L'imponente significativa adunata dei Combattenti a Vercelli

L'imponente significativa adunata dei Combattenti a Vercelli L'imponente significativa adunata dei Combattenti a Vercelli Un corteo di 20.000 persone e 200 bandiere - La commozione della Città - Linvocazione eonorevole Rossini alla libertà e al rispetto della legge: "Vittorio Veneto non è sopraffazione, ma giustizia!,, - Le ovazioni all'on. Viola: "Il dolce ulivo è senza legno!,, - Gli incidenti coi fascisti. (Dal nostro inviato speciale) Vercelli, 3, mattino. L'on. Rossini, parlando dopo la grande indimenticabile cerimonia dal balcone del Circolo ricreativo ad un largo stuolo di combattenti acclamanti alla direzione dell'Associazione, fra le molte altro cose che disse per colorire lo sue impressioni osservò : ,. « Avevamo promesso di radunare a Vercelli intorno al labaro dello medaglie d oro, i combattenti di tutta la provincia novarese ed abbiamo mantenuta la nostra promessa. Quanti elevarono dubbi sullo nostre intenzioni o sulle nostre possibilità e lasciarono intendere che il nostro appello non avrebbe trovato l'eco che ci ripromettevamo, sono smentiti dai fatti. Quanti siamo? Si dirà diecimila, dodicimila... 10 vi dico che siamo di più. Siamo molte migliaia : e quello che più importa è che tutti siamo convenuti qui non per mondato di altri, non per pressioni di altra, ma per impulso del nostro cuore, per stringerci intorno al nostro capo, ad Ettore Viola, che rappresenta lo spirito, l'unità della nostra Associazione ; quello che importa è che tutti siamo concordi nel proposito di volere che dalia somma di sacrifici rappresentati dalla vittoria di Vittorio Veneto sorga una Italia pacificata, nella quale tutti gli italiani si riconoscano fratelli e vi sia una legge per tutti e una giustizia per tutti. Quanti siamo ? Migliaia e migliaia, e con un cuore ed una anima scia I ». Moltitudine Queste parole provocarono una ovazione calorosissima. Alta sul clamore si levò una voce : — Quanti siamo ? Ci siamo tutti I Ed è questa, invero, la impressione che riportarono quanti furono oggi a Vercelli per assistere a questa imponente adunata di combattenti, adunata che volle essere un omaggio alle sedici medaglie d'oro vercellesi, ma che in realtà rappresentò un mirabile spiegamento di forze della fiorente Associazione che ha salde e solide radici nella regione. E' parso, veramente — e non è una immagine retorica — che da ogni città, da ogni paese, da ogni borgo dell'operosa provincia, cho poggia le spalle sulle cime più alte delle Alpi e si distende armoniosa nella pianura piemontese, si fossero nella notte e nella maltinata formati potenti rivoli per incanalare le più sane e giovani forze di vita verso la citta di Sant'Eusebio. E Vercelli ne fu come sommersa. E per tutto il giorno la città palpitò di tumultuaria vita per il continuo movimento festoso dei combattènti e per l'instancabile suono delle 40 musiche che non riposarono un minuto. Meravigliosa giornata, che i vercellesi non dimenticheranno tanto facilmente, come tuttora ricordano quella della visita del Re per l'inaugurazione del monumento ai Caduti. I combattenti in arrivo dalla provincia (ne giungono in tu.tti i modi e con tutti i mezzi, con i treni ordinari e con i treni speciali, con i tram e con le automobili, con i camions e coi carri) vengono avviati Bui Corso Regina Margherita, che accompagna !a Sesia per lungo tratto presso le mura della città. La citta in festa , Quando giungiamo alla stazione — e non sono che le 8 — non solo tutto il piazzale ed i giardini che trovansi di fronte alla Ferrovia sono gremiti di gente e giocondi per lo sventolìo delle bandiere, ma anche sul viale dove viene ordinato il corteo, già cominciano a vedersi i plotoni. I dirigenti della locale Sezione dei combattenti non hanno poco da fare ad indirizzare quanti arrivano. Vercelli non è una città facile da percorrersi per chi non possiede 11 segreto del suo piano regolatore ; e non pochi, per giungere sul Viale Regina Margherita che è