Il Sovrano che dette lo Statuto

Il Sovrano che dette lo Statuto Il Sovrano che dette lo Statuto La solenne celebrazione d'oggi in Torino alla presenza del Re d'Italia Gli ultimi giorni : : :: : : di Carlo AlbertoCosse guerriero letalmente ferito che non avverte subito la gravità del suo stato nell'orgasmo perdurante della lotta — Carlo Alberto, sostando ad Oporto, non presagiva affatto che là, fra breve sulla soglia de' 51 anno l'avrebbe ghermito la morto, invano cercata a Novara. Dalle relazioni del Do Launay — pubblicate in extenso in una mia nota tra gli atti della R. Accademia delle Scienze — appare come l'esule Re, mal tollerando po' suoi nervi in sussulto l'eccessiva umidito d'Oporto, vagheggiasse più salubre soggiorno ; e il suo pensiero ondeggiava tra Madera-Roma-Parigi fors'anche l'America! Soprattutto lo dominava l'idea d'una ripresa della partita con l'Austria, contro cui avrebbe dovunque combattuto anche « semplice soldato » : e alla Deputazione della Camera, recatasi ad ossequiarlo, 1 enunciò con fiere parole. Non senza commozione si rileggono le dichiarazioni solenni che alla Commissione senatoriale rivolse il 31 maggio 1849 : « ... La Nazione può aver avuto Principi mieliori (il me. ma niuno che labbia amata tanto. Per farla libera, indipendente e Brande per renderla pienamente felice, no fatto tutti i miei sforzi, ho compiuto con pronto e lieto animo tutti 1 sacrifizi. Il mio personale interesse non ebbe mai il menomo peso nella bilancia degli interessi pubblici... « La Divina Provvidenza non ha permesso che per ora si compiesse la rigenerazione italiana. Confido che non sarà che differita . e che una avversità passeggera ammonirà solamente i popoli italiani ad essere un'altra volta più uniti ond'essere invincibili ». A questo discorso il De Launay fa seguire un particolare significantissimo: Carlo Alberto consentì a ricevere un emissario dei] Kossuth, che forse gli recava l'invito di aggiungere alla Legione italiana combattente in Ungheria, il lustro del suo nome, il concorso della sua spada. *"* Ma già ì violenti dolori intestinali, che C. Alberto aveva sopportato con indomito sforzo di volontà nelle campagne del '48'49, ~erano riapparsi più atroci, esacerbati dal lungo viaggio: e ì medici locali consultati non avevano esitato a pronunciare il mesto responso — avere il Re, con lo sue macerazioni di penitenza, così svigorito il proprio organismo da fargli ornai difetto ogni riserva di resistenza. Da più di quattr'anni s'era votato a non mangiare più carne, cibandosi appena di un po' di pesce e legumi; e tarda ornai giungeva la, rinunzia, impostagli dal confesso» e dai medici, a questo deleterio regime dietetico. II progressivo indebolimento delle forze fisiche veniva aggravato da diuturni patemi morali assillanti. Lo desolavano le durezze dell'Austria nelle trattative di pace — durezze ohe aveva sperato temperare col sacrificio della sua persona —; lo accoravano le persistenti follie demagogiche dei Brofferio e C. recalcitranti alla dignitosa, assennata politica del D'Azeglio; gli erano indicibile spasimo le notizie allarmanti solla malattia, che mise in forse la vita di Vittorio Emanuele II. Per un equivocotradotto dall'inatteso 'arrivo del Mot.-.amano in Oporto (il telegrafo funzionava allora rudimentalmente) crede C. Alberto ohe il Principe Eugenio di Carignano gli fosse inviato nunzio di nuova, più tremenda sciagura al Piemonte, alla Dinastia — la morte di Re Vittorio; e pochi istanti di angosciosa incertezza diedero un'altra scossa funesta all'infermo I Solo un lampo di gioia, illuminò la sua 'faccia spettrale, quando la Gazzetta Piemontese gli pervenne col primo proclama di Monoalieri del 3 luglio (da non confondersi col secondo dol 20 novembre, più celebre). Composto anche il primo da M. D'Azeglio, era tutto un inno che V. Emanuele levava all'opera paterna, riaffermando il proposito di continuarla, di compierla, speranzoso che l'avvenire « cancellerebbe 'e sofferte sventure ». Il fido cameriere cav. Canna lesse il 21 luglio in Oporto