L'assassinio dei Romanoff nell'inchiesta del giudice istruttore

L'assassinio dei Romanoff nell'inchiesta del giudice istruttore L'assassinio dei Romanoff nell'inchiesta del giudice istruttore Termino di leggere una storia di' dolore e di orrore, un libro che ha il terribile fascino della vita nuda e spietata, l'attrattiva ossessionante della realtà sanguinosa e brutale. E' un rapporto di trecentoquaranta fitte pagine in-ottavo e s'intitola Enquète judiciaire sur l'assassinai de la famille imperiale russe. Ne. è autore Nicola Solcoloff, giudice istruttore presso il tribunale di Omsk, e lo stampa l'editore Payot di Parigi (« CoOlectìon de mémoires, études et documenta pour servir à l'histoire de la guerre mondiale » — 18 fr. ). Il denso volume contiene un materiale assolutamente inedito: verbali di sopraluogo, interrogatori, deposizioni testimoniali, piani topografici e fotografie documentarie. La prefazione ò datata dall'esilio: c Fontainebleau (192.1-1924) ». Nicola Sokoloff possiede la' mentalità conveniente al suo ufficio : minuziosissimo, ordtnatissimo, egli non racconta, riproduce le altrui parole; non costruisce, pone le prove una accanto all'altra. Le sue conclusioni sono di un magistrato, e non di imo scrittore: L'arresto e la prigionia Il 15 marzo 1917 lo czar abdicava, prendeva congedo dall'esercito con un messaggio datato dal 21 marzo e lo stesso giorno egli e l'imperatrice venivano dichiarati in istato d'arresto dal Governo provvisorio in seguito ad una deliberazione oscura, intricala, di cui non restano traccie, e che Kerenski attribuì alla necessità di salvaguardare la vita dei sovrani e la sicurezza della nazione. Il 22 marzo la famiglia imperiale (lo czar, la czartna, le quattro granduchesse e l'erede al trono) fu riunita a Tzarskoie e vi rimase sino al 14 agosto, strettamente sorvegliata e scrupolosamente vigilata. Al primo indizio delia sciagura i cortigiani si erano affrettati ad abbandonarla, immemori dei benefici ottenuti; molti domestici si mutarono di servitori in spie del nuovo regime comportandosi con insolenza volgare. Ufficiali, soldati, non salutavano più lo czar, per paura o bassezza d'animo. E il governo rivoluzionario mirò a ricercare di quale delitto lo czar e la czarina si fossero rasi colpevoli dinanzi alla patria. Il 14 agosto 1917 la famiglia imperiale fu fatta partire, sotto buona scorta da Tsarskoie: arrivò a Tobolsk il 19. Il motivo del trasferimento, osserva il sokoloff, è chiaro: € bisognava inviare l'imperatore nella fredda e lontana Siberia in cui egli aveva mandato gli altri. ». A Tobolsk continuò la prigionia, e lo czar dovette obbedire al primo venuto, subire le indecenze dei soldati, sopportare le sconvenienze e le prepotenze dei commissari delegati a sorvegliarlo. La detenzione a' Tobolsk durò sino al 26 aprile 1918, con alternative di sollievo e riprese di severità, causate dagli avvenimenti politici o dal carattere dei custodi. Sembrò che in sulle prime l'imperatore potesse venir utilizzato nei rapporti internazionali, e infoino alla sua persona nacquero, da parte dei rivoluzionari e di misteriosi individui intrisili e progetti, che però non si concretarono. Sta di fatto che il 30 aprile 1918 l'imperatore e l'imperatrice, posti in treno per destinazione ignota (avevano dovuto abbandonare lo czarevitch, colpito da una crisi di emofilia che gli paralizzava le gambe) venivano fermati a Ekaterinoburg, ultima tappa della loro travagliata esistenza. Il 23 maggio li raggiungevano le granduchesse e lo czarevitch. Il Sokoloff esclude che lo czar e la czarina si fossero resi autori di tradimento: la base quindi di una possibile giustificazione del loro assassinio viene da lui distrutta. Egli traccia un'impressionante quadro della famiglia imperiale: lo czar debole preda della moglie, affezionato alla Russia, limitato e bonario; la czirina, donna isterica, la cui Tagione era stata sconvolta prima dal terrore di non saper' dare un erede al trono, poi dalla tara fisiologica del figlio (che ne metteva in pericolo la vita ad ogni istante), mistica per conseguenza in guisa da cader vittima della grossolana superstizione di Rasputin e delle sue manovre insidiose, ammalata Immaginarla e che soffriva invece di disturbi curati con trascuratezza ; lo czarevitch, povero ragazzo, in cui però era viva la coscienza superba del proprio rango, fortissima nella madre; le granduchesse: quattro fanciulle buone, pure, modeste. Il tragico agguato A Ekaterinobourg il piccolo gruppo di servitori e di fedeli che accompagnavano la famiglia imperiale fu ancora diradato dalla detenzione o dall'obbligo di lasciar la citta. Nella casa Jpatieff, il cui primo piano era abitato dai prigionieri, rimasero lo czar, la czarina, lo czarevitch, le quattro granduchesse, il dottor Boltkiu, un cuoco, un domestico, una cameriera e un ragazzetto (l'unico che usci salvo dalla