vicinissimo alla stazione, fanno il giro della città. A questi gruppi sprovvisti di orientamento ci accodiamo anche noi, perchè ci preme vedere là toilette fatta dalla città per l'avvenimento. Bandiere tricolori sono ad ogni finestra ; nelle strade che il corteo deve i>crcorrere per portarsi dal posto di adunata, al monumento dei caduti, e dà questo alla piazza del .Municipio, dove avrà luogo la celebrazione, si passa sotto archi tricolori. La mattinala è grigia, nebbiosa ; ma vi è tanta vivacità per le strade che il grigiore non soffoca la festosità che 6 dovunque. Via Cavour, via Carlo Alberto, sono già affollate di buon mattino. Nella via Giovane Italia, la strada che porta alla piazza Cesare Battisti dove sorge il monumento ai Caduti, si stenta ad entrare ; e non per i carabinieri che vietano l'ingrosso ai passanti, ma perchè il centro della strada è tenuto sgombro e sui due lati vi sono tante persone che si procede a fatica. L'aspetto ili questa strada è magnifico. Per l'Esposizione tutta la via è stata segnata da pennoni cho portano gli stemmi delle maggiori città italiane ; su ogni pennone è una bandiera. Pittoresca si presenta, nel suo insieme, là piazza Cesare Battisti : il bellissimo monumento del Gartmann campeggia su di uno sfondo provvisorio in legno che ha per unica decorazione quattro grandi aquile sabaude. Intorno al monumento ghirlande di sempre verdi, tro-. fai di bandiere. Ogni aiuola del giardino è fiorita. La piazza nella parte centrale è tenuta libera, ma i pochi spazi riservati al pubblico sono già affollati. 11 mancato interrenti) di .11 insonni I combattenti, come già abbiamo notato, vengono ammassati sul viale Regina Margherita ; le bandiere vengono raggruppate sotto un porticato che abitualmente scrive da mercato coperto. Alle 9 i vessilli delle Associazioni dei Combattenti superano già il centinaio e le rappresentanze arrivate sono tante già che, messi per quattro, i combattenti occupano quasi tutto il viale. Tra le bandiere distinguiamo quelle che devono ancora essere consacrate e che saranno benedette dall'arciveecovo di Vercelli, mons. Gamberoni, nella cerimonia odierna. Queste bandiere sono arrotolate e coperte con veli bianchi. Sono parecchie diecine. Tra le figure dei decorati distinguiamo due frati : padre Maggetti e padre Zavattaro, anch'essi nel corteo. Padre Maggetti ha tre medaglie d'argento, sei o sette di bronzo e parecchio COCli ,• l e l ■Il programma della manifestazione è modestissimo; la grandiosità 6 la solennità derivano unicamente dallo stragrande numero dei partecipanti alla cerimonia. Parla, il programma, d'omaggio dei combattenti ai caduti e alle famiglie dei caduti da rendersi presso il monumento che ricorda quanti sacrificarono la vita per la Patria, e la benedizione in piazza del Municipio del nuovo gruppo di bandiere della provincia. La cerimonia doveva avere più larga base : doveva essere l'omaggio della regione alle medaglie d'oro vercellesi, omaggio che era costituito dalla inaugurazione di una lapide che ricordi i sedici eroi, quattro della guerra del Risorgimento, 8 della guerra europea. La lapide doveva essere inaugurata da Mussolini. Mancato l'intervento di questi, la cerimonia dello scoprimento della lapide è stata rinviata ad epoca indeterminata ; ma i combattenti della provincia hanno ritenuto egualmente opportuno di venire a Vercelli per rendere omaggio alle medaglie d'oro inaugurando i nuovi vessilli. L'attenzione della città rimane quindi unicamente concentrata sullo sfilamento delle rappresentanze e sulla cerimonia che avrà luogo in piazza del Municipio. Un esercito di coscienze civili Descrivere la città nel momento che il corteo si inizia, è superfluo. Basta dire che tutte le strado che i combattenti devono percorrere sono affollate in modo che il corteo fatica a svolgersi e non vi è finestra che non abbia il suo grappolo di persone. E' uno spettacolo solo il guardare le case. Su ogni balcone vi è un gruppo di signore. Per un ritardo nell'arrivo dei treni e per