Diario nordico

Diario nordico Diario nordico KIRKENES (Lappouia), agosto. TI passaggio del Circolo Polare Artico è sUto celebrato così. Hanno rinchiuso i passeggeri, ignari, nella sala Ha pranzo. Poi li hanno fatti uscire ad uno ad uno, bendati, condotti sul ponte, o. rivestiti con atti misteriosi d'uno scafandro e d'una cintura di salvataggio. I recalcitranti erano ammoniti da un tremendo dio Poseidone, che non vedevano, ma di cui sentivano la roea voce ed i minaci avvertimenti. Poi un uncino li afferrava alla cintura, un argano ìi issava in alto e li faceva volteggiare, riversi por l'aria, finche non li scaraventava... Nel maro, giurava il derelitto di turno, sentendo quel salmastro freddo sul muso. Ma la cosa era più innocua : in una grande tiuezza ripiena di quell'acqua del circolo polare. Bè, mo' incomincia il polo, pensava il ncofito, asciugandosi la testa e vedendo lontanare all'orizzonte la misteriosa montagna 1>cr cui passa la linea, fatta a foggia di cavaliero che lasci cadere sulla cavalcatura il grande manto. E invece cominciò l'estate. Il vento caldo scivolava sul mare rosso nella notte luminosa, navigando noi verso le Lòfoten turchine e aguzze, su quello sfondo prodigioso; sudammo a Rodo e sudammo a Harstad, sudammo a Tromso, mirando dalla tolda pascoli verdissimi affogare ne! mate, e le capanne colorate stemperarsi nel sole con definitivo benessere. Descrizione del fiords Ci siamo, lettore. M'ero proposto di non descriverti i fiords e il sole di mezzanotte come giurai, altra volta, di non descrivere H Partenone. Promesse da marinaio. Come si può taoere d'uno spettacolo che dura da dieci giorni, che sfila lentamente sotto gli occhi con la perfezione d'una pellicola girata a tempo, allineando isole, seni di mare, rupi a strapiombo e prati fienai? E' meglio mettersi seriamente al lavoro, • fare una bella descrizione all'antica. Tanto, gli uomini contano così poco qui, e sono così semplici ed uguali! La loro storia è quella del loro ambiente. Dominati dagli clementi primordiali della natura da cui traggon la vita, mare e roccia e terriccio povero, non hanno altra legge di lavoro che quella delle stagioni, delle tempeste che duran settimane e li serrano nelle baite, delle brevi estati folgoranti, dei passaggio dei pesci in amore, dei pochi frutti spremuti dal suolo. Hanno messo i motori sulle barche hanno il telefono in casa che li avvisa del passaggio dello aringhe; ma questi accorgimenti della civiltà non li hanno ancora mutati di molto, nè lo potranno, in questo aspro clima. Essi rimangono sempre gli stessi, come ad ogni braccio di mare i passetti « le isole ripeton sempre i medesimi nomi semplici e ingenui : Prato sul golfo, Scoglio umido, Porto della chiesa, Isola dei pascoli, Isola delle balene. Poiché la Norvegia romantica, seria ma morbida, che si presenta per prima al viaggiators ohe viene dal mezzogiorno, persisto ip qua « là in fondo a qualche fiord più addertro degli altri « nelle valli che vi diaoeridono; ma qui lungo l'Oceano, con la sua cantora di scogli e le cadute di montagne sul mare, s'è fatta più irta « raccolta. Immaginate che un diluvio inondi la nostra regione alpina fino ai 2000. Ricordate che cosa c'è noQe Alpi sopra i duemila metri! Pascoli verdissimi, odorosi di mentastri, che oonfinan con le nuvole, chiusi subito da un orlo, di bosco o da una morena sterile. Questo è il paesaggio delle costo norvegesi. E quelle che da noi son valli e vallate, qui son colma d'un'acqua ferma, verdazzurra di giorno, ma nelle notti luminose fusa in una delicatezza lattiginosa che sotto il più piccolo rifolo o il più lieve gioco d'ombre si colora con pudore di tutti i toni, dal violetto all'arancio; e i navigli yi scivolan sopra senza romperne il tessuto. Ma lo isole ♦mergon dure e nude come vette, pareti nere piomban giù, le morene bombardano il mare di rottami. E improvvisamente, dova il sole dardeggi pili dirittamente o una collana di isolo altissime difenda dall'Oceano, ecco una doviziosa vegetazione con un subisso di capanne policrome clic | ruzzolata giù per il pendìo fino a bagnarsi j i piedi nell'acqua. Talvolta lo isole, grandi come provincie, j s'allontanano dalla terraferma, le cime 6'inalzano, la costa isterilisce. Ed il paragone che ho fatto con le Alpi non muta: h solo come se il diluvio fosso salito a più olio duemila e cinquecento. J>> spazio liquido ò più ampio c più grigio ; nevati coronano ]o cime, i ghiacciai pendono a poca distanza, e si dissolvono in fragorosi torrenti, in cascate precipitosa. I/uonio ha già l'aria d'un intruso: rare casupolo, graticci su cui i pesci stanno seccando, o qualche microscopico pezzettino di prato conteso al sasso, così misero che se ci sedete sopra scompare, ma coltivato con la stessa tenacia dei nostri alpigiani. Il paesaggio si alterna: sfilan cittadino di legno o muraglioni senz'approdi (staccilo ed arpioni fissali nella roccia reggono anelli per le barche che tessero costretto a far sosta) ; ma l'impressiono di navigare sopra un mare alla buona non l'avrete mai ; bensì quella di