Poincaré sul letto di Procuste
Poincaré sul letto di Procuste Poincaré sul letto di Procuste Un'altra giornata nera per il franco - Provvedimenti che aumentano il panico - 11 prestigio del Governo si sgretola ogni ora più. (Servizio spedale della ■ Stampa ») Parigi, 19, notte. Se, come assicura Marcello Hutin sull'Ec/to de Paris, il nuovo crollo del franco viene considerato negli ambienti finanziari come la conseguenza dei ritardi frapposti alla votazione dei progetti finanziari, la seduta di questa notte alla Camera deve avere finalmente chiuso il baratro e stornato il pericolo. L'articolo 3 è stato approvato a CI voti di maggioranza e con esso si può ormai dire salva la sostanza del programma fiscale di De Lasteyrie. Vedremo dunque domani il franco rifare in senso inverso il cammino percorso? Si tratta di una constatazione còsi facile ed immediata che non metterebbe quasi conto di precipitare apprezzamenti e conclusioni che ìx distanza di poche ore ci verranno forniti belli e pronti dai listini di borsa. Ma, poiché l'impazienza e la fretta sono il male del secolo, ci permetteremo di osservare, prima di leggere le quotazioni di domani, che il giudizio di cui si fa eco Hutin, non ci sembra inattaccabile. Anzitutto, conio vi ho segnalato a più riprese, il programma finanziario del Governo non è stato votato senza limature cospicue. Nel testo originale l'articolo 3 diceva: « A partire dal l.o gennaio 1924 e secondo le disposizioni previste dalla presente legge, saranno riscossi i due decimi su tutte le imposte, diritti e lasse recuperate a profitto dello Stato ». Nel testo approvato esso dice: « In aggiunta ai proventi autorizzali dalla leg-ge del 28 dicembre 1923, saranno riscossi due decimi su tutte le imposte, diritti e tasse riscosse a profitto dello Stato, salvo riserva delle decisioni previste dalla presente lesse»- Inutile farvi rilevare l'importanza dell'aggiunta, Il Governo aveva calcolato di ricavare 3 miliardi e 630 milioni dall'applicazione dei due decimi alla totalità delle imposte. La legge, che esso ottiene, gli consente invece soltanto di applicarli ad una massa di tributi da cui debbono essere detratte le tasse consumo sugli zuccheri, l'imposta sul sale, le tasse consumo sui surrogati del caffè, le tasse di pesi e misure, le tasse di verifiche di apparecchi a vapore e di recipienti a gas, le tasse di visita delle farmacie, i tributi straordinari sui profitti di guerra, le tasse eccezionali di guerra, le tasse per spese di vigilanza stilla repressione delle frodi, i diritti di ispezione delle fabbriche e depositi di acque minerali e finalmente la quasi totalità dei diritti doganali. La gravità, della defalcazione è cosi evidente che il Temps, mentre accorda un'avara lode alla assottigliata maggioranza per la fermezza d'animo di cui diede prova nell'assist'ere il Governo durante una lotta vìnta solo mercè sforzi eroici, non può a meno di chiedersi poche colonne più in là: « A quanto ascendono gli abbandoni acconsentiti? Se la Camera invece di peidere tante sedute in dibattiti altrettanto animati quanto sterili, si fosse degnala di concentrare la sua attenzione sulle disposizioni finanziarie, che debbono assicurare l'equilibrio del nuovo bilancio, si saprebbe quale fede meritano le valutazioni sulle quali riposa ora il bilancio del 1924 ». Ma aggiungete ancora agli ammanchi rilevantissimi che fatalmente registrerà il gettito di questo capitolo del programma governativo quelli prodotti dalla impossibilità di effettuare integralmente le economie desiderate e dalla impossibilità di recuperare sul serio i miliardi indebitamente sborsati ai danneggiati di guerra. Chi- non vede subito quanto aleatoria sia la speranza di ricavare, dall'insieme dei provvedimenti disposti, i 6 milardi e 234 milioni che se ne aspettano? Sono Marcello Hutin e i finanzieri che lo informano, davvero sicuri che la pressione di questa differenza X non frustrerà in buona parte il ritorno di fiducia atteso dalla votazione di questa notte? tMa non basta. C'è una seconda osservazione da fare: che tale ritorno di fiducia non sembra finora prodursi nella misura prerista nemmeno in coloro che la fiducia dovrebbero ispirare agli altri.. La chiusura della Borsa ' La Prefettura di polizia credendo di concorrere al mantenimento di condizioni normali nel mercato interno e di impedire un subitaneo rialzo di prezzi ha ordinato oggi la chiusura della Borsa di commercio. Ora è questo un provvedimento atto più a seminare ii panico che a dissipario. I