La denuncia del direttore de! "Popolo,,

La denuncia del direttore de! "Popolo,, La denuncia del direttore de! "Popolo,, ROMA, 6, notte. Alle ore 16 precise, assistito dal suo legale aw. D'Aquila, è giunto al Senato l'aw. Donati, direttore del Popolo. Egli si è recato alla Cancelleria dell'Alta Corte di Giustizia ed ha rimesso al Cancelliere capo, comm. Fontana, una denunzia contro il sen. De Bono. La "presenza del direttore del Popolo fu subito notata al Senato ed ha vivamente richiamata l'attenzione degli ambienti di Palazzo Madama, che erano in quell'ora molto affollati. Alle ore 16,15 l'avvocato Donati lasciava il Senato. Il comm. Fontana rimetteva la denunzia al senatore Tittoni, mentre questi presiedevo, la seduta. Seguendo la procedura del regolamento giudiziario del Senato, il presidente senatore Tittoni trasmetterà il documento alla Commissione permanente di istruzione dell'Alta Corte di Giustizia che, dopo averlo esaminato, lo comunicherà all'Avvocato generale della Corte di Cassazione, senatore Santoro, per le conclusioni che questi vorrà proporre. La Commissione permanente d'istruzione dell'Alta Corte di Giustizia è così costituita: presidente, senatore Melodia; membri ordinari: Andrea, Ciralli, Inghilleri. Borea d'Argentina, Grosoli, Calisse; membri supplenti: Castiglione Gioppi, Persico, Fabbri, Tommasi, Tam'Rssia, Calabria, Carissimo. Come fu costituita la " ceka „ Ecco ora, a larghissimi tratti, quali li pubblica II Sereno, la denuncia presentata dall'avvocato 'Donati: « II dottor Donati inizia l'atto di accusa mettendo In rilievo l'associazione a delinque, re o « ceka •, come più comunemente si dice, che stringeva, negli uffici del Viminale, in un patto di solidarietà, i sommi gerarchi del fascismo (Cesare Rossi, Marinelli, ecc.) coi loro sicari specializzati (Dumini, Volpi, ecc.) e cogli emissari delia stampa (Corriere Italiano, Filippelli, ecc.). L'atto di accusa cosi prosegue: « La Ceka, che esisteva già come formazio« ne embrionale, ebbe poi la propria costii frizione regolare in una adunanza, presen« ti, tra gli altri, il gen. De Bono, già da « tempo in carica come direttore generale « della Pubblica Sicurezza e come primo co« mandante generale delia Milizia. Di tale ■ riunione è fatto esplicito accenno nella let» tera-testamento, redatta dall'on. Finzi, di t cui hanno preso visione, e possono quindi « testimoniare, il signor Giorgio Schiff-Giorj gini, il comm. Guglielmo Emanuel, capo « della Redazione romana del Corriere del< la Sera, ed il giornalista Carlo Silvestri. « Costoro nei giorni tragici, immediatamen« te seguiti al delitto Matteotti, furono ini vitati dall'on. Finzi ad avere cognizione « delia sua lettera-testamento e a Tendersi « interpreti del' suo pensiero presso i diri« genti dei partiti di opposizione, a. dlsposi- ■ zione ' dei quali ii Finzi intendeva porsi « completamente. In tale senso cono anche « le deposizioni rese al magistrati Inquiren« te dai predetti testimoni, confermate dallo « stesso on. Finzi in un recente colloquio « avuto col Silvestri. La Ceka era comsidera« ta strumento necessario per governare il « paese, secondo l'espressione testuale usata « dall'on. Finzi, nella sua lettera > testamento. • Sono imputabili a codesta organizzazione « della Ceka, sia nella sua formazione em« hrionale, sia in quella definitiva, le note « violenze sulle persone degli onorevoli Maz« zoiani. Misuri, Buffoni, Amendola, Forni, « Ciriani, Bergamini, NittI e del giornalista - Giannini, e gli assassini di don Giovanni « Minzoni ad . Argenta, dell'operaio Piccini, « candidato socialista a Reggio Emilia, e di « Giacomo Matteotti >. Matteotti L'aw. Donati parla a lungo dei precedenti politici del senatore gen. De Bono, delle sue avventure politico-finanziarie e della « Contessa del Viminale », a proposito della quale ricorda quanto il Sereno pubblicava in data 2 luglio. Dopo avere minuziosamente parlato di bische, di affarismo, dell'aggressione dell'on. Amendola ed al capitano Forni, l'aw. Donati — sempre allegando documenti