Per oltraggio alle autorità costituite

Per oltraggio alle autorità costituitePer oltraggio alle autorità costituite (Tribunale renale di- Torino) L'esplicazione del jus murmiirandi contro uomini ed istituzioni del partito dominante ha procurato all'ex vice-sindaco di Felettoil commerciante Luigi Bonomo, di 39 anniuna incresciosa avventura; coti tutte le noie dell'arrosto e del proredimento penale. Il 21 settèmbre scorso a Feletto ricorreva la festa patronale: verso le 24, mentre il Bonomo si trovava in piazza Umberto I, con amici veniva avvicinato da alcuni militi e poi dai carabinieri, die gli ingiungevano di seguirli. Il Ronomo fu portato in carcere, ove. gli fu contestato di aver fatto propaganda sobillatrice tra la pacifica popolazione di Feletto e di aver usato espressioni oltraggiose per il capo del Governo 0 per la Milizia fascista. Il verbale, d'arrestò compilato dai carabinieri aggiungo che il Ronomo, mentre lo si traduceva in caserma, si sarebbe cosi rivolto ai militi clie lo accompagnavano: all maresciallo resterà poco tempo qui e voi allri farete la fina di Matteotti ». li poi ancora: «Qualche volta a Feletto vi romperanno la testa ». 11 Ronomo fu trattenuto in arresto ed in base alla denuncia dei carabinieri inviato a giudizio, sotto l'accusa di oltraggio allo Autorità costituite. Una domanda di libertà provvisoria, avanzata subito dal difensore, on. Villabruna, fu respina dal Tribunale, data Ja natura dell'impuazione. Ieri, all'udienza, l'accusato, che è cosi comparso tra i carabinieri, come già nell'inerrogatorio avanti al Pretore, ha negato di aver pronunciato le frasi che gli sono state attribuite, od ha spiegato così la sua condotta nella giornata dal 21 sttlembre. « Vero mezzogiorno — egli ha detto — in compagnia di certo Fiorina, stavo bevendo un aperitivo nV.'Alberno dei Tre He, quando entii uno sparo, e scorsi tale Micheletta Matteo, che, colla rivoltella in pugno, inseguiva tale Saìassia. Rissi all'amico che la Milizia avrebbe riovulo intervenire e disarmare il Micheletta, per impedire altri guai. A sera, poi, incontratomi col maresciallo ei carabinieri, gli dissi che avrei potuto eporre sul fatto avvenuto la mattina, e che ro pronto a testimoniare in ciualuncnie see, onde non si ripetessero più a Feletto pisodi di omertà da parte della popolazione. 11 maresciallo mi ringraziò e mi assiurò che avrebbe raccolto la mia deposizione; mezz'ora dopo però mi incontrai con ale Mario Besso! ed il discorso caddo sul'avvenimento della mattina. Il Besso deploò ad alta voce che la Milizia non fosse inervenuta Immediatamente mi vidi circonato dal capo-squadra della milizia Sacchi, i Rivarolo r.anavese, e da altri militi, che mi ingiunsero di allontanarmi, aggiungendo he era ora di finirla con la mia propagana anti-nazionale. Con costoro sorse un dierbio, non intendendo io di obbedire alle oro ingiunzioni. Ma giunse ben presto il maresciallo ed i carabinieri, che mi tradusero in caserma. A costoro, che mi stringeano por le braccia, tanto che mi hanno rodotto delle larghe echimosi e mi trasciavano in malo modo, raccomandai soltano dì non farmi male. Aggiunsi: «Non mi irino, che non scappo ; non ho paura che mi facciano fare la fine di Matteotti ». Questa la versione dell'imputato, il quale a insistito nel negare di aver pronunciato utte le frasi incriminate e consacrate nei erbali. Risultò che il Bonomo, che non apartiene a partiti estremisti ed è di fede lierale, negli anni del dopoguerra difese i arabinieri in occasione di un Incidente coppiato a Feletto, durante il quale alcuni ovversivi fecero scoppiare una bomba. Queste ed