Il discorso

Il discorso Il discorso Ecco il testo del. discorso: Elettori, Nel 1919, presentandomi ai suffragi der gli elettori della provincia di Cuneo, vi espost le ragioni della mia condotta poh- QnVdJ^ven^ 'cleoni del ISSTa a o i i i e . r l e ero al governo, ed i doveri del mio ufficio mi impedirono di venire a Dronero. Ora presentandomi come candidato nel vasto collegio che comprende tutto il Piemonte, ho sentito il dovere di venire nell'antico collegio di Dronero, che ho l'onore di rappresentare da oramai 42 anni, per esporre agli elettori le ragioni dell'azione politica da me svolta in quesi ultimi anni, ed il programma che intrido seguire se non mi verrà mono la vostra fiducia. Affinchè gli elettori possano rendersi ragione dei motivi che hanno ispirata la mia condotta politica e comprendere quindi esattamente i miei propositi per l'avvenire, è necessario cho io ricordi la parte da me presa negli avvenimenti di questi ultimi anni. La situazione italiana nel 1920 Nel giugno 1920, dopo le dimissioni del terzo Ministero Nitti, Sua Maestà mi affidò l'incarico di formare il ministero. Nell'adempiere a tale incarico incontrai difficoltà che nella formazione di precedenti ministeri non avevo mai incontrate. La legge elettorale del 1919,' col sistema della rappresentanza proporzionale, aveva frazionata la Camera in un gran numero di partiti e gruppi, rendendo cosi impossibile la composizione di una maggioranza omogenea, e quindi possibile solamente la formazione di Ministeri di coalizione fra partiti diversi e perciò organicamente deboli. Quando poi assunsi il governo trovai una situazione che pareva quasi disperata. Un bilancio in disavanzo annuo di 14 miliardi e in via di aumento : una grave indisciplina nei servizi pubblici, specialmente nelle ferrovie, tanto che nè carabinieri, nè altri agenti della forza pubblica potevano più viaggiare in ferrovia, poiché se salivano sopra un treno i ferrovieri intimavano loro: o scendete o il treno non parte ; l'esercito profondamente malcontento per l'amnistia concessa ai diseriori, che avevano perfino ottenuta la dichiarazione di avere servito con fedeltà e onore ; e perchè all'anniversario della vittoria se ne era impedita la commemora, zione e non si era fatta la distribuzione delle medaglie alle bandiere dei reggimenti che le avevano meritate, patriottl- che funzioni che si fecero poi al tempo o e o à n , i à a sn lo uo ui, li o oe e o ia e del mio ministero, nel secondo anniversario, con la più grande solennità all'Altare della patria. (Vive approvazioni). Fin dai primi giorni di governo mi avvidi pure che vi erano serie preparazioni per un movimento insurrezionale, che infatti scoppiò poco dopo con la rivolta di Ancona e poi con l'occupazione delle fabbriche. La rivolta di Ancona fu domata con forze trasportate mediante camions e per via di mare, poiché i ferrovieri ne impedivano il trasporto per ferrovia. Appena domata la rivolta, la disciplina nelle ferrovie fu energicamente ristabilita c da allora in poi la forza pubblica potè viaggiare in ferrovia. (Segni di consenso). L'occupazione delle fabbriche alla qua Impresero parte, in tutta l'Italia circa 600 mila operai, poteva avere per conseguenza una sanguinosa guerra civile, inestingui|*ili rancori degli operai contro gli industriali, ■ la distruzione delle fabbriche ; infatti dopo cessata la occupazione la polizia sequestrò ingenti quantità di armi, di bombe, e oltre a cento tonnellate dei più potenti esplosivi, nitroglicerina e cheddite. Appena scoppiato il movimento ebbi la chiara visione che in cosi pericoloso frangente occorreva procedere con la massima calma, procurando di evitare qualsiasi conflitto; considerai d'altronde che gli eperai, siccome avevano occupate le fabbriche illudendosi di poterle esercitare da sè, non avevano nè il proposito nè l'interesse di danneggiarle, e poiché era evidente che, per