Il silenzio nelle vie di Essen occupata, il clamore nell'aula della Camera francese

Il silenzio nelle vie di Essen occupata, il clamore nell'aula della Camera francese Il silenzio nelle vie di Essen occupata, il clamore nell'aula della Camera francese La scelto Di Ironie all'occupazione francese della Ruhr, il primo bisogno che prova ogni coscienza libera è quello della protesta per l'offesa al diritto dei popoli, all'indipendenza del popolo tedesco. Noi non siamo di quelli i quali reputano il principio di nazionalità e di libertà essere unicamente degli in-strumenta regni da adoperare a proprio esclusivo vantaggio. Noi crediamo in essi comò a valori morali di carattere universale; e non c'importa nulla di attirarci, con questa esplicita confessi ono di fede, le beffe dei « Realpolitiker » nostrani e stranieri. Adempiuto a questo obbligo della nostra coscienza, noi non ci fermeremo a discutere i cavilli intrecciati dai difensori dell'occupazione — parlanti o non parlanti lingua francese — intorno agli articoli, ai paragrafi, alle parole ed alle virgole del trattato di Versailles: perchè nulla ci ripugna di più che la violenza ipocritamente ammantata di diritto. E non ripeteremo neppure per l'ennesima volta, quello che sanno perfettamente, insieme con l'intero mondo anglo-sassono di qua e di là dall'Oceano, tutte le persone*intelIettnalmente responsabili d'Italia, di Francia e del resto d'Europa: l'inutilità, cioè, anzi il danno della politica di violenza definitivamente adottata da Poincaré. Ci fermeremo piuttosto a considerare la posizione dell'Italia e del nostro Governo di fronte all'atto francese. Ma prima di farlo, crediamo necessario premettere una dichiarazione. L'attuale Governo considera giustamente come suo precipuo compito la ricostruzione nazionale, e come prima condizione di questa la riorganizzazione finanziaria. Noi siamo divisi dal Governo e dal Partito Fascista da una concezione politica radicalmente diversa e sempre nettamente espressa: così radicalmente diversa e cosi nettamente espressa da rendere superflua e inopportuna quella critica spicciola di singoli provvedimenti e progetti che altri, avendo seguito ima linea politica ben differente, ed avendo perciò, assunta una ben grave responsabilità., crede necessario oggi di svolgere. Ma su questo terreno del risanamento finanziario, e in genere su tutto quanto ha necessaria attinenza alfe salvezza della nazione, nessuna divisione politica può esimerci dal dovere, che è poi anche un diritto, di coadiuvare l'azione governativa esprimendo onestamente la nostra opinione. Ora, se c'è problema strettamente connesso con la ricostruzione nazionale, è. proprio questo, delle riparazioni e della politica germanica, e più genericamente dell'assetto europeo. Ogni sforzo anche più tenace, ogni trasformazione anche più ardita all'interno, per la ricostruzione finanziaria ed economica del nostro paese, saranno vani ove l'Europa tutta non trovi il suo assestamento. Non ò sentimentalismo umanitario, nè deviazione internazionalistica a dettarci questa nostra convinzione: ma l'esame profondo e spassionato della realtà, quale ogni giorno più si scopro agli occhi di chiunque non rinunzi volontariamente a vederla. Dalle note ufficiose pubblicate negli scorsi giorni risulta chiaramente e indiscutibilmente che il capo del Governo italiano rimane fermo al suo punto di vista, espresso già a Londra, secondo il quale ogni azione militare in Germania, per la soluzione del problema delie riparazioni, deve considerarsi intempestiva e dannosa; e tale punto di vista ha formalmente riconfermato al Governo di Parigi. Egli, dunque, non ha aderito e non intende aderire all'azione francese nella Ruhr. Cosi stando le cose, non può non esser conforme alla politica adottata dal Governo italiano il domandare che questa non adesione appaia netta e totale, senza possibilità di equivoci o di attenuazioni. Ciò risponde alla logica politica, ed a quegli stessi principi di azione coerente e decisa così vigorosamente afferà mati dal Governo attuale. Perciò appunto l'invio annunciafo, e finora" non smentito, di ingegneri italiani nella Ruhr — che agirebbero scortati e inquadrali dalle truppe di occupazione francese — ci sembra in contrasto con il proposito governativo di astensiono rispetto all'azione francese. Allo stato delle cose — di fronte cioè all'aperto dissenso inglese ed americano, accompagnato quest'ultimo dal richiamo dello truppe dal. Reno, e di fronte al richiamo degli ambasciatori compiuto dalla Germania, ogni distinzione fra elementi politici ed elementi