I cinquant'anni della costituzione repubblicana francese

I cinquant'anni della costituzione repubblicana francese I cinquant'anni della costituzione repubblicana francese Amare riflessioni di giornali democratici (Servizio spedale della « Stampa ») Parigi, 25 notte. La costituzione della repubblica francese (la terza, repubblica) ha compiuto oggi 50 anni. E' interessante evocare le vicende dei suoi natali. La Camera che la votò era una Camera in maggioranza monarchica, covante in silenzio la speranza di poter fare di Mac Mahon il pretesto e il tramite di una restaurazione legittimista, presso a poco come il Parlamento ungherese sperò nel 1920 di servirsi di Horty per tenere caldo it posto a Carlo di Absburgo. La repubblica in Francia naoque di nascosto e di sorprésa, come nascono i figli naturali. Sebbene Mac Mahon portasse il titolo di presidente, come lo portano oggi Horty ed Ebert, nessuna proclamazione statutaria aveva fino al principio del 1875 riconosciuto ufficialmente che lo Stato presieduto dal maresciallo fosse una repubblica. I membri della Commissione dei trenta mulinavano probabilmente di applicare quanto prima alla Francia uscente dalla disfatta di Sedan, un gioco di parole analogo a quello che di 11 a 45 anni l'assemblea di Weimar avrebbe applicato alla Germania, coniando per essa il termine di « Reichsrepublik ». E certo il titolo di President du royaume, per esempio, non sarebbe stato etimologicamente meno giustificabile dell'altro. Ma la Francia del 1875, che aveva ormai fatto parecchie volte le barricate, che possedeva l'orecchio fino, avverti la stonatura e provvide in tempo. Un tentativo fatto il 29 gennaio di Quell'anno dal deputato Laboulaye per introdurre in testa allò statuto in discussione la frase : « Il Governo della repubblica si compone di due Camere rappresentative e di un presidente » era statò respinto dall'assemblea con 359 voti contro 336. Che pensa allora di fare un altro deputato repubblicano, il Wallon? Propone di aggiungere nella costituzione una clausola, in forza della quale il Presidente della Repubblica sia dichiarato rieleggibile allo scadere del suo settennato. La proposta sembra non dover compromettere le riserve dei monarchici. Gli orleanisti abboccano all'amo. Il 30 gennaio l'emendamento è accettato con 353 voti contro 352. La Repubblica francese nasce, quindi, grazie ad un solo voto di maggioranza, ciò che non si può dire certamente un plebiscito. Ma poiché cosa fatta capo ha, tre settimane dopo, il 25 febbraio i partigiani del nuovo regime sono già diventali due terzi dell'assemblea, e l'insieme della legge costituzionale vi raccoglierà 425 voti contro 254. Naturalmente la costituzione francese si risente di queste origini spurie. Ad on ta dei ritocchi subiti già a varie riprese, essa è rimasta una transazione tra la monarchia e la repubblica, fra il principio conservatore e il principio democratico. Gli orleanisti, se accettarono di rinunzia re al Re, vollero però ch3 il regime nuovo conservasse tutti i caratteri della monarchia borghese e moderata di Luigi Fi lippo. La principale concessione ottenuta allora dalle destre fu l'organizzazione data alla Camera alta. Ecco perchè la celebrazione dal cinquantenario repubblicano suona oggi al Lussemburgo diversamente che non a palazzo Borbone. Al Senato il presidente De Selves ha reso omaggio soprattutto alle garanzie di stabilità rappresentate dalla carta statutaria. Alla Camera, Painlevó esaltò con discrezione le capacità di adattamento, le facoltà evolutive della legge del '75, proclamandola destinata » ad adattarsi in avvenire ai grandi problemi sorti sulla strada delle n'^ioni moderno ». In queste differenze di tono c'è tutto il contrasto politico che in questo momento divide i partiti francesi. Parlando dello statuto i portavoce della maggioranza carrellista pensano sopra ogni cosa alla necessità di consolidarvi meglio le prerogative democratiche e alludono, per cominciare, alla riforma del Senato. « La costituzione — si chiede il Quotidicn, — ha essa davanti a sè ancora molti anni di