La vittoria degli azzurri nella battaglia d'Ivrea

La vittoria degli azzurri nella battaglia d'Ivrea J^ì3 MANOVRE La vittoria degli azzurri nella battaglia d'Ivrea Il Re assiste all'azione - La tenace resistenza dei rossi Un giudizio del generale Graz oli - Fanti e aviatori IVREA, 26. L'alba di oggi ha segnato l'inizio della ripresa in quella che si potrebbo chiamare la battaglia delia Serra, dal caposaldo più combattuto e importante, o la battaglia di Ivrea, dal più notevole centro abitato alle cui porte si è svolta nella fase culminante olio può considerarsi l'odierna. Man mano che siamo venuti narrando o descrivendo lo fasi di questa aziono abbiamo a un tempo alla belle meglio, con note approssimative o affrettate, abbozzato la natura e qualità del terreno, dalle basse del Vercellese su risateli- c più incantevole dal punto dljriu per il corso della Dora tra canale e cana- le; dalla gran pianura quadra limitata dal Po. fino alle alture di Vische, di Caruso, di Masino, di Azeglio fra i due loghi di Canc'-ia e di Vi verone e, più sù ancora, Uno alla Serra, lunga e regolare muraglia vestita del verde delie vigne e dei castagneti. Come Ita di un campo sperimentalo non so ne poteva certo fare altra migliore, più variata, e piti mossa, vista naturale. Svariato il campo ma anche delicatissimo e prezioso, particolarmente in questa stagiono dell'anno, che segna pel caituvesd il trionfo di tanti raccolti. Non ci si potevano fare ie manovre come in terreno da strapazzo. Alla cura di risparmiare uomini, nel senso di non stroncarli fisicamente (il tempo, in complesso, è stato buono) si è aggiunta nello S. M. la preoccupazione dei danni eventuali al terreno, qualora le manovro non fossero state contenute entro i limiti del più severo risparmio. Gli stessi carri d'assalto si sono fatti operare in zone ristrettissime, prative o di recente aratura, sullo quali non hanno lasciato che leggere scalfitture, qualche scorticatura, ferite che in pochi giorni saranno rimarginate, e qualche albero ha lasciato la vita in queste esperienze altrui, in qualche siepe è rimasta aperte una breccia cho solo con la nuova primavera si colmerà. Le pergole, i filari si sono alleggeriti di qualche quintale d'uva, pochi giorni avanti la vendemmia, per quello spirito di iniziativa personale che deve avere il soldato in guerra. La vastità del piano e l'aviazione Del resto la vita quotidiana delle ville e idei borghi e i lavori campestri hanno continuato tali e quali sarebbero stati senza manovre, e non si è voluto nemmeno impedire o in aualche modo inceppare o ridurre il traffico normale: considerando il Comando che la guerra di movimento, le rapide ritirate e avanzato presuppongono, sempre un notevole affluire ctt carreggi per lo rotabili maggiori e minori, quando- non addirittura ' l'intasamento dello medesime per l'ammassarsi disordinato delle vetture, dei carri, delle persone. Il supposto piano generale delle manovre, con l'invasore alle porte di Torino sulla via di Pinerolo, coi campi d'aviazione nemici a Miraflori a Venaria, con la calata dei « rossi » per la valle della Dora Baitea, farebbe pensare a uu tale rovinoso sconquasso e ammassamento e disordinata fuga di centinaia di migliaia di civili, da rendere addirittura impossibili le operazioni militari. Mancando la controffensiva « azzurra », le popolazioni, perduta ogni speranza, sarebbero state prese dal pànico; e in caso di un sotente e generale ritorno controffensivo, l'affluire delle nuove forze avrebbe centuplicato ancora il movimento. Si è aovuto tuttavia supporre un così vasto piano per potere assegnare alla aviazione dei « rossi » un largo raggio d'operazioni: e forse la supposizione che il nemico abbia avanzato fino quasi a Torino è venuta unicamente dalla necessità idi assegnargli i due campi di Venaria e Miraflori. Un campo aereo spaziosissimo, da Miraflori a Cameri; un campo assai più ridotto per la manovra della Divisione: visibilissimo stamane quasi per intero a occhio nudo, tenuto conto naturalmente che della Serra non si poteva vedere che un versante, mentre anche sul versante opposto la lotta si svolgeva fervida, nella larga mossa, d'avvolcimento