Come il capitano Biselli si difende dall'accusa di veneficio

Come il capitano Biselli si difende dall'accusa di veneficio Come il capitano Biselli si difende dall'accusa di veneficio La storia di un matrimonio - Il primo dissidio colla suocera - Una laurea, una collana di perle ed un anello con brillanti falsi - "io non sono un assassino,,! - Debiti fuori e scenate in casa (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 19, notte. Alle 9,20 entra U presidente. Si avvolge, oltre che nella toga, in un pesante •plaid», ed apre l'udienza. Parecchi ali'udionza sono avvolti in pellice; altri tengono il cappello in testa; i carabinieri fanno il servizio d'onore, ma con mantello. Temperatura, insomma, siberiana.,. I Il presidente inizia l'interrogatorio dell'imputato. Questi parla a voce bassa, tanto che quasi non giunge al banco della stampa: parla con voce tremula di pianto. Si compiace anzitutto che sua moglie abbia ritirato la costituzione di parte civile, costituzione che tanto lo amareggiò; e dice: «Confesso gli errori commessi, dapprima per poter sposare quella donna, e poi per conservare il suo affetto. Ma trenta mesi di carcere sofferti sono stati la mia espiazione ». L'imputato racconta le fasi del fidanzamento colla signorina Alda Bini. Allorché il capitano Biselli, nel 1919, si presentò in casa Bini a chiedere la mano della signorina, il padre, preoccupato dell'avvenire della'flgliolà, richiese al giovanotta i titoli di studio. « Risposi che ero capitano, aiutante maggiore in prima, e prossimo al conseguimento della laurea di ingegnere. Il Bini pose allora, come condizione per le nozze, che conseguissi prima la laurea». .Ma poiché avrebbe dovuto, per una disposizione ministeriale di quel tempo, o attendere il 25.o anno di età, o celebrare subito le nozze, l'imputato, desideroso di unirsi colla ragazza, maturò l'idea di fingere col suocero di essersi laureato. Ora con voce piagnucolosa ammette il falso compiute»; ma si giustilleu. dicendo che fu un falso solo nel confronti dello suocero, ed osclusivarnente per impalmare la fanciulla amata, Pochi mesi dopo si presentava, infatti colla sua laurea, che- recava la firma, al posto di quella del Magnifico Rettore,... di Pico della Mirandola. La sua intenzione, spiega, era di conseguire, dopo sposato, regolarmente la sua laurea, ed andare a convivere colla moglie da solo, non coi suoceri. Lo prime gioie L'imputato prosegue: o Qualche tempo priana delle nozze la mia fidanzata mi chiese i regali, lo non ero in condizione di acquistare gioielli costosi, e comperai una collana di mille lire. Non potevo fare di più, anche perchè le avevo già fatti altri negali in precedenza. I miei suoceri chiesero che cosa potesse valere la collana. Dissi che poteva valere anche ventimila lire ». Come è noto si trattava invece di una collana di perle false, gabellata per vera alla fidanzata ed alla di lei famiglia. Fu, la suocera che fece la dolorosa scoperta, facendo stimare la collana, e sollevando un vero can-can ; ma il matrimonio era già avvenuto. L'imputato non parla nel suo interrogatorio di stamane di un anello con brillante falso pure regalato alla fidanzata. Ma questa contestazione gli è riservata al pomeriggio. Al ritorno dal viaggio di nozze nacquero i primi dissidi. Narra l'imputato che durante il viaggio stesso i suoceri gli avevano aperto la corrispondenza. I dissidii si accesero sempre più, perchè i due sposi conducevano un tenore di vita che non piaceva ai vecchi suoceri. Ad- esempio, gli sposi uscivano tutte le sere a passeggio; ciò che non garbava ai suoceri. Il temperamento della suocera era uno dei meno tranquilli. Faceva soventi scenate al marito, una volta, anzi, l'imputato trovò la sposa piangente per aver assistito ad una scenata tra padre e madre. «Un giorno—prosegue l'imputato — feci a mia suocera una osservazione: ella allora mi rispose con una scenata, minacciando di cacciarmi di casa. In seguito a questi