essere scampati sopra un'arca a vapore ad una gigantesca inondazione. lsnspcnDdbrcdldic j Descrizione dal sole di mezzanotte Como sapete tutti da scuola, per molte settimane d'estate il sole non tramonta mai su questi paesi. Sul lembo dell'orizzonte, simile a un fuggiasco, va circolando il s-ol por lunghi giorni d'imminente tramonto. dico il bravo Aleardi che non si dev'essere mai mosso dall'Italia.. Koba da farne un regno di consolaziono per Carlo V. Vi giuro ' ■ che quando potrò immergermi di nuovo in una netto vera, nella grande, santa, inesprimibile Notte, non solo declamerò questi c altri incomprensibili versi alla Notte del romantico Novalis, ma dormirò il dì c veglierà per tutto il tempo dell'oscurità per rifarmi. Molti altri posti, a giudicare dal Baedecker che li cita- si sono inspirati al sole di mezzanotte. Il più pratico mi pare quel poeta svedese che dice iu versi che gli auguro sonanti: « Non era giorno, non era notte, era una via. di mezzo Bc, non si buttò via, Ja Musa, quella volta. Eppure questi versi, borghesi come sono, sono la definizione più esatta di questo ore strane. Perdio il sole non tramonta, ma la sera viene lo stesso. Ed è.una sera desolatamente triste. 11 sole pende neghittosamente sul mare, seduto sopra uno strato di nuvoli bigi. Anche il cielo c bigio: sereno, ma opaco. E le montagne leggermente imporporate sul nero della roccia originaria, le valli fumacchiose, le isole bluastre sul mare di metallo freddo, tutta la natura ha l'aspetto d'essere infinitamente stanca di questa luce perpetua, infinitamente attediata di quel solo rotolavite senza fretta tutt'attorno al cielo. Una bramosa attesa dell'inverno,_ una nostalgia dell'oscurità sembra affermarsi prepotente in questa eterna giornata. Il buon Dio sa bene quello che fa. Solo una notte di tre mesi può ^compensare di questo terribile giorno di tre mesi. Gli uomini se ne rallegrano, perchc\secca loro i pesci e orlai sassi di rari fioretti; se ne rallegrano forse anche questi grandi", uccelli marini che seggono a banchettare in mezzo al mare, a centinaia, con la cerimoniosità d'una table. d'hot e, c nemmeno la, sirena dei piroscafi, li turba. Ma i monti, che in guest© latitudini estreme, alle soglie d'Europa, hanno perduto ogni forma, e son dunj e liscitavolati immensi che piombano con gradini di centinaia di metri sull'acqua ; i laghi freddi, in catena, preoccupati a travasarsi l'uno dentro l'altro (« passa parola che si va in bu ») ; le conche acquitrinoso disteso fra un pendìo c l'altro, gli altipiani brulli, questi non amano l'estate. Restano qua o là, arra malinconica dell'inverno, chiazze refrigeranti di neve ; e più addentro, più remote dallo 3ponde, le fiumane degli enormi ghiacciai (quelli delle Alpi son minuscoli al confronto) s'impazientano nell'attesa, imputridiscono in ferite di crepacci sotto la luce esasperante. E io credo che anche i piccoli Lapponi che mi ospitano considerino questo tempo tepido come una breve stagione d'attesa, a giudicare dai grevi vestiti ohe conservano. Sgusci an fuori dalle capanne di fratte e di fango e segnan col dito verso i pendìi nudi dove i loro armenti di renne beccan quella poca erba rachitica, parlando pa role incomprensibili in una- lingua sonora ohe ha sillabo così italiane. Varrà, Varrà, ripetono. Poi, con la punta d'un coltello, il più vecchio disegna sul suolo la curva d'una montagna, una slitta, un quadrupede grandemente cornuto che vuole essere una renna. E con la bocca fa un rumore di vento, uhù, uhù, uhù. Ti capisco, omarino Tu mi descrivi la nostalgia della montagna coperta di neve, su cui è così bello andare con le slitte silenziose. Lo carovane dei viaggiatori per diporto, poveretti, che vedono solo quello che Cook e Bennet vogliono far loro vedere, cioè pochino, e in gran fretta, contemplano il sole di mezzanotte dal piroscafo, in pieno mare. E' meglio allora che restiate a casa, brava gente, verbigrazia a Viareggio, e mettiate l'orologio avanti di quattr'ore. E' lo stesso effetto. Descrizione del Capo Nord Ah, questo no. Un provvidenziale nebbione mi ha salvalo dal .Righi Kulrn del nord, con un programma obbligato di ara iniraziouc e di «telebraziono del sas^o più setfconldonalo d'Europa: con il padiglione sulla cima, e lo champagne, e le cartoline illustrale col bollo, o sotto un banco di pesci che si lascian )>eecaro bravini bravini (debbono essere organizzati da Cook e Bennett). Ma ho potuto fare i miei omaggi, niù tardi, sotto un cielo rasserenato, al Nordkyn, che. è qualche cosa di più genuino, e quindi di ignoto: il punto più nordico del contiuonte mentre il Capo Nord fa parte d'un'isola. Il Nordkyn guarda verso il mare aperto glaciale con un profilo di dio corrucciato immergente la grande barba nei flutti: ha l'aria di non poterne più di questa EuroDa marcia a cui è incatenato e di morir di nostalgia per le solitudini vergini dove l'uomo, se ci si arrischia, o si purifica o muore. PAOLO MONELLI.

Persone citate: Bennet, Cook, Harstad, Varrà

Luoghi citati: Como, Europa, Italia, Norvegia, Prato, Viareggio