la difficoltà di muovere tanta gente, il corteo che dovrebbe iniziarsi alle. 9.30, non si inizia che alle 10.30, ed a spiegarsi mette tanta lentezza che quando la testa, formata da un gruppo di guardie municipali e dai combattenti ciclisti, è al monumento dei Caduti, molte rappresentanze sono ancora ferme sul piazzale della stazione. E' un corteo superbo per compostezza e per ordine. Vi partecipano più di 40 musiche ed ogni musica divide un gruppo di combattenti che varia dallo 150 alle 200 persone. Quasi tutte le musiche suonano l'inno al Piave, e le note del maestoso e patriottico inno riempiono i cuori della città attonita. Vercelli non ha mai visto niente di simile e poche sono le città italiane che abbiano assistito ad un cosi magnifico spiegamento di forze. Tutti uomini nella piena maturità, nella piena coscienza della propria missione, che marciano incolonnati, sereni, in perfetta disciplina, ma senza niente di rigido, di militaresco. Abbiamo un saggio di quella che si dice la disciplina volontaria. Vi è in tutti un senso di orgoglio, di fierezza : orgoglio per quello che ognuno di questi uomini sente di aver rappresentato durante la guerra, e fierezza per la soddisfazione di appartenere ad un organismo cho dimostra tanta saldezza e tanta vitalità. Ma niente spavalderia. E' uno spettacolo di forza, ma di gente che dimostra di non volere abusare di questa forza. E non acclama a sè, non afferma la propria superiorità su altri, non grida abbasso a nessuno, ma inneggia al Re, alla Patria, all'Esercito, alia pace, alla libertà. Uno spettacolo degno al quale non si assiste senza commozione. Centinaia di bandiere, 40 musiche E che tutta Vercelli si sia commossa per il pensiero gentile che ha spinto i combattenti di tutta la regione nella loro città, lo dimostrano gli applausi che accolgono il passaggio dello bandiere, gli omaggi di fiori che vengono fatti al labaro delle medaglie d'oro, le ovazioni che salutano gli onorevoli Viola e Rossini (il capo dell'Associazione combattenti e il presidente della Federazione novarese), e più ancora i consensi con cui vengono sottolineati gli evviva che lanciano i combattenti al loro passaggio: — Viva le medaglie d'oro vercellesi! Viva l'on. Viola! Viva il Re! Viva l'Eser cito! Quante sono le bandiere? Una cinquantina quelle da benedire, 200 e più quelle già benedette appartenenti a Sezioni della provincia, una ventina quelle dei mutilati, una trentina quelle delle Associazioni patriottiche che partecipano alla cerimonia. Quante persone sono nel corteo? E' diffìcile dire. Tutte le Sezioni della provincia, da quelle vicine a quelle lontane, da quelle della bussa vercellese a quelle dei laghi dell'Ossola e dell'alto Biellese, sono presenti con forte numero di soci. RappresenI tate sono le Provincie di Torino, Milano, | Alessandria, Lodi, Como, Pavia e Cuneo. ! Lo musiche superano come ho detto la i quarantina. A dire venti mila persone ci pare di fare un numero approssimativo. Un'adunata meravigliosa. 11 labaro delle medaglie d'oro, portato dal capitano Viazzi decorato di tre medaglie d'argento, è fatto segno lungo le vie della città a continui segni di omaggio. Tutti si scoprono e vi gettano fiori. Marciano a fianco del labaro, con gli onorevoli Viola e Rossini, il maggiore Solano, il capitano Greppi, il generale Chiossi e il capitano Gallino, che costituiscono la scorta d'onore. Muti lato colpito dal "console,, fascista Durante il corteo si hanno, purtroppo, da lamentare parecchi incidenti materialmente lievi, ma moralmente penosi, Al corteo, per disposizione del Comitato organizzatore, non si può partecipare che vestendo l'abito borghese e portando il distintivo dcll'Associaziono combattenti. Nonostante questo opportuno ordine, qualche fascista si presenta in fez e camicia nera, e cosi vestito si insinua nel corteo. Ciò suscita malumori e solleva le proteste. Per causa di questi elementi il corteo più volte viene rotto e avvengono dei trambusti, ma senza guai. I fascisti, fra gli applausi dei