dissensi avevo deciso di abbandonare la casa con mia moglie; ma recedetti da questa decisione in seguito . all'intervento di alcuni parenti. Giuoco, perdite e dissensi coniugali L'imputato naTra in seguito che nel gennaio 1931 cominciò a frequentare le sale del Casino Borghesi, di Firenze, ove cominciò a giocare ed a perdere. Prima non aveva mai giocato. Le gravi perdite subite, invece di trattenerlo, lo sfrenarono a tentare ancora la fortuna, e fini per perdere altre somme assai considerevoli. Faceva fronte ai debiti contratti come poteva, pagando del suo; ma, in seguito ad una perdita di 50 mila lire, fu costretto. a ricorrere al suocero, il quale in un primo tempo rifiutò. Fu costretto a chiedere prestiti a collega! ed al proprio fratello. Spinto dalle gravi difficoltà, dovette confessare ogni cosa al comandante del reggimento, che gli consenti di recarsi dai propri parenti, a Modena, allo scopo di sistemare la sua situazione finanziaria. Durante la sua .breve assenza da Firenze, la famiglia Bini apprese che l'imputato non aveva mai conseguito la famosa laurea. La sposa scrisse al marito, rimproverandolo e dicendogli che le sue bugie la autorizzavano a non amarlo più. Il Biselli le rispose che la causa delle bugie era stata il grande amore per lei. Per pacitleare i due coniugi intervenne il comandante del l9.o artiglieria. Intanto il Biselli riusciva a pagare i debiti, ma mediante titoli e denaro ottenuti dalla madre. Il suocero completò la somma occorrente, consegnandogli 18 mila lire in contanti e 10 mila lire in Consolidato. Passata la bufera, il Biselli mostrò di essersi ravveduto, condusse vita più modesta, mostrandosi assai attaccato al suocero, al quale egli voleva dimostrare la propria ficonoscenza. Ma l'imputato dichiara che è costretto a fare appunti a sua moglie. Durante una festa da ballo, lo stesso tenentecolonnello del reggimento ebbe ad avvertalo che sua moglie teneva un contegno poco corretto. L'imputato racconta altri screzi coniugali. Cosi dice che una volta venne avvisato che la sua giovane consorte era stata vista in charrette con un brillante ufficiale della guarnigione di Firenze. Quando a sera tornò a casa, le chiese dove fosse stata, ed ella rispose che era stata a prendere il he presso un'amica. li suocero benevolente e le bizze della moglie Un giorno il suocero lo chiamò a sè e gli disse : « Io sono imprenditore di alcuni lavori importanti. Voglio sistemare la tua posizione; quindi bisognerebbe m lasciassi 'esercito. Ti prenderei come socio. Ti daTei mille lire al mese, più la" metà degli utili ». L'imutato racconta che il suocero era cosi gentile allora, che egli gli chiese del denaro per pagare un debito residuale di 15 mila ire, che aveva verso suo fratello, avendogli questi prestato telo somma nel tempo triste n cui giocava e perdeva costantemente. «'Mia moglie portava astio — continua l'imputato — alla mia famiglia, e si irritò quando seppe che suo padre si disponeva a pagare questo debito a mio fratello». Si ritorna quindi ancora alle passeggiate della moglie dell'imputato, la quale aveva 'abitudine di far molte visite alle mogli dei di lui colleglli di Reggimento. il surrogato di caffè Il 13 agosto nel pomeriggio la signora Biselli si recò insieme con sua madre a faro qualche visita o le due signore si attardarono fuori di casa fino alle 19,30. Nell'istrutoria esse hanno ■ affermato che in seguito a ale ritardo il Biselli preparò il caffè al proprio suocero e babbo, ma l'imputato nega recisamente taie circostanza dicendo che fu a suocera a preparare il caffè in antecedenza, caffè fatto con quel lai surrogato olandese da lei messo appunto in dose abbondantissimo. L'imputato racconta che quela sera, dopo cena sia lui come la moglie si recarono a teatro e al loro ritorno appresero che i suoceri dopo il pranzo erano stati colti da disturbi gastrici. La causa di ali disturbi fu attribuita subito al caffè e perciò assai preoccupato si incaricò di faie esaminare i fondi del caffé al capitano medico del suo reggimento. Questi consigliò al Biselli di far visitare 1 suoi suoceri qualora disturbi si fossero ripetuti. Arpunto nel pomeriggio di quel giorno si ripeterono e l'imputato si recò a cercare il medico di ramglla, dottor Moeali, perchè sottoponesse i suoceri ad una visita. 