L'episodio e il dramma

L'episodio e il dramma L'episodio e il dramma Uno dei duo passi più importanti della lettera di Mac Donald a Poincaré ò il seguente: «Esislc ih, Inghilterra un sentimento oltrcmodo diffuso che, contrariamente alle stipulazioni del trattato di Versailles, la Francia tenti creare una situazione che possa procurarle ([nello ch'essa non è riuscita ad ottenere durante i negoziati di pnee fra. gli Alleali ». Questo si chiama mettere i punti sugli t. Da un pezzo almeno dalla, insurrezione, o piuttosto dulia invasione polacca, o franco-1 polacca, in Alla Slesia nel maggio 1921, noi andiamo dicendo che il problema pregiudiziale consiste nel ricondurre il Governo francese al rispetto del trattato di Versailles. Quando si accusa la politica estera sostenuta da noi, e in genero da tuiìi i partili democratici in Italia, come dai liberali e dai laburisti in Inghilterra,-| di mirare alla violazione dei trattati di pace, questa accusa non è se non un audace tentativo di cambiare lo carte in mano ; tentativo favorito costantemente, per scopi ben noti, da certi politicanti nostrani. (Costoro poi. qualche volta, tirano fuori, per alibi — e la trovata ò inopportunissima per sò medesima — Nizza e la Corsica). II revisionismo violatore dei trattati si ritrova proprio nella politica della Ituhr ed in genere del nazionalismo francese. Perciò il punto fondamentale — ripetiamo quello che scrivevamo qui un paio di settimane fa — è di ottenere che la Francia rientri nel pieno rispetto della sovranità germanica, a norma del trattato di Versailles e dei principi generali del diritto internazionale. Che cosa ha risposto Poincaré, su questo punto fondamentale, a Mac Donald? Assolutamente nulla di rassicurante: il solito ritornello che in Francia nessuno pensa nò ha mai pensato ad annessione Trattasi di un volontario equivoco da noi svolato molte volte su queste colonne: è verissime? che in Francia neppure i nazionalisti pensano ad annessioni iormali : ma quello che, invece, da molti fi desidera e si cerca è lo sfasciamento dell'unità germanica, il vassallaggio delle province renane e la loro indennità occupazione militare.,. Non salo „ Poincaré, non ha) dettò nulla contro queste aspirazioni, ma lo ha implicitamente fatto sue, osando l'apologia del programma Foch, per la frontiera militare al Reno, e rimandando lo sgombero della Renania a « quando le condizioni del trattato saranno adempiute e la nostra sicurezza sarà garantita « ; tesi, quest'ultima, costituente una interpretazione, in parte unilaterale, in parte totalmento arbitraria' degli articoli 429 (ultimo capoverso) e 430 del trattato di Versailles. Precisamente alla sicurezza della Francia si riferisce l'altro passaggio saliente della lettera di ÌVLuc Donald: ((Mentre la Francia concepisco la sicurezza garantita soltanto contro la Germania, l'impero britannico attribuisce a questa parola un significato assai più largo: quella, che noi desideriamo' e la sicurezza contro la guerra. Nel mio spirito il problema della sicurezza non è puramente un problema francese: è un problema europeo ». Ed anche qui il capo del Governo di una delle più grandi potenze, di quella che fu, si può dire, alla testa dell'Intesa dinante la guerra, fa sua e proclama una verità già svolata e mostrata insistentemente dalla democrazia italiana., inglese, e — possiamo aggiungerò — tedesca e francese: una verità sulla quale noi abbiamo insistito continuamente. Verità che bisogna concretare nei suoi termini specilici, come facevamo noi pochi giorni fa : riconoscendo,1 cioè, non potersi disarmare e neutralizzare unilateralmente la Germania, ma occorrere accordi internazionali comprendenti la Francia stessa. Senza di che disarmi e neutralizzazioni, anziché assicurare la pace, sarebbero — così per il loro carattere di umiliante imposizione, come per il perpetuantesi squilibrio di forzo — un incentivo di nuove guerre. Ma Poincaré, rispondendo, se