Oltre il fiume del tempo

Oltre il fiume del tempoOltre il fiume del tempo Una quarantina d'anni fa a Wurzburg lin giovinetto tedesco chiedeva in dono per il NataJe, rinunciando ai tanti altri propostigli, — iim libro sopra Giava. La singolare richiesta gli era Btata ispirata dai racconti d'un reduce, nei quali l'isola asiatica appariva come il compendio d'ogni ma- ! raviglia. Dalla febbrile lettura del libro il ! ragazzo derivava il progelto d'abbandonare gli odiati banchi di scuola e d'emigrare, mercante o soldato, nel lontano paese, devo la vita era semplice, ingenua e felice come alle Origini. La famiglia dovette penare dei mesi per togliergli di testa quell'idea. Ma fatto uomo il giovine partì davvero por il paese del suo sogno d'adolescente e, so proprio non ci visse al modo fantasticato, vi ritornò successivamente dalle diverse parti del mondo, dove lo Bpingeva la sua irrequietudine, e colà morì cinqnantunemie, alla vigilia d'esser liberato dall'esilio impostogli dalla guerra, nell'autunno del 1918. Questa in due parole è la storia di Maz Dauthendey, l'ultimo poeta tedesco dell'Oriente. I>a quando Goethe l'ha messo di moda, l'Oriente ha fornito spesso motivi e colori aila poesia tedesca. Ma finché l'ascesa trionfale della scienza e della potenza europea continuava, gli spuliti orientali erano accolti per puro gusto storicista o per vaghezza d'esotismo. La grande crisi della civiltà europea (e gli spiriti più sensibili l'avvertirono parecchi anni avanti il 1914) doveva invece dare all'attrazione dell'Oriente vm altro significato. Esso infatti 3'impose ai cercatori di Dio, agli assetati di non mntoriali felicità, agli stanchi di regolo logiche e meccaniche, di cognizioni e proporzioni note corno la culla della saggezza religiosa, la patria dell'irrazionale orgiastico, la terra ricca negli scrigni millenari di favolosa sementa per l'avvenire. Che a tale miraggio soggiacessero meglio d'ogni altro popolo i tedeschi ò agevole comprenderò, chi conosca la loro natura. L'azzurro fiore romantico ha sempre bisogno d'una nuova zolla lontana, su cui crescere. Una espressione d'arte veramente grande la Germania non seppe dare a questa sua recente nostalgia, è vero. Ma i segni abbondano, tra gli ultimi l'entusiasmo per la Russia e per Tagore, e le centinaia di libri, anche splendidamente illustrati, sulle origini, la filosofia, l'arte, la vita orientale pubblicati con enorme favore in due decenni. Ora anche la fortuna postuma di M. Dauthendey e il suo destino. A ricordare il qual destino giungono assai opportune le tCose vissute a Giava* ; due brani d'un diario interrotto dalla morte dello scrittore. Mancano, i due frammenti, d'elaborazione artistica definitiva; nella lor forma ancora un poco grezza però si mostrano tanto più interessanti, perchè lasciano veder meglio l'uomo-e il suo sogno. I due casi narrati, — le nozze d'un sultano, l'ascensione allo Smeroe, il più alto vulcano dell'isola, — non sarebbero materia d'interesse eccezionale per racconti esotici. Ma il tempo in cui si svòlsero o lo-, stato d'anima con cui l'autore li visse li alzano in un piano emotivo singolare. Siano rispettivamente nell'ottobre 1915 e nel maggio 1917. Dauthondey, sorpreso dalla guèrra nell'Oceano indiano, anziché poter rimpatriare nell'autunno del '14 come aveva stabilito, è stato costretto a rifugiarsi sul suolo neutrale delle Indie Olandesi per sfuggire alla cattura nemica. Gli anni passano senza portare alcuna risoluzione; la famiglia è lontana. Anima e corpo piegano sotto il peso della sciagura: mentre la sfiducia nella liberazione cresce, un morbo maligno s'impadronisce dello scrittore, la malaria che poi l'ucciderà. Tempo per meditare sulla crisi della civiltà, contro la quale tutta la sua vita era otata ribellione, non mancava all'esule. In quella condizione gli avviene d'assistere alla gran festa principesca, cioè di gettare un profondo sguardo negli usi e nel cuore d'un popolo antichissimo e schiavo, gli avviene di scalare una vetta eccelsa, solitaria, pochissimo volte violata, torreggianbe su prati e su boschi privi anch'essi di vestigia umane. Due viaggi favolosi. Il primo racconto ò reso ancor più fantastico da una terribile circostanza. A Solo, nella capitale del sultanato giavanese dove si celebra la festa, la peste miete