gravissimi e le tostimonianze di persone probe e insospettabili — illustra ir. delittuosa compagnia di bastonatori inviata a Ferrara, e le denuncia inascoltate; poi passa a parlare così della responsabilità del gen. De Bono, riguardo al delitto Matteotti: « La Pubblica Sicurezza faceva sorvegliaci re (non sappiamo se per difesa o per spio« naggio) l'on. Matteotti da uno dei soliti • agenti in borghese. Sta di fatto che questo « pedinatore cessò il servizio due giorni pri« ma dell'assassinio, e ciò fu ordinato, secon« do quanto ha dichiarato il questore Ber« tini", con un fonogramma dalla direzione « geneaaie della Pubblica Sicurezza. Il de« fitto avvenne di pieno giorno sul Lungo « Tevere Arnaldo da Brescia. Non è affatto « vero che nessun testimone fosse presente « alla drammatica scena della cattura del « l'on. Matteotti. La vittima cercò anzi ili i sfuggire alla cattura, si difese disperata- « mente e gridò invocando al soccorso. Gli « aggressori erano non memo di quattro. « L'automobile che servi per fi rapimento « stazionava da lungo tempo nelle adiacenze • del luogo ove il delitto venne iniziato. Il « portiere di una delle ville vicine si affrettò « anzi a comunicare all'ufficio di Pubblica « Sicurezza Flaminio la scena delittuosa che « egli aveva visto, indicando perfino il nu« mero della macchina fatale. Il cav. De Ber« nardi, capo del Commissariato Flaminio, i protesta di avere compiuto subito ed lnie« ramante il suo dovere, informando dell'aci caduto il questore Bertóni, il quale, a 6ua « volta, ha dichiarato che se gli fossero stat te lasciate le mani libere contiro 1 delin« quenti avrebbe arrestato anche l'obelisco « di piazza del Popolo. Evidentemente questi < funzionari con tali proteste e dichiarazioni c vogliono alludere a degli interventi eupec riorl gerarchici che impedirono loro di fare « quanto avrebbero dovuto. ■ A conferma che la Pubblica Sicurezza • venne a conoscenza del delitto immediata« mente dopo il suo inizio, possiamo ricor« dare che quando, nella sera de.1 mercoledì « 11 giugno, l'on. Modigliani si recft nlla « Questura centrale per denunciare, per con«to della famiglia, la scomparsa dell'on. « Matteotti trovò, con sua enorme sopresa, t che il questore Bertmi sapeva. Chi lo aveva « informato ? A questa domanda, rivolta dalt l'on. Modigliani, il questore rispose che la « signora Matteotti l'aveva già denunciato i alla Direzione generale di Pùbblica Sicu« rezza, e precisamente ai senatore De Bono, c La cosa è completamente falsa. La signora « Matteotti non aveva confidato ancora ad « alcuno, eccettuati gli on.li Modigliani e « Turati, il suo angoscioso segreto. 11 ge.ne« rate De Bono, dunque, sapeva per suo conti to. Ma come sapeva? De Bono sapeva „ «Risponde categoricamente a questa do« manda un documento ormai noto nel suo « complesso, che va sotto il nome del suo «autore, avv. Filippelli, direttore del Corrie« re Italiano. L'esistenza di questo documen« to può essere testimoniata, come lo 6 stato « infatti davanti al magistrato inquirente, da « tre persone amiche e confidenti del Filip« pelli, e cioè: dottor Filippo Naldi, ingegne« re Tulfiio Benedetti, ex-deputato e giornà« lista, Galassi, redattore del Corriere Ita« liano. Sabato, 14 giugno, il Filippelli, in « stato di angosciosa trepidazione, perchè « aveva sapulo essere Imminente il suo arre«sto per complicità nel delitto Matteotti, e « perchè, d'altra parte, temeva di essere sop« presso .in carcere, o reso comunque vittima «di una infernale macchinazione della Pub« Mica Sicurezza, si indusse a scrivere una « confessione sulla parte da lui avuta nel de« latto, confessione che lesse ai predetti testili moni e ad essi consegnò per l'opportuna « conservazione. Dichiarava, dunque, il Filip« pelli nel 6uo scritto di avere prestato al « Dumtini l'automòbile Lancia, in seguito ad « un invito fattogli da un funzionario addet« to alla Presidenza del Consiglio. La giacca di Matteotti « Nel tardo pomeriggio del martedì, 10 giu« gno, il Dumini si sarebbe recato dal Filip« pelli, negli