Amudsen tra cielo e ghiaccio

Amudsen tra cielo e ghiaccioAmudsen tra cielo e ghiaccio " Ha raggiunto il Polo ed è sulla via del ritorno „ dice un telegramma da Kingsbay, non ancora confermato g,(Servizio speciale della STAMPA) Londra, 22, not'e. Quei sempre scarsi londinesi che continuano a vedere qualche curiosità nella desolata zona artica, già pestata per lungo e per largo da esploratori di txUte le taglie, senza il più lontano costruito air Vinfuori di una riprova della pertinacia umana, stanno chiedendosi stassera con un certo interesse: — Dove si trova Amundsen in questo momento? Dovrebbe trovarsi al Polo Artico da una ventina di ore, o meglio dorrebbe esserne già ripartito a volo, e aver fatto ritorno in grembo della grande pubblicità immediata e diretta, in qualche punto del mappamondo settentrionale. Forse per le vie eteree è già in viaggio la notizia che tutto è fatto da'cima a fondo, e che non rimane più se non da aspettare la descrizione di due idroplani volanti avanti e indietro, sopra un campo di neve e di punti magnetici, con una certa mera viglia delle foche e delle lepri bianche domiciliate nella plaga. Comunque, per ora', fra i curiosi di spedizioni polari, resta accampato un punto interrogativo. Fu di sorpresa — come sapete — che la spedizione si alzò a volo nel pomeriggio di ieri, alle 17,15, da Kingsbay nello Spitiberg. Erano stati preannunciali considerevoli indugi. Il tempo si prospettava poco propizio, e Amunriscn sembrava in attesa dei primi di giugno. Invece, il tempo negli ultimi giorni si fece mansueto anche in quella latitudine, ed Amundsen nel pomeriggio di ieri risolse di gettare il dado. Cora prescelta venne dettata da certi fenomeni solari che avrebbero agevolato la lotta. Il proposilo di Amundsen era di volare innanzitutto per circa CO minuti lungo la costa delle cosi dette Isole dei Danesi e di Amsterdam. Se durante questa ora iniziale tutto fosse proceduto liscio, i due idroplani avrebbero proseguito di filato verso il Polo. La disianza da coprire per raggiungere il Polo era di 681 miglia (1100 Km.). In condizioni normali le due macchine avrebbero dovuto toccare la mèta verso la mezzanotte. I due idrovolanti <•- a quanto pubblica stassera il Shipping Gazzette di Cristiania — portavano 2i quintali di benzina e provvigioni per ben 30 gorni, caso mot il viaggio di ritorno dovette compierti a piedi lungo l'itinerario che fu seguito dal capitano Peary, lo scopritore americano del Polo Nord. Ad onta del pesantissimo carico, gli idroplani si alzarono con tutta facilità, senza neanche lasciare traccie profonde nella neve. Il tempo era magnifico. Le due macchine, partite quasi contemporaneamente, si elevarono ad una altezza di 700 metri e proseguirono parallele, alla distanza di non oltre 30 metri l'una dall'altra.. Il viaggio di ritorno verrà invece compiuto all'altezza di circa 2000 metri. Amundsen ed i suoi piloti intendevano evitare qualsiasi atterramento intermedio, tanto nel viaggio di andata quanto in quello di ritorno, a meno che le circostanze non lo rendano indispensabile. I meteorologi pronosticavano almeno un paio di giorni di tempo favorevole. Le due baleniere, che trasportarlo la spedizione " allo Spitzberg, hanno ricevuto l'ordine di mettersi in rolla verso il nord e di continuare fino a che i ghiacci permettano di inoltrarsi: esse rimarranno in servizio di vigilanza per il ritorno degli aviatori. Un telegramma della Central News giunta stasera da Cristiania dice: n Un referto, non confermato, da Kingsbay, afferma che Amundsen ha raggiunto il polo e si trova ora sulla via del ritorno ». L'Agenzia, in una nota a questo messaggio, dichiara di non aver avuto la menoma conferma della voce su accennata, dal suo invialo speciale nella