a C. Alberto questo stupendo documento, elio col più schietto, virile linguaggio interpretava le 3ue idee, rivendicava il suo nome. Bello, mollo bello non si saziava di ripetere l'ornai agonizzante. *"* Appena guarito Re Vittorio, il dott. Riberi era accorso (come si poteva a que' tempi, con le quarantene per giunta) ad Oporto ; e delle cure prestate a C. Alberto, più esattamente che non la relazione edita dal Rinaudo (del suo diario, donato al Marchiami] e disparsa ogni traccia) ci ragguagliano due sue lettere, ch'io pubblico negli Atti dell'Accademia. I medici giudicheranno se e quanto indicati fossero i rimedi del clinico illustre : basati buì bagni di rhum per riattonaTe e rinforzare un corpo in sfacelo ; e sugli scarsissimi mezzi d'alimentaziono tollerati dal Re. Aveva (scrivo il Riberi) avversione completa per gelatine animali e vegetali. flan, zabaglione, minestre di riso cottissimo, arrow-root, che Piero Giacosa, maestro di color che sanno in queste materie, mi spiega essere un amido estratto dalla maranta arundinacea. Adoperato come alimento leggero per i convalescenti o per i deboli di stomaco, ebbe una voga passegge-a nel secolo scorso. Per C. Alberto insofferente di tutto, l'alimentazione era, scrive il Riberi, «ridotta a qualche porzioncelln di biscottini e di pasta di pomi codogni, ed a qualche poco di brodo che l'Augusto malato non prende, fuorché per mio instanti preghiere e cruasl per compiacermi; e le bevande sono ridotte al una mistura d'acqua semplice con acema feriscale o con alcune gocce di vino di Chateau-Magneau o di caffè, rare volte all'uso dell'acqua di «ribes». Sull'efficacia della cura non s'illudeva il Riberi c aspettava da un momento all'altro la catastrofe. Sorveuno improvvisa il "s luglio dopo un fugace miglioramento. Erano appena partiti i medici, soddisfatti della visita quotidiana, quando tre t inanità 3 apoplettici, incalzanti l'un sull'altro, io «penserò alle 3,30 pom. Dopo il primo svenimento, narra il Ri ieri, al richiamo de' camerieri desolati, «,io giunto in un battere di palpebre su il luogo e trovatolo privo rii sensi fi colla bocca alquanto contorta, adoperai con Milla sollecitudine ogni mezzo, pprdiù rinvenisse, conio in fatti rinvenne alquanto a seano di potermi dire con balbuzie che aveva il corvello quasi In uno strettoio, confuse le Idee, chiuse da spasimo le fauci o freddo e paralitico il oracelo sinistro, al quale però, Uopo] forti e protratte frizioni per me fatte, ritornò il calore ed un tal poco di movimento ne' diti. Dopo un quarto d'ora ch'egli era piuttosto bene risensato c mi aveva congedato, desiderando di stare solo, al che io non ho aderito, fu ripreso da un secondo insulto da] quale uscito con gli -stessi mezzi da prima adoperati, si riconobbe che il braccio destro era pur esso rimasto frodilo e paralitico; la quale cosa lo mise in forte pensiero e cruccio. Ridestato il calore di quest'arto e un poco di movimento noi diti della mano corrispondenlc con lo Elesse forti e protratte frizioni, l'Augusto inalato mi diese balbettando ..essere meglio », e poi, trascorsi pochi minuti, sentendosi forse i furieri di un nuovo insulto, prese con la sua mano sinistra la mia mano destra clic fregava la palma di quolla, ed, Indirizzatemi alcune gentili, affettuose, commoventi parole di ciii mi sovverrò sempre, ini disse elio si «sentiva morire » e da quel momento non rinvenne più per quanti mozzi siami io industriato di adoperare ». C. Alberto aveva stupito i suoi medici per la forza di carattere, dimostrata noi volersi levar sempre età l'heure accoutumée, cornuto si Elio voulait niourir sur sa chaise d; e sbalordì gli ecclesiastici per la sua fine da santo. Il 24 luglio nel ricevere il viatico aveva pronunciato le sublimi parole: « j'otiblie tout»; soggiungendo di chieder perdono a quanti avesse, da parte sua, offeso in generale o in particolare. Aveva ricusato sempre di stendere autodifese, perchè n i fatti eran troppo reconti 0 troppi nomi avrebbe dovuto, non tutti con lode, citare » (disp. 12 giugno). Per