dei nazionali. Nella zona del combatti mento Usciamo da Ivrea verso le 7, quando già le fanterie sono impegnate nelle loro linee più avanzate, da due o tre ore. Rossi ed azzurri si sono levati per tempo, prima di noi; come noi stasera ci prenderemo un po' di ripo=o molte ore dopo di loro. Del resto alla cronaca anche più scrupolosa è sempre stato riconosciuto il diritto di giungere sul posto ad avvenimento iniziato. E in linea generale la cronaca diventa storia nello mani di chi non ha veduto nessuno dei fatti che narra. Ripensavamo proprio stamane, sulla via da Ivrea a Bollengo, quanto sia mai difficile — e sempre più difficile — seguire nei particolari le vicende di una battaglia: anche ridotta allo scontro di una divisione contro forze effettive di gran lunga inferiori, una battaglia la si intravede, la si sente narrare, sopra tutto la si imagina, ma quel che se ne vede è poca cosa e minima anche a essere veloci osservatori e liberissimi di andare a destra e a sinistra. Quando poi si ò combattenti si vede infinitamente meno. Soltanto gli alti comandi sono in grado di seguirla nelle sue ampie linee, grazie ai moderni mezzi di informazione celerissima e varia, cho vanno dai velivoli ai telefoni, ai segnali convenzionali diversi. Ma non esageriamo: in ogni battaglia c'è sempre un capo delle due parli che vede — anche nelle linee generali — assai meno dell'altro. Eri è quello che perde. Facciamo qualche chilometro prima di entrare nella zona dell'effettivo combattimento. E andando, incrociamo numerosi camions ch"s vanno in città, carichi di operai che abitano nei paesi vicini. Sono in gran parte donne e ragazze. Non possiamo nemmeno imaginare che fuggano al riparo entro Ivrea, perchè la città non si può dir liberata: si combatte appunto per liberarla dalla stretta che la cinge da tre lati. Vero è cho in guerra la gente fugge pur di fuggire, 6enza sapere dove si vada. Sembra, stando alle prime impressioni, «— (siamo ancora nella zona della divisione supposta) che il fumo e il fuoco della battaglia si siano alquanto allontanati dalle adiacenze della città. L'ala destra dei «rossi» violentemente attaccata imre stroncata; in compenso sono avvolte eli fumo le montagne e la gola di Borgofranco, ma questa è un'altra battaglia fra le nuvole ed il sole cho non 'dobbiamo descrivere. sldz (Dal nostro inviato speciale) , jlengo stesso e alla Broglina ha lasciato quai La rotabile per Bollengo fino a un certo punto e completamente libera: e una strada senza partiti, ne rosso ne azzurro, ma così segnata di buche che sembra sia stata battuta da migliaia di bocche da fuoco. E vi assicuro che non sono buche supposte. A cascina Spinetta troviamo il tenente Tommasi del 3-S.o fanteria, informatore del 3.o reggimento rosso, che cortesemente informa anche noi. 11 3.o Reggimento rosso è schiarato da Torre Balfredo a Cascina Ricca. Aila sua estrema sinistra esso ha il collegamento con un battaglione N.T. (nuovo tipo) del Ti fan- teria. Egli ha saputo che a Palazzo, sette carri armati sono pronti per dare l'assalto al 2.o reggimento « rosso », nel caso che questo sia obbligato a ritirarsi lungo le pendici della Serra, sono lo 7,35 e siamo così a contatto con i più avanzati fra quei forti elementi di fanteria che il partito invasore, costretto ad arretrare a nord di Ivrea, su una , linoa che va da Bollengo alle allure di Boi e là -nel piano, approfittando delle ricche coperture di vegetazione, degli alti fossi, dei vigneti delle cascine, fra il Naviglio di Ivrea e la Serra. I suoi avamposti debbono essere a Sant'Anna e a Barbania. Il terreno da essi sgombrato (logicamente durante la notte) è stato occupato dagli azzurri, i quali dalle nuove posizioni iniziano i movimenti d'oggi. Gli azzurri debbono prima di sera ampliare e approfondire l'avanzata, ncn dando tregua all'avversario e cercando di ricacciarlo in valle d'Aosta. Il pallone frenato La sinistra dei « rossi », formata dalle truppe celeri è stata attaccata alle 6 e costretta lentamente a ripiegare lungo il costone della Serra che guarda Ivrea. Mentre prendiamo r ota, un motociclista parte come una freccia diretto a Cliiaverano, dov'è dislocato