Una battaglia teatrale

Una battaglia teatraleUna battaglia teatrale PARIGI, febbraio, Quello provocalo dalla nuova opera di Paolo Raynal accenna ad entrare nel novero degli scandali memorabili. Avete letto il resoconto che della tragedia vi fece il vostro Bideau : non stupirete dunque oltre misura dello strascico avuto oltre che dalla prova generale, dalla prima rappresentazione. Probabilmente l'esplosione di sdegno del pubbblico sarebbe stata di molto mitigata, se l'autore avesse voluto rassegnarsi ai tagli che gli si chiedevano, specie pel terzo atto. Ma, dopo avere già ridotto di circa un'ora la durata dello spettacolo, il povero Rayiial credette lecito opporsi ad ulteriori mutilazioni. Per accontentare il pubblico si sarebbe probabilmente dovuto sopprimere per intero il terz'atto: ora ò proprio qui che l'autore ha inteso far culminare il conflitto immaginato fra l'eroismo della generazione che fece la guerra e l'egoismi) d'i quella che gliela fece fare. Ridurra la dimostrazione ai semplici elementi erotici sarebbe stato' un diminuirla di dignità, e un fare della Tomba sotto l'Arco di. trionfo una specie di Letto sotto di medesimo. D'altronde, compreso altissimamente dei doveri e dei diritti inerenti alla qualità di autore, Paolo Raynal non ammette che il giudizio delle platee abbia ad aver Taglione di quello di chi concepì l'opera che viene loro sottoposta. **• Durante le prove, lo male lingue dicono che Raynal misurasse a grandi passi i corridoi del teatro, fingendo di non riconoscere nessuno di quanti si imbattevano in lui. A chi gli avesse chiesto il motivo della sua distrazione^ lo si sarebbe sentito rispondere : — Io saluto soltanto coloro che stimo. E coloro che stimo debbono per questo solo fatto ritenersi onorati... Naturalmente, .date le tradizioni della Casa di Molière, dove da tempo immemorabile l'attore occupa una situazione e gode di un'prestigio cui la situazione e il prestigio degli autori dei quali si rappresentano i lavori non merita neppure di esser lontanamente paragonato, tranne quando trattisi di autori defunti da qualche secolo, un contegno cotanto altero doveva gettare 10 stupore più profondo. Nè Silvain ne de Max nò la Sorel nè Simone riescivano a mandar giù che un drammaturgo senza nemmeno la barba bianca volesse il suo nome stampato sui manifesti in caratteri non meno grossi di quello dell'attore principale. L'asprezza raggiunta dalla contesa sui tagli era, di conseguenza, prevedibile. 11 comitato di lettura del teatro invocava la ragioni suggeritegli dalla propria esperienza della 6cena e del pubblico. L'autore replicava : — Nello scorcio teatrale vi sono brutalità che non è sempre facile evitare, mentre d'ai, tro canto talune discussioni drammatiche, per esser ben condotte, non possono fermarsi a metà, sotto pena di vedersi falsate nella loro logica. E* disonesto, letterariamente parlando, ostacolare a lungo il procasso di un ragionamento o di una azione, giacché, rotto il filo della loro logica, l'equilibrio rimane distrutto e .l'effetto alte-rato e pei'oio stesso aggravato. Argomentò più ohe plausibile, ma privo idi forza nel caso di un lavoro in. tre atti, ciascuno dei quali, senza i tagli, sarebbe durato un'ora e mezza; In prima lettura, quindi, la Tomba sotto l'Arco era stata rifiutata. Venne accettata di li a qualche tempo, in seguito ad ordine perentorio del ministro della P. I. Un ministro della P. I. che impone la recita di una tragedia? Ecco una cosa che credo non si fosse mai vista, nè alla Commèdia Erancese, nè altrove. Ma l'intervento dell'autorità governativa nonfa ormai dubbio. Del resto, alla prova generale, fu Leone Bérard in persona a spiegare a Paolo Souday le Tagioni che lo avevano indotto a fare atto di autorità. Io non ero abbastanza vicino per sentirle; ma quel che ani par certo si è che il critico letterario del Temps non aveva l'aria dell'uomo convinto. Speriamo eieno state, in ogni caso, ragioni artistiche. Ma anche il ministro ebbe un brutto quarto d'ora, durante la prova gemerale, od uno più brutto lo ebbe la mattina seguente, allorché Poincaré, che dello spettacolo era • stato informato minutamenta, lo chiamò, al Quai cl'Orsay per invitarlo a faro almeno radiare dal testo del terz'atto una battuta del Soldato .di cui pare sentisse in modo speciale l'aculeo: — Sono i giovani che tanno la guerra e i vecchi che decidono di farla fare ! Jl ministro comunicò all'autore il desiderio del capo del Governo, e queste volta il Raynal non potò .dire di no. Ancora qualche desiderio di questo genere, e della tragedia non rimarrà più se non il titolo. Durante il baccano delle prime sere, i criticparagonavano l'avvenimento alle prime rappresentazioni àzW'Ernani di Vittor Hugo0 di Germinia Lacertcux dei de Goncourtche furono come la porta d'entrata e quella d'uscita del Romanticismo. Certi paragonnon si possono fare se non a. distanza e questi due mi sembrano entrambi inadeguati. Il paretaio dell'altra sera non ebbe nulla di letterario, anzi, se eu un punto gli spettatori si trovarono d'accordo fu proprio nel riconoscere al