cittadini che assistono dai balconi, vengono pregati di allontanarsi dal corteo. Altri incidenti vengono provocati da un gruppo di fascisti al passaggio dei plotoni che acclamano alla... libertà. Un'erasia! Ma non si tratta che di parapiglia. Un altro incidente, più grave, ò causato dal console della milizia fascista, cornati! dante della legione locale Tnmasucci, me! duglia d'oro, il quale viene a contrasto a proposito dell' «Italia Libera» con un multilato. n mutilalo, secondo quanto riferi¬ sce chi presenziò all'incidente, viene colpito da un pugno dal console. Questa scenata ha poi un seguito sulla piazza del Municipio, tanto che per qualche momento si ha l'impressione che la cerimonia possa essere seriamente compromessa. L'omaggio al caduti Il corteo, attraversato il centro della città per il grande vialone che passa lungo la linea ferroviaria, si porta al monumento dei Caduti. Tutto intorno al gruppo del Gartmann stanno degli orfani di guerra: una ventina tra bimbi e bimbe, tra cui si trovano il figlio della medaglia d'oro Paggi e il nipote del più volte" decorato Garroni, tutti e due defunti. I bimbi hanno sul petto le medaglie paterne. In una tribuna eretta sul lato destro del monumento si trovano le autorità. Le madri e le vedove dei caduti sono raggruppate presso l'aiuola destra, sul lato dove sorge il palazzo che ospita la Mostra delle attività municipali. La piazza è in gran parte tenuta sgombra. Nella tribuna delle autorità si trovano il prefetto di Novara, comm. Gasti; il Questore; il sottoprefetto cav. Rosati; il comandante del Presidio generale Franchi, gli on. Roberto e Cesare Forni; l'ori. Olmo, il sindaco di Vercelli, Vorcellotti; l'arcivescovo di Vercelli, monsignor Gamberoni; ecc. Tutto il Consiglio comunale è presente. Larga la rappresentanza delle signore. Fra le madri e le vedove di caduti molte le donne decorate. L'omaggio è limitato ad una forma semplicissima di ossequio. Le autorità, che si trovano nel corteo, giunte sulla piazza escono dalle file e si portano nella tribuna. I plotoni dei combattenti non sostano innanzi al monumento; ma, giunti sulla piazza, convergono verso la tribuna, salutano e passano. Grandi ceste di fiori sono collocate presso il monumento, e gli orfani offrono i fiori ai combattenti i quali alla loro volta li lanciano sul bronzo, li gettano alle madri e alle vedove. Sfilano l'un dopo l'altro i magnifici plotoni, e il gesto si ripete tra un religioso silenzio. Niente di più semplice e di più commovente. Vediamo molte donne con le lagrime agli occhi. Abbandoniamo piazza Battisti per recarci al Municipio, ove deve aver luogo la benedizione delle bandiere. La piazza del Comune e la Galleria Vittorio Emanuele, dove abitualmente si tiene il mercato del riso, sono abbastanza grandi e possono contenere parecchie migliaia di persone, ma è facile immaginare che non vi potranno trovare posto nemmeno tutti i combattenti partecipanti al corteo. Quandovi giungiamo, la piazza, nei tratti lasciati liberi, è già gremita. Di fronte al Municipio è stata eretta una tribuna per le autorità. Nel balcone centrale del palazzo municipale, tutto decorato con bandiere, è stato teso un tappeto rosso. E' dal balcone che l'on. Viola e l'on. Rossini parleranno. Il "console,, fascista: trambusto clamoroso Prime a giungere sulla piazza sono le bandiere: quelle che devono essere consacrate si, ammassano sulla sinistra della tribuna; 'quelle già benedette, sulla destra. Sono una selva. Le autorità salgono nel palco. Mentre giungono le rappresentanze si schierano cercando di occupare il minimo possibile di spazio, abbiamo l'incidente che minaccia di sconvolgere la cerimonia. Fra i plotoni di combattenti entra nella piazza e va a porsi presso la tribuna un gruppo di una cinquantina di fascisti che entrano sul piazzale acclamando a Mussolini e gridando a più riprese « alala » fra il generale silenzio, che ha un senso di ostilità. Il consolo Tommasucci si porta nella tribuna dove già trovansi il labaro delle medaglie