11 dottor Mocali avanzò l'ipoesi che nel surrogato potesse esservi trac¬ cia di cicuta o belladonna. A questo proposito il dottor Mocali visitò tre volte i coniugi Bini, ed ebbe a constatare che .mentre la signora non soffriva più alcuna molestia, permaneva nel Bini una lieva forma di intossicazione. La sera del 15 agosto, dietro invito della suocera, usci a passeggio con la moglie. Prima che ì coniugi uscissero i Bini presero dello strofanto ordinato dal medico insieme ad una tazza di caffè e latte. L'imputato afferma che 11 suocero notò che il medicamento era piuttosto amaro. I coniugi Bwelli tornarono a casa verso le 23 e trovarono il Bini ancora alzato in buona salute mentre la Bini era in letto. Alla notte alle 3,:» improvvisamente la Bini chiamò il genero o gli disse che il marito si sentiva male. Trovai, narra l'imputato, mio suocero svenuto. iVlia suocera ad un certo punto esclamò: * Mi ha fatto cosi impressione mio marito che mi sento tremare le gambe ». Allora trasportai in letto mia suocera, e andai a otriamare ancora una volta il dottor Mocali. il quale riscontrò in mio suocero i sintomi di una emorragia cerebrale, giudicando il caso disperato. Un altro medico chiamato di urgenza, confermava la diagnosi <iel precedente sanitario. Alle 7,30 il Bini movi. Non è vero però, esclama il Bisel'.i, che mia suocera si sia sentila male contemporaneamente al marito, o abbia sofferto eguali sintomi, perchè mentre in casa c'erano duo medici mia suocera non accusò davanti ad essi nessun disturbo. Li accusò soltanto durante l'istruttoria. Dopo che mio suonerò ebbe esalalto l'ultimo respiro,- io no avvertii, dico l'imputato, oon ogni riguardo mia suocera. Il dolore ed i quattrini Credevo in chissà quali scene di dolore, aggiunge il capitano, quando invece essa mi disse: « Bada che mio marito mi aveva varie volte avvvertita che in caso di disgrazia avrei dovuto recarmi subito alla banca a ritirare i valori che aveva in deposito ». La suocera infatti si vesti in fretta e con la stossa carrozza che era servila al medico per accorrere al capezzale del morente, essa corse alla Banca a ritirare il peculio ivi depositato. All'indomani mattina mia suocera volle contare la somma ritirata, però mi accorso che sbagliava lo somme; fu rimandalo al pomeriggio il computo. Come è risultato in istruttoria, i conti non tornarono mai. Dalla somma ritirata alla Banca, mentre il ■ cadavere era ancor caldo, venne a mancare, secóndo i calcoli della suocera e delia figlia, trentamila lire in tre buoni del Tesoro. Eguale somma fu trovala all'imputato pure in tre buon! del Tesoro, ma il capitano giura che gli furono consegnati prima di morire dallo scuocerò di nascosto dei famigliari affinchè potesse pagare i suoi vecchi debiti di giuoco. Qualche giorno dopo cessata la trepidazione contabile, la suocera metteva il genero al corrente di alcune sue preoccupazioni dicendo: — « Non vorrei avere sulla coscienza la morte di mio marito ». — Perchè? — Ho abbondato quella sera nel mettere 11 caffè olandese nel latte. Non si sa mai. ■ La tranquillizzai ; più tardi mi accorsi cne mia suocera parlava di questo suo sbaglio con una certa insistenza. .Vi fu di peggio. Un giorno mia moglie mi riferì che mia suocera ed alcune sue amiche avevano tenuto una specie di conciliabolo misterioso, in cui si era parlato della famosa miscela di caffè olandese, e pareva che facessero per conto loro delle indagini. Compresi allora che sisospettava di me e non esitai di consigliare il medico dott. Mocali a fare una regolare denunzia al Procuratore del Re. Il dott. Mocali rispose che non poteva