Una notte di violenze fasciste ad Arignano

Una notte di violenze fasciste ad ArignanoUna notte di violenze fasciste ad Arignano {Tribunale Penale di Torino) Una notte di violenze fasciste ad Arlgnano, piccolo comune presso Chiei'i, sta per avere il suo epilogo in Tribunale. 1 fatli risalgono al "0 marzo scorso, e di essi devono rispondere setto individui, tra cui due capi squadra della Milizia nazionale e qualche milite. In Arignano il SO marzo si inaugurava il parco della Rimembranza; per tale occasione il commissario prefettizio del Comune aveva richiesto al capo manipolo della M. N. Antonio Savio che alcuni milili prestassero servizio d'onore e di ordine pubblico ed il Savio aveva dato ordine scritto di provvedére a lale servizio ai capi squadra Luigi Caudana c Lorenzo Bosco li servizio d'ordine fu disimpegnato in effetlo dai carabinieri: comunque alle ltì,"0, a festa ultimata, non apparve più la necessità di alcun ulteriore servizio tatuo che il Bosco lasciava in libertà poco dopo alcuni dei militi che venivano da Annezeno. Alle 23 qualcuno si attardava ancora per le osterie del paese; nel Ristorante del Centro, certo Mario Della Casa si trovava seduto ad un tavolo con tale Giuseppe rellissero. Il milite Bellocchio Gentile, in divisa ed armato, gli passò davanti in atteggiamento provocante, lo ingiuriò e lo minacciò colla rivoli ella di cui ora armato. Il Della Casa non reagì, ma un'ora e mezza dopo, quando uscito dall'esercizio si avviava verso casa col Peìlisseio e con cerio Camillo Gunetti, fu affrontalo nuovamente dal Bellocchio che lo afferrò per la gola. Intervenne il Giaietti che assestò qualche pugno al Bellocchio: questi, che impugnava sempre la rivoltella puntò l'arma e fece scattare il grilletto. Per buona ventura il percussore non colpi la capsida ed il colpo non parli; il Giaietti disarmò il milite Bellocchio, a! quale poi il sanitario del luogo riscontrò alcun»: contusioni guaribili in 13 giorni. Perquisizioni e rivoltellate Fu questa la scintilla che diodo origine alle aUre violenze: il milite Bellocchio, corse dai compagni di parte, e con essi, certi Luigi Marcello e Paolo Caudana, Fornero Domenico, Gaidano Giovanni e Bosco Lorenzo si diede alla ricerca dell'arma, del Gunetii Camillo e del Della Casa. Le ricerche furono vane nei locali dell'Albergo d"l Centro, dove il gruppetto del milili si introdusse violentemente, minacciando armata mano, e costringendo il proprietario Agostino noie, ed i di lui tigli a subire una perquisizione. Sempre ingiuriando e minacciando, sparando colpi di rivoltella, i milili si introdussero nella casa di Pezzaua Felice, costringendo il fratello di questi, Fiorentino, a seguirli: contro la madre che, allenila, supplicava di lasciar libero il figlio, il Caudana Luigi puntava la rivoltella ingiungendole di tacere. Il Pezzana venne condotto fuori e dopo qualche tempo rilasciato. I militi si recarono quindi alla casa di Ginnetti Camillo e poiché i fratelli di costui si rifiutarono di. aprire, sfondarono l'uscio di entrata, facendo leva con dei pali, e si introdussero violentemente nell'abitazione. Coi soliti sistemi perquisirono la casa e non avendo trovato il Camillo obbligarono il fratello Giovanni Gunetti, a seguirli come ostaggio. Di qui il gruppo si dirigeva alla dimora del Della Casa Mario, che posero a soqquadro per cercarvi la rivoltella del Bellocchio, e costringendo anche il Della Casa a seguirli. Fuori si imbatterono nel Gunelti Camillo ed anche costui fermarono, lasciando in libertà il fratello Giovanni. Con i due * fermati » il gruppo dei militi ritornò all'Albergo del Centro e obbligò il proprietario ad attaccare un cavallo ali un biroccio, col quale trasportarono a Chieri il Della Casa ed il Gunetti per presentarli al capo manipolo Savio. Questi, inteso che ii Gunetti era un comunista gli assestò uno schiaffo ed ordinò ai suoi uomini di accompagnare i catturati alla caserma dei carabinieri. Quivi, solo, i malcapitati poterono riavere la loro libertà. Le parti tese per la pacificazione Le violenze diedero luogo ad accurate indagini dei carabinieri che portarono all'apertura di una istruttoria. Non tutti coloro che avevano subito violenze sporsero querela : ma nei fatti l'autorità giudiziaria riscontrò la consumazione di reati