l'Ufficio informazioni del partito rosso, il quale ha predisposto un centro raccolta notizie che ora per ora consente al Comando del Partito di avere dinanzi lo specchio lucido della situazione. Procedendo raggiungiamo lungo la via una signorina che a capo scoperto e passo veloce va verso la battaglia. — Dove va, signorina? — Vorrei andare al castello di Bollengo, a veder l'azione, — Salga. L'animosa guerriera in golf sale e si riparte. Andando oltre incrociamo un gruppetto di bersaglieri ciclisti con bandiera rossa al telaio, che pedalano in fila indiana verso Ivrea. A Cascina Calda, quota 240, troviamo il maggiore Varese sistemato a difesa, con tutto un battaglione del 91.o fanteria, nascosto tra vigne e campi di granoturco. La linea che il battaglione tiene in questo momento è la seguente: Cascina la Carisia, Cascina Goni, Bivio sulla strada Cascina Ricca, Cascina Bose, dove si allaccia col l.o battaglione del 91.o fanteria. Il maggiore sa già che in caso di ripiegamento deve ritirarsi presso Andrate. Ci informa, tra parentesi, che alle 7,20 è passato il sottosegretario Cavallero diretto al Castello di Bollengo, sede della Direzione effettiva delle manovre. La signorina nostra ospite, a questo punto alza la voce e vuol sapere se è già passato il principe Umberto. La notizia ha una certa importanza giornalistica, ma il maggiore Varese non ha ancor veduto passare il principe Umberto. Ci facciamo dare i nomi degli ufficiali attorno al maggiore. Col maggiore Varese sono il capitano aiutante maggiore Barberis ed il capitano Ugolini. Essi sono collegati telefonicamente colla prima linea e col comandante del reggimento. A forse dieci passi da Cascina Gaida è l'antico Albergo di Francia dalla pacifica quanto modesta faccita d'un azzurro stinto. Proseguiamo il cammino. Ad uno dei gomiti della strada che conduce al castello di Bollengo (dove è una sezione della Maternità di Torino, diretta dal dott. Lanner) riluce al sole un'enorme sfera bianca, che altro non è che un pallone frenato, colla calotta bianco argentea e la fascia nera. Il pallone ha un compito importante. Inalzandosi sprovvisto di bandiere, Indica alle truppe dintorno la sospensione momentanea delle manovre, munito di bandiere ne segna la cessazione completa. Siamo ancora nella fase in cui le truppe freschissime non desiderano che di muoversi, di agire, di provarsi. Non vorrebbero certo vedere le bandierine. Verso sera sarà un'altra cosa. Fra due giorni un'altra ancora. •> L'arriro del Ee Saliamo per una rustica strada fiancheggiata da distese di vigne al Castello di Bollengo. Sono le 8,15. Sono già arrivati nella mattinata: il generale Giardino, l'ammiraglio Acton, il generale Nicoletti ispettore dell'arma del genio, i' generali Altimani, Cei; Pelitti, Cavallero, che sono in attesa del capo di S. M. sen. Badoglio, dell'on. Mussolini, dei principi, del Re. Poco dopo In automobile, accompagnati dal maggiore Rovida, giungono il Duca di Bergamo ed il Duca di Pistoia che vestono ambedue la nuova divisa di tenenti-colonnelli di cavalleria. I Duchi sono quasi immediatamente seguiti dall'automobile del Principe Ereditario che k accompagnalo dal generale Clerici. Il giovane Principe porta il berretto di tenente leggermente inclinato sull'occhio destro. Ha un'aria ridente, serena, di ragazzo cresciuto molto bene. Gli muovono incontro per ossequiarlo i generali Giardino e Petitti di Roreto. Il Principe Umberto sale le scale del Castello per recarsi all'osservatorio. Alle 8,30 giunge l'automobile di S. Maestà. Sono col Re il generale Cittadini, l'ammiraglio Rota ed il tenente colonnello Messe. Durante l'arrivo del Re una squadriglia di aeroplani rossi, compie evoluzioni sopra il Castello. Il Ile sale solo ed in fretta alla terrazza, dove è impiantata la stazione radiotelegrafica, o di dove è più facile seguire lo svolgersi delle manovre. Nò l'on. Mussolini nè il capo di Stato Maggiore, S. E. Badoglio, sono giunti. Pare che il generale Badoglio sia leggermente indisposto. E' presento all'osservaloiio il generale Cattaneo, direttore delle manovre. Intanto sulle pendici della Serra, in direziono della strada por Broglino si accende zn