I doni umili

I doni umiliI doni umili Io ebbi certo una qualche piccola porfida amica à infanzia, ohe tu nefasta per le mio jsrioio ii.i allora. Fu. corto lei che mi spogliò, eoa mano rapace o crudolo, di butti i miei infantili tesori di fantasia e di fede, non già i>cr goderne, poiciió non sapeva davvero olio faraone, ma por calpestarli davanti a mo e ridere del mio doloio, Dio sta por quali istinto ili ilielj-uzio.no e di beffa. Iti quei tempi io credevo con candida fomnesa ohe> i figlinoli nascessero dentro i cri voli, corno mi era stato affermato dai famigliari o <la tutti i < grandi » cho conoscevo. 13 perchè non lo avrei creduto? Io aro piena di s.-ria credulità davanti mi e grandi » e ciecamento persuadi irli tutto quanto e«n mi raocontava.no. Dei resto, mi era naturalo e piooovo'.o ii ìnuna- mc-ra\"iirHc*;o dove la mainavano lioburnonto a ra^r^-liere i resto, ginare u/r mino anel.-. loro bainbiai, seoerumdo lo grandi foglie violacee o argentea, tastando con trepirlarione giù giù lino a sentirò la testina dura, trovaiido nel profondo, chiuso corno in un nido, il piccino nuovo, tondo o fresco e simile od un frutto. Grodevo, in quei tempi, cosa pojsnbilisaìm* e niente affatto Bt.rarjrclinai.-ia, clic corte persone di oonooxnza vaga o incerta, di apeparonza tranio.till*, ma. un po' misteriosa, certo vicino eii casa., vecchietto di oui non ai coucsoe zan beino lo abitu-lini ma che ai sapevano afflitte da qualche bizzarria innooente, owrte bottegaie gontild clic mi sorridevano be-o.evoi'.m'-nto quando onoravo nella loro holim^oà'^ oscura, fodero, all'insaputa di tutti, delle fato sperdute sulla terra. Nò mi sarci meravigliata di venir a r.apere, un bel giorno, che ima di «sse ci era sempre interessata ori fatti miei, pvoteggendomi contro tolto lo avversità e preparandomi, bontà mia, un avvoniro coi fiocchi. Credevo. ;:: quei tempi, e con gioia maggiore che in butto ii resto, nella venuta doi 'Bambino sulla terra, la notte eli Natalo, e nei piccoli doni cha pian piano ini metteva sotto il cuscino. Con che assiduità appassionata, durante la festosa novena, io andavo ormi giorno nolla cWc3a illuminata, piena di gente, di nuvo'.oUte eì'inoenso, di canti o di aillegrrzEa !... Mi cacrias-o, tenta., nolla folla più fatta, senza pania di cter fastidio a neeinino, perchè qnci devoti mi pareva di ccrnOfKvrK ad uno aji uno, c~rr;o fnvtoOi, e li immaginavo butti pieni di indulgenza per me. E g^noccMoui, più vicina ohe poteva all'altare, col cuora colmo di un tripudio ineffabile, mi es.--it.avo cantando a gola spiegala quel bel canto natalizio di oui non capivo lo parole. Non lo cai ivo, ma le cantavo ngua'-nento con fremente impeto, poierhe sapc-vo per istinto che erano pieno di promcw, (ii dolcezza, di gioia. Ancora adosao non pc«>o udire quel canto nenia eontirmi an fr. mito nelle, vene: quaicoea cerno uxa caressi profumata e puerile mi sfiora la fronte e, acche per un attimo solo, mi sonto leggera d'ogni pena e in preda a un giubilo e ad una le.xirewwa inofjpb'oabiJi. Tra i temi doll'altere, niilcsra, il Bambinello di cera nedia sua culla di paglia dorata ai facova tutto roseo al riflesso dolle fiammelle e se io lo fissavo intonsamente, mi Borridewa oon particolare dolcezza. Ebbra di amoro e di riconoscenza, giuravo a me stcosa dia Dolia vigilia famosa, nel'a sera tanto attesa. 1 avrei aspettato sveglia (o/uaaitunqiie fecce, pie ibi te) e che avrei osato guardarlo, cluodendogli, Be mo no baatavau te forse, perdono. Dopo queota decisione, speranza o teri-OTe mi agitavano outmramonte. ila la speranza prevaleva. E la sera, quando oro a lotto e tutto in casa taceva, resistevo disporatamento alla morbidezza del sonno tenendo gli occhi spalancati più che potevo. Poi rdi abbandonavo, .vinta; non interamente, però, porciiò mi parava di trasalire e allora dicevo tra me o me, contenta: — Meno malo che non mi sono addormentata... Ombro dolcissime mi avviluppavano come- coltri