DI alcune dcfi ministro Oc Stefani

DI alcune dcfi ministro Oc Stefani Di alcune errate deduzioni del ministero De Stefani TJ recente discorso del ministro De Stoloni olla Camcr? (« dal disavanzo all'avanzo >»), reca cifre e commenti che paiono fatti apposta otr indurre il pubblico n quell'ottimismo contro il mia le lo stesso ministro si ò pronuncato col dire che l'occasione del parlare gli eia data « do! desiderio di contrapporre, in dosi adeguate, all'allegria finanzia :a di taluno, la mia melanconia finanziaria ». Senonchè, a preservare la gente dalla sensazione ottimistica emananto dall'insieme e da taluni particolari della relazione De Stefani, pi Ci di quella premessa dichiarazione di « melanconia » vnle, purtroppo, il fatto della sterlina a 110. Questo 110 scritto sulle lavagne dei cambi nelh vetrine delle banche e dei banchieri e sui bollettini dei gior» nali, induce sì il pubblico a melanconici pensieri, non ignorando ognuno che la maggioro altezza del cambio vuol dire, in definitiva, un più alto costo della vita ed 6 indice realistico della situazione economico-finanziaria de) paese com'essa restito al non sentimentale giudizio della banca intemazionale, sul mercato mondiale del credito. Ed ecco il contrasto che snlla snibito agli occhi del pubblico: come che il cambio sale, che la lira cala, se le cifre del bilancio esposte tìal ministro al Parlamento sono tali da mostrare un progres■miglioramento della nostra situazio. *■ .anziane? So dal disavanzo siamo all'avanzo? Se la bilancia dei pagamenti internazionali è in progressivo miglioramento? Il contrasto è cosi evidente, alia portata di tutti, che il metterne in luco gli elementi è doveroso, se si vuole evitare — come 11 ministro De Stefani è certo il primo a volere — che l'opinione pubblica si smarrisca ne! dubbio brancolando tra l'illusione e il pessimismo. *"# Due sono gli elementi finanziari che più Importano per il eredito di un paese: il bilancio statile e la bilancia commercialo. Per il bilancio statale l'avanzo preannunci-ito dal ministro per l'esercizio ID"-.'.V26 sta ad attestare il lento faticoso ma progressivo riassetto della nostra finanza, e su questo punto lasciamo la parola al nostro collaboratore per la parte finan¬ ziatili; ma in quanto alla bilancia commerciale le cifro esposte dall'on. Do Slefani meritano di esser'- un po' ragionale. I! ministro ha dato al Paeso ed al mondo questo annuncio lietissimo: « La bilancia commerciale presenta nei « primi dieci mesi di quest'anno un mlgiio» ramento di I miliardo lfi4 milioni in conti franto ilei primi dieci mesi dolio *ioi*o «anno, e ciò per il fatto 'he, mentile le e» spOTtazIoni ni primi direi mesi di que- • stanno superano di t miliardi ras milioni • le esportazioni dell'ugual perkido del l»'r23, « l'aumento delle importazioni è sudo tra i • One periodi ocirrtepondontl di 1 miliardo . L'eccedenza de _ mille e-sprirtazlonl nel jiettombre n nell'or- 68 millrml. L'eccedenza delle Importazioni Ilille osnin-tAzionl nel «MtomhrA « "««'"*-1lohre del 1923 e del 1024 dleeose, rispettiva-jni a lr2 milioni e da '« niente, da 329 milioni « 259 milioni a 111 milioni ». Che una Ini novella sia delle più liete che ci si potesse aspettare, ognuno lo capisce da sò non ignorando — ripo'iauio — l'importanza diretta e immedia'a che il miitlioramento della bilancia coierrteriinle ha sul credito del pnw»?. Ora, secondo le cif'-'c De Stornili, dal l.u gennaio al 31 ot(olire di rpie-d.'ann, l'Italia ha esport.-iio per 2 mi'inrdi e 732 milioni di piò elio noi corrispondenti dieci mesi del 19'?t), mentre ha importato in più solo per 1 miliardo e ?'