Il testo del discorso dell'on. Mussolini

Il testo del discorso dell'on. Mussolini Il testo del discorso dell'on. Mussolini Ecco 11 testo del discorso pronunciato domenica dall'on. Mussolini, al Teatro Costami, dinanzi all'adunata del cinquemila sindaci, della quale abbiamo dato, nelle edizioni di Ieri, la cronaca. •E' con un senso composito di commoztone e di orgoglio che io mi accingo a parlare dinnanzi a voi, o primi magistrati dei nobili Comuni d'Italia. Credo di non esagerare se affermo che da molti secoli, torse, Roma, la nostra Roma, non vide spettacolo più, imponente, e più solenne di questa adunata. Ho 'quasi l'impressione fisica di parlarti non soltanti a vói, ma a tutte 4e, jgppolaziohi che voi rappresentate"' all'Intéra nazione. L'amministrazione è politica e la politica è amministrazione. Io ,vi prego di seguirmi con benevolo raccoglimento, perchè non ho scritto nulla, onde evitare il pericolo di scrivere un discorso che non avrei pronunciato o di pronunciare un discorso che non ho scritto. STORIA DEL FASCISMO « L'idea di convocarvi a Roma per celebrare il quinto anniversario della fondazione dei fasci è mia. Si può dire che sino a ieri Roma era la capitale avulsa un poco del resto della nazione. Da quando il fascismo tiene il potere esso tende a concentrare nella capitale tutte le più grandi e le più alte manifestazioni della politica italiana. Il quinto anniversario della fondazione dei fasci doveva essere quindi celebrato a Roma. Quando, cinque anni fa, noi ci riunimmo ira una oscura sala di piazza San Sepolcro, a Milano, eravamo poche diecine di persone: arditi, legionari, combattenti. Non si abusi dunque della frase: «fascisti della prima ora». Cerchiamo di non tenere sempre in mano l'orologio per constatare a quale ora precisa appartengono i fascisti, perchè i fascisti della prima ora sono pochissimi. Bisogna avere il coraggio di aggiungere che per tutto il 1919 l fascisti d'Italia non arrivavano alla cifra di diecimila. Ciò nonostante, pur essendo in pochi, in pochissimi, avemmo il coraggio di affrontare immediatamente il sovversivismo, che allora spacciava tutte le tavolo dei paradisi della sua demagogia. I fasci si costituiscono il 83 marzo e. al 15 aprile, tre settimane dopo, essi sono già così audaci e potenti, che infrangono uno sciopero generale, disperdono una minacciosa dimostrazione bolscevica e, fatto che sembra oggi straordinario vanno, direttamente all'assalto del fortilizio nemico e l'incendiano. « Pochi mesi dopd avemmo le elezioni infauste del 1919. Molto coraggio anche allora, ma pochissimi voti. Milano me ne diede 4700. Ci fù anche una specie di funerale simbolico. Si disse e si stampò che ormai ero liquidato e sepolto. Ci raccogliemmo all'indomani di quelle eiezioni i soliti, 1 pochi, gli audacissimi, e decidemmo di riprendere la battaglia senza esitazione e senza paura. Nel 1920 tenemmo il primo congresso a Milano. Già la idea si era diffusa perchè gli iscritti assommavano a 20.615. Nel 1921 erano già 248.936. Fu allora che, preceduto da polemiche vivacissime, tenemmo a Roma il nostro terzo grande congresso, che fu la rivelazione dell'immensa fQcza del fascismo italiano. Lo tenemmo all'Augusteo, costituimmo un partito, spezzammo uno sciopero generale che et era stato gettato fra i piedi dai soliti elementi antinazionali. Ricordo questo congresso perchè feci allora un primo tentativo infruttuoso di spersonalizzare il fascismo» di smussolinizzare il fascismo. A quella grande assemblea io dissi : « Guarite di me, fate il partito con una direzione collettiva, ignoratemi, e se volete anche dimenticatemi ». Non è stato possibile. Bisogna constatarlo, come io òonstato, che questa è una assemblea imponente. Che cosa ci dice questo? Che i grandi movimenti storici non sono già soltanto il risultato di una audizione numerica, ma anche l'epilogo di una volontà tenacissima (bene, applausi vivissimi). LA > RIVOLUZIONE . « Nel 1922 io mi convinsi, fin dall'estate, che bisognava fare la rivoluzione. Lo Stato si disintegrava. Ogni giorno di più il Parlamento non era capace di dare un governo alla Nazione. Le crisi si prolungavano e si ripetevano suscitando sempre più profonda la nausea della Nazione, (applausi). Nessuno, nessuno, voleva portare sullo spallo la croce del potere. All'ultimo, poiché un gerente responsabile ci voleva in questa amministrazione, si prelevò Facta e gli si disse: «Tu devi essere il presidente del Consiglio I », e costui accettò la « gorvèe », sapendo o intuendo o presagendo che di 11 a poco ne sarebbe stato liberato per sempre. Intanto il fascismo accresceva se stesso, come masse e come quadri, si dava una sua organizzazione militare; occupava Bologna, Ferrara, Bolzano, Trento, troncava nell'agosto l'ultimo tentativo del sovversivismo antinazionale, il famoso sciopero della « alleanza del lavoro » e finalmente si accingeva a compiere la marcia su Roma. Sono io che l'ho voluta questa marcia; io che l'ho imposta, io che ho tagliato corto a tutti gli indugi I 11 16 ottobre ho convocato a Milano quelli che dovevano essere i capi militari dell'insurrezione, e dissi loro che non ammettevo more ulteriori, e che bisognava marciare prima che la nazione piombasse