presidenti dei sindacati di negozianti hanno immediatamente protestato dichiarando di rifiutare ogni responsabilità per « le conseguenze formidabili che possano risultarne ». Il Journal des Debats occupandosi della cosa, scrive: « Le quotazioni di borsa sono pure e semplici constatazioni retrospettive dei corsi realizzati. Sopprimerle non è sopprimere i sussulti dei corsi. Che cosa si direbbe di un decreto prefettizio, che in tempo di piena ordinasse la soppressione d'i tutte le scale che servono a misurare il movimento delle acque del fiume? Questa misura non mortificherebbe per nulla la situazione e le acque salirebbero o scenderebbero, malgrado l'assenza della quotazione. Sono le condizioni nelle quali si effettuano le quotazioni che occorrerebbe modificare, anziché sopprimere i corsi. In quanto alla chiusura, essa rischia piuttosto di scatenare o di accentuare il panico. E' alle cause profonde dei fenomeni che bisogna attaccarsi, quando si vuole far opera efficace, ed è fare invece una vana bisogna l'arrestarsi alle sole conseguenze da queste cause ». L'ordine di chiudere la Borsa tuttavia non può essere stato dato dal signor Naudin di propria iniziativa. Esso gli è stato verosimilmente dettato dal Ministero delle Finanze. Ora, che dire di un Governo il quale, nell'istante in cui il Parlamento gli accorda la facoltà di procedere quanto prima alla esecuzione di un programma presentatogli come la panacea infallibile della crisi, si sente così poco sicuro del suo effetto benefico, da gettarsi a corpo perduto su provvedimenti empirici che i competenti dichiarano inoperanti, peggio, dannosi? Se questo nervosismo comincia ad insinuarsi nei consigli delle somme autorità cui spetta la tutela dell'interesse pubblico, nulla di più naturale che se ne trovino poi ampie traccie nel paese. Descrivendo la situazione il Tempi questa sera osserva : « Lo smarrimento degli acquirenti di divise non fa alcun dubbio. La prova ne è che il rialzo è incontestabilmente nartito datlUnterno, mentie per quasi tutta la giornata di ieri i corsi registrati sulle piazze straniere ci erano più favorevoli che non quelli praticati a Parigi. Noi non cercheremo di determinare la natura e l'origine delle doman. de che hanno sommerso il nostro mercato. Noi ci limiteremo a far notare che i bisogni arretrati del commercio continuano ad entrarvi in larga parie. Il nervosismo presso gli acquirenti di cambio da una pai-te, la mancanza di fiducia presso gli esportatori dall'altra, ecco le oause tangibili del panico al qualo assistiamo. Disgraziatamente, i poteri pubblici non danno l'esempio della calmi. Le decisioni più strane e più contradlttorie si succedono. Vengono stabilite delle proibizioni di uscita, che gettano ti turbamento nell'attività economica del Paese, che rischiano di provocare una disoccupazione estesa, mentre ostacolano l'esportazione. Ora, checché si dica, questa rimane la migliore arma di cui disponiamo per difendere il fianco. Opgl le nostre risorse in divise sono abbastanza ristrette, perchè evitiamo di di¬ r e o a e o minuirle con arbitrarie regolamentazioni. La chiusura della borsa di commercio è una misura non meno pericolosa. SI immagina davvero che si impedirà la ripercussione del cambio sui prezzi nascondendo questo al pubblico? Si creda forse che l'agricoltore modererà le sue esigenze, perchè i giornali non gli trasmetteranno più i corsi della borsa? E non si scorge che una decisione così biutale sarà interpretata all'Interno e soprattutto al di fuori, come una misura di panico, capace unicamente di aumentare lo smarrimento? In verità, non è così che si miglio, rerà la tenuta del franco ». La "febbre dell'esportazione,, In questo quadro tragico del Temps una cosa ci sembra particolarmente degna di rilievo: il dichiararsi anche in Francia, nei frangenti attuali, della febbre di espor. fazione, che infierì in Germania durante il periodo più disastroso della crisi del marco. Provocata in parte dai produttori che credono di vedere schiuso loro dinanzi il panorama di un periodo di affari d'oro, alimentata e giustificata dai dottrinari dell'economia, i quali ci vedono il solo mezzo per procurare alla Francia le divise estere che risolleveranno il franco, una intensa campagna per lo sviluppo delle esportazioni si annunzia anche qui a chiare note. Ancora una volta l'esperienze altrui non avrà servito a nulla. La Germania esportò dal 1919 al 1923 su scala grandissima senza che il marco ne risentisse il minimo vantaggio. Eppure la