quanto lo premurasse il Do Launay, respinse il suggerimento di dettare ultime volontà, per non preoccupare'' la libertà del successore: bruciò, tranne poche, quasi tutte le carte personali. A' figli, alla moglie aveva già diretto via via, col tramite del De Launay, lettere testimonianti l'intenso 9uo amore. Egli, che aveva tanto sofferto, non pronunciò mai acri recriminazioni, neppur col Collegno, che gli aveva ricordato con la sua presenza e con le sue lacrime le calunnie del '21. In una lettera pubblicata da Aldobran dino Malvezzi nel suo importante Carteggio di ■patrioti lombardi (Milano, Hoepli, p 419) la moglie del Collegno ci rivela che questi ambiva di far ammenda del passato: « L'affetto per l'antico suo signore gli era tornato in cuore con tutti gii arretrati e avrebbe volentieri dedicato il rimanente de' suoi giorni all'esule volontario. Ma questi quantunque si studiasse a dimostrargli un affetto e una stima v-eramente distinta, pure gli avea fatto intendere che desiderava e aveva bisogno di essere solo ». Esser solo, per staccarsi interamente dal mondo, immergendosi ne' casti pensieri della tomba : senza nulla che gli ridestasse incresciosi ricordi e lo turbasse anche ua istante nella mistica voluttà di obliare, perdonare lo inflittegli immeritate amarezze, Sul letto di morto insomma, dove non si mente da chi credeva profondamente come egli nel giudice supremo, davanti al quale gli tardava di comparire, C. Alberto palesò tutta la nobiltà della sua natura, così mal compresa e bestemmiata. L'esplosione di dolore in Piemonte fu tale da corrispondere alla serena fiducia espressa da C. Alberto al Villamarina sulla giustizia di quél gran galantuomo che è il tempo. L'Archivio di Torino possiede una collezione magnifica di stampe popolari, comparse nel '47-'49, in onore di C. Alberto. Figurano solo in menoma parte nella Mostra della Mole Antonelliana, dove l'Archivio di Stato ha dovuto limitarsi ad espone (prima vetrina a sinistra, entran do) i suoi più preziosi cimeli: gli originali dello Statuto e dei Codici, autografi, un progetto Antonelli di monumento a Carlo Alberto ecc. Poche cose ma prelibate. Quattro mio pubblicazioni, a prescindere da' due grossi volumi editi dal Bocca, permettono di valutare le ricchezze documentali dell'Archivio per l'epoca albertina. V'è profusione di poesie — italiane, latine, francesi, vernacole — ed una tra queste, a mio gusto bellissima, perchè semplice, vera. Mi sia consentito riprodurla in parte: fra troppi fiori di retorica e di poesia letteraria oggi avvizziti (si salvano appena, tra gli epicedi di C. Alberto, i canti del Prati, del Bertoldi, precursori del Carducci) questa espressione ingenua della Musa popolare parmi conservi ancora la fragranza d'una ispirazione sincera, d'una commozione sentita. E' stampata in foglietto volante da una tipografìa Arnaldi: senza alcuna indicazione di luogo e d'autore. Era ignota anche ad un valentissimo collezionista, quale il cav. Armando. S'intitola n L'arriv d'. Carlo Albert Legenda » : e ha per ritornello i versi 1 Pover Re, che differenssa — Dal ritorn a tua partenssa ! » nel contrapporre la immeritata, lacrimevole fine a tutte le speranze, le illusioni, con cui il Re prode, cavalleresco aveva iniziato la guerra del '48. Lo scompiglio dell'esercito a Novara finì per spezzare il suo cuore : Pr lltalia a dò la vita Carlo Albert a l'era pront, Ma a l'infamia cria sconflta A peni non pieghe la troni, E vollarxlsp al so Scarte, A l'a <Ilt » Son pi non Re ». «Pover Re, ecc. rr montagna o pr pianura Pr vallon e pr desert Scorta sol da la sventura A s'na va Re Carlo Albert, E lontan dal so pi cai' A s'arresta an riva al mar. « Pover Ho, ecc. Ant feslll desolant Consuma dal long dolor A l'è inort parcl d'un Sant, Prdonand al traditor. Sii so feretro, llallan, Doumse unni dc-cò la man. » Pover Re. ecc. Tilt un popò! an ellissi Su tua tomua as prostra, o no. Pront a tè d'nouv satrrlflssl rr compi to gran pensò; Ti protesene, ecc. ALESSANDRO LUZIO. Re Alfonso per il disarmo Siviglia, 1G