Un galantuomo

Un galantuomo Un galantuomo i o — BERLINO, a8, sera. Non bisogna mai fare troppo credito ai luoghi comuni. Chi abbia sentito parlare di Ebert oste o sellaio; di Ebert che viaggiava giovinetto con il sacco ed di bordone per tutti i borghi della patria, indulge volentieri allo' rappresentazioni care alla caricatura, di un uomo veramchte por- u *** W3? sclieizr. della, storia, fuori i dalla sua sfera, condannato alle «gaffe'» a1 , i o ' più grottesche nelle situazioni più spinose: arlecchino-re per un giorno. E, per quanto lo epoche rivoluzionarie mettano di moda i MasanielJo ed i Napoleone, il fatto fa sempre effetto e suscita i facili sorrisi. Ma è vero, dunque, che il signor Ebert, capo di una nazione di 60 milioni di abitanti, ha cucito pelli conciate ed ha servito clienti nella taverna? Sarà vero, come sarà vero che Dante fu speziale, ma questo passato non autorizza per nulla le critiche, a priori, delle attitudini che un uomo potesse avere per l'eccelso ufficio a cui è stato innalzato. Del resto, sia lecito ricordare che osti e sellai in Germania sono dei rispettabili borghesi, che si mettono alia sera la cravatta nera o la domenica la giubba a due code o mandano la famiglia in montagna ed al mare; borghesi sotto lutti i rapporti, anche se, per avventura, possano essere iscritti al partito socialista. Ma Ebert. aveva tutto un passato giornalistico, propagandistico e politico quando entrò a far parte di quel direttorio di persone, clic aveva in mano il destino della Germania, sullo scorcio della guerra ed all'inizio dell'armistizio. Aveva maturato, in lunghi anni di vita modesta ma studiosa, il suo rude buon senso di artigiano renano; aveva imparato a conoscere nei comizi e negli scioperi questo popolo tedesco, che è cosi semplice e bonario; saggio, onesto e laborioso; un po' duro, un po' limitalo, ma amante dell'ordine e della disciplina. E, quando questo popolo, stanco della guerra, ingannato dai suoi re e dai suoi generali, tentato dalle seduzioni moscovite, st trovò, improvvisamente, davanti al trono vuoto ed allo caserme disertate, a decidere della sua sorte avvenire, trovò, naturalmente, il suo capo, nell'uomo che ne aveva, più di ogni altro, le qualità o le virtù. Ancora abbastanza proletario per dare al popolo il senso che egli era dei suoi, Ebert, dalla esperienza politica e dall'intelligente accortezza del suo spirito fu consigliato a conservare il suo sangue freddo, pure in mezzo all'improvvisa crisi rivoluzionaria e a comprendere subito dove dovesse dirigere il timone. Ed ora che egli è morto, dopo essere rimasto per sci anni ai fastigi della Repubblica, si potranno riudire sulla sua tomba, dagli implacabili avversari, gli aneddoti umoristici e le accuse dottrinarie, ina non si potrà mai dire che egli abbia perduto i) senso della sua origine, che l'aura inebriante della gloria abbia fatto di lui un Masaniello od un Alcibiade: egli ò rimasto sempre l'uomo del popolo, sincero, semplice, spesso ingenuo, talvolta goffo, talvolta, forse, interdetto davanti alla secolare scaltrezza della ragion di Stato e della diplomazia, che suonava falsa al suo orecchio, ma onesto e buono, senza dottrinarismi e senza fanatismi. Era nato nel 1871 ad Eidelberga, la vecchia città universitaria sul Beno, dove vivono tuttora in onesta povertà i suoi parenti artigiani. Si gettò ben presto nelle lotte poliliche. Scriveva già a SI anno nell'organo socialista di Brema. Diventò propagandista, segretario di partito, membro del Governo di Brema. .Nel 1912 fu mandato ul Reichstag ed entrò cosi rapidamente nella vita centrale del partilo, dove acquistò, insieme con Sclieidemann, il predominio. Morto Bebel, egli fu proposto subito come capo partilo. Rifiutò, ma poi fu eletto, insieme ad IIaa~>e, nel direttorio del partito. E' noto il contegno di Ebert e del partito socialista maggioritario nella guerra mondiale. Ebert rappresentò la tendenza moderata del partito ed ebbe perciò frequenti contrasti con quei suoi compugni dell'ala sinistra, da cui dovevano uscire, più tardi, gli spartakisti e gli indipendenti. Quando, fu costituito, in. Germania, sotto il can¬ cellierato del principe Max del Baden, il primo Gabinetto parlamentare, alla vigilia della catastrofe ormai inevitabile, due socialisti entrarono a far parte del Ministero di nuova creazione. A Ebert doveva essere riservata una funzione superiore di lì a qualche settimana. Alla vigilia della rivoluzione Ebert fu nominato Cancelliere, .