spedizione di Amundsen. M. P. L'uomo del Polo Roaldo Amundsen è veramente l'uomo vola io per la vita e per la morte, alle improse polari. Come tale nasce poeta, come ta'altri nasce soldato o sacerdote, Amundsen è na- to esploratore dei deserti glaciali: pare che, dovunque egli vada o dovunque egli sosti — fuggitive soste d'un infaticato e impaziente migratore — la sua anima sia sempre esilia ta a qualche parallelo di numero più alto, e certo dentro dall'uno o dall'altro circolo polare; e che egli aneli e che egli muova verso la sua anima, alla ricerca di quella. Pernio vide la Stella del Nord tanto accosta allo zeut!; perciò vide la Gran Croce del Sud splendergli diritta sul capo. I primi viaggi Di se stesso, di corno gli si palesò questa sua naturai tendenza a viaggiare l'ignoto degli eterni ghiacci, egli ha detto nella pretozione al suo libro su la sua spedizione del « Gjoea », quando navigò secondo, poco più di mezzo secolo dopo MacClure, 11 passagsaggio del Nord-Ovest: « Nel :iS9i m'imbarcai semplice marinaio su la vecchia « Magdalena », che da Toensberg faceva vela per i mari glaciali alla caccia delle foche. Fu il mio primo incontro col ghiaccio, e mi andò a genio... ». Tanto gli andò a genio, che a tutti i sogni della fanciullezza crescono a quel punto l'ali, forti ali, di vele spiegate ai venti polari, alternatamente a quelli di Borea e a quelli di Ostro. Dal '97 al '90, Amundsen partecipa, in qualità di timoniere, alla spedizione belga di Adriano de Gerlach, alle regioni polari antartiche. » ...E in quel torno — egli dice — si venne maturando il mio disegno: mi ero proposto di collegare quel passaggio del Nord-Ovest, ch'era stato il sogno della mia giovinezza, con lo scopo altamente scientifico è di per sé ben più importante: determinare la posizione del polo magnetico settentrionale... Appena quindi reduce in patria, attende a pre-parare questa sua spedizione. Trova appoggi e capitali. Acquista l'yacht Gjoea, lo riassetta, lo fornisce di viveri per cinque anni, sceglie i compagni — sei — sicché tutti insieme, con lui, facevano il numero augurale di sette. — E la notte dal 16 al 17 di giugno del 1003 salpa da Cristiania. Il grande viaggio di esplorazione durò tre anni; con osso Amundsen stabilisce il sito esatto del polo maKnetico boreale, e percorre il passaggio del Nord-Ovest, dall'Atlantico al Pacifico, dallo stretto di Davis a quello di Bering, il passaggio famoso, alla cui ricerca 6'eranotragicamente infranti gli sforzi di Franklin, con la completa catastrofe che concluse la grande spedizione dell'Ercbus e del Terror, e che, prima che da Amundsen, non era stato percorso che da un solo navigatore, come già sì è ricordato, il MacOlure, nel 1850. Al Polo Sud Il viaggio del Gjoea assicura fama di grande esploratore polare a Roaldo Amundsen. Ma, dopo altri viaggi, la sua massima gloria sarà costituita dalla scoperta, di cui egli ha il vanto, del Polo Sud Dopo die la prima spedizione Scott, del 1902, aveva dimostrato la possibilità di scendere dal Pacifico su la Grande Barriera di ghiaccio galleggiante tra la Terra di Edoardo VII e la Terra Vittoria, e di raggiungere, attraverso di essa, la catena di monti che si levano da questa banda sulla via del Polo, gl'inglesi avevano organizzato a questo 6copo la spedizione Shakleton, che poco mancò, com'è noto, non raggiungesse la mèta : Shaldeton difatti toccava, il 10 di gennaio del 1909, l'88° 23' di latitudine australe, a soli 179 chilometri dal polo; e doveva retrocedere unicamente perchè stremato di forze e in difetto di viveri. Ancora gli Inglesi organizzarono quindi la nuova spedizione di Roberto Scott, con la Terra Nova, la spedizione che doveva toccare la mèta... Ma quando Scott, con cinque compagni, il 18 