Manzoni inedito su " La Stampa ,,

Manzoni inedito su " La Stampa ,, Manzoni inedito su " La Stampa ,, II Risorgimento italiano e la Rivoluzione francese in scritti finora sconoscinti Con le uflitime paibblioazioni j>or il aquambanflaùo daLla morto di Alessandro Manzoni si poteva credere il grando scri.tr toro non avesse più segreti per noi. DeBoritto da' suoi cari nell'intimità dolila famiglia orarne essi lo conobbero o lo amarono; rivolatosi dia se stesso, cori la prima redazione deJ oapokworo o delle scritture sue linguistàalie, in quella ben più profonda intimità che ò'ia vita delio spirito nel' momento olio crea l'opera d'arto o formula o risolve i problemi ohe sorgono da essa; tutto del Manzoni pareva oramai si conomesse. Restava, ò vero, ancora l'uomo politico, ma nei penedero di tutti il Man' anni era, come c ancora, il poeta e il filosofo solitario, che vive lontano dai rumori dalia vita, che ha anzi paura della vita, e se pur s'imfcereesa in qualche modo di essa, vi partecipa puramente con una contemplazione che si esaurisce n«l fatto del conoscere. Dalla graoide opeaia, del Risorgimento nazioniaie il Manzoni parve un assente, anzi il più grande degli assenti. E il supposto suo atteggiamento di fronte al dramma che si svolse dinanzi a lui fu spiegato con l'altezza dello spirito, olio nella sua cristiana universialàtà trasceso i limiti della nazione. Certo anche al Manzoni, come ad ogni anima veramente cristiana », la somiglianza » ohe dà a noi il nostro i essere d'uomo » parve c ben più forte che la diversità di nazione »; pure nello spirito realistico di lui la nazione si subordinò, non sa oppose all'uonanità. L'esistenza del» nazione,, libera parve anzi a lui premessa in<)f-..cl?:abile alla «librazione dcH'uniiiunità. T'fi stosni ideali che poreeg-aiva si jrate- taziqunque dedurre in lui una partecipa Più lb aliJa vita nazionale ben più Bolleoiita mJ*ù operosa che comunemente non gli si tnttflibuiese. Vero è che se nei col'loarni poteva di tratto in tratto lasciarsi anRrl® 6 Parer ' arditissimo », quasi subito, ^Inntrraita Ila riflessione, si ricomponeva di fla più rigorosa ocanipaKsatezza. E nello "vero pesava ogni parola, misurava ogni se. Pure anche attraverso il riserbo deiscritto, a chi sappia leggere e comprenohe forza di passione si celi sotto a quedvokita contenutezza, le suo lettere fanoapire una intensità di partecipazione lia vita politica molto più ardente che al imo aspetto non paia. Lettore appassiolato di giornali, rimase prof ond ameni te afflitto quando in Lombaaxiia fu proibito il "RUorpimenlo. Scriveva a volte articoli postici per i giornaili di Torino e di Firenze li mandava' in gran segreto allo rodazioporchc fossero pubblicati; spesso, per '©jgere più ampiamente la questione e iliarla in tutte le sue parti, finiva con mandare ciò ohe aveva scritto. Non Jmomo atto ad agire, ma virtuoso a consigliare. Sono noti i lunghi soggiorni del poeta a, Lesa e in altri paesi della sponda piemoatese del Lago Maggiore. Ora qui egli li trovò con Massimo D'Azeglio, con Camillo Cavour, e Giovanni Berchet, gli Aroona/ti, i Tratti, i Collegno; qui si trovarono o convennero a conversare con lui Antonio Rosmini, Giambattista Giorgiui, Ruggero Bonghi, Francesco Da Sanctis, Giuseppe Massari. Che passò nei colloqui di quei nobili spiriti? E « la causa che era 'stata ed era il sospiro di tutta la loro ■rita », — adopero per tutti le paro!