I borghesi di Calais

I borghesi di Calais I borghesi di Calais PARICI. 'Aprile. Volgendo l'anno 1347 di Nostro Signore, dopo un assedio durato esattamente, quanto una gravidanza di femmina e sosfceuuto, Affermano le storie, con fermezza esemplale, Calais dovette alzare bandiera bianca. Edoardo III, re d'Inghilterra, esortato a dar prova di clemenza, rinunziò a passare gli abitanti per le spade, come sarebbe stato suo diritto, a patto che sei fra i cittadini più notabili si umiliassero presentandosi' al suo cospetto iu camicia, con corda al collo e nel pugno le chiavi della città, e pagassero per tutti il fio della resistenza che tanto tempo prezioso aveva fatto perderò a un monarca occupatissimo, avàrisiino e regnante, per soprammercato, 60pra un popolo a detta del quale, come ognun a, il tempo è denaro. I cittadini offertisi n olocausto furono Eustachio di San Piero, ricco e barbuto mercatante, Gianni d'Aira, mentovato altresì nelle cronache dall'epoca quale padro di due vaghe ed orrevoli putte, Giacomo e Pietro di Visante, Gian di Fienna e Andrea d'Arda. Clio doveva piamente inscrivere nel bronzeo tacuino i sei nomi memorabili. La tradizione, empre amica delle formule abbreviative, ostituì loro la qualifica generica c sufficiene di Borghesi di Calais. Di questi borghesi, i soli, ch'io mi sappia, cui un secolo democratico non abbia mputato a disonore l'esserlo stati, un grande scultore di terra franca fece un monumento celebre, rizzato oggi a specchio del'orgoglioso porto atlantico; due commediografi ne hanno fatto un'operetta. Di qui 'ira. Se già ai suoi tempi il monumento, on le sue sei camicie e i suoi dodici polpacci aveva seminato la rivolta fra le sanocchio di Calais, sì da obbligare l'artista a collocarlo non più a fior di terra come 0 vedeva lui ma su uno zoccolo alto abbatanza che gli cechi vergognosi potessero passarvi sotto senz'esserne offesi, contro .a peretta lo stesso sindaco della città è. inorto. Le sue lettere di protesta al direttoe dei Douffes-Parisìens e al ministro delInterno mutano da quindici giorni le rapresentazioni di In camìcia in veri e propri ncidenti politici, che costeranno, scommetto, al Governo la trombatura di qualhe candidato alle prossime elezioni nella egione della Manica. Giacche, come ben otete immaginare, nè il Qumsou nò il Willemetz, autore dell operetta, nutrono a più piccola intenzione di ritirarla dal artellone prima che abbiano avuto luogo lmeno le trecento recite di rito. E, all'inontro, come suole accadere in simili coniunture, le epistole del primo magistrato i Calais hanno sortito l'effetto, che non oglio ritenere previsto e concordato, di timolare la curiosità pubblica a segno da ostringere tutte le sere la cassa del teatro rifiutare degli spettatori, circostanza cha onsente di farsi un'idea della proporzioni ssunte dallo scandalo. Ignoro qual conto il ministro abbia teuto della protesta indirizzatagli. Probailmente nessuno, se consideriamo che da uel giorno egli ha cessato di essere minitro. Ma quel che mi par di comprendere ò eh© i parigini, pur senza schierarsi a iso aperto dalla parte degli iconoclasti, on abbiano accordato al difensore di Caais un plauso esente' di restrizioni. Certo nii versione inquadrante la gesta dei borhesi sullodati nella trovata del camiciajo he, con un senso del commercio degno dei ostri tempi; induce i sei salvatori della atria a infilare, per morirci, una camicia i sua fabbricazione, nella speranza che eccellenza del taglio e della tela persuadao i« Edoardo a corredarsi di biancheria ersonale nella sua bottega e a concedergli titolo di fornitore della Real Casa non versione che meriti accoglienza nei mauali scolastici. Non conviene tuttavia eppure eccedere nel condannarla. L'episoio dei Borghesi di Calais ò uno dei pochi ella storia in cui l'eroismo non costi niene a nessuno. La camicia dei sei eroi, quea eufemistica allusione alla bandiera ianca della resa, se non è con certezza di ucato, e almeno monda di sangue, circotanza che per una camicia storica mi semra tutt'altro che trascurabile. La regina 'Inghilterra, clic era una belga sentimenale e per di più, secondo affermano le stoe, » moult enceinte b, avendo con donneca sapienza posto a frutto nei propri ben ddobbati quartieri i nove