altre circostanze furono lumegiate calorosamente dal difensore. Il Tribuale affermò in parte la colpevolezza delimputato e lo condannò a 15 giorni di deenzione, già scontati, ed a 100 lire di multa, ol beneficio della non iscrizione della pena el casellario giudiziale. Presidente: cav. Barberis; P. M.: cav. De Majo; Difesa: avv. Villabruna; cancelliere: Chiardola. Ladri e ricettatori (Tribunale Penale di Torino) La sera del 21 maggio scorso, il signor Robella Ernesto entrando nella propria abitaione, notò un insolito disordine: armadi perti, cassetti rovesciati, biancheria sparsa er le camere, le caratteristiche tutte, inomma, della indesiderata visita dei soliti gnoti. Fatto un sommario esame, il signor Robella constatò la sparizione di un abito uovo fiammante, di sei lenzuola, di una coperta, di un astuccio di cucchiaini di argeno, di una rivoltella automatica, del valore omplessivo di lire 2500, nonché di una vaigetta in cuoio, conlenente oltre 20 mila ire in biglietti di banca. Denunciato il fatto all'Autorità di P. S., questa, dopo attivo indagini, riusciva ad asicurare alla giustizia una vasta combrìccola adresca, il cui tenore di vita destava da paecchio tempo 1 sospetti dei solerti agenti della squadra mobile. Vennero cosi tratti in rresto certi Bosco Giuseppe e Chiappello Giovanni, siccome autori materiali del furto, nonché certi Eddone Francesco, Girardi Gior. gio e Falcetto Margherita, tutti pregiudicati, quali colpevoli di ricettazione qualificata, in quanto, nei giorni immediatamente susseguenti al reato, se, la erano spassata allegramente a Torino, Genova e Milano, grazie lla prodigalità del Bosco, coi denari che queti aveva trovati nella famosa valigia di uoio di proprietà del Hcbelia. In seguilo venne pure elevata imputazione di correità in ricettazione a carico di Ballaio Maddalena, Arditi Francesca, Maccagno Clotilde e Chiappello Battista, residenti in Saluzzo, essendosi accertato che essi avevano chi ricevuto dal Chiappello Giovanni somme di denaro, chi oggetti provenienti dal urto patito dal detto Robella. I nove messeri vennero quandi rinviati al giudizio del Tribunale per rispondere, il Bosco e il Cltiappollo di furto doppiamente qualificato, perhè commesso con scasso e mediante l'uso di hiavo falsa, gli altri sette di ricettazione aggravata. In udienza il Bosco, il Chiappello, l'Eddone, il Girardi e la Falcetto, che contavano già al loro attivo numerose condanne, conessarono pienamente e candidamente i loro alli, mentre invece gli altri quattro, ancora nuovi alle peripezie giudiziarie, sostennero e giurarono la loro buona fede. La ben aggderrita Difesa fece il possibile e l'impossibile per attenuare la colpa degli imputati, ma il Tribunale emetteva sentenza coila quale condannavo: Bosco Giuseppe ad anni e mesi 11 di reclusione. Chiappello Giovanni ari' anni 4. Edriono Francesco e Girardi Giorgio ad anni 2, Falcetto Margherita ari anni 1 e mr-si 3, Bailario Maddalena a mesi di reclusione e lire 50 di multa. Arditi Francesca e Maccagno Clotilde a mesi 3 e ire 33 di multa, assolvendo il Chiappello Battista per insufficienza di prove. Concedeva poi il beneficio della condanna condizionale e della non iscrizione a Bailario, Arditi e Maccagno Presidente: cav. Olivetti — P. M.: cav. Marelli — Difesa: avvocati Nasi, Gino Obert, Lombardo, Giulio e Savio — Cane: Leprotti. I! fratricida di Caselle condannato a 3 anni di detenzione (Corte d'Assise di Torino) Il triste episodio di Caselle ha avuto ieri l suo epilogo davanti ai giurati. Il fatto ebe una certa eco nelle cronache del tempo d impressionò per taluni caratteri di