perseguibili di ufficio e ordinò la cattura dei responsabili. Ad istruttoria ultimata essi vennero scarcerati o posti in libertà provvisoria. Ieri, a piede libero, essi sono comparsi davanti ai giudici con un fardello di imputazioni. Tutti, e cioè i fratelli Luigi, Marcello e Paolo Caudana, Bosco Lorenzo, Fornero Domenico, Bellocchio Gentile e Gaidano Giovanni, imputati di violazione di domicilio, sequestro di persona, danneggiamenti, ingiurie e porto di arme. Il Bellocchio, in particolare, di mancato ferimento, minaccia ed ingiuria; il Caudana Luigi inoltre di minaccia a mano armata. In limine litis, per l'intervento di autorevoli persone e dei patroni è stato fatto un tentativo tendente al recesso delle querele sporte contro gli imputati per i reati di azione privata. Coloro che s'erano costituiti P. C. col pairocinio dell'on. Villabruna e dell'avv. Farinelli — lieti di contribuire alla pacificazione del loro paese — hanno dichiarato di non insistere nell'azione. Liberalo cosi il campo da tutte le imputazioni minori, il processo ha potuto iniziarsi nel pomeriggio, tra l'interesse del molto pubblico che assiste. Gli imputati — tutti contadini di Arignano ad eccezione del Bosco che è di Andezeno, tra i 27 ed i 45 anni — nelle loro dichiarazioni hanno seguito una linea difensiva pressoché uniforme : hanno spiegato che la serio di spedizioni punitive effettuate nella notte dei 30 marzo, avvenne per ottenere il ricupero della rivoltella involata al milite Bellocchio, ed hanno negato le intemperanze e le violenze maggiori, ammettendo, taluni, di avere bensì partecipato alle diverse imprese, ma inermi e senza intenzioni aggressive. Gli interrogatori hanno avuto inizio con quello del capo squadra della M. N. Luigi Caudana. La sera del 30 marzo stava in un caffè quando fu avvertito che il Belocchio, milite in servizio, era stato aggredito. Uscì tosto in istrada e trovò il milite, tutto malconcio, che narrò di essere 6tato disarmato da Gunetti Camillo. Andò con gli altri nel caffè del Centro per vedere se si poteva rinvenire la rivoltella e per ricercare il Gunetti. Presidente: — Per entrare nel caffè Ti siete fatto aprire colla violenza. — Nò, l'esercizio era aperto: tu il proprietario ad invitarci ad entrare perchè potessimo vedere. Presidente: — Non pare che le cose si siano svolte tanto tranquillamente. Il Gola è stato costrelto ad aprire, e per obbligarlo l'avete preso per gli abiti. Un caporale senza armi! L'imputato insiste che questa spedizione si svolse dietro invito dell'esercente e senza che que!la sera fosse munito delia rivoltella. Essendo da pochi giorni iscritto nella milizia non era ancora arnia io, a differenza degli altri. Presidente: — Voi eravate un caporale senza armi: ho paura che non diciate la verità. C'era anche ii Belocchio con voi? — Sì. veniva dietro di noi, lentamente a causa delle percosse ricevute. Presidente: — C'.lie era era? — Le undici e mezza. Presidente: — Era dopo l'ora di chiusura, dopo la mezzanotte, por farvi aprire avete minacciato di dar fuoco, aggiungendo che avreste fatto chiùdere l'esercizio. — Non è vero: come potevo io dire ciò d'ai ira parte? I! Caudana aggiunge che all'albergatore non venne torto un capello: In seguito, al risultato negativo della perquisizione i militi si diressero a rasa del Pezzana. Appena giunti si intesero due colpi di rivoltella, sparati dall'interno. Presidente: — Se i Pezzana dormivano à quell'ora. — Non dormivano, quando scesero erano ancora abbigliati completamente. Presidente: — Ma perchè siete entrati a forza in casa del Pezzana? Per farvi aprire voi avete anche sparato. — Nò, hanno sparato loro; poi ci hanno Invitati ad entrare. Presidente: — Impossibile: dopo le belle maniere che.avete usato figuratevi se vi invitavano. Quindi siete nudali a casa di Gunetti. — SI. Porte abbattute e minacele di morte Presidente: — E chi sfondò la porta? — Nessuno: se i Gunetti hanno la porta] di casa rotta noi non abbiamo colpa. Sono esagerazioni. Presidente: — Anche là avete perquisito tutta la casa. — Sempre dopo il loro invito. Presidente: — Cosa ovete detto alla madre del Pezzana. — Nulla. Presidente: — Avete minacciato di spararle se non stava zitta, L'imputalo insiste nel negare che alla vecchia siano state fatte minnecie. Presidente: — Anche quando 6iete giunti dal Della Casa vi siete messi a sparare. — Anche li hanno sparato appena noi siamo giunti. 