d'oro, le autorità militari ed i senatori Fracassi e Rizzetti. Intorno al Tommasucci si raccolgono subito quanti si trovano nella tribuna. Si commentano gli incidenti successi durante il corteo, si danno e si chiedono spiegazioni. Per l'identico motivo da cui il Tommasucci trasse occasione al suo violento contrasto col mutilato — cioè l'appartenenza all'« Italia libera » — scoppia un nuovo diverbio fra lo stesso Tommasucci e un combattènte, un noto avvocato vercellese. lì console della milizia chiede al vercellese se appartiene all' «Italia libera », e poiché questi risponde che appartiene ai combattenti, il console fascista alza il frustino contro di lui. A questo atto il trambusto diventa pericoloso, per il fatto che quanto avviene sulla tribuna si ripete nella piazza tra il gruppo dei fascisti e la massa dei combattenti. Vola qualche pugno. Ma i combattenti danno prova di una grande serenità. Il colonnello Rossi, avanzandosi sulla tribuna, raccomanda la calma e tutti ascoltano il suo ordine; ma, per un buon quarto d'ora, si hanno ondeggiamenti di folla e battibecchi preoccupanti. Sulla tribuna i dibattiti si fanno vivacissimi, ma per vo lontà dei combattenti, che non racco! gono la provocazione, e non vogliono turbata la cerimonia, l'incidente alfine si appiana. Il console fascista rimane sul palco e i fascisti finiscono per ahbando nare la piazza. Ma prima ecco un fascista che tiene a spiegare come e qualmente l'intervento loro sia stato determinato dalla presenza di membri dell'» Italia libera » alla festa e da acclamazioni « sovversive » alla... libertà. Il colonnello Rossi ripete l'invito a tutti a non voler turbare la serenità della manifestazione, e l'atmosfera torna a farsi serena, pur rimanendo nei combattenti un senso di comprenst bile disgusto. L'entusiasmo perii He e per l'Esercito Nel frattempo 'atte le rappresentanze sono giunte sulla piazza. Gli on. Viola e Rossini ài sono affacciati al balcone del Municipio e la ceiimonia può aver prin cipio. Uno squillo di tromba; poi la Mar eia Reale, suonata contemporaneamente dalle quaranta musiche. Un'ovazione, impressionante per fervore e intensità, saluta il Re, rende omaggio ai combattenti, ricorda l'esercito. Tutte le bandiere ven gono alzate in alto e agitate. La piazza presenta un aspetto indimenticabile. Non c'ò angolo che non sia occupato; non vi è balcone deserto. Gli applausi salgono dal basso in alto e si rinfrangono con un crescendo di intensità. Un nuovo squillo di tromba; poi un silenzio religioso che si prolunga per qualche minuto. Monsignor Gamberoni benedice le nuove bandiere. I veli bianchi dei quaranta vessilli vengono dati al vento. Le musiche tor; nano a suonare la Marcia Reale, e si hanno nuove e frenetiche acclamazioni al Sovrano. — Le nuov-n bandiere — grida il combattente prof. Morengo — sono consacrate! Una lunga ovazione copre le sue parole. Si avanza pc sul balcone il presidente Iella locale sezione dei combattenti, Passera, che inizia la serie dei discorsi ringraziando innanzi tutto gli intervenuti e il Consiglio nazionale dell'Associazione combattenti Dice poi: «Il nostro, oggi, è un rito di fratellanza e di amore, e non tende ad altro che ad esprimere il desiderio, che è in tutti noi, di vedere iniziate le opero feconde della pace. I combattenti, come sono stati gli artefici delle fortune della nazione in guerra, oggi, domani, sempre, vogliono essere gli artefici del glorioso avvenire della patria. Come iti guerra, essi non chiedono che di darH tutto e di nulla chiedere per il bene delia patria e del Re! ». Parla Toh. Rossini L'applauso che saluta l'oratore si tramuta in ovazione quando accenna a prendere la parola l'or. Rossini. Per qualche minuto il deputate novarese non riesce a parlare. Ha al. suo fianco il generale Franchi e il rappresentante dei mutilati, marchese Cantono Ceva. Quando finalmente i convenuti sulla piazza si fanno silenziosi, l'on. Rossini dice : « Con questa magnifica adunata, che non ha confronti nel nostro ricordo, voi, combattenti