strage). La vigilanza superò i limiti dell'umanità e della decenza, specie nei riguardi delle donue, costrette alle umiliazioni più vergognose da parte dei gaglioffi in veste militare che presidiavano la casa e vi si erano installati senza riguardo, commentando quanto avveniva, togliendo i cibi dalla tavola degli ex-sovrani e urtandoli mentr'essi mangiavano. Vessazioni corali e materiali accadevano quotidianamente, e i detenuti non potevano protestare che presso capi peggiori dei gregari. Giacobbe YourovsM e i suoi compari Yolostchekine e Bieloborodof, dirigenti della «Ceka, di Ekaterinobourg furono gli organizzatori e gli esecutori dell'assassinio della famiglia imperiale. Sino alla notte dal 16 al 17 luglio 1918 lo czar ed i suoi erano nella casa Ipatieff. Il 21 dello stesso mese i bolsceviki, in fuga davanti all'esercito siberiano dell'ammiraglio Koltchack l'abbandonarono : il proprietario di essa vi entrò il 22, il 25 giunsero a Ekaterinobourg i vincitori. E cominciò l'appassionante inchiesta. Al primo piano, nessuna traccia del massacro ; in due camere del piano terreno macchie di sangue mal lavate e pallottole infisse nelle pareti. L'elenco degli oggetti repertati e l'esame delle reazioni chimiche a cui furono sottoposte le macchie di sangue (e che il Sokoloff riproduce) provano incontestabilmente che fra il 17 e il 22 luglio 1918 un delitto fu commesso neila casa Ipatieff, e che le vittime furono parecchie. Ciò che i verbali di sopraluogo facevano supporre fu ampiamente messo in luce dalle deposizioni testimoniali di persone che parteciparono all'assassinio o ne ebbero diretta conoscenza. La notte dal 17 al 18 luglio 1918, verso le ventiquattro, Yourovski svegliò la famiglia Imperiale, la fece vestire e le impose di scendere al piano terreno col pretesto di un probabile attacco di ribelli. Appena lo czar, la czarina, lo czarevitch, le quattro granduchesse, il dottore, il domestico, il cuoco e la cameriera furono in una delle slanze a piano terreno, Yourovski lesse un foglio allo czar, il quale non comprese e domandò: «Cosa?». Gli lu risposto: « Ecco !» e un colpo di rivoltella sparatogli da Yourovski lo stese al suolo. Gli individui che accompagnavano il membro della « Ceka » fecero fuoco a loro volta : tutti caddero. Lo czar aveva dn braccio lo czarevitch. la cameriera si riparava la testa con un cuscino. Gli agonizzanti furono finiti con scrupolo attento: «Quando entrai, tutti i detenuti giacevano per terra, in diverse pose, e in mezzo a immense chiazze di sangue. Tutti erano morti, salvo Alessio (io czarevitch) ohe' gemeva ancora. In mia presenza, Yourovski gli tirò due o tre colpi del suo Nagan, ed egli cessò di gemere. La vista di simile macello mi fece una tale impressione che ebbi la nausea ed uscii ». Cosi uno dei soldati di guardia. Ed ecco gli assassini telegrafare: . Fate sapere a Sverdloff che tutta la famiglia ha avuto la stessa sorte del suo capo. Ufficialmente perirà durante l'evacuazione ». Lo strazio dei cadaveri Il 17 luglio 1918 alcuni abitanti del villaggio di Koptiaki si avviavano verso Ekaterinobourg per recarsi al mercato, ailorcbè giunti nella vicinanza della miniera sita in località « Quattro fratelli » furono invitati da guardie rosse, che circondavano parecchi veicoli, a rientrare nelle loro case senza volgersi addietro. Spaventati!, ubbidirono. E seppero che dal 17 al 19 luglio uno sbarramento era stato posto nel paraggi della miniera. La quale, visitata a più riprese dall'autorità giudiziaria e metodicamente esaminata, rivelò il suo orribile segreto. Gli oggetti rinvenuti, descritti e fotografati dal sokoloff non lasciano dubbi. « Il 16 luglio, la famiglia impeliate era ancora in vita. Il 17 luglio i cadaveri giungevano in camion alla miniera, dove furono spogliati, mentre i loro abiti venivano tagliuzzati. I corpi furono fatti a pezsi con strumenti taglienti e distrutti mediante acido solforico (c'è il buono di prelevamento in fac-simile !) su roghi alimentati con benzina. Rompendo il ghiaccio che era in fondo al pozzo della miniera gli assassini vi gettarono gli oggetti che avevano resistito al fuoco o che, nella fretta, avevano dimenticato di far sparire». Nicola Sokoloff presenta testi e riproduzioni fotografiche che stabiliscono la crudele verità in modo luminoso. Ma alle sue conclusioni ferree preferisco queste poche righe di preghiera, trovate in un libro della granduchessa Olga Nicolaievna, la più gentile e colta delle figlie dello czar. « Mandaci, o Signore, la pazienza dì sopportare in quest'anno di giorni tetri, e di tempeste, le persecuzioni popolari e le torture dei nostri carnefici... E alla porta della tomba fa nascere sulle labbra dei tuoi schiavi la sovrumana forza di pregare umilmente per i nostri nemici »< A. OAWMI,

Persone citate: Giacobbe, Imperiale, Olga Nicolaievna, Romanoff

Luoghi citati: Parigi, Russia, Siberia