gennaio del 1912, raggiungeva il Polo, scopriva le tracce d'ima spedizione che v'era pervenuta e v'era sostata soltanto un mese avanti. Era questa la spedizione di Amundsen, il quale, partito dall'Europa con il « Fram ». la vecchia nave di Nansen e di Svendrup, annunciando che intendeva girare l'estremità meridionale del continente americano, attraversare, da Sirocco a Maestro, tutto l'Oceano Pacifico, e penetrare, per lo stretto di Bering, nel bacino polare artico, aveva invece, dopo superato il Capo Horn, messa la prua alla Terra di Edoardo VII, era sbarcato su la Grande Barriera, e con cinque uomini, quattro slitte e cinquantadue cani, il 20 di ottobre del 1911, era partilo in direzione del Polo: aveva superato le Ande Antartiche, e, procedendo attraverso l'altipiano antartico alla straordinaria velocità — un vero record. data la regione — di 25 chilometri al giorno, il 14 di dicembre del 1911 aveva toccato il Polo, determinandone la posizione a 3201 nielli sul livello del mare. Poi, dopo tre giorni di sosta, il 17 di dicembre aveva preso la via del ritorno; e raggiunto il « Fram », faceva poi rotta per la Tasmania, ove sbarcava, ari Hobart. 1*8 di marzo del 1912, e di dove telegrafava in Europa il primo resoconto della spedizione e la grande notizia della scoperta del Polo Sud. Ora, proprio la tenda lasciata da Amundsen — il c Polheim » — ritrovò Scott, giungendo, un mese dopo di lui, al Polo: egli stabilì anzi, per mezzo di un teodolite, che il punto segnato da Amundsen non era esatto, ma precisamente l'80° 59' 30" di latitudine, cioè con un errore di 30"; e avanzò quindi ancora circa un chilometro, per toccare il punto matematico dei 90°. In questo senso, senza evidentemente voler toglier nulla alla gloria di Amundsen, può dirsi che Scott e i suoi compagni abbiano veramente calcato per primi il Polo Sud. Certo la loro impresa appare idealmente anche più eroica, in quanto risultò sfortunatissima: che, prima sopravvanzati nella scoperta del Polo da Amundsen — in virtù del segreto, da questi gelosamente mantenuto, su la spedizione del « Fram », dichiarando anzi altra mèta che non avesse; — Scott e i compagni esaurirono poi, nel viaggio di ritorno, tutte le forze; e avversati da un tempo eccezionalmente burrascoso durante la traversata del ghiacciaio Beàrdmore, e poi su la Grande Barriera — ove dovettero subire temperature di —35 centigradi, durante il giorno, e di — 44, la notte — miseramente finivano, in una spaventosa bufera di neve, il 29 di marzo del 1912, a 79° 40' di latitudine, su i ghiacci della Grande Barriera. E soltanto dopo 10 sverno di quell'anno, una carovana inviata alla loro ricerca, ritrovava, il 12 di no: vembre del 1912, i corpi, e, presso di essi, i diari, le lastre fotografiche, e quindici chilogrammi di fossili e campioni di rocce ripor; tati dalla spedizione, e che non erano stati abbandonati nemmeno negli estremi momenti: tanto quegli eroi erano votati alla loro missione, al servizio della scienza. Dalla nave all'aeroplano Due anni fa, Amundsen effettuava il suo primo tentativo aereo, per riconoscere la vasta zona inesplorata che si estende dalle coste settentrionali dell'America, e più precisamente dall'Alaska al Polo. Il Polo Nord, com'è noto, fu raggiunto dall'ammiraglio americano Roberto Peary, il 6 di aprile del 1909. Ma della calotta boreale restava tuttora inesplorata la zona suaccennata. E Amundsen progettò quindi questo suo nuovo viaggio polare, prefiggendosi di partire a volo dall'Alaska, di raggiungere il Polo, e di ridiscendere quindi, diciamo cosi, sul versante europeo, alle SpitzberKon. 