Liberali e sarrocchiani

Liberali e sarrocchiani Liberali e sarrocchiani Nell'assemblea generale della Sezione liberale fiorentina, tenuta qualche giorno fa, il segretario politico Fossombroni, polemizzando con i Sarrocchiani, ha ricordato che a Bologna il partito si costituì non coll'esclusione della tendenza democratica, ma con la fusione di tutti quegli elementi che riconobbero essere la tendenza democratica insita nella dottrina liberale. Il ricordo del Fossombroni è documentariamente esatto. Non si può tuttavia negare che al congresso di Bologna spirò una forte aura antidemocratica, e che la fusione, colà decretata e poi compita in seguito, degli elementi liberali-democratici nel nuovo partito liberale unitario, rappresentò allora una vittoria della tendenza di destra e fu in stretto rapporto con la eondotta di « fiancheggiamento » o piuttosto di abdicazione seguita da quel partito verso il governo fascista, fino a dopo le elezioni dell'aprile '24. Ciò si precisa qui non per rimprovero postumo e polemico, ma per chiarezza d'idee ed ammaestramento giovevole, oggi e domani. Detto questo, ci affrettiamo a soggiungere che l'aw. Fossombroni ha perfettamente ragione d'impugnare la pretesa dei Sarrocchiani di essere i veri liberali, perchè antidemocratici. E non solo ha ragione secondo la logica programmatica e disciplinare dell'attuale partito liberale unificato, dappoiché questo non ha mai negate e combattute, in linea di principio, la democrazia e le aspirazioni democratiche; ma anche, e soprattutto, perchè l'antitesi di cui si fanno belli i Sarrocchiani, tra liberalismo e democrazia, è, proprio nelle loro mani, un'arma spuntata, od anzi, un'arma la cui punta si rivolge contro Idi loro medesimi. Non vogliamo far qui una disquisitone teorica sui rapporti fra liberalismo e democrazia. La nostra convinzione in proposito è nota (e suffragata dalla storia) : la democrazia è uno sviluppo logico, nn complemento necessario del liberalismo. La libertà disarmata è praticamente assurda: sono liberi, e si conservano, i popoli, che sono, insieme sovrani. La libertà implica l'autogoverno. Ma, checché sia di ciò, sta il fatto che se qualche divergenza può verificarsi fra un liberalismo autentico e la democrazia, o le attuazioni pratiche di questa, ciò non può avvenire se non in quanto il governo democratico porti, o sembri portare, a una restrizione d a un pericolo per la libertà individualo. Il principio, cioè, della sovranità popolare, esplicandosi come vittoria della maggioranza sulla minoranza, e (attraverso i meccanismi rappresentativi) come autorità, non sempre facilmente limitabile, del governò sostenuto dalla maggioranza stessa, presenta effettivamente delle possibilità antiliberali. Che a questo possibilità non possa ovviarsi se non entro l'ambito della democrazia medesima, è per noi ovvio. Ma dovrebbe essere ovvio, ad ogni modo, anche per i Sarrocchiani, che una opposizione liberale alla democrazia, o meglio a determinate esplicazioni di questa, non ha senso se non in nome della libertà. Più libertà, più rispetto ai diritti civili e politici dei singoli e dei gruppi, ecco l'unica formula possibile per una simile opposizione. La formula dei Sarrocchiani, nella loro opposizione alla pretesa degenerazione democratica del partito liberale, è, invece, precisamente il rovescio: mòno libertà, o niente libertà, o la libertà in soffitta, nella misura e per tutto il tempo che piacerà al governo sostenuto da loro. Non merita, dunque, neppure una discussione la tesi dei Sarrocchiani di rappresentare e difendere il « vero liberalismo » contro la « degenerazione democratica ». In questo caso, la degenerazione è tutta loro, che, in nome di Cavour, pretenderebbero tornare a Solaro della Margherita; e per tornarci, si fanno seguaci obbedienti, passivi, di un partito, che, non riconoscendo, accanto a sè, nessun altro partito, proclama ogni giorno la propria «i rivoluzione ». Lasciando, dunque, i Sarrocchiani ai loro sofismi, occorre invece rivolgersi al Partito liberale italiano, perchè, dalla rottura con essi, vengano tratte tutte le conseguenze. Occorre, cioè, non soltanto che i deputati sarrocchiani siano fuori del gruppo parlamentare liberale — come ci si sono messi da se medesimi, e come la Dirczióne del partito ha dichiarato in conseguenza —; ma che tutti i sarrocchiani, deputati e non deputati, siano fuori delle organizzazioni del P. L. I. Tocca alle singole sezioni provvedere; e, in caso negativo, alle gerarchie superiori. Le odierne dichiarazioni del prof. Ricci, membro della Direzione del Partito, provano cho. questa si è già resa conto di tale necessità: rimane che vi si provveda sollecitamente e jadicalmente. A nessuno, speriamo, verrà in mente di qualificare persecuzione politica una simile richiesta: nelle condizioni attuali, riepetto a un partito di opposizione, l'accusa farebbe ridere. Ma non si tratta neppure di semplice intransigenza ideale o disciplinare. No: è questione essenziale di vita per il partito liberale italiano. Gli organismi politici sani e vitali, animati da una fede e condotti da una disciplina, si distinguono dagli aggregati amorfi di gruppi e di persone a interessi particolaristici precisamente in questo: nella capacità, non solo di proclamare dei principi, ma di agire concretamente per essi sulla scena politica, eliminando dal proprio seno ogni elemento che quei principi non accetti, o si opponga a quell'azione. Il partito liberale italiano, nel caso concreto attuale, deve mostrare se è capace, o no, di metter fuori gli antiliberali, o se invece si rassegnerà — ner irresoluzione propria, o per obbedienza a forze estranee e ad interessi particolari •— a lasciarli lavorar dentro, per intralciare c paralizzare qualunque sua attività politica effettiva di opposizione all'attuale governo, in difesa xalorì liberali.

Persone citate: Cavour, Ricci

Luoghi citati: Bologna, Solaro