© che il Manzoni scrisse di sò — quanto entrò nelle loro discussioni? Chi potesse rispondere a questa domanda non racconterebbe solo l'attività politica del Manzoni, ma farebbe in pai te anche Ja storia dei nostro Risorgimento. Il Cavour fu — secondo il Massari — conosciuto dal Manzoni a Strega, in casa del Rosmini, nel 1851, prima ohe il futuro artefice della grande politica piemontese entrasse a -far parte del Ministero D'Azeglio. I due s'intesero subito. L'argomento della conversaziono -- continua il Massari nei suoi a Riconti biografiai » sul conte di Cavour — fu l'Italia, i suoi destini: « il poeta parlava con serena fiducia della unità nazionale, il Rosmini col benevolo sorriso pareva dicesse al Manzoni : lasciate troppo libero il volo alla vostra fantasia : il Cavour si fregava lo mani, e di tratto in tratto esclamava: qualche cosa faremo ». Ma il Manzoni intuì fin da quella conversazione che quelli'uónio avrebbe fatto, e si fece da quel momento interprete e apostolo, della sua futura grandezza. <r QuoM'omiao — soleva dire agli amici o tra questi a Giovanni Berohet — ohe in quei mesi villeggiava a Pallan^a cou la famiglia Arconati — « quell'omino promette bone assai ». Tali', fu e apparve il Manzoni nella realtà della vita. Ma la vita di un uomo, e in jspecie di un uomo grande che vive appartato dal mondo, rimane a chi la indaga una nebulosa finche non trovi ii centro che ne illumina i frammenti, non saputi prima raccogliere ad unità. Questo centro per la vita politica del Manzoni l'ha trovato ora Domenico Bui Ceretta. Il Bui feretri per il cinquantenario ci rivelò prima c iManzoni intimo », ci rischiarò poi con i« Scurir Messa » la formazione del pensiero di lui. Da allora proseguì con pertinacia instancabile le sue ricerche. Le prime scoperte, dovevano por lo studioso segnare l'inizio di una nuova piti profonda e più vasta indagine su tutta la vita spirituale del crande lombardo, e per compiere queste, indagine bisognava raccogliere e pubblicare tutti gli scritti ancora dispp.rà o poco noti di lui. Egli per suo conto con pertinacia instali cabile continuò a cercaire. Ed ecco olio oggi egli ti fa conoscere tra molto altro cnso minori duo preziosi scritti del Manzoni. Preziosi in sè, più presosi perche permettono di trovare ftnainiento il ceaitro del ponsiero e dell'attività politica del Manzoni, Si sapeva del oapoecuola dei Ramaoitioi, oggi per il Biilferebti sappiamo del Manzoni guida spirituale della più operosa schiera di_ liberali unitari, inspiratore del D'Azeglio, anima.tore del Cavour stesso in Piemonte, come del Gdorgini e di altri in Toscana. Qui sta la novità corno l'importanza della scoperta del Bulferetti. E se altri invidi a lui la fortuna ohe gli è capitata, noi diremo che certe fortune non toccano se non a ohi se le sa conquistare. E' noto il lungo frammento sulla « Rivoluzione frances* » che Ruggero Bonghi pubblicò il 1889 in mio dei volumi delle • Opere inedite o rare n del Manzoni. II ■aggio fu variamente giudicato; nel fondo però iiisieiuo <xm l'au-iiiiiraaioiic per l'acuta sottigliezza rlclil'opera isVra uogli stutlioei un sento di soaiioorlv. Perchè il Mail- zoni si era indotto ad un lungo t Saggio comparativo • fra due rivoluzioni, l'italiana e la francese, quando poi, non avendo finito la storia nò dell'una nò dell'altra, non dedusse le conseguenze ohe vailessero a illuminare la genesi dal suo pensiero e l filo conduttcro di esso lungo tutta l'opera? E si possono confrontare fenomeni che si svolsero va forma così differente e determinarono perciò effetti l'uà» dall'altro così diversi? Nessuno vide — e non si poteva — elio se amclio il Manzoni aveva illuminato o fecondato il suo scritto della propria filosofia, egli non si era mosso però alla camposizioiio di esso per intenti teorici. Che insomma un fino esscnzialirneute polemico, o pratico che si voglia dire, 0 aveva indotto a scrivere il libro. 11 Bonghi, con la conoscenza che aveva dello scrittore, intuì che quel libro doveva risalire a molto più su del tempo cui ne assegnava la> nom/pcsi'/ione. Ma non trasss alcun partito dalla sua intuizione. La verità ,c che poi1 comprendere il libro, e tutto il pensiero politico del Mìimzoni, bisogna appunto risalire a quegli anni foitiinoni del 48 e '49, quando si disouteva salila forma che si sarebbe dovuto dare all'Italia liberata, e l'uomo ohe per aJtezza di pensiero e pietà di vita egli stimò Bopra ogni altro, Antonio Resmini, pubblicava la sua « Costituzione secondo la Giustizia Sociale, con