Impressioni e polemiche romane sulle conseguenze politiche della lotta di Palermo

Impressioni e polemiche romane sulle conseguenze politiche della lotta di Palermo Impressioni e polemiche romane sulle conseguenze politiche della lotta di Palermo Hi'on. Orlando si dimetterebbe da deputato 1jH replica dell'"Osservatore romano,, a g-iornali fascisti Roma, 6, notte. Contrariamente alle voci raccolte da alcuni giornali, ieri l'on. Orlando non si è recato a Vallombrosa, e non vi si recherà più. Anzi stamane egli ha richiamato la famiglia colà residente. Il Governo aveva dato disposizioni severissime al prefetto di Firenze perché la villa di Orlando fosse circondata dalla forza pubblica per impedire ogni manifestazione. L'on. Orlando si recherà invece in Francia con tutta la famiglia, dopo una breve cura a Fiuggi. Entro sabato l'on. Orlando presenterà al presiflente della Camera le sue dimissioni da deputato, motivandole con esplicite dichiarazioni sulle elezioni di Palermo. Intanto sono parliti per Vichy alcuni amici dell'on. Giolitti che si recano ad informarlo del divisamento dell'on. Orlando. Per " un ritorno „ Nell'esprimere il proprio compiacimento al principe Di Scalea per la vittoria di Palermo, fon. Mussolini, alludendo agli avversari, ha accennato « alle speranze di assurdi ritorni ». La frase presidenziale è rilevata dal Piccolo Giornale d'Italia, il quale, dopo aver affermato che l'Opposizione non ha la nostalgia del potere, soggiunge : N ' a Ma vi è un ritorno che non è punto impossibile, che, anzi, è certo; ed è il ritorno della libertà, ed è per questo ritorno che i liberali si battono come sì sono, non invano, battuti a Palermo. E quando diciamo libertà, diciamo quell'insieme di costumanze politiche, morali, giuridiche, sociali per cui tutte le regioni della stessa nazione sono eguali dinanzi alla legge e tutti i partiti sono puro eguali, e le guarentigie statutarie sono intatte e proteggono tutto il popolo, senza distinzione di fascisti e non fascisti, e la sovranità popolare è la base dei governi e le pubbliche libertà sono in onore; quell'insieme di cosiumanze, insomma, che vige in ogni grande e civile paese di Europa e di America, e che vigeva anche in Italia dal 1860, cioè dalla, fondazione del Regno. Questo ritorno non è affatto impossibile, anzi è certo, ed è queslo die auspichiamo. Di altri ritorni non ci importa, come siamo sicuri che non importa affatto agli uomini che furono al governo, servirono lealmente e devotamente il paese e lo servono puramente anche ora, senza punto preoccuparsi della possibilità o meno di riavere la così detta gioia del potere. Questo ritorno avverrà. E perchè avvenga ì liberali rifiutano di andare in tomba e lottano senza deflettere. Questa è- la ragione unica dell'opposizione liberale, che non ha livori, né esclusivismi, né faziosità, nè apriorismi, e che ha una sola pregiudiziale: la libertà ». Ancora in polemica col Popolo d'Italia, il Piccolo Giornale d'Italia ribadisce la sua tesi che cioè a Palermo ha vinto il Governo, non il fascismo, e tanto meno ha vinto l'intransigenza farinacciana. Il giornale controbatte l'affermazione dell'organo presidenziale, per cui è « azione intransigente di partito solo quella che rifiuta adesioni, patteggiamenti e condizioni», e al riguardo osserva: « Ma i voti chi 11 porta? Ecco il problema. Nel caso nostro, i voti 11 hanno portati i candidati non fascisti^ dunque, la vi noria non è fascista, e di intransigenza non è il caso di parlare. Sarebbe più leale che il Popolo d'Italia dicesse: abbiamo vinto, e baita; e noi lo riconosciamo, come, del està, lo sapevamo prima, perchè il Governo in nessun caso avrebbe consentito a farsi battere. Dunque, tutto era preveduto. La vittoria, i rurali, le fantasie arabe, la coalizione con le cricchi.', insomma tutti i vieti sistemi con i quali