sera. Nrl discorso pronunciato alla seduta di apertura del Congresso di medicina, il Re lui detto, fra l'altro: «Per aver assistito alla partenza di un reggimento spannitelo al Marocco, il delegato della Società delle Nazioni, qui presente, gorterà forse a Ginevra l'impressione di una pagna bellicosa. Niente affatto. Il delegato deve soltanto ritenere le parole del Re di Spagna, cioè, dire laggiù che qui noi tutti desideriamo la pace, che siamo stanchi della guerra e .'he uborriamo tutte cjuoIle macchine che distruggono la vitti dei popoli, e peggio ancora, tuielln 'degli nomini, che questo delegalo dica che in [••paglia noi aspettiamo l insanito dei popoli foni, per iure poi come loro, noi popoli deboli ». Questo discorso è stalo salutalo da lunghi applausi. sF a Storia del Risorgimento Coti gr esso Beno la • Società nazionale per la Storia el Risorgimento italiano » ha scelto Torino ome 6ede del XII suo Congresso che oggi si naugura, commemorandosi — alla presenza el Re — il 75.o anniversario della morto di arlo Alberto. A parte le altre ragioni che batavano sole a determinare tale scelta, quet'anno appunto cado il 75.0 anniversario della morte del più grande e più doloroso dei marri dol Risorgimento: Carlo Alberto. Le due elebrazioni 6i fondono perciò naturalmente n una: Paolo Boselli commemorerà il re martire, e il Comitato regionale piemontese ella Società pubblicherà per parte sua un olume speciale che conterrà, fra le altre coe. « un'edizione integrale dei verbali del onsiglio di Conferenza, già in parte pubbliati dallo Zanichelli, e alcuni dei verbali dele sedute del Consiglio comunale di ToTino e iverse lettere inedito di Carlo Alberto posseute dal prof. Patetta e dal conte Cibrario ». he valore abbia il carteggio del re alla cooscenza dell'uomo e come alla luce di esso carattere diluì si trasformi da quello ch'era onsuetudine attribuirgli ha mostrato pochi iorni or sono [Stampa, 11 Ottobre) Alessanro Litzio, e non 6 il caso di aggiungere paola al suo scritto. Ma ogni Piemontese che a il senso della storia vorrà piamente visiare la raccolta di cimeli albertini che per occasione il Comitato ha raccolto nella Mole Antonelliana; vedrà cosi risorgersi davanti n mondo che non è pur un secolo eh'è pasato, ma che pare già ed 6 oramai co6ì divèrso cosi lontano dal nostro. Ita Società e il JVIuseo Le basi della Società furono gettate in un ongresso di studiosi del nostro Risorgimeno tenuto a Milano nel 190G; poco appresso enivano instituiti i Comitati regionali lomardo piemontese e veneto, e un anno dopo Assemblea generale del soci tenuta a Peruia (Settembre 1903) fu cosi numerosa e assune per le discussioni che vi si tennero tale mportanza che parve veramente, come disse l relatore, un vero Congresso. Ma il primo ero suo grande Congresso la Società volle tenero in quella che non per metafora fu deta la « culla del Risorgimento italiano ioè nella nostra Torino, ed esso fu con grande solennità inaugurato, appunto sedici anni or sono, la mattina del 17 Ottobre 1908 a Paazzo Carignano, nell'aula dol Parlamento ubalpino. La ripetizione della data — propota dal comitato regionale piemontese — per l Congresso di quest'anno vuol essere come a consacrazione di quel giorno, per gli studiosi piemontesi memorando. Nell'occasione di quel Congresso in fatti — il giorno secondo di esso, alla stessa ora che si apre l'odierna Assemblea — fu inaugurato nella Molo Anonelliana il Museo torinese del Risorgimeno. 