fare ciò avendo visto morire il Bini di morte naturale e concluse; — Se avessi avuto il minimo sospetto, non avrei esitato a denunziare spontaneamente il fatto ». ' In seguito il capitano si discolpa di varie altra accuse a lui. mosse dalle due donne e cosi nega di avere consigliato alla moglie di stracciare il' testamento del padre nè altre carte. Ritornando sul mistero delle 30 mila lire trovate mancanti dal peculio del padre Bini, dice che la suocera gli fece chiaramente capire di sospettare di lui. Allora mi indignai, esclama, e la suocera mi gridò : — Mio marito è morto. La padrona sono io. Se vuoi andartene, puoi andare! Esasperato, feci per uscire, ma essa mi affrontò coi pugni chiusi dicendomi : Sei contento che è morto? Io risposi: Tu sei contenta, tu che conducevi gli amanti in casa [impressione nell'aula). Stavo per aggiungere altre cose. Mi contenni ed uscii, mentre la suocera gridava allo mie spalle : Me la pagherai ! L'imputato ricorda come abbandonò Firenze e come vi ritornò. Mandò un soldato a casa Bini per sapere se vi erano le signore, na il soldato non trovò anima viva. Fece delle ricerche ed un parente gli disse che e due donne erano partite per Genova e che per schiarimenti si fosse rivolto al loro avvocato. — Ebbi il dubbio — aggiunge l'imputato — che si trattasse di una commedia di mia suocera per farmi dividere da mia moglie, ma l'avvocato mi avverti senza ambagi che mia suocera eli sospettava autore della morte di suo marito. Risposi : E aspetta venti giorni a dirlo! L'avvocato ribattè: se lei ha qualche cosa sulla coscienza prenda un piroscafo ed atraversi l'Oceano. Io soggiunsi : sono io che pretendo che si vada fino in fondo. Denunci pure! «Mi feci quindi indirizzare dall'avvocato Bolla a cui raccontai tutto nonché la mia volontà di informare il Procuratore del Re. l'cci perciò un regolare esposto, ma appena giunto all'ufficio, il magistrato mi avverti che poco prima un altro esposto era stato presentato dalla signora Bini e quindi il mio ora inutile. Il giorno dopo pensai di recarmi a Modena per informare il mio fratello, poi a Genova alla ricerca di mia moglie. Alla stazione di Alessandria appresi dal giornale La Stampa il rumore che si faceva a Firenze sulla misteriosa morte del signor Bini e lessi pure die la vedova e la figlia erano stato ntervistate da giornalisti. Ritornai subito a Firenze dove fui avvertito dal mio colonnello del mandato di cattura spiccato contro di me. Perchè lungo la strada non fossi arrestato dai carabinieri, il mio colonnello stesso mi accompagnò all'ufficio del Procuratore del Re dove mi costituii ». In carcere (l'imputato a questo punto piange) mia moglie non si fece mai viva. Mi ricordarono invece i miei soldati... L'imputato torna a negare di aver rubato buoni del Tesoro mancanti dalla somma ritirata alla Banca sforzandosi di far capire che se avesse voluto impadronirsi dei buoni, non avrebbe fatto lui stesso alla suocera la distinta esafta dei titoli. L'amico ginecologo L'imputato è alla fine delle suo dichiarazioni. Con voce alta, ma tremante, dice: ■ MI si fa l'accusa di essermi occupato di seleni e di esperimenti di tossicologa presso un mio amico medico. Mia moglie stessa lo avrebbe detto ! Io conobbi quel medico parechi anni prima del mio matrimonio ed all'epoca dei fatti non lo vedevo da due anni. In ine, quel medico era un ginecologo. Vi è stao insomma del romanzo. Non mi sono mai occupato di veleni e sentii per la prima volta, in carcere, durante l'istruttoria, parlare dell'aconitina. A questo propoito chiesi schiarimenti a due condeenuti ■ e nella biblioteca del carcere rovai un munualetto che parlava dell'aconiina e constatai che i disturbi che essa recava non erano precisamente quelli sofferti dagli suoceri. Di sistemare i miei debiti non avevo necessità urgente. Avrei avuto, anzi, bisogno che mio suocero vivesse a lungo perchè mi portava affetto e me ne aveva dato prove e presso di lui avrei