uffici del Corriere Italiano, ed « avrebbe fatto una etnioa e completa narra« zione dei particolari del delitto. Il Dumini « ostentava grande tranquillità e, di fronte « allo sbigottimeno da cui si mostrava col« pito ti Filippelli, dichiarò che ili generale « De Bono era 'al corrente di tutto, che « avrebbe provveduto a occultare il delitto e « ad evitare noie giudiziarie a lui, Dumini, ■ ed ai suoi compagni. Id Filippelli aggiun« ge : Per sincerarmi intorno a questa grave « affermazione del Dumini, la sera stessa del « martedì 10 giugno, verso le ore 21, mi recai « dal De Dono. Questi, appena il Filippelli « entrò nel tragico argomento, troncò di scat« to il discorso, ingiungendogli di tacere e «di considerare che erano in giuoco gravis- • lime responsabilità del Governo, e che, ad « ogni modo, non si preoccupasse della cosa, « perchè egli. De Bono, avrebbe provveduto « ad accomodarla, infine il Filippelli afferma « che il Do Bono provvide la sera 6tessa del - martedì 10 a ritirare presso di sè gli in« rlumenti insanguinati del deputato assassi« nato, tra cui la giacca, ritrovata molto più tardi, in modo misterioso, hei pressi della « Quartareila. « Queste circostanze sono in Rarte conferir ma'e da altre dichiarazioni che la stampa « ha acquisito dagli stessi testimoni, ed in « particolare presso il comm. Quilici, reciat- • tore capo del Corriere Italiano, e presso il « ragioniere Mario Gibelli, segretario da! Fi « lippelli. 11 Quilici, avuta notizia dal Filip « pelli che il Dumini e compagni, dopo aver rapito l'on. Matteotti, lo avevano ucciso, « non nascose la sua sorpresa c il suo ter« rore per tale rivelazione. Però Filiprx.'lli » cercò subito di rassicurarlo, facendogli in « tendere che questa era una faccenda che • torceva direttamente alcune alte persona-] « li là fasciste, tra le quali il sen. De Bono. « Il Gibelli, dal canto suo, ha dichiarato ■ che il senatore De Bono doveva essere perii foltamente a conoscenza del deli ito, poiché « egli Gibelli, assistè ad una conversazione • telefonica in proposito, tra il Filippelli ed « il direttore genernle della Pubblica Pieu« rezza, nel giorno di giovedì. Anzi il Gibelli « ha dichiarato che In tale telefonata il De ' Bono confermò al Filippelli il rilascio trr.« minente di alcuni arrestati per sospetto di « partecipazione al delitto. Il Gibelli, inoltre, •■ ha dichiarato che a tale conversazione lele« fonica assisteva anche uno degli n.mmlni« strafori del Corriere Italiano, il ragioniere « Aristide Botunno. Questi, a sua volta, ha » con tonnato per filo e per segno la deposi« zione del Gibelli. Le rivelazioni di Cesarino Rossi « Dal canto suo il comm. Cesare Rosai, pri« ma di costituirsi in carcere, ha fatto ad « alcuni amici, tra cui il prof. Carlo Bazzl, le «seguenti rivelazioni: « Il De Bono era al « corrente, già da alcuni giorni prima, della « macchinazione contro l'on. Matteotti. Egli « sapeve bene che. si preparava la soppres" sione del deputato unitario. Due giorni prl« ma il Dumini, parlando con Rossi, disse <• che si prepa-rava una spedizione per cui si « giuocava l'ergastolo. Aggiunse di essere d'accordo con il senatore De Bono. Il gior« no dopo Dumini stesso disse che tutto era « concordato ». La clamorosa polemica sulle « rivelazioni di Cesare Rossi, fatte dall'on. « Farinacci, prova che Tex-capo dell'ufficio « stampa, a suo tempo, ha confermato al giu« dice questa deposizione. : Oltre le responsabilità sopra descritte, il « De Bono ne ha assunta un'altra, però col" legata alle precedenti, in quanto per tutta « la settimana successiva al delitto egli si ar« bitrò di avocaro direttamente al direttore « generale della P. S.