11 suo compagno Haakon Hammor gli sarebbe andato incontro, pure a volo, partendo dall'isola Danes, nelle Spitzbergen. Ma, come ognun sa, il tentativo fallì: l'aeroplano d'Amundsen si rovesciò e si sfasciò durante un volo di prova. E la spedizione fu sospesa e rinviata. Il nuovo tentativo doveva avere come base l'Italia. Infatti Amundsen, progettando la nuova transvolatn polare, aveva prescelto per effettuare "il ra.Ut due apparecchi tipo Wal Dornier che avrebbero dovuto essere costruiti nelle cfflcine S A. I. Costruzioni meccaniche di Pisa. La partenza per il volo polare sarebbe quindi avvenuta dal lido pisano, e precisamorute da Marina di Pisa. Cosi venne stabilito. E la costruzione degli apparecchi si iniziò e procedette febbrilmente. Ma poi — com'è noto — intervennero varie circostanze ad impedire l'impresa, alla quale avrebbe dovuto partecipare, il Locatelli. Doveva passare ancora un anno prima che le due macchine costruite a Pisa spiccas sero l'arduo volo. E' esso ora già felicemente compiuto ? Gli apparecchi costrutti a Pisa Gli apparecchi destinati al gran volo — quali apparvero al nostro inviato speciale Mario Bassi — sotto le vastissime tettoie, occupandone il maggiore spazio, apparivano di proporzioni imponenti: vere e proprie navi aeree, tutte costrutte in metallo, ad eccezione del rivestimento delle ali che età di tela. All'aspetto richiamavano d'un subito alla monte le moderne torpediniere, affilate e potenti. Gli apparecchi erano costrutti in una speciale lega, detta d'« alluminio duro », composta di novanta parti d'alluminio e di dieci di rame e d'altro metallo, a rendere 11 metallo base d'una tempra imiguagliabilmonte solida. Adatti cosi alla navigazione nell'aria come a quella su l'acqua, gli apparecchi disponevano di uno scafo perfettamente equilibrato e siouro, con compartimenti stagni; e, ai lati, avevano due equilibratori galleggianiti, diretti a compensare e a sostenere ogni eventuale squilibrio d'ala, •Si trattava, per parlare tecnicamente, di monoplani, con venti due metri e mezzo d'apertura d'ali; mentre lo scafo era lungo poco jfiù di sedici metri, e qualche cosa di più di diciassette con i timoni. Gli apparecchi erano azionati da due motori Rolls Royce — Eaglc IX — a dodici cilindri, e di trecentosessanta HP; producenti mille ottocento girl normali, e disposti in linea — a tandem — sopra lo ali — dove esisteva anche un posticino per un motorista. I due motori azionavano in presa diretta due eliche, quella trattiva, avanti, e quella propulsiva, dietro, Le eliche erano a quattro pale, per asse^ rondare il moto meglio ritmato dei motori I radiatori, rialzati in mezzo, fra i due motori. I serbatoi della benzina e dell'olio, costruiti in ottone, trovavano posto nello scafo. 11 combustibile e il lubrificante venivano pompati in serbatoi supplementari, impiantati nella fusoliera dei motori, mediante una pompa ad elica, e accedevano quindi per caduta ai motori stessi. Per la guida servivano i timoni di profondità e di direzione, montati all'estremità della poppa dello scafo. Il timone di direzione e gli aleroni (questi ultimi disposti, come di consueto, alile estremità delle ali) erano compensati. I timoni si azionavano tanto col pedale che col vo lante di comando. I tiranti dei timoni erano completamente interni. Un altimetro, una bussola, due contagiri, un misuratore della velocità, un indicatore della benzina nei serbatoi, e un orologio completavano l'arredamento della macchina. E questa, a vuoto, poteva sopportare un carico di tremila duecento chilogrammi: ossia un carico supplettivo utile di mille quattrocentocinquanta Chilogrammi, oltre alle provviste di combustibile e di lubrificante, e al pilota e ai motoristi; e procedendo e una velocità massima di centottanta chilometri all'ora, e a una velocità media di centoquaranta, con possibilità di elevarsi fino a quattromila cinquecento ir etri.