più fragorosa la battaglia. La divisione azzurra ha attaccato alle 4 del mattino urlando contro tre caposaldi : casa Carlina, Gamboni e Barbania. Il primo attacco non e riuscito a fondo. Rivelatesi delle resistenze sono intervenuti i carri armati contro Barbania. Una breccia profonda si 6 aperta. Contemporanaments da S. Germano attaccava un mezzo battaglione di fanteria, appoggiato da una batteria d'artiglieria. L'attacco questa volta riesce ed i caposaldi itan.no per cadere. Alle 6,30 la linea poteva considerarsi sfondata. Ora che sono le 9, i « rossi », pur facendo una accanita resistenza, accennano a ritirarsi verso Broglino. Riusciamo a individuare due mitragliatrici appostate fra le vigne, per proteggere la ritirata con un | fuoco rabbiosissimo. Esse sono individuabili alle nuvolette di fumo che sbuffano dallo canne durante la ripetizione del fuoco. La mitragliatrice, arma terribile, viene, tut, tavia a perdere alquanto della sua efficacia i in quanto richiama subito facilmente 1 tiri I I ) I 1 dei medi calibri. Vero è che gli «azzurri» non sono nelle posizioni elevate, come nell'osservatorio da cui noi contempliamo i singoli episodi, e ciò che appare chiarissimo a noi non è altrettanto por chi, come i « nazionali », avanza tra il denso fogliame della campagna. Un'altra mitragliatrice * rossa » dove essere appostata proprio all'imboccatura di Bollengo, forse in una casa: lo si arguisce dal suono più echeggiante che manda, si sente che spara in luogo non aperto: infatti il suono dello altre si smorza con eco più larga nella campagna. Di qui per ora la battaglia si disegna sul terreno coi fumacchi delle mitragliatrici. Le fanterie« azzurre » non si vedono da nessuna parte, ed' è bene che le fanterie non si vedano, mentre si ammassano. Presso Bollendo Elementi di fanteria « azzurra » stanno infatti ammassandosi a qualche centinaio di metri da Bollengo, ben mascherati tra i filari d'alberi e gli sieponi. Col binoccolo scopriamo il formicolìo dei loro movimenti,- iniziali, preceduti da lancio di bombe a mano. Dopo poco,-il fuoco celere dei «nazionali», (nonostante il tiro di sbarramento dei « rossi », che appare segnato sul terreno da pennacchi di fumo paralleli alla linea del fronte) prevale sul fuoco dei «rossi». Il comandai}. . te delia divisione « azzurra » procede gradualmente colle debite cautele appurilo per dar prova del funzionamento tecnico della divisione, come avverrebbe al caso pratico. E' difficile in queste occasioni frenare l'impeto naturale dei soldati, ma bisogna frenarlo. La formazione dell'unità divisionale, con i singoli elementi tecnicamente distinti, fa si che ognuno di questi debba per avanzare espletare rigorosamente il proprio compito. La battaglia non può regolarsi unicamente sul ritmo celere che potrebbero avere da sole le vecchio fanterie leggere. La divisione deve portare innanzi organicamente il proprio sistema offensivo. Gli « azzurri » sono dunque raccolti in forze, 6ul punto di oltrepassare la strada Bollengo-Biella per Broglino, a nord della quale cominciano a sollevarsi in ampi vigneti e castagneti, le. propaggini della Serra, sulle quali i «' rossi », pure arretrando, distendono ancora le loro tenaci difese allacciate ad altre nel piano. Essi cominciano ad essere minacciati da un aggiramento, cho si sta sviluppando per le alte pendici occidentali della Serra, alle quali gli « azzurri » si stanno aggrappando, allo scopo di ributtare nella valle gli invasori. A questo punto ci viene incontro il generale Grazioli, sotto capo di S. M., con la sua alta e snella figura, tra di granatiere e d'ufficiale di cavalleria, soldatesca con una punta di civetteria garbatissima. Viene dalla Polonia, dove ha assistito alle grandi manovre di cavalleria su quei terreni distesi e scoperti fatti per i lunghi galoppi. Ci ricorda ai tempi quando eravamo corrispondenti di guerra. Il generale dice « i bei tempi ». Noi non siamo del suo parere, ma fa lo stesso; si parla del suo recente libro napoleonico e del maggiori scrittori di cose militari che abbia avuto l'Italia. Il libro gli è costato un atrno di ricerche e il generale ne parla con l'eloquenza della paternità