mesi che il mato perdeva arrovellandosi davanti allo rincee della fortezza, intercesse, infatti, a avore dei sei francesi, e ottenne dal re, messo, suppongo, in guardia dalla levatrie, che fossero risparmiati. « Ha, dame, je maisse rnieulz que vous fussics d'autre art quo ci. Jo vous les donne, si en faistes ostre plaisir ». Consenso non troppo gaante nella forma, se vogliamo, ma atto, ella sostanza, ad appagare la innocente oglia di Filippa d'Hainaut, la quale, seua frappor tempo in mezzo, « les fist reveir et donner à disner tout aise ». Dopo di he, amo credere partorisse felicemente, e i un maschio. I sei morituri se la cavarono, dunque, a uon mercato e l'epilogo dell'avventura è ssai meno decorativo del prologo. Rodin celse, per scolpirlo, il secondo dei due momenti, cioè il primo. Ma supponiamo he, reso allo drammatiche figure dei sei martiri volontari del civismo incedenti non enza fierezza nelle loro disadorne clamidi i penitenza il giusto tributo di ammiraione, lo spettatore voglia a tutti i costi aperne di più e spinger l'occhio 6Ìno alle streme battute della tragedia: credete voi he la sua ammirazione sopravviverebbe alimmagine degli stessi sei personaggi redui in seno alle rispettive famiglie alterati al vino e dallo carni ingollati a furia, opo nove mesi di digiuno, alla mensa dela regina e ballonzolanti goffamente con mogliera, figli, aj, servi, guatteri e cani ietro la porta di casa per la gioia dello campato pericolo! Eppure, un senso sia ur mediocremente realistico della psicoloia e più ancora dell'amor patrio dell'epoa che solo un'arbitraria trasposizione oseebbe assimilare al patriottismo gonfio di etteratura dei tempi nostri, rende l'immaine plausibile, anzi necessaria. _ II sindaco di Calais è di opinione che, onsentito il 6agrificio, le condizioni esseniali dell'eroismo ci sieno e il consumarlo ivenga perfettamente pleonastico. Ma'più ccolta di lui, la storia inclina a porre la ondiziono essenziale dell'eroismo . nella morte: e ciò non per vano pregiudizio retorioo o perchè il massimo dei sagrifici conista realmente nel rinunciare alla vita ma erchè nessun'altra garenzia ci è concessa he l'eroe non cessi un giorno di essere roico e ridiventi un uomo come tutti gli ltri. Non a caso la Chiesa, che eli accorgiBcuti apclogi'tici c maestra, prima di caonizzare i propri eroi aspetta che ne sien trapassati sin gli ultimi nepotì, premendole che nessun postumo strascico di peccata, nò di quello la cui pena dura fino alla settima generazione nò d'altre, venga a scuotere il fragile edifìcio della santità. Resuscitate con la fantasia dieci eroi forniti delle ordinarie legali investiture o provatevi a immaginare accordato loro un supplemento di esistenza : al momento di ricollocarli nel 'famedio l'eroismo di almeno novo tra essi desterà in voi atroci dubbi e finirete con l'abbandonarne la salma ai provveditori della fossa comune. Che sarebbe di Attilio Regolo, ss non fosso ispirato nella sua botte, meno comoda di quella di Diogene? Di Lucrezia, se non avesse trafitto quel seno che forse troppo palpitò all'amplesso di Sesto? Di Marco Curzio, se l'abisso gli avesse consentito di riapparire sano e salvo ai romani in groppa al suo cavallo? Alla prima occasione il primo sofista venuto li avrebbe additati ai compositori di satire o di atellane, pel sollazzo della Città Eterna. E' la sorte toccata a Eustachio di San Pietro, il quale durante la propria passeggiata in camicia attraverso le vie di Calais non ebbe nemmeno la ventura di buscarsi per amor patrio un raffreddore, essendogli il caso occorso di pieno agosto. Aggiungiamo, a discarico del moderno operettista, che prima di lui anche uno storico, e dei maggiori, aveva stimato l'episodio una gonfiatura. Senonchè il Michelet se la pigliava soprattutto col canonico Froissart, colpevole a suo giudizio di avere esposto con troppa enfasi un incidente che doveva essersi prodotto semplicemente, senza discorsi nè lagrime, nel tono dimesso che l'estrema semplicità dell'abito comportava. Più tardi, invece, storici meno indulgenti, forse perchè meno grandi, posti sull'avviso dall'incredulità di Voltaire, approfondirono le investigazioni e pretesero vedere iu Eustachio un traditore e nella sua penitenza una impostura destinata a