deficienze finanziarie e tecniche, essi non avevano la possibilità di esercitarle, mi convinsi che il miglior mezzo per sventare quel movimento era quello di lasciar compiere agli operai il loro esperimento. Di ciò ero così persuaso che, avendo, assai tempo prima, preso l'impegno di recarmi in quei giorni ad Aix-les-Bans per una conferenza col presidente dei ministri francese Millerand, non esitai a mantenere l'impegno e lasciare l'Italia ; e al presidente Millerand, che mi chiedeva notizie di quel movimento, risposi che era cosa passeggiera e che sarebbe finita pacificamente. E così avvenne appena gli operai si convinsero che, al contrario di quanto avevano assicurato i promotori del movimento, essi erano nell'impossibilità di esercitare le fabbriche ; e videro che l'unico risultato di quell'impresa era la perdita di molti giorni di paga. La disillusione cosi subita dagli operai determinò l'inizio di lina rapida decadenza dei partiti sovversivi. (Approvazioni). Il risanamento delle finanze e la politica estera Il risanamento della finanza cominciò dalla legge che abolì l'assurdo prezzo politico del pane, che costava allo Stato sei miliardi all'anno, legge che fu combattuta violentemente dai deputati socialisti, i quali ricorsero all'Ostruzionismo durato circa quattro mesi, facendo perdere all'erario due miliardi. Molte critiche mi sono state rivolte perchè in quella occasione io avevo fatto approvare dal Parlamento imposte assagravi sulle maggiori ricchezze. A me parve che quando si imponeva a coloro che mangiano pane, un maggiore onere di seimila milioni all'anno, fosse conforme aprincipi di giustizia sociale il chiederluche qualche maggiore sacrificio alladi dossi più ricche. (Vivo scroscio di aro-1 plausi) "*«••«« ai upLa politica finanziaria del mio Ministerebbe questo risultato: che il disavanzo fridotto a quattro miliardi e mezzo, e cliil cambio, quando lasciai il governo, eroa e, na- ragguagliato a 76 lire per la sterlina ed si 17 per il dollaro. (Segni di assenso). _ Nella politica estera trovai pure condizioni difficilissime. Per stabilire i confini1 con la Jugoslavia erano da tempo incorso trattative che non avevano portato a conclusione alcuna ; ma avevano . compro* messa seriamente la nostra posizione, poiché il governo italiano aveva chiesto, e non ottenuto, un confine che passava a 18 chilometri da Trieste, aveva rinunciato al gruppo di montagne dell'Idria, lasciando cosi alla Jugoslavia larghe zone di ter* ritorio poste entro i confini geografici d'Italia, e non aveva ottenuta la contiguità territoriale fra l'Italia e Fiume. Io dovetti disdire quelle trattative, iniziarne altre su basi meglio preparate e più sicure, e cosi' si potè col trattato di Rapallo portare il confine nostro al monte Nevoso, a 50 chilometri da Trieste, annettere all'Italia il gruppo dell'Idria ed assicurare l'indipendenza di Fiume dalla Jugoslavia, e la con* tiguità territoriale fra l'Italia e Fiume, (Applausi calorosi e prolungati). Non entro in altri particolari circa l'azione del mio Ministero ; solamente ricordo che ho dovuto dimettermi perchè il partito popolare aveva deciso di negare i pieni poteri per la riforma della burocrazia, riforma che senza i pieni poteri era assolutamente impossibile. Dopo le dimissioni Al Ministero da me presieduto successe, nel Luglio 1921, il Ministero Bonomi, il quale nel gennaio 1922 si dimise, avendo riconosciuto che la situazione parlamentare non gli lasciava la possibilità di avere favorevole una maggioranza. Si ebbe allora il fatto senza precedenti che il capo del partito popolare pose il veto contro la eventualitàvche il Bo affidasse a me l'incarico di formare il Ministero. Poiché i 157 deputati socialisti avevano per programma di votare contro qualunque governo, non era possibile avere una maggioranza senza i popolari. Pur troppo avvenne che nessuno degli altri uomini politici chi tati da Sua Maestà a formare un ministero potè riuscirvi, e la Corona dovette invitare il Ministero Bonomi a ripresentarsi alla Camera. La maggioranza di questa gli votò contro ed egli diede di nuovo le dimissioni. Si ripetè nuovamente il fatto che nessuno degli uomini politici che erano stati, nelle consuete consultazioni, indicati a Sua Maestà, volle assumere l'incarico di formare un Ministero. Sua Maestà affidò allora tale incarico all'on. Facta, che vi riuscì. II Ministero Facta sorto alla fine di feb» i e i e - - o u c a braio 1922 fu, nel luglio dello stesso anno» abbattuto con 180 voti di minoranza, in seguito ad accordi ai quali presero parta principale i socialisti ed i popolari. 10 ero allora a Vichy e richiesto da amici se intendevo tornare a Roma risposi di no e di tale mìa deliberazione dissi le ragioni con una lettera al senatore Malagodi, direttore del giornale La Tribuno, lettera che fu col mìo consenso pubblicata. Ricordo qui le frasi più espressive con le quali in quella lettera giudicavo la situazione parlamentare. Io dicevo: « La situazione creata da ingiustifle&r « bili impazienze è così assurda che ed « fossi stato a Roma ne sarei partito im« mediatamente. « Che cosa può venire di buono per 11 « paese da un connubio Don Sturzo-Tre» « ves-Turati ? (Ilarità). « Mentre il pericolo vero per II paese « è la marcia verso il fallimento, chi se « ne preoccupa sul serio ? « Non vedo, data la situazione parlaci mentare, la possibilità di una soluzione « che risponda ai veri interessi del paese », Fui facile profeta. Anche allora 11. Rai offerse l'incarico di formare il Ministero a tutti gli uomini politici più in vista, ma nessuno vi riuscì, tanto che si dovette quasi imporre all'on. Facta di restare al potere. Egli per deferenza alla Corona ri restò, ma raen di tre mesi dopo, e prima della marcia fascista su Roma, si era già' dovuto dimettere. Dopo questa ripetuta constatazione dell'impotenza alla quale era stato ridotte» il Parlamento a costituire e sostenere uni governo, vi è forse da meravigliare che un altro governo sia sorto fuori dell'orbita parlamentare? E di questa deviazione dal 'regime parlamentare hanno torso ragione di dclersi i dirigenti del partito socialista e del partito popolare, mentre proprio essi hanno reso impossibile au governo parlamentare ? Poteva il paese restare senza governo? Il Ministero Mussolini Quando il Ministero presieduto dall'on. Mussolini si presentò alla Camera, ta modo certamente inconsueto, io d'accordo, con i miei amici giudicai che fosse nostro! dovere di appoggiarlo affinchè gli fosse possibile di governare col Parlamento e quindi rientrare gradatamente nella piena regolarità. Del resto il Ministero dell'on. Mussolini se non era, e non avrebbe potuto essere, un Ministero parlamentare, era però un Ministero costituzionale, nominato dal Re, che prestò giuramento di fedeltà al Re ed allo Statuto, che espose al Parlamento il suo programma, e gli chiese quel pieni poteri che riteneva necessari per attuario, poteri che gli furono conferiti dai partiti liberali e democratici alla qua» si unanimità ; che infine presentò la ™io» va legge elettorale al Parlamento che la approvò. L'approvazione di una nuova legge elettorale ha per logica conseguenza lo scioglimento cella Camera e l'appello al paese- 11 partito liberale deniociatico che nella sua piena indipendenza, ha dato al governo la massima prova di fiducia accordando i pieni poteri si presenta agli elettori con la stessa fisionomia politica che aveva in Parlamento ; esso non si presenta in competizione con la lista ministeriale ma concorre ai posti di minoranza. L* elezioni si fanno ora nella forma stabilita eia una legge alla formazione della quale concorsi come presidente della Commissione della Camera. Dico subito che questa leggo è tutt'al-

Persone citate: Bonomi, Facta, Malagodi, Mussolini, Nitti