di seta in cui io mi erodevo sveglia, vigile, tutt'ardente d'ansietà. D'improvvido Egli giungeva. boa figura, in fondo ?1 corridoio lungo e cacavo (e io non capivo corno mai l'osai lì fuori doll'uFcio, e non noi mio lette}, scattava oome un'apparizione luminosa. Era un alto, rnacste>so fanciullo bioue;>rosato, con la tosta ricciuta 00:110 ('nella di S. Giovannino e l'atteggiamento adorabile del volo. Le sue braccia ore no aperto, i suoi piedi non toccavano forra. Rimaneva là forano e Inminoao, in cima al corridoio oscuro, dova tutto lo porto ero.n chiuso e sbarrato, e C silenzio era aito, e il sonno di .tutti profondo. Una deliziosa anfoecia mi paralizzava o prolungava k. mia aurea. Ma quando osavo faro un movimento, aprivo gli ocelli, sentivo sotto il mio capo il 011ecino gonfio di dure-zze insolito e con una leu tozza piena di bealiludir.o tritavo cou la punta dulie dita 1 .lue o Irò pacchettini ben legati ooi nastrini colesti o roaa, che rappresentavano }'inauditi-, sorpresa di ogni anno. La mia letizia era così ingenua o senza macchia, la mia riero.oeF.ee ti za cosi pura, elio mai mi domandavo peichò quei doni' fossato così amili o in dirotto rapporto della nostra condiziono; mai mi moravigìiavo, ne mi dolevo quando mi venivano enumerati tutti quelli splèndidi dei fanciulli che stavano ai primi piani. Fu. lei corto, fu la piccola jtor.l'la amica d'infanzia, a farmi d.-nsapevola dì quella diversità. Sila mi aveva già brutalmente aperto gli occhi riguardo alio fato. < Ma che fate d'EgittoI Le fato non esistono!... Grande coma sei, non ti verge^ni di credere a quelle fan-ionie?... ». E io mo ne vergognai, por opera sua. Fu lei certe cho mi svelò, tu aria ■qualche lugubre sera, dopo gli spensierati giochi della giornata, bruendomi in ini angolo buio dot cortile, i! trev moaelo mistero d'ogni nases'ta, o noi mi lasciò salire lo scale con gambo trematiti e entrare in casa pallida e sconvolta corno una oolpevolo, e mi dette cosi sogni agitatidmdimfFcelernEiosfuaceclaavVuplaavcftnqboMèfsvuucmpsTOoni d'incubi risveffli improvvisi e riallorpioni o i-cuoi, (..,.(. „t" , « o taciturnità di mal ita. h quando ima m«.tire, saputa la ragiono del mio smarrimento, mi dij3'--, guardandomi gravemente, con uno sguardo e un tono di vece ohe affermavano l'irreparabile: 0 Ecco, così ta hai perduto la bua innocenza ! », io vissi silenziosamente, con lacrime segrete, butta una lunga e terribile tragedia infantile, durante a qualo mi c olivo vittima di una malvagità più forte di me. e il volto della oda piccola amico ini ni -l'iva come quello doi diavoloFu h-i infine eh* disse una fredda sera 3'inverno, tei landò da scuola, segnandoma dito o f.,Ì7i.' 'o contro di mo !o scherndelle mie <o. igne: « Quella lì, grandcom'è, cre.'it ancora cho .;::i il Bambino portare i re -j. ;■' Jfatal 1 Noti si accorgche la tua : ... : .a a comprarli dall.idroghiera dell'angolo cr dalla merciaia d^•.•^acoia ! ». Tutto )«.• bambine risero con u a a a o . o e o n oe , a a a i aa a rno, a o mi mi ui te e lì tra o, oel oi là io e di mi Ma vo ghigno satanico della mia dabonnaggine, ot I mi dispreizarono come la più timida e ! la più sciocca di butte loro. Mi sentii sola sola o con un gran freddo acl!<j«so, sperduta in ira deserto di ghiaccio... Eppure volevo sopore!... Tonn/arbai mia madre con domande incessanti. lilla rispondeva con poca energia: « Ma sieruro elio ò il Bauibino, lo sai purel ». E quel tono molle, contiisoein-k-.ito, mi disperava fino iti fondo all'anima. Alla lino olla mi guardò. Forse lo parvi già troppo grandicella per ctikIotO ancora a quella fantasia, foTSO coelette anche lei a quella miel-eriosa voluttà elio si prova noi proclamare una verità tornita por tanto tempo gelcsamuntc nascosta. E finì con l'ammetterò: « Ma si, là, sono io, non il Bambino!... Sei contonta adesso? ». Fu certo in quel punto ohe la mia fanciullezza fini. Fu in quel punto che io uscii dal giardino incantato della