recente. Lo preghiamo di dirci le impressioni 6ullo manovre. « Le manovre odierne, ci risponde, non sono più uno spettacolo, non debbono più essere uno spettacolo. Esse non debbono seguirsi nell'insieme, ma vedersi accuratamente nei particolari. Esse hanno un valore tecnico. L'osservatorio non ha più senso ». Lo ringraziamo della cortese lezione che ci siamo meritata per seguire fedelmente S. Maestà e lo Stato Maggiore, e discendiamo a spron battuto (4,a velocità) pel viale del castello alla strada cho da Bollengo paese, per Broglino, conduce a Biella. Andiamo a vedere qualche particolare, ma non troppi perchè non ci punge nessun sentimento di concorrenza tecnico-militare. Att.rfl.vpnfii.amo Bollendo, im-ba-rìdìcrata. Di molte finestre si sparge il tricolore a guardar giù nella strada. Ma da una finestra die dà sulla campagna scarica colpi su colpi una mitragliatrice. Lo avevamo detto che doveva essere nell'abitato. Beato chi gli tocca il romanzo d'appendice La strada più oltre comincia a salire, alta come argine fra 1 camipl. E lungo l'argine occidentale sono appostati alcuni fanti coi fucili all'altezza del piano stradale, facendo fronte agli azzurri che dovrebbero sbucare da un istante all'altro dai prati antistanti. Qualche rosso nell'attesa legge un brano di giornate: si vede che hanno comperato un giornale, se lo sono diviso a pezzi e se lo leggono un pezzo per uno. Dati i tempi, beato elli gli tocca il romanzo d'appendice. Avevo scritto sul taccuino il numero del reggimento, ma, non so come, proprio quel foglio m'ò andato perduto. Mi duole non tanto per il lettore quanto per quel cari ragazzi, i quali ponevano nella difesa un Impegno clic non meritava l'ordine di ritirata preventivamente deciso dal generale Cattaneo. Sono certo che in qualche punto rossi) e azzurri hanno finito prima di sera con l'azzuffarsi sul serio per una mitragliatrice o ntiohe per meno. Sono lo 10,40. Salendo ancora laeciaiuo passare la 17.a compagnia cannoni da 75 someggiati, che scende ad appostarsi. Gli artiglieri sono seguiti da una colonna di soldati addetti ai mascheramenti. Li comanda il tenente Tommasi, uin valoroso chimico ohe ha scoperto buoni colori per i trucioli che debbono fìngere l'erba e lo frasche. Essi toriia.no dall'aver mascherato numerose batterio da 75 c. da 105 a Barbania ed a Palazzo. Avevano anche mascherato durante la notte numerose aufoblindate nel settore di Palazzo, e cnmions e muli. Dopo i mascheramenti ci venne incontro I proprio sulla strada un sistema di scanalaI zioni per gii areoplani. Non ne parliamo ) perchè crediamo sia un segreto. Un tenente ci disse che aveva comunicato a un arooplaI no il desiderio di aver notizie dell'ala destra sulla Sena, dopo pochi minuti il velivolo aveva mandato giù in un sacchetto le notizie. Ma il sacchetto era caduto in un labirinto di vigne, e i soldati accorsi, entusia1 sino di ragazzi, non riuscivano a trovarlo. Vedevano tanta tanta uva, ma non vedevano il sacchetto. L'areoplono intanto continuava a volare a bassa quota o attendeva Il segnale del ritrovamento. Era commoven¬ te vedere qucll'uccellone grande grande, Che faceva giri su girl nell'aria per tenersi su sempre sullo stesso punto di riferimento, e non se ne andava non avendo ricevuto il segnale del ritrovamento. Dopo un poco ripetè il lancio, ebbe risposta rassicurante e allora so ne andò spedito pel cielo a cercare, sempre guardando in giù, qualcbedun litro fra i castagni e le vigne, che avesse bisogno dell'opera sua e gli rivolgesse dal basso qualche domanda. Ho visto tanti areopl.ani pieni di bravura, spettacolosi, e non mi hanno mai interessato moUo: quello così servizievole e paziente, così buono, cosi pieno di sentimento, è stato il primo areoplano che mi abbte commosso. Aveva ragione il generale Grazioli: bisogna badare ai particolari. E da quel momento chiusi gli occhi definitivamente allo spettacolo della, battaglia nelle sue grandi linee e non vidi più in quei quadro di forza e di fuoco che piccole cose delizioso e tranquille. Per fortuna del lettore che cerca la strategia, tutto il taccuino sul quale le volli appuntare mi andò prima di sera perduto. LUIGI AMBROSINO