Germania aveva, nell'adottare la politica della esportazione Intensiva, una scusa eccellente: quella di essere un paese a grande produzione industriale, di esportare prodotti manifatturati per procurarsi i mezzi di importare viveri e materie prime. Che cosa invece potrebbe esportare oggi la Francia? Derrate alimentari. Già fin d'ora, prima che qualunque crociata in tal senso sia stata bandita, grossi incettatori tedeschi percorrono le sue campagne facendo vere e proprie razzie di genori alimentari. I giornali sono pieni di grida di allarme di consumatori sdegnati dell'esodo incessante di prodotti che a loro tocca pagare sempre più caro. Che cosa accadrà il giorno in cui i santoni della finanza e della economia predicheranno dall'alto delle loro cattedre di legno o di carta che quell'esodo è un debito di patriottismo? Il paese si troverà sbalzato.in mezzo a difficoltà alimentari quali non conobbe mai durante la guerra e quali teoricamente non dovrebbe mai conoscere grazie al grande impero coloniale che gli fornisco tutto il necessario della vita, indipendentemente o quasi dalle sorti del cambio. E' questo, a nostro avviso, il vero pericolo che minaccia l'equilibrio interno francese. Ma esso non fa paura agli agrari, a quelle possenti masse rurali che hanno fin qui condotto a bacchetta la Camera del 1919 e non ci.sarebbe da sorprendersi se, sotto la pressione di questa massa, Camera e Governo Unissero con l'elaborare, nell'ombra di queste giornate di panico, una politica nuova diretta a far riguadagnare alla maggioranza uscente i voti che le toglierà l'approvazione dei decimi addizionali. Si cercano successori a Poincaré Ma bisogna considerare che nessun atteggiamento da parte del Governo permette finora di stimarle irrealizzabili e che il solo fatto capace di relegarle nel campo dell'impossibile sarebbe il successo del programma fiscale, di quel programma alla cui efficacia invece nessuno crede. Per aiutare il corso naturale degli eventi sarebbe necessario un mutamento di indirizzo politico o in altre parole, di ministero. Ma vi ho segnalato già varie volte la difficoltà non lieve di trovare oggi un successore a Poincaré. E Leone Bailbl nota, in proposito, nell'Intransigeant di questa sera: « Alcuni risuscitano Clemenceau con il pretesto che 11 raddrizzamento della fine del 1917 6 stato in parie la sua opera, e che, siccome la crisi sembra analoga, si vorrebbe impiegare lo stesso rimedio. Ma si è hen sicuri che il rimedio sia così efficace? Le persone informate sanno il contrarlo. Clemenceau è ancora un gran nome, ma non è più che questo. Non lo si ricondurrebbe agli affari che col solo benefizio di una piccola camarilla che utiHzzerebbe questo magnifico figurante, risvegliato due o tre ore al giorno, per governare sotto la sua bandiera. E allora gli altri? Vi sono sempre degli altri, quando una situazione ministeriale si tende. Si potrebbero senza dubbio contare tre squadre di sostituti che la terribile crisi non scoraggia e che si dicono certi di far meglio che non il loro predecessore. Ma il desiderio è qui impotente d, creare della realtà. Anche quel ministro delle Finanze (leggete Loucheur) che vuole la presidènza del Consiglio e che non manca di quella immaginazione creatrice che ii preziosa nelle ore difficili, non ha la stoffa del grande diplomatico, che bisognerebbe essere, per trattare simultaneamente con la Germania e con i nostri alleati. Poiché la nostra situazione interna è seria, ma non è che la risultante dell'altra. Per condurre a buon fine, nel tre mesi elle seguiranno, gli accordi che si impongono assolutamente con Londra dapprima e poi con Berlino, non si vede un uomo meglio qualificato di Poincaré. Quale spettacolo tragico, d'altra parte, quello di quest'uomo, il cui prestigio si sgretola e che non dura che per sforzo sovrumano, e che sa bene che la vittoria che si sarà conquistata gli sarà poi rimproverata anche dagli amici che avrà trascinato a conquistarla con lui ». Mai come in questo momento insomma si è sentito, sulle sorti della Francia e sulle sorti dell'Europa pesare la mano del futuro. Siamo prigionieri di qualche cosa di oscuro e di irrimediabile. E questa sera, tanto per cambiare, il Temps comincia a mettere in linea tutta una serie di motivi per giudicare la fatica intrapresa dui comitati destinali al risanamento delle finanze tedesche conformemente a quanto disse iersera, soggetta a cauzioni vastissime e a dubbi senza fine. C. P.
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