un'Appendice sull'Unità d'Italia » (Milano, Redaelli 1848). Le lettere del Manzoni al D'Azeglio in Piemonte, al Giorgini in Toscana, dicono chiaramente la parte cho 11 Manzoni prese a quel moto d'idee. Prevaleva, in troppi l'idea di una Costituente. La Costituente avevano a Roma proclamata i Triumviri, di Costituente si parlava in ogni parto d'Italia, e Giuseppe Montanelli, in carteggio col Manzoni, e che con il genero di lui aveva fondato un giornale in Toscani, ne ora aperto sostenitore. Il Giorgini si ritrasse allora dal giornale, ma il Manzoni vide subito il pericolo ohe si celava, diet.ro quel fatto e quell'illusione. La parte, anche se sfortunata, prosa dal Piemonte nel movimento di liberazione gli aveva mostrato quali fossero le condizioni perchè il movimento potesse riuscire, quali i fatti da evitare perchè 'a rivoluzione dalla sconfìtta presente non tirasse nella rovina tutti i valori ohe per la salvezza ccmtuine bisognava assolutamente salvare. E fin da allora vide l'utilità di pubblicare un libro dove fossero chiaramente mostrati i pericoli cui la nostra rivoluzione sarebbe andata incontro e i danni che le sarebbero venuti quando si fosse messa per le vie della francese. Qui — scrive il Bonghi riassumendo il pensiero informatore "1 libro — « l'Assemblea Nazionale, come i Comuni chiamarono gli Stati Generali quando riuscirono a mutarne é sovvertirne il carattere storico, distrusse coi primi auci atti il Governo, ch'era stata chiamata, a rifornì are; e lo distrusse, oh'è peggio, senza volere e senza sapere; nè fu mai più in grado di surrogargliene un altro: e d'altra parte, lasciò a mano a mano crescere nel paese una forza irregolare e tumultuaria, ohe cominciò col soverchiare essa stessa, e poi soverchiò le Assemblee ohe la seguirono, e travolse ogni cosa, Monarchia e libertà ». La Rivoluziono italiana, cho aveva trovato per sua ventura una Monarchia forte e degna che se n'era fatta capo, se voleva conseguire sicuipameute l'unità e la libertà della patria non-doveva cadere in quegli errori. Da quel giorno la rivoluzione attuata e quella in fieri si legarono indissolubilmente noi pensiero del Manzoni. E noll'Appemdioe del terzo capitolo della t Morale Cattolica », come nell'ultima parte del dialogo dell' < Invenzione » è evidente l'accenno a cotesta sua preoccupazione. Perchè dunque egli non pubblicò l'opera pene-ita? Le cause furono certo parecchie. Il desiderio fra il 49 e il 59 di poter mantenere la sua dimora in Milano, lo sviamento prodotto dagli studi linguistici, l'essersi il libro allargato via via più ohe egli non avesse creduto nel mettervi mano, il travaglio della correzione, tanto faticosa c lenta quanto era rapido il primo getto del pensiero. D'altra parte il corso degli avvenimenti in Francia ed in Italia 10 prendeva. Esso provava che egli aveva veduto giusto. La Rivoluzione italiana creava quella stabilita di ordinati instituti che la francese non aveva saputo, ohe aveva anzi distrutto. Ma appunto perciò bisognava attendere dal suo compimento la prova decisiva della verità fondamentale. Quando il sogno di tanti anni di trepidaziane fu realtà, il Manzoni contava già ottantaciuque anni. Pure si mise con alaore animo al lavoro per finirlo. Il racconto e la descrizione della Rivoluzione francese erano cresciuti di là dal primo proposito, l'italiana non era, forse, ancor incominciata. Ed era il punto ond'era partito. Mentre tirava avanti così, dal signor Pio Celestino Agodino — consigliere comunale di Torino, Delegato alla Direzione di una Raccolta d'autografi degli uomini maggiori che nelle diverse parti della penisola avevano cooperato alla redenzione della patria — gli venne l'invito a scrivere qualche c-csa sull'argomento. Era finalmente la « sospirata occasione di spiegare a parte a parte » — sono sue parole — il suo pensiero e « il sentimento che provava, come Italiano », per il Piemonte. E troncati gli indugi, lasciata staro la Rivoluzione francese, cominciò