testo pregi lirici e venustà di forma. Quel che provocò la battaglia fu esclusivamente • l'eterna contesa sulla guerra, tra quelli che la fecero e quellche non la fecero, tra gli eroi e i disfattistitra i combattenti e gli imboscati, le due grandi immancabili categorie in cui si divide l'uman genere a partire dal 1914. Stratta dunque di un episodio politico, iquale potrà un giorno forse esser ricordato come elemento di tutta una situazione che non è nè cominciata nè finirà con esso, non di nn avvenimento artistico. Letterariamente i giudizi dei critici si distinguono 10prattutto per il commovente accordo con cui dichiarano di essersi annoiati. » E' duna noiosità tetra », sentenzia Règia Gignoux. « Opera mediocre, noiosa », conferma Emilio Mas. « Il lavoro ha un. difettoSave, il più grave di tutti, soggiunge Carlère*: è monotono, per nou dire noioso »« Greve impressione di noia », afferma senza reticenze diplomatiche, G. de Pawloski. E Paolo Souday: « Ci eravamo, durante i primi due atti, pesantemente annoiati »... L'unico che si divertisse, insomma, pare esser stato Clémenceau, il qualdal fondo di una baroaccia di proscenidove trovavasi in compagnia di tre giovandame non smise un momento di fare dellspirito alle spalle della tragedia. — Giacché sono un po' sordo — dicevt- avvertitemi quando debbo piangere. 1 La gente in platea, non avendo potut^«visarlo, nella penombra della sala du rante il primo atto, dava dell'imbecille all'ignoto disturbatóre. Ma gli insulti correvano quella sera come nulla fosse, e buona parte di essi si risolsero in puri e semplici scambi di indirizzi e di carte da visita. Due dei più scalmanati si diedero appuntamento alla fine dello spettacolo sotto la statua di Voltaire, nell'atrio del teatro, dove parecchi curiosi non mancarono di andare ad attenderli per vedere come sarebbe andata a finire. Andò a finire ohe nessuno dei due contendenti si fece vivo!... In un palchetto, dove il grosso Téry, direttore dell'Oeuvre, si lagnava del proprio critico teatrale che lo aveva costretto a venire in teatro nonostante avesse la febbre a 39, quest'ultimo irruppe gridnndo : — Non vi pare, insomma, che questo secondo atto sia mérayiglicsa? Il direttore dell'Oeuvre, pigliando il proprio coraggio a due mani, rispose che proprio non gli pareva. L'altro allora, sbatacchiando la perla, con espressione di profondo disprezzo : — Sono tutti del vostro parere ! E poiché Téry, per vendicarsi, .si rifiutò n pubblicargli la recensione, che era un vero panegirico del lavoro di Raynal, Edmondo Sée gli spedì immediatamente le proprie dimissioni. Anche questo era un caso che non si dava più da molti anni. Ma, poiché evidentemente la stoffa morale degli uomini dei nostri giorni non è più quella di una volta, la mattina appresso, le dimissioni che il direttore aveva avuto la perfidia di accettare, venivano precipitosamente ritirate... »*# « Meglio, la Tomba di Tut-ank-amen, che non quella sotto l'Arco di Trionfo », deve essersi detta, in tali frangenti, Cecilia Sorel reduce dall'Egitto. Poche tombe furono infatti più trionfali di quella del Faraone, nella carriera già lunga e ben fornita dell'illustre artista. Mentre c'è ancora al Cairo della gente che aspetta invano da due mesi il permesso dì penetrare nell'avello misterioso, Celimene giunse alla Valle del Re non appena sbarcata sul suolo egiziano, preceduta al passo di corsa da otto battistrada vestiti di bianco e inneggianti. Ricevuta alla soglia dell'ipogeo da sir Howard Carter, il successore di lord Carnarvon, la Sorel gli disse, abbozzando una delle sue famose riverenze : — L'universo ha gli occhi fissi su questa tomba e Voi siete l'uomo più popolare del mondo. Era una variazione della famosa frase pronunciata da Napoleone sotto le piramidi. Il galante lord ribattè: — Lo sarei forse, Signora, se la Vostra popolarità nou avesse da un pezzo oltrepassata la, mia... Si pretendo infatti che le feste fatte all'artista durante le sue recite al Cairo sieno state estremamente solenni. H Re la voliera Corte per recitargli alcune scene •del Misantropo. I pascià e i grandi dignitari dello Stato le offrirono da pranzo in vasellame d'oro massiccio, come al tempo delle fiabe e le versarono il caffè in tazze cesellate e screziato di smeraldi e di rubini e le diedero da fumare in narghilè anch'essi coperti di gemme inestimabili. Ognuna delle sei recite al Teatro del Cairo, quello per la cui inaugurazione Verdi scrisse la Aida, produsse un incasso di 40 mila franchi. E, narra l'artista, la curiosità suscitata nel mondo femminile indigeno dalla sua presenza fu tanta-, che i mariti dovettero permettere ai rispettivi harem di assistere alle rappresentazioni senza le solite griglie dorate che rivestono i palchetti, affinchè nessun particolare dei gesti e dell'eleganza della celebre parigina andasse perduto... Se Cecilia Sorel assistè alla prova generale della Tomba sotto l'Arco di Trionfo, coi suoi lanci di cuscini e di improperi deve essersi detta che l'educazione orientale ha i suoi lati buoni... NOMENCLATOR.

Luoghi citati: Cairo, Egitto, Parigi