eferratezza che lo accompagnarono. La notte el 27 novembre dello scorso anno i coniugi Grivet Brancot, cugini c vicini di casa dei ratelli Grivet Brancot Giovanni e Luigi, senrono grida e rumori provenienti dal corle, in direzione della casa dei loro cugini. l marito, vestitosi in fretta, discese per il rimo, ed ai piedi della scaletta che dà acesso all'abitazione dei vicini, trovò il Griet Brancot Luigi, che, vedendolo, gettò a erra un mattone che teneva in mano. Vide oi il Giovanni steso al 6uolo, bocconi, in na pozza di sangue. Essendo nel frattemo scese anche la moglie ed altre persone, ferito venne trasportato sotto il portico, ma appena adagiato su di un mucchio di aglia, spirò, senza profferire parola. Il Luigi, a quelli che erano accorsi, conessò di avere colpito il fratello, che, agiunse, • voleva venire ad ammazzarmi » ; oi, quando il ferito veniva trasportato solfo portico, inveiva contro di lui, apostrofanolo con volgari epiteti. Il fratricida venne ermato e dai carabinieri poi tradotto alle arceri Le indagini, tosto esperite, permisero di stabilire che da tempo cattivi e tesi ernno i rapporti tra i due fratelli Grivet, per questioni di interesse, e che tutti e due, piuttosto dediti al vino, erano in continui litigi, quantunque il Giovanni, più anziano e di carattere più mite, non si lasciasse andare alle escandescenze cui trascendeva invoco il fratello Luigi, sempre restio a rendere i conti del patrimonio connine, punto, per cosi dire, essenziale ilei contrasti tra i due fratelli. Il vero motivo del diverbio insorto nella notte del fatto non potè però essere stabilito con certezza, perchè nessuna persona vi presenziò Ieri, davanti ai giurati, il Grivet Brancot Luigi ha confessato, senza lagrima e senza angoscia, di aver ucciso il fratello. Ha narrato di averlo colpito ed ucciso per legittima difesa, che il fratello, ormato di un grosso sasso, nel cuore della notte cercava portarsi sul suo balcone con intenzioni aggressive, tanto che egli credette conveniente tri respingerlo o buttarlo a terra con uno spintone. Avendo però i.l Giovanni fatto l'atto di rivoltarsi e di colpirlo col sasso, diede di piglio ad un mattone, che si trovava 11 presso tra un mucchio di rottami, e con quello si difese e colpì, lincile vide l'avversario al suolo, nella impossibilità di nuocergli. Le numerose testimonianze, parenti dell'ucciso o pente del paese, non portarono sul fatto alcuna luce, ma deposero sulle vicende della vita in comune dei due fratelli e sul carattere dell'imputato. Questi ritornò una diecina di anni fa dall'America, dedito all'alcool. Alcune persone lo videro trangugiare un litro e mezzo di grappa in un pomeriggio. 11 vizio lo aveva abbruttito e gli aveva spenio. nel cuore ogni sentimento affettivo o di umanità. La guerra, dalla quale tornò con alcune gravi forile, accentuò lo scompaginamento delle sue facoltà. Infatti 1 periti professori Carrara e Treves, nominati nello more del processo per accertare il suo stato mentale, lo dichiararono concordemente totalmente infermo di mente. Le conclusioni dei periii e la tesi della legittima difesa prospettata dall'imputato, vennero invocate eloquentemente dai difensori, avvocati C. F. Roggeri e Cnmoletto, elio sì indugiarono a spiegare il dramma di questo disgraziato. I giurati col loro verdetto riconobbero soltanto a favore dell'imputato i benefici della semi-infermità mentale, nell'eccesso di difesa e delle attenuanti, cosicché il Presidente pronunciò sentenza di condanna a 3 anni e 4 mesi di detenzione. Presidente: conte Messea; P./G.: commendatore Capticelo; cancelliere:' cav. Vittonattó