?8 milioni : dondf l'annunciato miglioramento di 1 miliardo e 4G4 milioni di lire. La nostra bilancia commerciale non ò con questo ancora all'attivo, ma l'avere ridotta l'eccedenza delle importazioni sullo esportazioni di ben f miliardo e tfi-i milioni è tal passo avanti, verso il saldo, di nniorizT.are la domanda già accennata: co. me mai ad una cosi notevole riduzione del nostro deficit commerciato non corrisponda, oggi, anziché un in nap ri mento, un ribasso del cambio, o per lo meno una cerla stabilizzazione? Per rispondere a questa domanda bisogna scendere dall'alto loco. nismo del ministro nella bassura delle cifre, che cosi Uniscono la somma delle minori Import-zl.oni e delle rnagciori esportazioni nei dieci primi mesi dell'anno in confronto allo stesso periodo del 1025. Ed allora si vedo che a' <• miglioramento » della bilancia commerciale ha anzitutto contribuito la minoro importazione di frumento; cosi: Importaziono | Baportaslone Qniintlta Valors Qaantita Vaiore Dal 1 Gcnn. nl SI Ott. 1023 term. 2.459.433 2.003.425.500 12.331 13.270.017 n „ „ ,, „ 1924 „ 1.733.167 1.880.438.083 ' 8.872 8.158.427 Minor© iraportazicmo nel *2*i touu. 726.270 807.086.817 8.459 4.121.490 In definitiva, dunque, la differenza gra-1naria nella bilancia commerciale dei primi | dieci mesi dell'anno, in confronto a quelli de! 1923, è di tonnellate 72,?.8l7 per un valore di L. 803.865.327. Ma che cosa rappresentano questi 803 milioni di Ijre a vantaggio della bilancia commerciale? Per rappresentare qualche cosa di effettivo, di concreto, di definitivo, sarebbe necessario che la minore importazione di grano effettuata dal l.o gennaio al 31 ottobre rispondesse alla realtà del /abbisogno nazionale cioè o ad un corrispondente aumento della produzione nazionale, o ad una corrispondente diminuzione di consumo. Ora. so non c'è bisogno di dimostrare che il fabbisogno granario degli italiani può essere aumentato ma non è certo diminuito, è pur risaputo che la produzione 1924 ò stata anche da noi assai inferiore a quella 1923, che fu un'annata eccezionalmente favorevole. Secondo calcoli autorevoli, la preveduta e avveratasi minor mèsse nazionale (che si à. aggirata quest'anno sui 46 milioni di quintali, invece dei 61 dell'annata precedente) lasciava scoperto un fabbisogno di 30-32 milioni di quintali, ossia circa 3 milioni di tonnellate. Quest'anno, adunque, par i primi dieci mesi, bisognava importare più che meno dei 2 milioni e mezzo di tonnellate importate nel gennaio-ottobre 1923: se l'importazione è stata, invece, interiore di ben 726.276 tonnellate, vuol dire che nei prossimi mesi, se l'Italia vuol aver pane fino al prossimo raccolto, bisognerà importare la differenza. Cosicché, se oggi la bilancia commerciale appare sgravata, per il grano, di 803 milioni di lire, nel mesi prossimi necessariamente essa 1dovrà sopportare un onore anche superio| re, dato che il prezzo del frumento non tende a! ribasso, e noi di certo dovremo pagare domani con una moneta ancor più svalutata. L'apparente, sgravio attuale del- i la bilancia commerciale per la voce « gra-1 no » si risolverà pertanto in un aggravio più forte Clie nel 1923; e di positivo, di concreto, non resterà al Pansé che il danno di una imprevidenza colpevole per non avere il Governo tempestivamente assicurato tutto il fabbisogno granario. Il Governo ha un bel vantare, si, il miglioramento della bilancia commerciale; ma intanto, per gli 803 milioni relativi al grano, il Paese può melanconicarnentc pensare che il pane costa oggi fin 2,50 il chilo,' e più dovrà forse pagarlo prossimamente. Questo per 803 milioni, cioè per più delia metà del miliardo e 464 milioni di minor sbilancio commerciale annunciato dal ministro. E per gli altri 661 milioni? Rappresentano almeno essi qualcosa di positivo, come realtà d'incremento economico? Per buona parte, questi 661 milioni derivano da aumenti di esportazioni, e l'aumento delle esportazioni è certo buon segno. Ma ad un patto: che il di più venduto all'estero non sia tolto al fabbisogno nazionale, in guisa da determinare un inasprimento di prezzi o una restrizione di consumi necessari. Orbene, nemmeno a farlo apposta, le voci che nei dieci primi mesi di quest'anno hanno dato incremento alle nostre esportazioni sono di derrate alimentari di primaria necessità: la farina di frumento, il granoturco, il riso, le patata, per non parlare che delle più importanti. Ecco le cifro: Esportate nei primi dieci mesi del 1024 10 2 3 meterenM Qmantiti Vaiore Quantity Vaiore Qnantita Valors Farina tr. qL 1.097.268 160.609523 431.733 61.554.991 665.635 89.064.882 Granirareo tonn. 28.673 22X42.922 L022 923JSC 22j651 JJLU9.S96 Rteo n 110.265 200664.811 37.916 62*03^04 72.349 138^61.707 Patafe . 