a scrivere dell'italiana. Ma la cosa andava troppo per lo lunghe e bisognava rispondere. Poiché il pensiero, così a lungo meditato, era nitidissimo, scrisse intanto all'Agodino l'assunto del suo lavoro. E l'assunto era: « Cho la concordia nata nel 1849 tra il giovano Re di cotesta estrema parte della patria comune, e il suo popolo ristretto d'allora, fu la prima cagione d'una tale indipendenza ; poiché fu essa, e essa sola che rese possibile Miche 11 generoso e non mai abbastanza riconosciuto-aiuto straniero; e essa sola clic fece rimaner privi d'effetto gli sforzi opposti dalla Potenza allora prevalente in Italia, v fatalmente avversa a questa indipendenza ». Poi continuò a scrivere con onore, a scrivere con lena. Erano i pensieri, erano i sentimenti più lungamente vagheggiati, più intimamente carezzati. Era la dimostrazione dell'importanza del Piemonte nella formazione dell'Italia, come centro e come forza propugnatrice dell'ordine della libertà dell'unità; era la celebrazione del suo Ito e del suo grande Ministro; era l'esaltazione dello Statuto per tutti gli Tuilùiiii indefettibile « putto di libertà», di ordino, di progresso civile. 11 sospiro o il savndmaslsntcpsdvlnlsvnslrMcidl[ e l a o , n i n o . a n l , o e a a e i e — o i a oò a ra r a ea ri. e nmto a ecr o i, e o, a to a a a ti eia e. ià ao e o, no. o adi ga ae oa eme li e a. e o, saa a il a u e oe ti , a o , oe e a di il sogno degili anni più giovani finalmente attuato. Il cuore batteva, ma l'uomo era vecchio, la mano stanca, ed egli non finì nemmeno questa volta. Così l'ultimio sogno del cittadino e dello scrittore si spense prima di potersi compire, corno troppe volte avviene dei sogni ohe le anime tutto chiuso in se troppo amano e troppo carezzano. Nessuno lesse più quelle carte. Ma quelle carte ha ora ritrovato il Bulferetti insieme con parti della Rivoluzione francese nou pubblicate dal Bonghi e molto più altre cose che non importi qui accennare, ben. che del pari ioteressantó per la storia del pensiero politico del grande. Se la prima inspirazione al giudizio ohe il Manzoni fece dei diritti della Società uimana, e delle violazioni che ossi soffersero per effetto della Rivoluziono francese, della rivendicazione ohe essi ebbero per il trionfo dell'italiana, venne a lui dal Rosmini, egli, alla sua volta, inspirò molti tra quelli che stavano intorno a lui. E bone il BuKeretti nella Relaziono del Giorgini al Parlamento sul disegno di legge onde "Vittorio Emanuele II fu proclamato re d'Italia sente l'inspirazione diretta del grande suo suocero. TI Manzoni non si mise allo sbaraglio politico; ma come in filosofia così in storia ed in politica, — che sono poi l'attuazione della filosofìa — ebbe un pensiero netto, preciso. Nelle opere minori di lui si sono cercati finora i riflessi del poeta e dell'autore dei Promessi Spesi; per merito del Bulferettd bisogna ora indagare anohe questa altra parte dell'attività sua spirituale. Qui sta la novità e la importanza della scoperta. "Questi scritti il Bulf eretti raccoglierà in volume e illustrerà con tutti quei documenti, quei raffronti, quello avvedutezze ohe costituiscano il pregio di tali libri e li rendono cari agli studiosi (1). Ma per la t Stampa » era debito d'onore pubbkcarao in anticipo le parti politicamente più interessanti. E non perchè essa fu la prima a pubblicare cinquanta anni or sono la lettera ove il Manzoni spiegava — come b'ò veduto — ali'Agodino il suo assunto o'gli prometteva un più ampio scritto sull'argomento (Gazzetta Piem.onlese 13 febbraio 1873), benché non sia certo senza sedisfazione per noi il poter intrecciare il prosente con quel passato. Con quale trepida commozione i lettori della Piemontese avranno letto la parola del più cho ottantenne scrittore, e pregato gli fosse conservata ancor tanta vita da poter attuare il suo sogno. Era la celebrazione del loro Piemonte da parte del più grande fra gli Italiani, appena pochi anni dopo ch'esso