« per grazia di Max veii Baden.», dissero amari gli avversari1 Ma il momento era gravissimo. Non c'era tempo per sottilizzare sulle origini della designazione. Era necessario salvare il paese dai caos ed egli ebbe il merito di comprendere subito la necessità ed avvisarne immediatamente i mezzi. Era il 9 novembre: tutte le città industriali della Germanio in subbuglio, monarchici e generali in fuga, il nemico alle porte, la rivoluzione ir. casa, lo spettro del bolscevismo affacciantesi ai malsicuri confini dell'est ed invocato, quale solo rimedio, dai fanatici socialisti di sinistra. Ebert prese saldamente nelle mani il governo, insieme ai suoi compagni di partito, che la pensavano come lui. Tenne lontani, con 10 buone e con lo cattive, gli indipendenti ed i comunisti; convocò l'Assemblea nazionale; riordinò la polizia; sciolse i Consigli degli operai e dei soldati: incaricò il ferreo Noske della difesa dell'ordino pubblico a tutti i costi. Le mitragliatrici falciarono per le vie; operai e marinai ribelli furono mitragliati dai soldati e dalle guardie fedeli alla neonata repubblica. Gli indipendenti ed i comunisti gridarono al tradimento; i borghesi guardavano coi loro occhi meno spaventati e con molta fiducia nei cuor© quel piccolo uomo, grosso e tozzo, che era stato sino allora dei loro avversari e si installava, con semplicità perfetta, nella poltrona imperiale, sordo alle ingiurie degli amici di ieri, sordo alla seduzione delle dottrine teoriche che erano state la fedo della sua giovinezza. Il paese si rimetteva a poco a poco. Ebert fu eletto a grande maggioranza presidente della repubblica. L'ironia della storia ha voluto che Ebert fosse chiamato, all'inizio del suo ufficio, dagli avversari più accaniti, il servitore dei reazionari e dei monarchici; e qualche settimana fa, un tribunaletto di provincia ha proclamato, in una sua elaborata sentenza, Ebert traditore della patria, per avere capeggiato quale capo socialista, nel gennaio 1Ù18. uno sciopero di metallurgici. In questo ironico contrasto sta forse 11 senso dell'opera di Ebert e sta anche la condanna del suo ufficio, che diveniva, di giorno in giorno, più ingrato e più remoto dal favore popolare. In realtà, da qualche tempo, da quando cioè si dovette constatare che la repubblica del proletariato tedesco del LUIS aveva perduto ogni contenuto; da quando si dovette constatare che la necessità dei trattati di pace e dell'ordine interno, della produzione e dell'esportazione, del pareggio e della moneia, abbattevano, ad una ad una, le conquisto proletario di quel giorno di ebbrezza, il i) novembre 1918, il simbolo Ebert aveva perduto ogni significazione. II buon operaio, chs avvinceva a sé, con semplicità e con simpatia, chiunque lo avvicinasse, non riscuoteva più la fiducia dei suoi compagni di fede (quanti ordini del giorno votati da gruppi giovanili della provincia contro l'ex-compagno Ebert, quante le sue radiazioni dai quadri del socialismo militante!) senza acquistare, dopo che il pericolo parve superato, l'anello o la considerazione dei borghesi. Passò in lui e sopra di lui la stessa tragedia vissuta dal partito ufficiale socialista tedesco. E, che cosa rappresentava, ormai, l'ex-segretario di partito in. cima a una piramide di funzionari e di eccellenze del vecchio regime, e in mezzo all urto parlamentare dei parOTT aventi soltanto per mira la preminenza nel Gabinetto? La morte abbatte nel flore degli anni 1 uomo che tra qualche mese se- ne sarebbe andato da sè, per lasciare il posto ad un amministratore o conservatore della f:dc monarchica. E il più bell'elogio che gli si possa fare oggi è questo; E* 51^10' 1 ultimo utile combattente, l'ultimo difensore della, rivoluzioni. Vi PAOLO MONELLI.

Luoghi citati: Baden, Berlino, Eidelberga, Germania