economici, nell'azione francese, cessa; essa assume tutta un carattere nettamente e pericolosamente politico; ed unendosi ad essa in qualche parte, si finisce fatalmente per condividerne la responsabilità intera e per essere tratti fin dove ad essa piaccia arrivare. Sembrerà forse, a prima vista, che queste nostro considerazioni siano superate dalla proposta, che informazioni ufficiose attribuiscono al nostro Governo, di una intesa italo-franco-bcìga-germanica, o più precisamente di un tentativo di mediazione che il nostro Governo farebbe tra Parigi e Berlino. Scnonchè, ove il tentativo sia reale, esso non fa invece che confermare la nostra tesi. Non si può essere mediatore e parte al tempo stesso; e se il nostro Governo vuole realmente tentare questa opera di mediazione, in sè lodevolissima, gli occorre appunto rimanere totalmente estraneo — anche nelle apparenze — all'anione francese. Non basta: questo ten. tativo di mediazione e d'intesa fra alleati e Germania presuppone il mantenimento, ed anzi l'intensificazione dei contatti con Inghilterra e Stati Uniti. L'intesa fra Alleati e Germania che l'on. Mussolini si pscsapmsapaUlpspnmScpelcpnftlzcbfstmslvgpftnagfu a i proporrebbe di realizzare è proprio quella stessa che Inghilterra e Stati Uniti invocano e propugnano; o sarebbe quindi assurdo ricercarla facendo a meno di essi o addirittura ponendosi contro di essi; tanto più assurdo in quanto, nel fatto, l'intesa medesima non è realizzabile in alcun modo senza il loro concorso. Polevasi, nel '19, alla Conferenza di Parigi, e anche dopo, pensare ad una unione continentale che, appoggiandosi eventualmente agli Stati Uniti per equilibrar l'Inghilterra, cercasse la pacificazione lo riorganizzazione europea. Potevasi : e ci furono dei « disfattisti », che videro, e propugnarono questa possibilità salutare. Allora finanze ed economia tedesche e francesi erano scosse, ma sostanzialmente intatte; Inghilterra e Stati Uniti non avevano ancora fatto blocco, e questi ultimi non erano ancora così profondamente disgustati della politica europea, e più particolarmente francese; l'abisso dell'odio, infine, non era stato ancora scavato tra Francia e Germania dalla prolungata e inasprita occupazione renana, dalle molteplici umiliazioni, dall'effettivo passaggio del fatale « corridoio » tra Prussia occidentale e orientale alla Polonia, dal gravissimo errore della spartizione altoslesiana, e oggi infine dalla occupazione della Ruhr. Oggi, tutto è cambiato, e nessuna delle condizioni allora favorevoli, o almeno non contrarie, esistono più. Oggi, una intesa continentale tra Francia, Germania e Italia è moralmente irrealizzabile, economicamente assurda, politicamente pericolosissima per la libertà dei popoli europei. C'è la questione dei debiti continentali verso Inghilterra ed America. Questione gravissima Ma nessuno, sul continente, può sognare di risolverla con un colpo di forza: i colpi di forza, sui meccanismi internazionali della moneta e del credito, non servono a nulla, o piuttosto servono alla rovina di chi li compie. E qualunque durezza pongano gli Stati Uniti e — in grado assai minore — l'Inghilterra a tener fermL^i loro diritti, questa durezza non può fur velo ai motivi reali ed agli scopi ultimi del loro contegno. Inghilterra e Stati Uniti — sopratutto la prima — sanno benissimo che molto, forse tutto dovranno condonare. Ma essi non possono rassegnarsi a tale pèrdita ben grave — e se vi si rassegnassero i Governi, non lo farebbero i popoli — ove non ne appaia ben chiaro il corrispettivo: corrispettivo che rappresenta per essi — e soprattutto per l'Inghilterra — non un vantaggio, ma una necessità. Il corrispettivo è quella radicale pacificazione e riorganizzazione europea che salvi lo loro industrie, ma insieme tutta l'Europa, dalla rovina; e quell'equilibrio politico europeo, fatto di giustizia, di senso storico, di obbedienza alle leggi della vita, che assicuri tutti contro una egemonia pericolosa e rovinosa più ancora di quella contro cui è stata combattuta la guerra mondiale. E' inutile tergiversare o scantonare o girare attorno: sono oggi di fronte due concezioni antitetiche:! quella francese, o piuttosto di alcuni uomini politici francesi, dominanti purtroppo, per ora, la nazione, secondo la quale bisogna guardare unicamente all'interesse immediato e isolato del proprio paese, lasciando pure che tutto il resto del mondo vada in malora, e anzi godendone come di un beneficio supremo; e l'altra, che ieri taluni dicevano esse-re una improvvisazione di Lloyd George, mentre appare oggi la persuasione di tutto