11 Presidente rammenti all'accusato che non poteva arbitrarsi di portare a Chieri i « catturati ». Imputato: — Noi eravamo in servizio di ordine pubblico e portavamo i due dal nostro superiore Presidente: — Non l'avete capito che i militi non possono fare arresti senza i carabinieri? — Io ho eseguito gli ordini dei miei superiori. Il fratello Marziano, che non appartiene alla milizia ed è mutilato di guerra e presidente della sezione combattenti si difende più vivacemente e dice di essere intervenuto per far opera di pacificazione. Presidente: — In casa del Pezzana però andaste anche voi. — Si: dissi al Pezzana che non si spaventasse, che i militi andavano solo per ricercare la rivoltella. Presidente: — Potevate dirlo anche agli altri. E intanto invece avete lasciato clic portassero via uno dei Pezzana, e 6iete uscito con loro invece di impedire che commettessero violenze. — Io non so che ordini avessero. Eguale contestazione il Presidente muove all'imputato per la spedizione effettuata in casa dei Gunetti. L'imputato esclude che questi sia 6tato in alcun modo minacciato. E dice che se rutti la pensassero come lui a questo mondo le rivoltelle ed i randelli sarebbero negletti... Il terzo dei fratelli Caudana, Paolo Remigio, protesta di essere stato estraneo a tutte le imprese imputate a lui ed agli altri. Seguì i fratelli ed i compagni mentre si dirigevano a casa dei Gunetti, e restò li in distanza ad attendere, Ma non vide cosa successe. Presidente: — Voi andavate sempre all'ultimo momento. — Quel giorno ero stato fuori e arrivai a casa sul. tardi dopo le 9. Presidente: — Avreste fatto meglio ad andare a dormire. Un altro capo squadra Bosco Lorenzo, caposquadra della Milizia afferma che l'albergo perquisito era aperto e che nessuno dei militi impugnava la rivoltella. Le intenzioni di tutti erano pacifiche. Nel cortile della casa dei Pezzana, dopo che da costoro furono sparati due colpi di rivoltella, sfoderò l'arma e sparò un colpo in aria per intimorire. L'albergatore del Centro, cui fu chiesto di trasportare a Ghieri i due catturati aderì senz'altro ed aprì l'albergo dove i militi si trattennero a bere dopo quel po' po' di lavoro. P. M. : — Come mat i tutori dell'ordine hanno fatto aprire un esercizio dopo l'ora di chiusura T — Se l'esercente vuole... P. M. : — I carabinieri non l'avrebbero fatto. Fornero Domenico, altro milite, non vide chi 6parò i colpi di rivoltella: stette agli ordini del suo superiore, il caposquadra, non intese fare minacele. Belocchio Gentile comincia col dire che il 30 marzo era di servizio. Presidente: — Sarebbe meglio che non vi comandassero non siete molto tranquillo. Rifa la storia dell'incidente avuto col Della Casa e col Gunetti e dice-'che fu da costoro aggredito e disarmato. Non partecipò alla perquisizione operata nell'albergo nò alle altre. Presidente: — Eppure le parti lese dicono che c'eravate. Assistette in lontananza solo alla spedizione in casa dei Gunetti ; ma non sparò che era disarmato. « Non sono neppur capace — conclude — di uccidere una mosca ». L'ultimo imputato, Gaidano Giovanni, andò cogli altri a casa del Pezzana con intenti pacificatori, ed esortò tutti ad andare a casa. Non era armato. Il quadro che danno della notte del 30 marzo ad Arignano le numerose parti lese è dei più rattristevoll ed incivili. Mario Della Casa, uno dei catturati, parla a lungo dell'avventura occorsagli e riconosce quattro degli attuali imputati tra coloro che irruppero nella sua casa. Tutti erano ormativide il caposquadra Caudana a sparare. Cosi il Pezzana e gli altri. Questi narra che i fascisti giunti nel cortile della sua casa si misero ad urlare ed a gridare che c'era il fuoco: il teste aprì per non andare arrosto ■Rituali imputati. Tutti ri finirla ». Gridava co- e si trovò davant gridai ano : E' or sì anche il Gaida.nol Gai-I.i::c, spiega: - Dicevo che era ora di finirla, di andar a ietto... L'osarne delle pprti lese e dei numerosi testi — una sessantina — proseguirà oggi. Presidente: Cev. Zanetti; P. M. cav. De Maio: Difesa: ivv. Pavssio, Quaglia, Ezio Rossi e Tabacchi.

Luoghi citati: Andezeno, Arignano, Arlgnano, Chieri, Torino