11 Consiglio comunale ne aveva votata 'instituzionn nel 1878, in onore di Vittorio Emanuele II onde piangeva la perdita; e il primo nucleo di cimeli era stato raccolto nel Padiglione che s'intitolava appunto dol Risorgimento italiano nell'Esposizione nazionale enuta nella nostra città nel 1884. Ma In quanto all'inaugurazione del Museo nessuna data parve più opportuna di quella in cui si celebrava il Congresso di tanti studiosi, senza e fatiche dei quali nessun Museo si raccoglierebbe ed ognuno senza le loro illustrazioni sarebbe un ammasso di anticaglie nutili. Benemerenze piemontesi Quel primo anno di vita della Società ebbe mportanza per il nostro Piemonte anche per altre ragioni: primo presidente di essa u eletto infatti quel venerando barone Manno, il cui nome i ricercatori delle patrie memorie pronunzieranno sempre con venerazione, tanta è la mole degli studi ch'egli eresse alla conoscenza sicura e piena del nostro Piemonte. E un altro piemontese — più modesto ma veramente,., valente — il prof. Beniamino Manzone, fri deputato alla direzione della « Rivista storica « che la Società reò come organo proprio: Il Risorgimento taliano, che un editore torinese, il Bocca, i assunse di pubblicare. Una « Rivista stoica del Risorgimento italiano • era già uclta per merito di alcuni studiosi dal 1895 al 1900; ma gli studi nel frattempo intorno gl'argomento si erano intensifloati : speciali Archivi per la storia del Risorgimento • si enivano pubblicando nell'Umbria, nelle Marhe, nell'Emilia; T. Casini e V. Fiorini aveano intrapresa una « Biblioteca storica del Risorgimento italiano •, ora per sventura momentaneamente sospesa ma che conta già 89 olumi; libri ed opuscoli continuavano ad ucire in numero sempre maggiore, tanto che i calcolava che il numero delle pubblicazioni salisse già fin d'allora (1907-8) a più di inquantamila; si formavano in ogni regione nuovi Musei. Bisognava dunque ordinare tano sparso materiale, darne notizia agli studiosi, formare un centro per i loro studi, afrettarne di nuovi, specie con la pubblicazioe di carteggi e documenti diplomatici. A uesto intendevano la nuova Società e la Riista, e chi guardi la lunga strada da essi ercorsa può in coscienza affermare ch'essi on sono mancati al loro fine. La « Rivista » nel 1914, anche per la morte el valoroso 6uo Direttore, venne a mancare, d allora si assunse direttamente la pubbliazione di una nuova « Rassegna storica del Risorgimento », come proprio « organo », la ocietà stessa (stampata prima a Citta di Catello dal Lapi, e poi all'Aquila dal Vecchioi) ; mentre la Società storica subalpina che anta parte con gli studi de' 6uoi componenti veva dato alla vecchia rivista, procurava er parte sua la pubblicazione di una « Nuoa serie » di essa con il vecchio titolo. (« Il Risorgimento italiano, nuova 6erie, pubblialo dalla Società storica subalpina sotto la direzione di F. Gabotto). Gli studiosi piemonesi sentirono sempre i doveri che essi, come ali, avevano all'illustrazione della parte che a loro regione ebbe nella redenzione della alria, e sagriiìcarono i loro agi, assottigliaono spesso i loro magri proventi per publicare le loro opere. Cosi sentissero il patriiato e l'alta borghesia il dovere morale che oro incombe di favorire con le loro riccheze il compimento e la pubblicazione di tali tudi in servizio e ad onore della nazione. • Dai tesori degli Archivi Il Congresso che oggi si apre porterà certo argo contributo di nuove memorie e di illutrazioni nuove alla storia del Risorgimento, noi non mancheremo di darne notizia ai ostri lettori; ma noi soprattutto ci auguriamo ch'esso affretti in special modo la publicazione dei Carteggi del grandi piemontesi ie dettero il loro ingegno e la loro attività l'alto fine, e faccia spalancare le porte di utti gli Archivi .nel nome e nei diritti della oria nazionale. Le pubblicazioni del Luzio cono meglio di ogni nostra parola quanta uce di verità si possa sprigionare dagli Arhivi. Due egregi studiosi torinesi. T. Rossi C. Bollea, pubblicando nell'ultimo numero ella loro rivista un dotto «Contributo alla oria del Principe Napoleone ». facevano rivare come una storia vera di lui — nonstante la parte del suo carteggio che si ò n questi ultimi anni pubblicata dagli archi della famiglia in Francia — non si potrà vere in fino a che l'epistolario del Cavour on sia interamente noto agli studiosi. Il arteggio di carlo Alberto, di re Vittorio Eanuele, l'Epistolario del Cavour e del Gioerti, insieme con i carteggi di tanti minori a operosi artefici della redenzione patria, he magnilico campo eli lavoro per l'erudizioe storica italiana I