un Governo che vuol vincere a tutti i costi, finche a costo di mandare l'intransigenza e l'idea pura in soffitta, riesce a vmeera. Ma a clic discutere? Facciamo così: 11 Popolo ilitallnsì tengala sua vittoria, e mi •M lesinino i nostri 16 mila voti ottenuti senza il prefetto, il questore, e il cav. Adelflo •. I " rurali „ Il Risorgimento commenta ancora stamane i risultati della lotta elettorale palermitana. Il giornale scrive che agli inizi della lotta elettorale palermitana era da chiedersi che cosa il fascismo, governo e partito, si proponesse di realizzare dai risultati, anche se fossero stati vittoriosi. a Ora — prosegue il giornale — la medesima domanda potremo rivolgere legittimamente a vittoria conseeuita dalla strana alleanza sulla quale puntò la sua fortuna il partito dominante. Perchè le elezioni di Palermo, dopo aver mandato in giolito la stampa ufficiosa, la quale ha imbracciato un vecchio scordatissirho calascione, per accompagnare il suo inno più giudaico, ha entusiasmato anche l'on. Farinacci, il quale, dopo tutto, dovrebbe essere il meno contento perchè da quelle elezioni la sua intransigenza ha ricevuto un rude colpo ». A proposito poi del telegramma inviato dall'on. Mussolini al ministro Di Scalea, e nel quale si tesse l'elogio dei rurali, il Risorgimento osserva: ce E" notevole il fatto che da tempo le simpatie del presidente del Consiglio vadano ai rurali. Chi conosce che siano in realtà quei rurali e come rurale sia la mafia, contro la quale scagliava i suoi fulmini oratori l'on. Farinacci, non può fare a meno di domandarsi se l'on. Mussolini conosca veramente il significato di quella parola. Evidentemente il presidente del Consiglio ha scambiato per veri e propri contadini 1 rurali dei borghi palermitani, mentre essi sono ben altra cosa». La notizia della decisione presa dall'on. Orlando non si è ancora stasera diffusa negli ambienti politici e giornalistici. Soltanto pochi amici dell'ex-presidente ne sono a conoscenza. Essa acquista già un valore ufficioso, essendo stata pubblicata stasera dal « Giornale di Sicilia » di Palermo, organo degli amici dell'on. Orlando. Idea viva e vitale Si discute ancora sulle elezioni palermitane; e poiché i giornali fascisti insistono nell'esaltare la vittoria di Palermo, il « Giornale d'Italia » si sofferma ancora ad esaminare la battaglia elettorale svoltasi nel capoluogo della Sicilia, e specialmente il carattere delle due coalizioni che si sono contese il campo. L'organo liberale comincia coi rilevare ancora che, se il fascismo volle vincere, dovette ricorrere a quelle situazioni personali, contro le quali aveva poco prima tuonato l'on. Farinacci; e continua: « Per ottenere un successo, è stato dunque necessario formare, anzi, subire una coalizione di persone e di clientele. Il giornale quindi osserva che, in certe ore della vita di un paese, le diversità dei partiti scompaiono, e si- raccolgono tutte le energie per la difesa di una sostanza comune. Così il fatto di Palermo documenta la vitalità dell'idea liberale. Conclude il giornale: « Ben poco conta la vittoria ottenuta mercè lusinghe e patteggiamenti personali, che durano quanto le convenienze dei singoli beneficiati ; ben poco contano di fronte alla saldezza di compagini costruite dalla fede in un'idea che non si può scompagnare dall'essenza della vita civile. Non sappiamo con sicurezza a che cosa precisamente alluda l'on. Mussolini affermando « i ritorni sono impossibili ... Ma il grande partito liberale che riassume in sé le più illustri tradizioni del mondo moderno e del rinnovamento italiano, piuma di tutto non ha bisogno di risorgere, poiché, anche l'altro ieri appunto, attestò la sua tuttavia poderosa esistenza; poi, invece di esaurirsi, va con sicura fede incontro all'avvenire. I casi presenti non servono che a dimostrare la' necessità