nel ridicolo e nella vergogna (bene! applausi). Perchè io chiamo rivolu¬ zione quella dell'ottobre? Se levare delle mosse in armi, se condurle ad occupare gli edifici pubblici, se farle convergere armate verso * là capitale, non significa compiere quello che è l'atto specifico di ogni rivoluzione, cioè una insurrezione, allora bisognerà cambiare) tutto il vocabolario della lingua italiana I E perchè io insisto a proclamare che quella dell'ottobre è stata storicamente una rivoluzione? Perchè le parole hanno la loro tremenda magia, perchè è grottesco tentare- di' far credere che è stata una semplice crisi ministeriale. Ho voluto, sin d'alloro, che 1* rivoluzione avesse del limiti, non oltrepassasse, certi confini. Distruggere è facile, non' •altrettanto ricostruire. Forse, se noi avessimo imitato le rivoluzioni classiche, se avessimo doto alle nostre masse il diritto che ha ogni vittorioso, quello di spezzare il nemico, (sarebbe passato, per certe schiene, quel brivido ■ di terrore per cui oggi non ci sarebbe più' discussione possibile sulla rivoluzione o meno compiuta dal fascismo. « Mi domando: la nostra longanimità esteta un bene o un male? La domanda è provocata dal fatto che molti, troppi, di questi avversari e di questi nemici, noi li ritroviamo In circolazione. Qualche volta sono insotontt, qualche volta campiono vere e proprio opere di sow-ersivi-smo e disintegrazione nazionale. Ho risolto questo interrogativo che mi ha inquietato parecchio tempo. Ritengo che allora sia stato un bene di ccoitenene 10 noetira insurreziane trionfante; ritengo che sia sitato un bene di non avere alle nostre ' spalle un corteo più o meno impaniente di giustiziati. Ma ritengo anche — e bisogna gridarlo perchè tutti initenidano — che se fosse necessario, domani, per difenderò la nostra rivoluzione, di fare quello die non faceouimo, lo faremol (applausi vivissimi, grande ovazione). LA COSTITUZIONE * « Andai, chiamato dal Re, al Quirinale. I fumi della vittoria non mi scolio inai andati alla ttsta. Io non ero sul balcone del Quirinale quando 52 mila fascaeti, armati di tutto punto, sfilarono per rendere omaggio, alla maestà del Re. Io ero già alla Consulta, al mio tavolo da lavoro. Né all'indomani mi andarono i fumi alla testa, quando seppi che gli ufficiali della guarnigione di Roma mi riprometitievamo di venire sotto le finestre alì'Hòtol Savoja a rendermi omaggio. Dissi allora, in una letteira che certi sovversivi Uell'cijjposiizione costituziomnle hanno evidentemente dimenticato, che l'esercito non poteva parteggiane, che nella disciplina cieca ed assoluta eia il suo privilegilo, la sua forza e lo sua gloria. E feci un Ministero di coalizione^ Tutte le .rivoluzioni 6i sono presi i ministri del vecchio regime, li bamno incarcerati, qualche volta anche fucilati; io, invece, ne presi uno, non 60 se il più ingenuo o il più innocuo, certamente il più abbordevole, lo feci ministro dell'Industria e del Coonirkercto e non ebbi a pentirmi, Sin da allora io ero nella Cossituziiino. « Che cosa è la Costiitiuzionie di cui si porla anche troppo? La Costituzione è un patto giurato in determinate circostanze di tempo e di luogo fra il sovrano ed il popolo. La Costituzione, signori, non è già una camicia di Neeso e non è nemmeno una specie di foto che deve essere conservato piudentetnente, gelosameinite in una scatola di vetro. I popoli camminano, si trasformano, hanno nel prosieguo del tempo nuovi bisogni e nuove passioni. Noi siamo ritjpettosissiml della Costituzione in quello che è lo spirito immortala della Costituzione stessa, lo spirito intangibile della Costituzione. Ma la formo di essa, conio la lettera della Costituzione, non è altrettanto intangibile. Un capitolo interessante della storia politica sarebbe quello che fosse dedicato a constatare quante volte la Costituzione albertina tu violata dal 1848 in poi. E permettetemi dd trovare strano che si affannino oggi a difendere la Costituzione, che il fascismo non minaccia, coloro che ieri volevano tastiere alla maestà del Re il diritto di grazia e di amnistia, che volevano fare del Re non pure il notaio del Parlamento, ma il notaio delle miserabili ambizioni dei gruppi parlamentari (applausi vivissimi). IL BILANCIO DEI PIENI POTERI I CAMBI «Sempre per restare rella costituzione, formato il Ministero, l'ho presentato alla Camera. Potevo sciogliere questa camera, potevo ottenere uno proroga indennità della' sessione. Invece, chiesi dei pieni poteri e anche questi nettamente delimitati nei loro esercizio, e non meno nettamente delimitati nel loro tempo, poiché scadevano — come sono scaduti — il 31 dicembre 1923. Bisogna fare il bilancio di questo anno di pieni poteri. Ebbene, il bilancio si chiude in un gronde, attivo. Nell'interno io mi sono trovato di fronte od un problema assai delicato cha può essere prospettato in questi termini: come riassorbire nello Stato tutta l'autorità dello Stato? Non era, ve lo assicuro, un compito assai semplice, polche ogni formazione politica a base militare sottraeva una certa parcella dall'automa- dello Stato. Ora vi renderete perfettamente conto conio io abbia convertito lo squadrismo in milizia na-

Persone citate: Facta, Mussolini, Savoja