ogni giorno cinque-dieci vite ; ogni giorno si scoperchiano case infette, si costruiscono baracche e lazzaretti, — e s'innalzano archi trionfali. Perchè il sultano, padrone nominale della colonia olandese, si sposa. U sultano ha cinquantacinque anni e dozzine di mogli e di figli. Ma la donna, che con lui divide le prerogative sovrane, è rimasta sterile, e i due primogeniti delle due donne più vicine a questa nella gerarchia si contendono' il diritto alla successione, essendo l'uno stato generato prima bensì, ma concepito dopo dell'altro. Per tagliar corto all'annosa questione il sollecito padre ha deciso di compiere un tentativo supremo, di torsi un'altra prima-moglie, le cui ventidue primavere danno buona speranza di prole. L'Olanda paraninfa ha nulla in contrario, gli europei più ragguardevoli della residenza sono invitati allo spettacolo. Qualcuno di quegli europei avrà magari osato intercalare agli ammirativi stupori delle considerazioni ironiche : su l'occasione dello spettacolo, le circostanze, il corteo delle anacronistiche automobili, l'illuminazione elettrica, la prima che si vedesse a Solo, e su tante altre piccole stonature. Ma gli occhi di Dauthendey. scivolavano sui contrasti, o, se per un attimo vi si fermavano, era per commentar con un sorrido di scherno la miseria dei padroni occidentali. Dalle oustodie centenario erano usciti i //amelang sacri, e al loro cauto inimitabile la splendida civiltà giavanese rinasceva. Rinasceva non soltanto in colori, in luci, in danze, in sueni, rinasceva nella sua saggezza e nella sua bellezza interiore. Parole auree, pronunciate da candidi vegliardi profumavano l'aria più intensamente dei fiori tropicali. E figlio d'una nazione lacerata dalla guerra, vittima miserevole egli stesso della guerra, non le poteva ascoltare senza commuoversi : « Chi è prudente non ha nemici ; e chi è tanto prudente da non aver nemici è buono 1. I ga~ melang sacri parevan ripetere incessantemente la bella frase, e non altro parevan dire i gesti dei celebranti la cerimonia. Quali gesti e quali volti I Dinanzi alla banale curiosità dei rumorosi conquistatori europei i figli della terra di Giava sedevano magnifici d'una pompa fiabesca, gravemente composti, statue di nobiltà incomparabile. Dietro la futura regina, gremendo a perdita d'occhio le sale, accoccolate fer tetra in file simmetriche le belle prin¬ cpdnrggnfTsmmgltdapzlnrlnicipnmNtgpszinlabmdtsIuletlmddEmdr cipesse e dame del sultanato; indosso appena, dalla cintola in giù una lieve spoglia di seta variopinta; fino ai seni denudati null'altro se non le gemme e le capigliature nerissime; e una strana cipria giallognola cosparsa sulla pelle toglieva ai magnifici torsi immobili ogui carnalità. Donne e uomini sembravano sotto le volte profumate e fulgenti un'accolta di fantasmi. Tutto richiamava l'attenzione di tutti i sensi e tutto aveva un aspetto austero, <.«• me di pompa eopraterrena. < ...Ogni vista mi commoveva con una gioia profonda, una gioia quasi dolorosa, prossima a trarmi lacrime di felicità. Mi pareva d'esser morto e d'entrare nel cielo in frack e a suon di musica, con una schiera eletta d'europei anch'essi in frack, — nel cielo a cui neU'epoca delle automobili e dello vanità ambiziose, dell'elettricità e delle ferrovie, nell'epoca dell'annichilante arroganza europea nessuno avrebbe più potuto crederà. Eppure- eocolo davanti ai miei occhi il cielo della fantasia, il cielo vivente nel Corano e nella Bibbia, il cielo d'ogni nobiltà, d'ogni innocenza, di tutti i toni puri, di tutti '. colori puri, di tutte le anime ingenuo. E io ne provavo dolore, perchè fin dal primo passo all'eutrarvi sentivo l'angoscia del non potervi rimanere ». L'ascensione allo Smeroe culmina in un motivo analogo. Qui l'uomo è di fronte alla Natura, non ad altri uomini ; ma la uatura è così vergine, così pia, che il naufrago d'una civiltà in isfacelo bì sente fin nel profondo umiliato. In un acquarello « Discesa dallo Smeroe » il poeta ha sintetizzato efficacemente il suo sentimento : figure incappucciate calano a valle con un'esitazione di larve, mentre l'augusta montagna leva nell'etere la sua cupola simile ad un altare. Così vedevano gli occhi del poeta wiirzburgheee desiderosi di paradiso. Ma, ahimè, altre cose pure dovevan vedere indegne di qualsiasi