Nuove spiaggie italiane Aquileia

Nuove spiaggie italiane Aquileia Nuove spiaggie italiane Aquileia aquileia, settembre. L'alta torre d'Aquileia, poderosa e massiccia, ha sfidato e silda da secoli guerre, terremoti ed incendi che più volte ridussero in rovina l'attigua basilica. Per decine di chilometri, oggi come un tempo, la si scorge bianca contro il sole e dallo grasse pianure del basso Friuli, e dalle lagune di Grado e di Anfora e dal mare aperto, di dove appare come un faro diurno che rimane sull'orizzonle anche quando le bassure della riva si sono confuse fra l'azzurro del mare c quello del cielo e la si scorge ancora dalla costa Istriana di Pirano e di Salvore, continuo e costante richiamo fraterno della gente giulial Ad Aquileia mi recai, molti e molti anni addietro, assai prima della guerra, in una delle mie peregrinazioni olire i confini politici d'Italia, e rammento che mi avvicinai a quei luoghi, fresco ancora dei ricordi di liceo, con un coito senso di commossa tre. pirla/ione. Tanto pi fi grande fu la mia disillusione. Ben poco di ricerche e di scavi si facevano da parte dell'Austria, ben poco, olire la torre, richiamava a coi che Aquileia fu, ed un grasso pretaccio, il parroco, al quale mi rivolsi per visitare la Basilica, ebbe a dirmi in un veneto purissimo tali parole volgari contro l'Italia, da produrmi più disgusto che sdegno. Rammento che 11 custode mi fece cenno di tacere: Aquileia era ancora terra austriaca! Le antiche vestigia La nuova Italia ha veramente ridonato ad Aquileia il suo valore storico, artistico e sentimentale, valore che a sua volta valorizza l'Italia. Fin dalla prima occupazione, all'inizio della guerra, collezioni di scavi erano state riordinate nel Museo, scavi nuovi eseguiti attorno e nel sottosuolo della basilica e vie d'accesso riattate. Si era generato e diffuso attorno ad Aquileia quel senso di amore per uno dei ricordi più cari della nostra gente che si richiama in vita, quell'amore che dura lutt'oggi e che si continuerà nell'avvenire. E con che sentimento, con che gioia diversa ho rivisto quest'anno da lungi la torre e da presso la basilica, cui fanno corona i cupi cipressi del cimitero degli eroi! Avanti alla torre, su d'i una bianca colonna romana è la Lupa, il dono di Roma capitale ad Aquileia restituita. Nella piazza erbosa, ai piedi della torre, sono numerose botole a vetri: pratica soluzione per turbare il meno possibile il piano e la solennità del luogo e per consentire la visita alle sotto- stanti vestigia romane: lucernari che danno luce agli scavi sotterranei. Il pavimento recente della basilica venne negli ultimi tempi di qualche metro abbassato e si rivolò l'antico pavimento della più antica basilica dell'epoca precostantiniana, tutto in un magnifico mosaico a disogni di una nitidezza esemplare; le varie stagioni, la leggenda di Giona e la balena, figure di benefattori, uccelli, pesci ed ogni sorta di animali allegorie} in una armonica fusione. Negli scavi sotterranei attorno alla base del campanile si ritrovarono altri pavimenti di chiese romane e longobarde coi relativi colonnati, e sotto ancora pavimenti a mosaico e piani di ville romane, pitture murali, disegni in mosaico di vetro e persino pressoché intatto un impianto di riscaldamento ad aria calda! Le vestigia romane continuano ininterrotte ma gli scavi vennero fermati al limite del terreno nel quale dormono il sonno eterno eroi nostri, che morirono nella guerra mondiale. Non è vana retorica il richiamare la grandiosità dell'idea di questi giovani italiani che riposano sopra vestigie romane nella terra da essi ridata col loro sacrificio all'Italia! Nel cimitero, non grande, dietro l'abside della basilica, ricinto da un antico murello e da una catena di alti cipressi, ogni tomba è un giardino di alloro, di tasso, di cipresso, e quasi su ognuna è un nome noto e caro agli Italiani. La tomba semplice e severa dei nove militi ignoti, fra i quali la Madre del Caduto scelse il Milite Ignoto destinato all'Altare della Patria, la Vittoria dello Xlmenes vigila fra due cipressi; un sarcofago sovrasta la tomba dell'eroico Randnccio e porta la scritta: t Vitam Timavo dedit ». Una signora straniera, che evidentemente si vuole intendere di