che esso continui a vivere e ad operare ». La sistemazione del Comune " corollario del nuovo Stato fascista „ Intanto le elezioni di Palermo suggeriscono ai giornali fascisti varie considerazioni. Ieri Forges-Davanzati dichiarava che bisogna fare punto fermo con le elezioni. Oggi l'Epoca afferma che il fascismo deve provvedere alla riforma dei Comuni. Si ricorderà che Curzio Suckert aveva già chiesto il rinnovamento fascista delle amministrazioni locali. Richiamandosi a Suckert, l'Epoca scrive : Non è possibile applicare due diverse interpretazioni del diritto pubblico e del principio della rappresentanza, l'una per lo Stato e l'altra per gli Enti autarchici; e tanto più non è possibile « per la contraddizion che noi consente », consacrare in un sistema quel criterio elettorale individualistico, che, nell'altro, si vuol ripudiare e sostituire con un processo più consono alla nazione organica e alle esigenze unitarie dello stato nazionale. Quindi il giornale fascista nota che il fascismo non si è finora proposto il problema degli enti autarchici, e che la stessa Commissione dei diciotto non ha ritenuto di occuparsene, o non ha potuto occuparsene; e conclude: « Ma la sistemazione del Comune diventa quasi cerne corollario della nuova figura del 10 Stato fascista, Stato essenzialmente uni tario e gerarchico, mentre, assunta la provincia ai nuovi compiti dell'ordinamento corporativo, verrà anche a semplificarsi e ridursi il complesso delle funzioni che possono essere demandate al Comune, e che renderà più agevole e più autonoma l'esistenza di esso. Ora che la passione del fascismo si avvia con sempre maggiore consapevolezza verso l'aziono ri-formatrice, e si accentua il processo per cui il sentimento si sublima nell'idea, tutti i fononi devono convergere i loro sforzi perché questa fase non solo non subisca nè arresti nè deviazioni, ma si esplichi per tutto il corpo della nazione, penetrandolo e rinnovandolo fin nelle più intime latebre ». Il Popolo trova che è ormai scoccata l'ora degli ultimi fiancheggiatori, e imposta il suo editoriale su quel noto recente articolo dell'on. Maraviglia, il quale ebbe a dire che, per scacciare il Governo fascista, bisogna fare un'altra rivoluzione; e che se il fascismo ha ricorso nei primi tempi ai consigli dei fiancheggiatori, può ormai fare da se, e istituire « l'ufficio stralcio » dei partiti politici. Ora il Popolo domanda ai liberali-nazionali e ai clericofascisti che ne pensano della situazione derivante dall'articolo autorizzato dell'on. Maraviglia. Come l'organo vaticano ribatte ai fascisti A proposito dei clerico-fascisti, conviene osservare che stasera 1' « Osservatore Romano » ha notevoli spunti politici e polemici. Esso, anche, trova significativo il telegramma dell'on. Mussolini all'on. Del Croix; e soggiunge che l'augurio del Del Croix può ben essere fatto proprio dal paese. Circa, poi, l'elezione di Palermo, 11 giornale rileva che il telegramma del capo del Governo e del fascismo, ispirato a severa intransigenza, « contribuisce a rendere più vasta la portata politica della battaglia e della vittoria ». L' « Osservatore » quindi pubbica due note, in replica al « Popolo d'Italia » ed al « Tevere ». A proposito dell'analogia, che l'organo presidenziale ha ravvisato tra il giornale della Santa Sede e 1' « Avanti! », l'organo del Vaticano osserva che analoghe osservazioni hanno fatto i giornali socialisti; e quindi soggiunge: « Comunque sia, non ci affligge mancanza di memoria; e conio rispondemmo altrove, pur tenendo conto delle diversità dei tempi, del costume e del diritto, ricordiamo benissimo che tutte le violenze furono sempre condannati' dalla Chiesa. In secondo luogo, la definizione, che il Popolo d'Italia constata inalterabile, prova proprio inalterabilmente che tutte le distinzioni sulla violenza, da noi criticata, non