pure ha emesso il voto platonico e di prammatica per « lo sviluppo dell'arbitrato internazionale» e per « una limitazione coordinata degli armamenti », ha ribadito prima — con ben altra nettezza — che egli considera la sicurezza europea come subordinata alla sicurezza francese, anziché quella francese all'europea. Lo scambio di lettere Mac Donald-Poincaré non lui, dunque., altro significalo che di chiarimento dello opposte posizioni. Rimane a vedere se, da una parte, il Governo inglese, passando dagli approcci e dalleTicognizioni, alla vera e propria azione, saprà far valere lo sue vedute; e se, dall'altra parte, la politica francese continuerà ud ldentiScursl con quella attuale di Poincaré, o subirà mi cambiamento. Non parliamo tanto, s'intende, di cambiamento d'uomini — è questo, anzi, un punto, su cui non riteniamo lecito a noi stranieri interloquire — quanto di sistemi. E' inutilo dire che noi saremo felicissimi ove tale cambiamento si verificasse. Nulla di più insussistente della francofobia attribuitaci qualche volta a Parigi, o — per volontario, servizievole plagio — da qualcho avversario italiano. La nostra mentalità stessa ripugna alle avversioni preconcette contro questo o quel popolo ; mentre ci fa guardare, piuttosto che alla volontà, Intona o cattiva, dei Governi •■ dei singoli uomini di Governo, allo grandi correnti, allo forzo sociali collettive, che, travalicando le frontiere, fluiscono da uno Stato all'altro d'Europa, o cozzano entro lo frontiere dei singoli Stati. Ludendorf c Miller sono, certo, infinitamente'Più lontani da noi che non Herriot o Briand. C'è, in tutta Europa, una causa unica da salvare : quella della pace, della democrazia, della libertà. Le forze ideali, a difesa di questa causa — è cioè nò più né meno che della vita e della civiltà europea — non mancano, negli stessi protagonisti della, lotta secolare franco-tedesca ; ma lo forze reali — in cui lo prime devono purè incarnarsi, per trionfare — sono ancora scarse. Certo, fatti come il rovesciamento del Gabinetto Theunys hanno la loro importanza : essi dimostrano come le assurdità economiche e politiche di certo nazionalismo antinazionale Uniscano per essere sentite o per generare una certa reaziono. Ma una rondine non fa primavera ; o almeno nell'Europa continentale la visiono dei problemi fondamentali e dei loro nessi è ancora crepuscolare, e scarsissima, pertanto, l'azione adeguata. Di ciò; le ragioni principali — malauguratamente convergenti — sono due: la decrepitezza montalo delle caste Politiche dirigenti, la immaturità e la miopia politica delle caste dirigenti economiche. Il retorico nazionalismo piccolo-borghese delle prime, manifestantesi in diverso forme nelle diverse nazioni, ha il sopravvento sugli interessi effettivi delle seconde. I grandi capitani dell'economia europea appoggiano e sussidiano i movimenti reazionari, effettivamente anticapitalistici, in parte — come avviene in certi industrie pesanti — perchè guardano solo ai loro interessi di categoria ristretti e immediati, fuori del nesso economico generale, in parte perchè ripetono, su ben più vasta scala, l'errore commesso dalle classi operaie nell'immediato dopo-guerra: quello di guardare unicamente alla ripartizione del prodotto, trascurando Io condizioni necessarie olla produzione. Il nazionalismo reazionario è il loro strumento di lotta di classe, per tener sotto il proletariato e assicurarsi contro i timori concepiti negli scorsi anni. Assicurazione stolta, di miopi, i quali non vedono che la continuata e accresciuta compressione allontana, forse, lo scoppio, ma solo per reciderlo più catastrofico. Occorse che quejfea verità elementare sia compresa a tenfto perchè le forze organiche della vita nfoderna arrechino alle democrazie europee quella capacità di realizzazione che sola potrà assicurare, in pari tempo, la pace esterna fra i vari Stati, e quella sociale, nell'interno di ogni nazione.