il mondo anglo-sassone, di qua e di là dell'Oceano, e di tutti coloro che ancora ragionano, e secondo la quale l'Europa si salverà insieme con un'opera di pacificazione e assestamento solidali, o perirà tutta insieme. Fra le due concezioni bisogna scegliere, nettamente, decisamente; e sólo a scelta fatta sarà possibile inquadrare in essa la soluzione dei problemi particolari, la cui ricerca altrimenti sarebbe artificiale, precaria c finalmente rovinosa per ogni nazione. L'atteggiamento della Polonia Berlino, 11, notte. I giornali di stamattina mettono in rilievo l'attitudine della Polonia e della Cèco-Slovacchia. Come è noto, si era affermato l'altro ieri, che la Polonia avesse avuto l'intenzione di chiudere le sue frontiere verso la Germania. Ora la Vossische Zeitung riceve da Varsavia che le notizie, secondo le quali la Polonia avrebbe partecipalo prossimamente all'azione francese, sono destituite di fondamento. La Polonia considera l'azione francese unicamente come un affare franco-tedesco. Si smentisce pure la notizia che i minatori polacchi, i quali si trovano numero^ nei territori della Ruhr, abbiano deciso, per consiglio della Francia, di fare opera di crumiraggio, in caso di sciopero. Lo stesso giornale riceve da Praga che il deputato Kafka, capo del Partito democratico tedesco, ha domandato la convocazione immediata della Commissione degli affari esteri per udire dal Dottor Dencs spiegazioni sul punto di vista cèco-slovacco di fronte alla situazione internazionale, che si è venuta creando con la minaccia di invasione da parte della Francia del bacino della lluhr. Questa convocazione, secondo il deputato Kafka, sarebbe estremamente urgerle, visto che gli Stati vicini alla Germania potrebbero subire il contraccolpo della politica francese. CsècmafprunavfuLUgemivdcdmlfvedtfAvfpcIl contingente belga, composto di due battaglioni, squadroni di cavalleria, artiglieria, 10 carri d'assalto e 10 aeroplani è giunto slamane a Dusseldorf, per prendere parte alle ape razioni con la Francia. Come le troppe francesi sono entrate ad Essen (Servizio speciale della • Stampa ■) essùM, li, sera. Le truppe francesi sono entrate ad Essen slamane alle 11. L'occupazione della città è avvenuta senza alcun incidente, ma il contegno della popolazione, per quanto calma, lascia intendere con quale animo essa abbia accolto i soldati della repubblica francese. Tulli ì negozi erano chiusi e così pure le scuole. Parecchie case hanno sbarrato le porte e le finestre. La città presenta un aspetto desolatissimo, triste. Pochi curiosi hanno presenziato stamane all'entrata delle truppe francesi. Primi ad entrare furono alcuni drappelli di cavalleria, poi le auloblindate e infine un forte nucleo di fanteria di linea. Subito una commissione di ufficiali francesi si è recata al Rathaus, dove ha dato comunicazione al borgomastro della occupazione della città. Il borgomastro ha invialo all'amba sciatore degli Stali Uniti a Berlino un telegramma di protesta contro l'occupazione. Al tocco la stazione principale e il Municìpio erano già militarmente occupali; ma colonne francesi munite di mitragliatrici si sono spinte anche nei dintorni della città ad occupare le località di Rntcnscheim, Tregenhcim e Rellinghausen. Le truppe in città si sono acquartierate in vari locali;\il comando francese ha preso alloggio all'Hotel Kaiscrhof. Il comando francese ha anche emanato un proclama alla popolazione, invitandola a ritirarsi nelle case; invito piuttosto superfluo. Fino a poche ore prima sono avvenute in città riunioni di protesta. Ieri sera, in una assemblea di sminatori alla quale parteciparono in grande numero i comunisti, fu deciso di schierarsi compatti a fianco del Governo di Berlino. L'imbarco delle truppe americane Washington, 11, sera. ; Il generale Alien, comandante delle truppe americane in Renania, ha ricevuto ordine di tener pronte le sue truppe per l'imbarco ad Anversa o a Brema. II senatore Greed ha proposto il richiamo di Boyden, rappprcsentante non ufficiale degli Stati Uniti alla Commissione dello riparazioni. 11 senatore Reed si è congratulato col Governo per aver ordinato il ritiro delle truppe americane dal Reno. Le trattative per il consolidamento dei , debiti di guerra dell'Inghilterra verso gli Stati Uniti sono state riprese. II Governo degli Stali Uniti si è mostrato disposto a formare, a titolo sperimentale, un progetto di sistemazione più liberale di quello che risultava dalla legge votata dal Congresso. {A'j. Stefani).

Persone citate: Alien, Boyden, Brema, Kafka, Lloyd George, Mussolini, Poincaré, Rathaus, Tulli