hanno alcuna consistenza effi¬ cace, perchè, appunto, nel mondo nessuna collettività, nessun individuo, che abbia usato ed usi la. violenza, ha mai ammesso ed ammetterà mai che la sua violenza non 6ia nobile, necessaria ed utile. Occorre, dunoue, condannare la violenza in sè stessa e qv-ale essa sia. L' <( Osservatore » risponde poi stasera stessa alla replica del « Tevere », che aveva scritto: « In quale Osservatore del tempo sono contenute parole di simpatia e di pietà per quel monaco francese Pierre Giovanni Oliva, francescano, il cui cadavere, sotto papa Giovanni XXII, ebbe a subire un processo ed una condanna, e non delle semplici accuse di parte come il reverendo don Manzoni? Ci permettiamo di chiedere notizia di un frate Ponzio Buontugato, al quale si somministrava non olio di ricino, che in definitiva è giovevole, ma panerà arturri et aauam brevem, in positura non certo comoda; ci permettiamo di chiedere a quale bando della federazione fascista può essere paragonata la celebre costituzione quorandarum (sic) e una susseguente bolla papale, e a quale squadrista fazioso può essere paragonato frate Michele dell'ordine dei Minori, che della auorundarum (ancora sic) e della bolla fu l'esecutore, ecc. ». Concludendo, il giornale fascista diceva: « Tutto si può spiegare, mettendo da parte la storia della chiesa, ed esaminando la storia contemporanea della Segreteria di stato. In un articolo intitolato II Tevere a secco, l'Osservatore Romano ribatte: «A corto — fluviamente si direbbe a secco — di argomenti su tutti gli spunti, a volta a volta, tentati contro le nostre irremovibili premesse a questa polemica, il Tevere ci indica altri paesi, ci indica la Francia (non più il salo e pericoloso processo Daudet) ; ci indica i processi e le condanne a morte sotto Papa Giovanni XXII (1315-1334), e Ponzio Buontugato, al quale si somministrava, non olio di ricino, ma, meno male, pane ed acqua, e la costituzione qwmindarum (che si tratti, per caso di fjuoTundam?)... Il giornale rileva che questi sono argomenti adatti per provare che non può deplorare le violenze, quando queste sono deplorate dallo stesso Governo. L'organo del Vaticano osserva che ai fini originali della polemica, il suo contradditore si è ritirato sul Basso Medioevo, e nel campo altrui; e ricorda quanto scrisse all'indomani del delitto Matteotti, e successivamente, per deplorare sempre le violenze, da qualunque parte vengano. Indi prosegue: o In secondo luogo, anche per l'Itailia. così come per ogni paese estero, l'Osservatore Romano, per la sua natura, per il suo carattere, per la sua missione, non ha-mai taciuto dinanzi a nessuna questione morale in cui il principio cristiano dovssse farsi manifesto per il bene del popolo. Valga l'esempio, e proprio per la vicina sorella latina, delle nostre campagne condotte sulle leggi scolastiche, sulla questione della natalità, in rapporto alle attuali condizioni della famiglia, e le deplorazioni delle violenze usate a fascisti italiani. Finalmente, dopo avere citato per desiderio del Tevere, quali 'esempi di condanne della Chiesa contro le violenze perpetrate, anche in nome della religione, l'inquisizione di Spagna e la notte di San Bartolomeo, diremo che le sue citazioni storiche non distraggono, ad ogni modo, .col rigore di un potere legale, la illeoeità delle violenze private ed extralegali, di cui precisamente oggi discutiamo; senza dire che i suoi stessi ricordi ci attestano, in altri tempi, tale fiero ed inesorabile amor di giustizia, da giungere persino al processo dei morti, o non al solo Buontugato per condannarlo, ma a Santa Giovanna d'Arco, per assolverla e santificarla; mentre ora si tratterebbe di colpire soltanto i vivi. Come vede il Tevere, anche per questa parte, ie sabbie mobili non si trovano tra i morti; ma, naturalmente tra le sue secche.