era uscito dal suo lungo travaglio per 'liberare l'Italia, e quando ancora esso soffriva per i sacrifizi che aveva dovuto sostenere e gli sminuimenti cui, come sede di regno, era dovuto sottostare. Vive ancora alcuno di quei lettori? Con non minore commozione vedrà oggi come a nói è dato, dopo mezzo secolo, rispondere a quell'attesa. Ma al dieopTa di questa pur legittima sodjsfaaione più alte ragioni ci muovono alla nostra pubblicazione. Alessandro Manzoni, fu, dopo Dante, quello fra gli scrittori nostri che disse all'Italia e al mondo una parola di più alta e più profonda urn arsita. Ora nelle paralo dei grandi spiriti c'è una verità che è sempre attuale, c'è una rispondenza che, per volgere d'anni, risona sempre con il presente. Di qui la perennità della loro grandezza e là freschezza eterna dell'opera loro. Alessandro Manzoni fu di quegli storici che credono alia responsabilità negli avvenimenti umani, e ne chiedono strettissimo conto agli autori. In alto o in basso, re ministri o popolo, tutti sono chiamati al suo tribunale a rendere ragione dell'opera loro. Più in alto più responsabilità, perchè — come egli diceva con Orazio — « quidquid de[lirant reges pleotuutur Achi vi » — (il popolo paga sempre il fio dogli errori dei grandi) ; ma anche il popolo è responsabile della sua partecipazione alla formazione della storia e della piega che con i suoi errori le fa prendere. Tutto si lega nella vita: gii errori fanno catena e trascinano, ieri come oggi, perchè la vita è nelle sue grandi linee sempre la stessa, e se il passato non ci ammaestra, se le risonanze, ohe, nella parola dei grandi, sentiamo di esso con il presente, nulla ci dicono, se non tremiamo delle responsabilità che anche noi ogni giorno incontriamo, e delle quali anche a noi la posterità cou la parola di qualche Tacito chiederà un giorno strettamente conto, tutto alllora è vano e c'è da disperare di noi. Alessandro Manzoni ammirò soprattutto il Piemonte. Lo ammirò per la lealtà del sovrano che lo resse e per il senso rigoroso ch'egli ebbe del proprio ufizio e delle tremende responsabilità che assunse di fronte all'Italia; lo esaltò per gli uomini politici che lo guidarono, per la moderazione e la fermezza che governò il suo popolo in ogni suo atto. Fu nn'ammn'irazione ohe cominciata giovanetto gli crebbe sempre più grande negli anni, e diventò luce e vampa dell'animo suo come cittadino e come scrittore ; una celebrazione commossa, scaturiente dalle più profonde radici del suo senso della storia e del divino. I Piemontesi non possono non sentirsene profondamente grati. Ma tanta celebrazione dell'opera loro da parto del più grande degli Italiani non può isterilirgi per i Piemontesi in un vnoto otmpiacknento. La lode cho si sono meritata dai grandi pesa sui po))oli come le imprese che hanno compiuto. Se le fila della storia — secondo il Manzoni — lo trama Iddio, la tela la tessono i popoli. Quali siano le vie della storia avvenire, i Piemontesi dal loro passato o dalla celebrazione cho si meritarono per esso, una cosa devono in ogni circostanza fortemente volere: ohe il Piemonte abbia sempre ad essere l'onte agli Ttafeni di libertà, faro di vivere civile. U. COSMO. Inizieremo domani la pubblicazione degli inediti scritti manzoniani, incominciando dalle mirabili pagina che celebrano la gloria del Piemonte nel Risorgimento d'Italia. (1) Questi libri saranno: Alessandro Manzoni, il Risorgimento italiano. Scritti ancora sconosciuti, illustrali con lettere inedite di M. d'Azeglio e preceduti da un sàgalo su la politica del Manzoni, a cura di Domenico liulfcietii. Firenze, Successori l.r Mounier. Ai i:.-s\Niiin> Manzoni. Storia e Filosofia, nella collana Seiillorl Italiani con notizie Storielle, e analisi estetiche di Domenico Uulfefelli, 'l'orili-;), funivia, taampodem« taJebimf: lareisinRnindtcleslaAmICCsbUpmmsvsddShpnldnedlbvcSalsrccprnvbvrdccvvdztncvgdsUbstdacRddlvdpflldAhamLcodsdssdsbdclmPvnssasnFtcmm5ossocsrcfca«0sftpiac