vita, dove avevo potato fino allora giraro a mio piacimento; nò trovai moi più la strada elio vi condliceva, nò il caneeOlo elio lo circondava. Mia madre disse, per consolarmi: e Ma i regali li avrai lo stesso! Non avevi detto elio desideravi un libro'! L'avrai ! E andremo a comprarlo ingioino ». Volle anche regalarmi, corno tutti gli anni, una scatolina eli cioccolatini, e mi condense per ciò dalla drogheria dell'angolo, secondo l'esatta predizione della piccola perfida amica. Vidi le mio gioie passate dentro gli antichi barattoli delia bobtegucciia modesta, vidi lo Riagnolo scolorito di quei vecchi cioccolatini ebo mi oran sompro parse così fulgide, belle corno l'argento e l'oro, e sentii quel leggero odoro di roba frusta che non avevo mai e poi mai gentito fino a quel momento. La. òj-oghiera mi ri ornando benevola, legando il pacchetto col nastrino ooleste: — E il Bambino, quest'anno?... Mia madre risposo per mo: — Oh, ormai è grande... Ma la eiroghiieira mi vide forse poco contenta, perchè mi diodo por soprani ora.ato una ' ocatola di saponette, vuota. E poi andammo a comprare il libro, tn una bottega di cartoleria, lì vicino. Era una botteguccia piexolissima, dove si faceva un grajj. commercio di decalcomanie, tenuta da due fratelli, duo vecchi scapoli musoni, alti e curvi, cho stavano a vonderro per turno, so no riempivano la bottega loro due. Chiedemmo un libro edie non forato di semola, ma da leggere, per divertimento, «c Che libro?... ». Mia madre non bo ne intendeva. Disse vagamento: t Mah!... Un libro... ». Ci dette un libriccino rilegato, con una copertina a colori, davo si vedeva un uomo vestito da selvaggio, coi capelli Ringhi, certi occhi invorosimilmcmbe grandi, accovacciato eopra una zattera, mentro un altro uomo poco distante, oon un'aria ancora più selvaggia. Io guardava com uno sguardo di cane devoto. Era la storia, ridotta, di Robinson Crusoò. Come lo detestai fin d'allora quel Robinson Cmisoè!... Tutte le abilità di quell'ingegnoso naufrago mi lasciarono fredda e la fedeltà, e la devozione di Venerdì non m intore«c«irono nò punto nè poco. Lessi quella storia subito, prima ancora di andar© a letto, ma quando mi svegliai, la mattina di Natale, Robinson Crusoò non aveva più niente da dirmi. Como mi parvero piccoli, miseri i mica doni di Natale, lì sopra una seggiolo accanto al letto, quantainquo mia madre avesse aggiunto al libro e ai ciocxolatini un pacchetto di liquirizia!... Como l'avrei amate qiwl Robinson se fosse stato il dono doi Bambino !... Sarebbe stato l'imprevisto, la .leprosa, la fantasia, il desidario soddisfatto, la felicità... Avrei amato lui, e anche Venerdì, mi sarei oormmcasa al suo naufragio, esaltata al racconto dei suoi sacrifici, dello sue audacie, avrei errato con lui nella barra misteriosa dov'era sbarcato... Invece, povero Robinson, pagò il fio delle mie dolurioni: non Lo potei mai soffrire: neanche tanti anni cLojx) riuscii a leggere la aua storia con interesse. Ma allora, in quella modesta edizione, accanto a quei miseri paeohetti dei ciocoplatini e della liquirizia, lo esecrai addirittura. Sentivo per la prima volta come sia fredda la povertà, cruando lo illusioni non la scaldano più ; per la prima volta masticai l'amarezza dell'ingiustizia. For quell'anno e per molti anni ancora II Natale mi apparvo b1 un giorno di folicità, ma di felicità per gli altri... Mi si diceva, per c-onfc/rbarmi : —Vuoi cho andiamo a vedere il presepio?... Andavo, ma il mio cuore restava triste o deluso: sapevo m tornare nella, min casa senza gioia. Fu solo dopo molto tempo che i presepi mi apparvero in butta la loro fulgida poesia ; o più ancora degli splendori dei Re Magi, sentii la grandezza poetica di Gelindo e di tutta La sua famiglia, dei pastori eh© vedono Dio e elio personificano, coi loro umili regali, la fwlioità del donare. CAROLA PROSPERI. rmdmnqtoqrldnpcccdlnap

Persone citate: Robinson, Robinson Crusoò

Luoghi citati: Como