vita? Sì, se essa evolve come ha evoluto; se non si fisserà in una immobilità che sarebbe mortale. Le ruote della macchina parlamentare non rispondono più alla complessità dei bisogni e delle operazioni di una democrazia che deve essere anche economica e non soltanto politica. Le ruote scricchiolano, si storcono, si urtano. Non è possibile che il Senato continui ad avere dei poteri tali, che la sua resistenza possa fare, andare a monte questa o quella legge votata dalla Camera, la quale è sorta dal suffragio universale diretto. Non è possibile che il Senato sia un ostinato difensore degli interessi conservatori, come Mac Mahon aveva chiesto, e che passa opporre una barriera in sormontabile alle riforme sociali. Se la costituzione evolve, essa avrà la longevità della sua sorella, la costituzione degli Stati Uniti, e i nostri figli potranno celebrarne il suo centenario. Possano essi, più fortunati di noi, celebrarlo con la certezza della pace, in mezzo al trionfo della Società delle Nazioni ». Tale non è precisamente l'opindone della stampa conservatrice, la quale, lungi dal riconoscere la necessità di riformare lo statuto, trova che la maggioranza parlamentare sovverte già troppo il paese, imponendo, con la legge sull'esercizio finanziario discussa a galoppo in questi giorni, le limitazioni del regime della divisione di beni fra coniugi e della libertà di donazioni che, sotto pretesto di evitare la frode fiscale, approdano ad una vera riforma del codice civile. Nè, a parte la questione statutaria, mancano nelle manifestazioni delle destre, segni di ostilità contro la Repubblica, così quale essa è. L'Ere Nouvelle può scrivere con profonda amarezza: « I discendenti di quei borghesi che fondarono la repubblica, che la. difesero giorno per giorno, durante degli, anni, non provano che dello sdegno per « Marianna ». La scuola normale è realista. La gioventù dorata del quartiere latino, venuta dai mercanti di guerra, chiama la restaurazione e ingiuria Edoardo Herriot alla Sorbona. I parvenus propendono verso il legittimismo. L'ordine sacro degli avvocati pianta il fiordaliso sulla toga. Il Consiglio di Stato getta nella fogna il franco repubblicano, e Sua Eccellenza 11 siderurgico, sazio dei benefizii di guerra, si fa sempre più insolente, dimenticando il tempo in cui portava il camiciotto azzurro degli operai, e lancia fra due buffate di fumo del suo sigaro avana, il suo disprezzo per i radicali ». Comunque, non ostante ì riflessi malsani gettati sul regime repubblicano da vizi e degenerazioni economico-sociali, che sono oggi comuni a tutte le forme di consorzio politico, è un fatto che il paese si mantiene, nel suo complesso, attaccato oltre che fedele, alle istituzioni che lo reggono. « La Repubblica è il popolo — scrive ancora l'Ere Nouvelle. E' il popolo che durante questi cinquanta anni fu il suo amico, il suo appoggio, il suo ispiratore. Ogni volta che essa fu minacciata dagli avventurieri, essa chiamò in soccorso il popolo, il popolo delle città e quello delle campagne ». Il popolo francese non si è abbandonato oggi ad espansioni commemorative rumorose; ma la stessa composta serietà del suo contegno prova come, a dispetto di tutte le mene dei reazionari- di ogni risma, la intangibilità delle libertà conquistate sia '• ai suoi occhi, dogma sacro e indi- ormai, scutibile. C. P. L'« Agenzia Stefani » riceve da Parigi, 85: Nell'aprire la seduta pomeridiana della Camera il presidente Painlévé ha pronunciato una breve allocuzione per commemorare il 50.o anniversario della Costituzione francese: egli ha parlato dinanzi ad una sessantina di deputati. Alla fine del breve discorso del presidente, il deputato comunista Renaud Jean gridò due volte . Viva la repubblica dei sovicti di Francia! » provocando vive prò teste negli altri banchi. Herriot dal banco del ministri pronuncia alcune parole in risposta al decorso del Presidente della Camera La Camera riprendo quindi la discussione del bilancio delle Finanze.

Persone citate: Ebert, Edoardo Herriot, Herriot, Luigi Fi, Mahon, Renaud Jean, Wallon