trovato un impiego. Il mio pianlo, signori giurati, dura da tre mesi l Non sono un assassino, sono mi innocente ! Non sono un assassino, no, no I Da trenta mesi sono sotto una pena infinita!». Dette queste parole, l'imputalo, che era stato fatto uscirò dalla gabbia, vi rientra e 'udienza antimeridiana si chiude colla lotura degli interrogatori scritti dell'imputato. Inizio delle contestazioni L'udienza pomeridiana ti apra colle contestazioni alle dichiarazioni dell'imputato di stamane. . , . Presidente: — La signora afferma che lei, qualche giorno prima, vedendo il surrogato, ne assaggiò un poco ritirando subito la bocca nauseato affermando che era amarlsstmo. Nei giorni susseguenti accusò ella un indefinibile malessere, onde l'accusa vuole che lei astutamente preparasse con questa manovra l'ambiente contro quel surrogato. Accusato: — La verità è invece che io, qualche giorno dopo, sentii inappetenza e poiché mia moglie insisteva che forse era stato l'assaggio del surrogato a guastarmi l'appetito, ammisi questa supposizione. Presidente: — Chi è stato il primo ad attribuire al surrogato Pago i disturbi del povero Bini? Presidente: — E sua suocera dice, che estàto lei! Comunque, lei, capitano, si presentò al medico del reggimento con un pezzo di surrogato Fago e gli chiese se 6i poteva stabilire le cause dei disturbi. Spieghi ora meglio che cosa risposo il medico. Accusato: — Mi rispose che era difficile individuare le cause dei disturbi e. mi consigliò di tenere d'occhio il nudato, ciò che feci. Presidente: — Ella riferì ad una quantità di persone di avere interpellato il capitano medico e che questi, dopo una certa analisi, aveva trovato nel Fago una certa quantità di cicuta e che l'avvelenamento per cicuta dava luogo appunto a repentini migliorameli, ti e repentini peggioramenti in uno dei quali poteva avvenire la morie. Ora, quel capitano noti ha fatto alcuna analisi del surrogato, nò ha detto tali cose, mentre lei si è preoccupato di ripeterle per .parecchi giorni a parecchi estranci ed alle persone della famiglia. Cile necessità aveva di inventare cose simili? L'accusa dice che ella tendesse a far germinare nella mente delle persone la supposizione che l'avvelenamento fosse dovuto al surrogato. Si noti che il capitano medico afferma che non poteva accennare all'esistenza di cicuta perchè la torrefazione l'avrebbe in questo caso resa inefficace. L'imputato si difende di aver ritenuto in buona fede che il medico avesse fatto una specie di analisi, ma in famiglia disse che nulla aveva trovato. Più tardi — aggiunge — parlando con persone, avanzai l'ipotesi dell'avvelenamento attribuendola, per errore di memoria, al capitano' medico, mentre fu il dottor Mocali il quale pensò ad avvelenamento dovuto a cicuta o a belladonna. Maledizioni di oltre tomba Presidente; — Lei senti in casa una signora accennare all'opportunità dell'autopsia e si dimostrò recisamente di contrario parere affermando che il povero morto avrebbe in questo caso mandato maledizioni dal di là alla suocera. Accusato: — Sì, perchè avendo prospettato anch'io l'opportunità dell'autopsia, mia suo. cera mi rispose che temeva le maledizioni del marito. Presidente: — In sostanza l'accusa sostiene che. il suo contegno non sia stato chiaro, come quello di chi è innocente. Lei, anzi, tenne un contegno remissivo. Accusato: — No. Appena mia moglie si dimostrò favorevole all'autopsia senz'altro feci l'esposto al procuratore del Re Presidente: — Sentiremo i testi. Intanto è assodato che Ella preparò il latte e lo strofanto e che suo suocero accusò una estrema amarezza. Accusato: — Nego di aver preparato il latte allo suocero. In quanto allo strofanto, ammétto che lo abbia trovato amaro Mio suocero trovava tutto amaro quanto metteva in bocca. Procuratore Generale:' — Eppure lei, in istruttoria, ha ammesso di aver portato il latte allo suocero. . Un difensore: — E lo ammette anche adesso. Lo ha portato, ma non lo ha