coprire le intelligenze corse tra i borghesi e l'assediante e culminate nella consegna a quest'ultimo delle chiavi della piazza. Caduta questa, il barbuto messere sarebbe stato dall'Inglese colmato di ricchezze e di onori, e, passata la Manica per recarsi a farne scialo in luogo sicuro, non l'avrebbe più ripassata, per tema delle vendette della patria, se non morto e avvolto ael sudario di porpora che doveva tessergli la vanità dei posteri. Posto che così stessero le cose, facendo dell'eroe, per mero istinto e nulla sapendo dell'indiscreta investigazione,' un personaggio di operetta, il signor Willemetz avrebbe dato prova di un senso della realtà storica superiore a quello di Rodin e in ogni caso ben altrimenti squisito che non quello del sindaco di Calais, affetto, parmi, al contrario, di accademica miopia e di pregiudizi scolastici estremamente pericolosi in un uomo incaricato di amministrare una città di esseri di carne e d'ossa. Ma, allargando e spostando il campo della controversia, io vorrei domandare al degno magistrato che cosa egli farebbe se, essendo sindaco, verbigrazia, di Atene, un impresario allestisse sulle scene di un teatro acheo la Bella Elena di Offenbach, dove una fra le più illustri pagine della storia greca, il cui Rodin risponde nientemeno che al nome di Omero, subisce quel po' po' di trattamento che tutti sanno. Prima di Eustachio di San Pietro, un intero Pantheon di famosi uomini e di famose donne subì sui teatri di Parigi l'oltraggio della plateale ilarità : da Orfeo a .Napoleone, da Achille a Enrico IV, da 8an Pietro a Genoveffa di Brabante, da Fidia, detto Phì-Phi, a Vulcano. Ridersi dei propri idoli fu sempre l'unico mezzo che gli uomini sapessero inventare per consolarsi di averli adorati. Piacere innocente, se consideriamo che esso non impedì mai loro di farsene di nuovi e di adorarli al pari di quelli antichi. Lasciamo dunque che i parigini e i forastieri di passaggio per Parigi seguitino ad allietare le propri© digestioni a spes© dei Borghesi di Calais. Alla fin dei conti, ie proteste del sindaco zelantissimo, più che a culto delle santo memorie, son forse da ascrivere a quella universale insofferenza biliosa che vien moltiplicando intorno ai parti grandi © piccoli, comici © tragici dell'ingegno le brighe, le zuffe e le diatribe. E' l'umor© battagliero, il dilagante spirito alessandrino dei nostri giorni che comanda cotali interventi intempestivi. Nessuno oggi può più. dar© alle stampe un libro o al teatro una commedia senza che polemiche interminabili faccian correre fiumi di inchiostro. Sui giornali l'eoo delle insolenze che autori, critici e pubblico scambiano quotidianamente gareggia con quella dei pretorii © dei mercati. Ognuno vuol dire la sua, impedendo al prossimo di dire la propria. I sindaci di Calais non si contano più. Riconosciuta, per giunta, universalmente l'efficacia dello scandalo come trombettiere della fama, il calcolo si è accoppiato alla naturai© acidità dei caratteri per spingere all'estremo un ipercriticismo che doveva di necessità mutare l'arte e le lettere in un cortile in subbuglio. I critici ufficiali, sballottati dalla ressa degli avventizi e degli estemporanei, passano un brutto quarto d'ora. Paolo Souday si vede radiare dall'elenco degli invitati alle prove generali di un grand© teatro per aver detto malo dell'ultimo lavoro di Carlo Mère. Edmondo Sée, per aver detto bene di un altro lavoro, deve rassegnare 1© dimissioni al direttore del proprio giornale. Maurizio Boissard abbandona addirittura la critica teatrale e si dà alla latitanza per non finire sbranato dalle fior© che la sua lira, all'incontro di quella di Orfeo, esaspera in luogo di ammansare. Edmondo Jalouz, per aver sollevato obbiezioni sul conto di Lazzaro, incorre fulmini di Enrico Béraud... Crisi di intolleranza. Il sindaco di Calais tenta invano di farci credere, sfoderando la spada in difesa di una pia leggenda di essere nn nomo di altri tempi. Egli è rigorosamente contemporaneo, e le su© lettere al ministro Manoury invocanti il rogo degli eretici per l'impresario Quinson © pel librettista Willemetz gli assicurano un posto meritato nei fasti intellettuali del secolo. CONCETTO PETTINATO.

Luoghi citati: Atene, Inghilterra, Parigi, San Piero, Sesto