latino, cerca una relazione fra Timavo e timeo; le rispondo seccamente che il Timavo è un fiume: e Ah, allora, dice, questa è la tomba di un annegato? ». Non ho saputo darle una risposta, mi sono guardato attorno ed ho visto fra le tombe soltanto tipi di stranieri venuti ad Aquileia dalla vicina Grado, e che balbettavano storpiandolo l'italiano delle epigrafi!... Chi sa quanti di essi crederanno Randaecio un annegato! Ma perchè ne! cimitero di Aquileia, che dovrebbe essere la sintesi della venerazione ai nostri eroi, si lascia libero l'accesso agli stranieri? Incontro un vecchietto, il custode, che in breve riconosco per quello che vent'annl fa mi aveva fatto cenno di tacere, e gli chiedo notizie del grosso prete austriacanle : « El xe la — mi dice additandomi alcune zolle ed una croce — quel...; el iera de Corlroipo. Lo sa? Un italian I ». 1 tesori de! museo Nel piccolo museo di Aquileia si accumula tanto materiale quanto basterebbe a riempire uno dei più vasti musei del Regno; a centinaia sono ammucchiate anfore, lamoade, o>-ciuoìi, tutti quegli infiniti prodotti 'in terracotta di cui si servivano i Romani. Ma ciò che forma la particolarità del Museo di Aquileia souo le veire.rie, i cammei, i gioielli. Ad Aquileia fioriva l'arte del vetro, che ebbe poi a trapiantarsi a Murano, ed ancor oggi si conservano intatti bicchieri e vasetti in vetro di produzione romana, portaninnoli, portaprofumi lavorati a mano ed a colori con un gusto, una delicatezza, una precisione tale, ohe ancor oggi si farebbero ammirare come opere perfette in qualsiasi negozio moderno, anche se presentati come di recentissima esecuzione. Collane di porle e di coralli, reticelle d'oro per i capelli, anelli, cammei, si direbbero 11 trasportati dalla vetrina di un gioielliere. E pensavo al pericolo corso dall'Italia che tutti questi tesori fossero perduti per sempre per Aquileia. Uopo Caporetto, le tredici casse elio li contenevano non poterono essere trasportate dall'esercito nostro in ritirata; dopo Vittorio Veneto le casse non 6i ritrovarono più, avevano preso la via dell'interno dell'Impero. Rammento nei primi mesi del dopo guerra, il paziente e prudente lavoro d'indagine fatto con ansia trepidante dal delegato artistico italiano presso la Commissione d'armistizio, Prof Guglielmo Pacchioni, ora direttore della Pinacoteca di Torino, per rintracciarle possibilmente intatte. Si seppe, in via confidenziale che erano depositate a Czernovitz in Uucovlna, non più austriaca, ma diventata rumena, come bagaglio privato di un sottufficiale. La Rumenta ignorava il tesoro che il caso le aveva portato entro i confini. Si potè finalmente mettervi sopra le mani I Rammento la gioia di tutti noi italiani quando 6i videro arrivare le casse all'Ambasciata italiana a Vienna e si verificarono intatte! Il custode. Cicerone del Museo, ammanisce in tedesco una filza di fandonie ai visitatori stranieri; immaginate che, ad esempio, presenta una bella statuetta di una Venere di marmo trovata negli 6cavi come la « Venere dei Medici I ». Però, detta questa, mi guardò e maliziosamente sorrise. In un lungo porticato che ricinge un ampio cortile, sono ammassati alla rinfusa a centinaia lapidi, sarcofaghi, monumenti funerari, statue, colonne, mosaici, tanto da far felici diverse dozzine di direzioni di musei, e nuovo materiale di continuo si aggiunge, che, assicura il cicerone, i conladini quasi ogni giorno trovano fra le zolle oggetti di Roma. Verso il tramonto il battello a motore che ci attende in uno dei canali che sinuosamente dalla laguna raggiungono Aquileia, riprende la corsa del ritorno. L'acqua fermissima rende la laguna lucente come una piana di acciaio, che si arrossa al rosso del cielo pel sole che cala; tedeschi e czechi hanno continue espressioni di meraviglia e, more solito, traggono dalle eacche e dai cestini frutta e sandwich e se li mangiano. Qualche isoletta boscosa, qualche 6ecca, qualche canneto, qualche vela lontana, poi il mare aperto e Grado, che appare, come dice un opuscolo del Comitato di propaganda gradese, « come una candida torpediniera, che navighi tranquilla In un mare d'incanto », ERMINIO GIOVANARDI.

Persone citate: Anfora, Erminio Giovanardi, Giona, Guglielmo Pacchioni, Murano