168.991 1284.46.482 [> 141.404 79.088.o86 27.587 49.066.761 Totale Telor* la più par le 4 voci . L. 297582.966 In totale si tratta di una maggiore esportazione per il valore di L. 297,382,986. Ma che significa l'aver venduto all'estero tanta più farina e granturco e riso e patate? Trattandosi di derrate essenziali alla alimentazione del paese, non si cade nel pregiudizio mercantilistico, nè c'è bisogno di far calcoli di costi comparati, per affermare che, al disopra di ogni eventuale corrispettiva convenienza alla importazione, sta il fatto dominante dei fabbisogno nazionale. Ora, quelle maggiori esportazioni Corrispondono forse ad una sovrabbondanza di produzione in rapporto al fabbisogno nazionale? Ahimè! Per la farina non è il caso di discutere, dato che la farina è di grano e come si stia a grano l'abbiam già visto; e per il riso, le patate, il granturco ci sono i prezzi del' mercato che parlan chiaro. Rincari enormi, che pesano specialmente sull'economia domestica delle classi non abbienti. Per il granturco, poi, l'averne esportato ventitré volte più che l'anno scorso rappresenta ima falla tanto maggiore nel fabbisogno nazionale in quanto all'imprct-ionante aumento di esportazione corrisponde una notevolissima diminuzione di importazione: infatti, nei primi 10 mesi di quest'anno, il granturco importato nel Regno ammonta a 133,502 tonnellate, mentre nel corrispondente periodo del 1923 se ne importarono per 4425,624 tonnellate. Orbene, se per la farina si rientra nel ragionamento che abbiamo fatto per il giano cioè a dire che verrà il momento in cui gli 89 milioni di lire introitati in più dal gennaio all'ottobre per la maggiore esportazione, sfumeranno in un altrettanto, se pure non più torlo onere che dovremo sopportare per acquistare farina di frumento per il pane e le paste — per le altre derrate si può dire per lo meno che, nella stazionaria c diminuita produzione nazionale, l'aumento considerevole della loro esportazione, se da una parte ha potuto ingrossare l'entrata dolla bilancia commerciala, dall'altra si risolvi' in una... non enlruto nello stomaco doliti Nazione, ossia in un deficit nei bilanciò alimentare del paese. E qual razza d'incremento economico ò mai quello di una espo- izLno fatta a spese dcH'arimentn- zione generale dei cittadini, In special modo dei ceti più popolari, cui se il pane è scarso e carissimo è financo tolta o diminuita la possibilità di nutrirsi a buon naer. cato di riso, di polenta, di patate? Quel che di essenziale ci vuole per dar da mangiare al paese — il pane in prima linea, e poi il resto — ha da saltar fuori in un modo o nell'altro; e se l'asportazione fu eccessiva rispetto al fabbisogno, o ne fu inadeguta la importazione, 1 milioni di lire che s'incassarono dall'estero o che non si spesero a tempo debito, dovranno per forza ripassare o passare la frontiera, se pure non dovranno passarla e ripassarla in misura maggioro per le stesse quantità di derrate. Vedremo allora dove va a finire il proclamato incremento della bilancia commerciale! Non aumento di attivo, ma soltanto partite di giro, se non perdita addirittura. •»» Concludendo: por gran parte almeno, il miglioramento della bilancia commerciale vantato dalle cifro Do Stefani non è che apparenza finanziaria del momento: non una realtà economica. Ombra di fronde contabili, non corpo di ricchezza realizzata. E il mettere in bella mostra quelle cifro senza illustrarne la reale portata è illudere il paese, è addormentarlo à furia di morfina. Ma poi viene ti risveglio, tanto più penoso quanto più forte fu il sonno propinato con l'artifìcio: il risveglio a 110 lire per nna sterlina Perchè all'estero — non illudiamoci — starmo svegli, e. anche in fatto di bilancia commercialo vedono chia. ro, sotto lo cifro e jj di là delle cifre, nel vivo della realtà economica della nazione : quello che c'è e quello che manca, ciò che entra da una parte per uscire necessariamente moltiplicato dall'altra, ben distinguendo il fittizio dal reale, l'apparenza dalla sostanza, la farina ohe va in pane da quella che invece va tn crusca.

Persone citate: De Stefani

Luoghi citati: Italia