( che non è ufficiale «di pubblica sicurezza nò di polizia giudl« ziaria, vale a dire di competenza illegale, « per assumerle direttamente e personalmente « quelle operazioni di indagini che debbono « essere opera esclusiva della magistratura e « della polizia propriamente detta. Il Din-etto«re generale avrebbe dovuto svolgere l'opera « sua tutta e soltanto nel senso di eccitare la « attività dei funzionari di polizia, operanti « a loro volta in obbedienza alla legge, e « d'accordo con il magistrato, unico sovrano « e responsabile in materia ». L'autodifesa « Sta di fatto che, duirante il periodo delle « indagini, compiute pedonalmente e diretta« mente dal senatore De Bono, tutti gli assas« sini e complici rlusoirono a svignarsela, « ad eccezione del Dumini, e furono occultate • quasi tutte le traccie del delitto, compreso « ii cadavere dell'assassinato. Queste circo- • stanze turbarono profondamente la coscien« za pubblica, con grande pregiudizio del pre« stigio della stessa magistratura. Di tale tur« bamento si rese interprete eloquente ed au« torevole il senatore Luigi Lucchini, il « quale nella sua Rivista Penale deplorò, che, « non solo il Procuratore Generale se ne « stesse inerte e passivo per più giorni (no« nostante che nel Parlamento e nella stani« pa, e dappertutto, non si parlasse e non 6i « scrivesse d'altro che della scomparsa ine« splicabile del deputato Matteotti) ma che « anche dopo che per opera dell'autorità di < polizia ne fu investita la cosidetta autorità « giudiziaria, e mentre la Sezione di accusa « avocava a sè il procedimento, la Questura « seguitasse ad agire per conto suo, riceven« do deposizioni e procedendo 6enza alcuna « intesa con l'autorità giudiziaria. « Ma il senatore De Bono fece di peggio : « egli passò alla Tribuna del 6 agosto una «" nota di autodifesa dell'opera svolta da lui « quale direttore generale della Pubblica Si « curezza, nei giorni immediatamente se « guenti il delitto Matteotti. Quella nota con « teneva in se una astuta e profonda viola« zione del segreto istruttorio, in quanto con« teneva il rapporto o il discarico dato dal « Governo e, per esso, .dal direttore generale « della Pubblica Sicurezza, certamente corri « spondente a quanto il De Bono aveva scritto « net suoi rapporti ufficiali, e a quanto egli « aveva deposto davanti al magistrato. In « tale guisa il De Bono è riuscito a fare 6a« pere a dipendenti ed estranei, a testimoni « e a imputati, latitanti e detenuti, quale sia « la versione ufficiale sulla scoperta del de« litio e sulle successive indagini e a quale « traccia o direttiva dovevano tenersi detti « dipendenti o testimoni o imputati nelle loro « deposizioni, senza compromettersi in dif« flcili, pericolosi segreti colloqui personali. « Questi sono i fatti a tutti noti, che giusti« rie ano pienamente il pronostico col quale « l'on. Amendola ha ampiamente schernito a « Milano il senatore De Bono. Poiché tali « fatti configurano il reato per il quale si de. « ve provvedere di ufficio a carico del sena« tore De Bono, il sottoscritto, a norma del« l'art. 1-49 del codice di procedura penale e « l'art. 3 delle disposizioni sull'applicazione « della legge in generale, avendone avuto no. « tizia, intende fare, come fa, formale de« nuncia all'on. Senato del Regno, compe« tente in virtù dell'art. 17 dello Statuto, di « esercitare l'azione penale. E pertanto diri- ■ ge il presente atto all'Eccellenza Vostra, « perchè possa provvedere, to applicazione « dell'art. 4 del regolamento giudiziario del • Senato, a dichiarare il Senato stesso costi« tuito in Alta Corte di Giustizia e convocare « la Commissione istruttoria permanente. « Con profondo ossequio. « Giuseppe Donati, direttore responsabile ■ del Popolo ». « Roma, 5 dicemrbre 1924, i L'aw. Donati ha inviato ai giornali la seguente lettera: « Sig. Direttore, un giornale meridiano annuncia die io ho presentato al Senato una petizione che riguarda il senatore De Bono. Questo denunzia stata presentata al Senato oggi alle ore 10. come era stabilito. 11 testo del documento era riservato per il Senato ed il giornale per ragioni che non voglio qualificare, essendosi procurato un testo non ancora definitivo della denunzia, ne ha pubblicato un riassunto Incompleto .Contro questa Indelicatezza protesto vivamente, come cittadino e come giornalista. Distintamente: Giuseppe Donati'. Tl

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