novaresi, date una magnifica prova che in ogni tempo siete pronti, sempre, a rispondere all'appello che vi viene rivolto in nome della disciplina, quando questo appello è fatto per virtù d'amore. Lo ricordo a nostro titolo d'onore. Vi sono tra voi qui persone che per venire a Vercelli si sono mosse ieri sera, altre che hanno abbandonata ioli sacrifici il loro lavoro e le loro case E siete tutti qui raccolti in formidabile falange, intorno alle vostre 200 bandiere non per faro una di mostrazione di forza, ma per significare che siete pronti a fare nuovi sacrifici perchè l'Italia, uscita grande dalla guerra, diventi grand? anche nella pace!». E rivolto all'on. Viola, che gli sta vicino, l'on. Rossini esclama : * « Io dico a te, Ettore Viola, nostro presidente, ma più nostro capo, che ammiriamo come medaglia d'oro e come soldato valoroso, a nome di tutti i combattenti di questa provincia, che noi siamo incondizionatamente fedeli ed obbedienti alle disposizioni del Comitato nazionale e che siamo pronti ai tuoi ordini. La tua medaglia d'oro ci è sacra, la tua figura ci è nel cuore, e noi guardiamo a te perchè tu rappresenti per noi il vero significato di Vittorio Veneto, che non è sopraffazione, ma giustizia. Noi guardiamo a te perchè tu incarni per noi lo spirito di quell'ordine del giorno da te dettato ad Assisi; ordine che rappresenta un monito non ispirato da odio contro alcuno, ma avvivato dall'unico pensiero di rendere un servigio al paese al quale guardiamo con illimitata devozione, senza nulla pretendere. Di parlare questo linguaggio ci siamo conquistati il diritto. Quando la-patria era in pericolo per essa tutto abbiamo sacrificato. In guerra non abbiamo posto dei limiti al nostro dovere ; tornati alle nostre case, siamo stati in prima linea quando si trattò di esaltare la vittoria e tenere alti i valori nazionali. Nella nostra provincia :1 tricolore non fu mai abbassalo. A Napoli, nel primo congresso dei Combattenti, chi rappresentava questa regione, parlò a nome di diecimila combattenti. A nessuno noi siamo stati secondi nell'amare e servire la patria. E questo ci dà il diritto di affermare, in piena coscienza, che vogliamo la pace, la fraternità, la concordia fra tutti i -'ttadini italiani. Siamo forti e possiamo i ,derci delle miserrime provocazioni e delle p'ccole insolenze, come quelle che ci bri mo rattristato durante il corteo. Chi ci oitsconosce non ci comprende. Chi ci attacca non ci capisce. La nostra passione ci mette al disopra delle piccole ire ». Questo accenno agli incidenti della mattinata fa scattare i combattenti, che esnrimono con alte grida il loro consenso. Poi 1 on. Rossini riprende con maggior calore : .«Viva l'Italia! Viva la Vittoria! Quanti si illudono di poterci dividere si ingannano. Nessuno ci divide, nessuno ci può dividere. Siamo il blocco su cui poggiano i destini e le fortune della Patria ! Ben amato Ettore Viola, nostro presidente e nostro capo, l'imponenza di questa dimostrazione non può non riempirti l'animo di commozione. Da tutta quesia folla adunata intorno a te esce una invocazione • invocazione alla libertà, al rispetto della ?3?e-JS! ?rida : - Vogliamo il rispetto dello Statuto !). lo mi auguro che cadano io illusioni sulla bontà della forza e che s instauri la forza della bontà ! ». Lunghe e ripetute ovazioni salutano lon. Rossini, che ha parlato con gran ioga, con sentimento "profondo. Si avanza l'on. Viola, e la moltitudine dei combattenti fa al presidente dell'Associazione nazionale una dimostrazione entusiastica. E' un grido solo : Viva Viola I Viva la medaglia d'oro ! Parla l'on. Viola L'on. Viola dice : « Nel giorno dei morti, i vivi possono parlane, ma solo col proposito di diro parole di amore e di pace. Ma oggi non è solo il giorno dei defunti ; oggi due avvenimenti grandi e diversi ricorrono ; è qui il popolo che vuolo vivere serenamente, ed è qui il popolo cho seppe vivere pericolosamente. In questa Vercelli gloriosa, che dà con la sua storia il perchè di tante