsls