Un signore che non vuol eccitarsi

Un signore che non vuol eccitarsiFigurine che passano Un signore che non vuol eccitarsi I Un signore alto, secco, baffispoventi,labbra sottili, occhi mobili e penetranti, distinto sei vestito e corretto nei modi, che ha chiesto di poter parlare ad un cronista, ci attende là una sala di redazione. Con l'usciere non lia voluto in alcun modo spiegarsi, o lo ri-, coviamo come uno di coloro die con poche i parole e una mezza vaga promessa si liqul. | S^iXm'^^^L^^^di un caso singolare che merita di venire illustrato. — Sono — inizia, e non senza una qualche esitazione, 'come se temesse di essere importunò — la vittima di una truffa all'americana. Mft non è una delle solite, di quelle che i giornali raccontano con abbondanza di particolari, co» la speranza di illuminare gii Ignoranti e salvare qualche allocco, ma di una truffa eccezionale, nella quale ci va di mezzo, assai più di me, che pure ne soffro le conseguenze, il principio della giustizia. La storia è lunghetta... — E* .1 difetto di tutte le storie! — Ma io vedrò di abbreviarla, limitandomi ad esporre quanto è indispensabile per la comprensione del caso. E anzitutto mi consentano di rispondere «il una domanda che cortesemente loro non formulano, ma die io Intuisco: • Che cosa pretende da noi? ». Non pretendo nulla. Per avere ragione delle in. slustizie che si tentano consumare a mio danno, mi sono risolto ai Tribunali, ho scritto a dei deputati, ho interessato anche dei ministri. I Tribunali mi hanno dato torto, e deputati e ministri non mi hanno nemmeno risposto. Non pretendo nulla, anche perchè non ho nulla da pretendere, ma se udito il caso, paiTà loro interessante narrarlo, ne avrò molto piacere. Confido servirà ad illuminare qualche altro dabben nomo come me e Io salverà dal cadere nello stesso imbroglio. — Un'opera di misericoTdlal — Quasi. Mi stiano dunque a sentire, lo sono legalmente sejHiroto da mia moglie. Vivo con un'altra donna, ma questo non ha importanza. E' una debolezza e mi costa non pochi fastidi e mi ha procurato anche qualche noia legale, ma non è di questo che si tratta. Nel fatto, i peccati di amore non lian- no alcuna relazione. Niente scandali nien-1 te sudicerie. Sono separato da mia moglie, La separazione è sfata sancita dal Triburiile, ! Junsno Pitiche, infinite discussioni, ! dibattiti a confronto e relative ammonizioni. Giustificata per inconciliabilità di carattere, I in realtà la separazione è stata unicamente determinata dal contrasto esistente Ha nila moglie e me, in rapporto a quella che si dice l'onestà commerciale. Sottilizzare è superfluo. Per mia moglie tutto è lecito; per me no. Io, quando debbo comperare, voglio sapere come compero e da chi compero; à lei, invece non Interessa che il prezzo. Se è conveniente, non vi è per lei ragione di inquisire. E cosi nella vendita. Alla mia pretesa di voler guadagnare si, ma onestamente, lei oppone 11 suo canone, che in commercio si deve corcare di guadagnare quanto più si può. Io sono ossequente alla legge, io ho paura del Codice, e lei se ne infischia. Inconciliabilità assoluto. Alla separazione si giunse di perfetto accordo e il presidente del Tribunale non fece al. tro che prendere nota della nostra volontà, e mutare i nostri propositi in tassative disposizioni. Con un modesto compenso — nemmeno duemila lire — io lasciai mia moglie libera di disporre delle nostra proprietà e padrona assoluta del nostro necozio, e lei si obbligò a non pretendere più "nulla da me. Era più che logico. Lasciate a lei quelle che erano le maggiori risorse famigliari, sarebbe stato strano che il Tribunale avesse fatto obbligo a me di provvederle gii alimenti: Dovevo pensare a me. Reciprocamente ci obbligammo a non darci noie, a non recarci ^molestie, ad andare ciascuno per* là' propria ptrada. — Rottura completa di rapporti 7! : •— Dicano pure di catene. E per acquiescenza mia, ma per desiderio particolare di fi* «S. i ur! fSS ?ar?ZI°ne. 'Uv<?\ò à'Lmi^fn^h^1^'0 ]?n(tan,S3l,,m? dM- ^ebbf!npernytoe a* darmi teìle" *>£ ìfSS? dei pretesti, dei puntigli, delle esigenze ne q.uali ni sembra debba entrarci anche 1 losia. Diviso dalla moglie io non ebb Salf^KMa SSl^iSK tSS^t IV I Sdi mSS^i&^J^f^J^t}? e,* lOSia. DIVISO dalla moglie IO non ebbi Che una preoccu,paaione: rifarmi una posizione quanto più possibile Indipendente, crearmi una situazione die mi consentisse di ba¬ stare largamente a me stesso e magarti di metter da parte qualche cosa. Non manco di iniziativa, non difetto di volontà di lavorare. MI associai con degli amici e creai un'industria che In pochi mesi diventò redditizia e mi assicurò delle entrate sufficienti per vivere una vita signorile. Offrii ad una buona donna, incontrata casualmente, di associare la sua esistenza alle, mia, e formai una nuova famiglia. Che esistesse una persona che conservasse il diritto di portare il mio nome e di direi mia moglie non ci pensavo nemmeno più. Noi tutti di famiglia siamo gente facilmente eccitabili. Per poco che gli animi si conturbino il cervello va In naanme. E siamo anche predisposti a fare delle stranezze. Sapendo questo possono immaginare che evito con ogni cura ogni ine.dente che possa portare qualche perturbazione nella mlj. esistenza. — E lei invece.!. 7 — Quando mia moglie si avvide die, bene o male, anche senza di lei, ero riuscito a mettermi in una posizione buona, iniziò le pei. suzioni. U Tribunale aveva stabilito che ella doveva disinteressarsi di me, come io dovevo disinteressarmi di lei, ohe ognuno doveva fare fuoco colla propria legna, e lei, infischiandosi di ogni disposizione legale, prese a cacciarsi nella mia esistenza studiandosi ut darmi delle noie. Cominciò col farmi chiedere dal suo avvocato se ero diaposto ad ast-e'.Tiarle un mensile Avuta la mia risposta negativa, detcrm nata andhex dal fatlo che satpevo non oiveva bisogno di me. m'nncelò di farmi comparire in Tribù- naia. Visto che la minaccia non mi turbava mi fece sorprendere dagli «.genti della Que- stura e avi querelò per adulterio. La quo- rela non le diede alcuna soddisfazione, ma n>n la disarmò. La delusione la Inveleni e la rese più cattiva. Liquidò in pochi giorni disastrosamente 11 negozio, tanto per avevo un pretesto da muovere lite, poi presentò domanda .al Tribunale perchè, contrariamente a quanto aveva stabilito nella sentenza di separazione, mi facesse obbligo di pensare al suo mantenimento. Una enormità. Di! tutte queste manovre, di tutti questi arcnctajiamer.tl, come.loro possono pensare, io Sorridevo. Io ero sicuro di me e del mio buon diritto. Assunti degli impegni e dinanzi alla maestà della legge, lo mi ero fatto Tsrupolo di non mancarvi. Se mia mogliii, per I 6- li enricci. per la sua malvagità ribteva fognarsi ól mutare i patti, la giustizia non poteva secondarla! Chlama'o in Tribunile mi presenti, ma con la piena coscienzl che nulla poteva essere mutato perchè non il era rat Ione di cambiare i patti stn.biliti <fl comune accordo e legalmente codillcatì. i — E Invece? — Truffa, truffa all'americana! (fucilo •Tos-j Tribunale che aveva steso la ,(>rimu sentenza ne stese un'altra «he dicevi lutto l'opposto. La sentenza che avevo tra m mani e sulla quale giuravo, e che avevo?rispettato, venne dichiarata un pezzo fi carta eenza alcun valore. Inutili i miei «chiami, le mie proteste, 1 miei appelli... Io» che ero stato • volevo essere o=senuiente alla legge avevo torto e mia moglie, che dfélla legge •e ne lnnschl-nvfl, ragione. Una. enormità. Non sono uno stupido e comprendo le ra(rioni a cui hn nhbedito il Tribunale. Il Tribunale si è detto: le condizioni attuali dei due coniugi sono diverse e debbono anche mutare 1 patti della separazione!, ma mt do- mando: e giusto premiare la poltroneria? Menfrre dice questo, il nostro/Interlocutore aprlzza faville dagli occhi, mal si contiene. E ci dà l'lm(pre?slone di una 4v laia a vapore che minacci scoppi are. ■ mt — ■ 1 lelefon' della STAMPA snnoVcosl contraidistinti: Dirkion' : 40-945J— Hepaziune ed Uffici della Cronaca: 40-946 — Uffici del • seguendo la cronaca > lì 40-947 (mier ; comunali) ~ Amministrazióne 40-948.

Persone citate: Indipendente, Rottura