paradiso. E soprattutto l'entusiasta stroncatore dell'Europa non riesce a insufflar vita in un mondo svanito. In un giorno di festa possono gli eredi di una civiltà morta trar fuori dagli armadi le suppellettili dei padri 0 celebrar con esse un rito : Il rito sarà un magnifico spettacolo pietoso, ma non potrà far revocare la sentenza segnata dal tempo. E da quel mondo Bpento la scontentezza nostalgica d'un poeta d'altra razza potrà ricavare solo degli eccitamenti utili per la prepria arte. E infatti Giava e l'Oriente son stati una miniera per Max Dauthendey. I buoi r. uraerosi volumi di romanzi, novelle, poesie, drammi se ne avvantaggiarono con una varietà e una ricchezza ignote a troppi contemporanei. Walter von Molo ha potuto mettere insieme uu volume assai interessante: « Le più belle pagine di M. D. ». Dall'India al Giappone udiamo le molteplici voci dell'anima orientale, riunite, in una rapida sinfonia. La sinfonia è affascinante; ma non ai creda ohe lo scopo dello scrittore sia di darci delle pitture di genere o di venderci della merce esotica. Parco in descrizioni, misurato nei colori, privo di lenocinli la sua attenzione è sempre diretta al cuore de' suoi personaggi, sempre drammaticamente atteggiati, per scoprirne l'intimo contenuto umano. Creature d'istinto, non le muove ohe l'odio o l'amore, e più l'amore ohe l'odio. Per tutte varrebbe come mito la storia di Ata-Mono. Ata-Mono era un sapiente cinese che aveva imparato a leggere sulla corteccia degli alberi pezzo per pezzo la vita e i segreti del mondo. Un giorno nel tronco d'un salice egli lesse che qualsiasi uomo si fosse addormentato al suono d'una certa arpa sarebbe stato risparmiato per l'eternità dal dolore e dalla morte; l'arpa miracolosa bì trovava nell'isola del fuoco eterno. Ata-Mono si mise in viaggio e, interrogando per istrada gli alberi, giunse alla riva del mare. Non essendovi navi capaci di trasportarlo sulle onde, il sapiente dovette contenere anni ed anni sulla spiaggia la sua sete d'immortalità. Un giorno la tempesta gettò sulla riva un albero ignoto, che portato dal vento procede fino al margine d'un bosco, dove afiondò le radici. Ata-Mono gli fu subito attorno, certo di trarne indicazioni preziose. Ma ad onta d'ogni suo sforzo non riuscì a intendere il benché minimo segno. Disperato volle allora morire. Sul punto però di lasciarsi soffocare dalle pietre, di cui s'era dispettosamente riempito la bocca per non parlare e non mangiare, gli venne il pensiero di voler dimenticare l'arpa. Subito n sentì come liberato; b'alzò e mosse verso l'interno del suo paese. Al primo villaggio gli vennero incontro delle donne, che gli fecero onore. Lo stesso avvenne in tutti gli altri villaggi e in tutte le città. E re, lieto che Ata-Mono avesse deciso di restaro in China, voleva, per legarlo definitivamente alla 6ua terra, che si sposasse. E Ata-Mono sposò una bella e gaia giovine e fu felice come non era mai 3tato prima, perchè aveva posto l'amore sopra l'immortalità. Sarebbe il succo della filosofia dauthendeyana questa saggia conversione all'amore. Conversione antitetica allo spirito della civiltà europea, sferzata dalla volontà di potenza. E come reazione sentimentale età bene. E' bene che gli spiriti più insofferenti rivelino le miserie della superbia moderna, riscoprano i valori delle genti vinte e dimenticato, cerchino umanità dappertutto, dian sfogo agli istinti romantici, porgano la leva della fantasia sotto le realtà acquisite. Ma ohe la vecchia Europa sia marcia fin nel midollo e, incapace di salvezza colle proprie forze, sia salvabile con innesti orientali ? Lo si credeva qualche anno fa in Germania, quando certi estrosi scenografi della filosofia rizzavano alla svelta panorami . di tramonti e di aurore mondiali. Ora ai vecchi mondi orientali si guarda con animo diverso, non cioè più per trovarvi le miniere dell'avvenire, ma per scoprire qualche pagliuzza d'oro anche in un paese di fiaba oltre il fiume del tempo. LEONELLO VINCENTI. LtIKdsflIdTErlebnisse duf Java. Aus Tagebflchern von Max Dauthendey. — Das SchOnste von Max Dauthendey, ausgew. u. eingel. von Walter von Molo. — Albert Langen, Mflnchen.

Persone citate: Albert Langen, Goethe, Leonello Vincenti, Mono, Tagore

Luoghi citati: Europa, Germania, Giappone, India, Olanda, Russia