preparato. Accusato : — Lo ha preparato mia succerà. Presidente: — Si dice che ella mirasse al patrimonio del vecchio Bini e che ella avesse anche una amante. Tiriamo avanti su queste relazioni. Ella è giovane e si tratta di un peccato che, purtroppo è comune. Però entrò nella famiglia con due singolari falsi: quello della laurea e quello della collana di perle. Su questi due falsi, da lei ammessi, non c'è più da discutere. Il presidente porge la collana all'usciere perchè la mostri ai giurati. Le perle sono racchiuse in un ricchissimo astuccio e fanno una figurona a prima vista. — Perle false, ma amor vero — mormora un difensore. L'imputato narra che, fidanzandosi, non si informò mai della consistenza patrimoniale di suo suocero e sposò la signorina senza dote e senza neppure pretenderla. Da un certificato de': Università di Bologna si apprende che un capitano Biselli era inscritto al secondo corso di fisica matematica. Presidente: — E come va che ha sempre detto di essere iscritto al quarto o quinto corso? Accusato: — Fui iscritto d'ufficio durante la guerra dt anno in anno. Pubblico Ministero: — (Ma no! No, il certificato parla chiaro e parla di iscrizione al secondo corso. Siamo alle solite! Ritorna dal viaggio di nozze senza un soldo Presidente: — E' noto che lei ritornò dal suo viaggio di nozze senza un soldo, tanto da non aver più da pagare la vettura che lo trasportava a casa. Poco male giacché entrava in una famiglia agiata. Ma prima del suo matrimonio era sovraccarico di impegni e dopo, il matrimonio uno dei motivi di rampogna della suocera era la vita dispendiosa che ella continuava a condurre. Accusato: — Mi sono sempre mantenuto col mio stipendio e con mezzi fornitimi dalla mia famiglia. Presidente: — Lo suocero le diede cinquemila lire per comperare un cavallo. Accusato : — Ma lo suocero all'indomani le riprese indietro. Presidente: — E allora lei si rivolse al padrino della sua signora. Accusato: — Si, trovai un pretesto. Dissi che occorreva versassi quella somma nella cassa del reggimento perchè eravamo alla vigilia di una verifica. Presidente: — Allora lei si confessava autore di un ammanco di cassa del reggimento? L'imputato spiega che si trattò semplicemente di un pretesto perchè non prelevò mai un centesimo dal reggimento. Disse che aveva da versare al reggimento 5000 lire perchè aveva comperato un cavallo. Fu un pretesto per avere la somma a sua disposizione per pagare dei debiti. Il presidente, a proposito delle dichiarazioni fatte dall'imputato sulla liberalità, e gentilezza dello suocero e sulla necessità che avrebbe piuttosto avuto che vivesse a lungo, rivolge all'Imputato queste parole: .i Lei ha parlato di larghezza da parte di suo suocero, ma sappiamo, invece, con quanta fatica e quanta pena le diede le 28 mila lire per pagare tutti i suoi debiti. Sappiamo anche che come dono di nozze diede alla figlia 500 lire, il che non era troppo in quel momento. E poiché la Giustizia ha frugato dappertutto, sappiamo pure quale era il pasto serale consistente in un caffè e latte, e caffè fatto con surrogato Fago! Inoltre pare che suo suocero non avesse gran fiducia in lei. Infatti si cautelava con prudenza e cura. Accusato: — Non è vero! Mio suocero mi voleva bene e se gli avessi chiesto rilevanti somme, me le avrebbe date. Avvocato Paoli, difensore: — L'imputato ha detto che in carcere aspettava una buona parola della moglie. Gli pervenne invece una lettera dei soldati della sua batteria. Desidererei che questa lettera fosse letta. Presidente (sorridendo): — Già volevano andare alle carceri per liberarlo. Speriamo non lo facciano adesso...! La lettera la leggeremo quando verrà a deporre il primo del llrmnlari, che è citato come teste. L'udienza è rinviata a domattina. Vi sarà da sentire le altre campane, quelle princlpull: la moglie e la suocera, le due signore die la folla fiorentina aveva terrorizzate al •tritio di: Abbasso le suocere! Viva l'Italia. M.