sue medaglie d'oro, io devo celebrare l'un popolo e l'altro. « li 4 novembre non è solo la festa dei combattenti, ma è la sagra dell'intera nazione, clic vuole superati i contrasti che dividono i suoi figli. Venga a noi il popolo che effettuò là marcia su Roma ; venga a noi il popolo che esultò quando essa venne compiuta ; venga a noi il popolo che l'ha subita in silenzio, ma non senza essersi prima fatto persuaso che le divisioni tra gli italiani le vogliono solamente i capi per soddisfare le loro ambizioni, mentre l'unità la vuole il popolo, la esige la Patria, che è di tutti I (Applausi scroscianti). i Prendendo poi come spunto l'immagine di una nave dibattentesi sulle onde infuriate tra due rive — l'una delle quali è rappresentata da Vittorio Veneto, l'altra dall'attuale situazione — l'on. Viola dice : « Il Governo deve saper lottare con le onde che rappresentano l'insidia e raggiungere la costa che rappresenta il destino. Noi siamo stati i primi a volere che il passaggio tra le due rive fosse quieto ; ma poiché cosi non fu, chiediamo oggi che i piloti procedano con saggezza, gli equipaggi si mantengano disciplinati, i viaggiatori fiduciosi. E per questo diciamo al Governo, e per questo diciamo al pilota, al compagno di trincea: — Pilota : vigila il tuo equipaggio irrequieto e conduci la nave guardando alla vittoria ed ai suoi artefici e in nome dell'Italia che è nostra ! (Nuovi applausi calorosissimi). Vittorio Veneto non può genuflettersi davanti a nessuno, nemmeno a chi pretende di essere grande ; non può genuflettersi perchè onora l'Italia al cospetto del mondo. Vittorio Veneto si innalza maestosamente sul duro granito bagnato di sangue vermiglio, perchè rappresenta l'Italia che avanza e non cede e disciplinatamente lavora e trionfa ! (Applausi). « Combattenti ! In questa Vercelli già gloriosa prima della riscossa, stringetevi sempre come oggi avete fatto intorno al vostro capo magnifico. Egli merita la vostra fiducia, non solo per quanto fa oggi, ma per quanto fece nel passato per assicurare l'avvenire dei combattenti e la forza della nostra organizzazione ». (Ovazioni e grida di : Viva Rossini !). Cessati gli applausi l'on. Viola conclude : « E cosa devo dirvi ancora? Al vostro cospetto io mi sento sinceramente commosso. Voi date uno spettacolo impressionante di forza. Ammesso per assurdo che l'Italia dovesse ancora avere bisogno di voi, vi ritroverà raggruppati intorno alle vostre bandiere. Siete un meraviglioso Corpo d'armata d'assalto. Siete i figli degni di Vittorio Veneto. La medaglia che, a ricordo dell'odierno avvenimento, verrà oggi appesa alle vostre bandiere, porta da un lato l'aquila di Savoia e la corona d'alloro, e all'altro l'elmetto e l'ulivo. Guardatelo bene: il « il dolce ulivo è senza legno! (applausi scroscianti e rida di: Evviva Viola!). L'ulivo sia la vostra insegna! Avanziamo pronti a raccogliere fra noi i cittadini migliori, per il Re e per la Patria! ». Una lunga interminabile ovazione saluta il presidente dei Combattenti, che è baciato dalle autorità militari presenti. La cerimonia sarebbe finita, ma prima di sciogliere l'adunata viene ancora dato lettura di un telegramma del generale Giardino. Poche parole ma dense di significato : « Oggi, e sempre, con i soldati della grande gverra vittoriosa! ». I ventimila combattenti si disperdono poi per Vercelli, portando ovunque una nota di festività e di serenità. Purtroppo però la giornata non si chiude senza incidenti, che, se non hanno dolorose conseguenze, è solo per la calma dei combattenti. "fiinascauo i valori morali di Vittorio Venete, II Comitato organizzatore della manife- azione ha fatto dei prodigi per avere modo di provvedere il pranzo a tutti i combattenti, ma ha fatto le cose così bene che in meno di mezz'ora tutti i combattenti convenuti a Vercelli sono a tavola. E quanta allegria! Le strade si fanno silenziose. Le autorità le rappresentanze delle altre provincie, il Consiglio Nazionale sono invitati a pranzo alla sede del Circolo ricreativo. A capo tavola prendono posto gli on. Rossini, Viola, il generale Franchi, i senatori Fracassi e Rizzetti. Nelle altre tavole tutti gli altri: un pranzo famigliare animatissimo ed improntato alla più schietta cordialità. A fine mensa, il prof. Morengo dà lettura dei telegrammi di adesione. Vi sono adesioni di parecchi deputati, di vari senatori, di ministri, di ex-ministri, di generali. Vivi applausi sollevano il telegramma del generalo Cadorna e quello di Ponzio di San Sebastiano. Prende poi la parola l'ottantacinquenne senatore Rizzetti, non per fare un discorso, ma per rievocare attraverso le sue impressioni i fasti gloriosi della storia della nova Italia. Una rievocazione bellissima, detta con vivacità con calore e colore. Particolari consensi solleva il senatore Rizzetti dichiarando che in Italia non vi sono liberali con tanti aggettivi, ma solo dei liberali, e che il popolo italiano quando si tratta del propria. I paese non ha bisogno di etichette per ma- j nifestarsi e scatta tutto, come un sol uomo. 1 Parlano poi l'onorevole Pivano, che por- i ta il saluto dei combattenti di Alessandria e l'avv. Bertman che saluta i novaresi a Aladgpo« msistsuSl'fibv1teteLupvdcgcaimsgbqausdcdrcncnfQamplpnspripcmcdambDfvPIttpbaanercctleGdai sPrrmdgdvvatulrI d, mnome dei combattenti milanesi. L'on. Pi- Mvano invita tutti al convegno dei combat- > IB£*M.*EM^ sione fascista è fallita. Tutte le sezioni si '«Vcmantengono compatte e solidali con il Con-, siglio nazionale. Sessanta combattenti 1 hanno lasciato l'Associazione alessandrini: e un migliaio hanno fatto domanda di entrarvi. Mentre parla Bertman, giungono clamo- , ,ri dal di fuori: sono migliata di combat- rtenti che lasciate le loro mense sono en- ftrati nel giardino per riudire l'on. Viola | ;e l'on. Rossini. Hanno con loro le musiche e prorompono in acclamazioni: si suona l'Inno del Piave. Aperte le finestre del Circolo, si inizia una nuova serio di discorsi. Parlano il rappresentante dei mutilati, marchese Cantono Cova, il presidente dei combattenti Biellesi comm. Strona, l'on. Rossini e l'on. Viola. L'on. Viola dice che porta murata nel cuore la lapide di Assisi e con un'epigrafe che non si orniceli;!. « Col cuore gonfio di entusiasmo aggiunge, io vi ringrazio o combattenti, vi prillilo col grido di Viva Vittorio Emanuele Hit». La serie dei discorsi si chiti- tltltalosz.s-rr-..r-—itde con una fervida invocazione di padre l Angelico Miggetti. Egli ricorda Giosuè e la sua lotta, contro i filistei per la libertà del popolo ebreo. Dice che Giosuè ha pregato Dio che fermasse il corso del sole per poter continuare a combattere ed esclama:] « Anche noi in questo momento preghiamo Dio perchè fermi il sole sino a che siano rinati tutti i valori morali che sono stati consacrati a Vittorio Veneto ». Ogni discorso suscita acclamazioni. Apprendiamo poi dai combattenti che sulla piazza sono avvenuti degli incidenti. Si pretendeva da una musica il suono dell'inno « Giovinezza » e poiché questa si rifiutò vi fu uno scambio di pugni. I battibecchi non si contano. Parapiglia più vivaci si hanno alla stazione verso le ore 17, quando la grando massa dei combattenti si rovescia alla ferrovia per la partenza. Tutto il vasto piazzale è gremito. L'on. Rossini è costretto ad affacciarsi, ad una delle finestre della staziono e ad improvvisare un altro discorso. Alla ferrovia convengono pure parecchi fascisti e dai battibecchi si passa ai contrasti. Qualche pugno vola. Un fascista dà una manganellata ad un combattente, e viene ricambiato con parecchi pugni. Nell'atrio, altre discussioni e altri contrasti. Sembra impossibile, tanta è la confusione, che non succedano mischie. Ma una buona stella guarda i combattenti. Un gruppo di combattenti esasperati si lancia contro tre o quattro fascisti, e questi starebbero per avere la peggio se non si salvassero con una prudente ritirata. Che silenzio a Vercelli quando la città' si vuota! Ma il ricordo dell'adunata perdura, e perdurerà a lungo. m G'»' MICHEL0'l"ri'