L'inizio della discussione

L'inizio della discussione L'inizio della discussione Roma, 12, notte. La seduta comincia alle ore 15, sotto 'la presidenza del presidente, Tommaso Tittoni. Si discute brevemente e si approva il disegno di legge : « Conversione in legge del R. D. 15 maggio 1934, concernente il riordinamento dell'Istituto Agricolo Coloniale Italiano di Firenze ». Si inizia quindi la discussione della legge elettorale. L'aula si affolla. Al banco del Governo siedono gli onorevoli Mussolini, Fe.derzoni, Tahon di Revel, Nava e Ciano. 11. PRESIDÈNTE dà la parola al senatore j».-' L'on. Abbiate ABBIATE: — Nel novembre 1923 da questa tribuna io mi opposi alla riforma elettorale, clie era stata proposta da questo stesso Governo, perchè vulnerava profondamente nell'equivalenza politica dei cittadini il suffragio universale, perchè ledeva la nostra pratica costituzionale. Mi opposi perchè in quella legge, foggiata dal Governo con chiari Intenti di precostiturrei una pletorica maggioranza nella 1 CaineTa elettiva, io ravvisavo un pericolo per il nostro Paese. Una legge che Sd una piccola parte dei cittadini votanti possa conferire i due terzi dei seggi della Camera elettiva è una legge pericolosa, che può dare funeste sorprese: è una spada di Damocle pendente sui destini del popolo. Questa essendo stata ed essendo la mia convinzione, voi comprenderete come io, oppositore aperto non da ieri, ma dagli inizi del suo trionfo, del principit e dei metodi di questo Governo, non possa, anzi non debba- porre pregiudiziali politiche alla discussione di questa seconda riforma, che viene, per opera dello 6tesso Governo,, ad annullare la prima, da me considerata pericolosa per il mio Paese. Non opporre pregiudiziali alla discussione di questa riforma non vuole però significare che io sia insensibile alla tristezza ed alla tristizia dell'ora politica che il nostro Paese attraversa, alle parole ammonitrici di angoscia e di protesta che eminenti statisti hanno sentito il dovere di esprimere innanzi alla Camera elettiva; questo soltanto vuole significare che io considero la presentazione della riforma elettorale e l'appello al Paese come due momenti distinti nell'azione politica del Governo. Sistema maggioritario assoluto « I due caratteri fondamentali del progetto di legge che discutiamo sono questi: abolizionfe completa dell'elezione proporzionale ed abbandono del collegio nazionale per ristabilire il collegio uninominale. La legge vigente e quella che ora ci è proposta hanno in comune un fondamentale carattere: l'elezione a sistema maggioritario. Ma la maggioranza relativa ha un limite minimo nella legge vigente e non ha limite nel progetto in discussione. La proporzionale, che nella legge vigente era 6tata conservata in funzione subdola disgregatrice delle minoranze, nel disegno di legge che discutiamo scompare. Meglio cosi: piuttosto che conservare uria proporzionale tralignata, violentata nella sua nobile funzione di giustizia distributrice, meglio sopprimerla. Ma codesta soppressione, salutata con gioia da molti che nel 1919 con gioia salutarono l'abolizione del collegio uninominale, codesta soppressione non può non generare tristezza in quelli che della proporzionale erano stati convinti precursori e l'avevano lungamente desiderata e promossa ed alfine conseguita, non come un sistema elettorale di par» te, non come affermazione partigiana di un principio politico, ma come un atto di giustizia, come conseguenza logica e necessaria del suffragio universale. Tristezza, non tanto perche in Italia oggi venga meno un sistema di elezioni adottato variamente in qua6i tutti i paesi di Europa, ma per la riprova, che in questa occasione è solenne, della fallacia e dell'ingratitudine dei giudizi umani singoli e collettivi. Si voleva un capro espiatorio della crisi politica seguita In Italia, come negli altri paesi, all'immane guerra. E' cosi facile trasferire la causa dei mali dagli uomini alle leggi ed agli istituti; è cosi facile crearci un alibi alla responsabilità di ciascuno e dì tutti I II suffragio universale e la democrazia — che sono poi. una sola cosa — ecco la testa di turco, contro la quale si sfoga la rappresaglia per una orisi politica, che parzialmente può essere imputata agli errori degli uomini; ma in massima parte fu conseguenza inevitabile di un cataclisma quale la storia nei suoi annali raramente ricorda. Ma se la democrazia si può vilipendere impunemente, il suffragio universale, per contro, non è facile da toccare. Non. ritengono opportuno toccarlo neppure quei partiti che spregiano il numero ignorante e imbelle, ed esaltano lè minoranze onniscienti e dinamiche. E allora, non si tocca il suffragio universale, ma si annulla la proporzionale che lo valorizza e lo completa; si ricorre ad altri accorgimenti per limitare la potenza del suffragio, senza dirlo. Le ironia della Moria « I metodi di attuazione di un sistema, sperimentato per un tempo irrisorio, in un momento caotico della vita nazionale, sono additati come difetti organici del sistema e l'instabilità dei Governi, più volte sperimentata in passato nel nostro ed in altri paesi, è imputata alla proporzionale, ed il malcostume parlamentare, che già in passato abbiamo sofferto, viene attribuito alla proporzionale. E' cosi appassionata l'accusa, che dimenticano l'immenso beneficio della proporzionnle anche quelli che nel 1919 l'hanno approvata, perchè, giova ripeterlo a coloro che facilmente obliano o vogliono obliare, nel 1919 la proporzionale ha conservato all'Italia le 6ue istituzioni plebiscitarie. Si abolisce la proporzionale perchè non 6i vogliono governi di coalizione, nascenti da compromessi e transazioni tra partiti e uomini. Presentata al Senato m riforma elettorale del 1923, il Governo illustrava quel sistema colla seguente ragione: • jtl sistema che vi proponiamo afferma il principio di sovranità popolare, in base ad una presunzione di legge, affatto estranea alle transazioni ed al tornaconto degli uomini ■. La verità di quest'affermazione rifulse dinanzi agli italiani l'anno passato, nella vigilia elettorale, durante la laboriosa gestazione di quella lista nazionale, additata alla sovranità da una pentarchia, sicaria del Governo e del Partito, che il Senato non può avere dimenticato. Non 6i vogliono governi di coalizione parlamentare e si escogitano leggi elettorali che sembrano fatte apposta per provocare coalizioni elettorali. • Non io farò la critica del sistema che si vuole ristabilire. Se volessi farla mi sarebbe facilissimo. Non avrei che da scegliere le più eloquenti orazioni fatte nel 1919, da alcuni dei più ardenti sostenitori della riforma odierna. Il più autorevole degli oratori, nel maggio del 1919. al secondo convegno nazionalista, discutendo della riforma elettorale esclamava: «Io so, purtroppo, che cosa significhi essere deputato di un collegio uninominale e se un piccolo vanto credo lecito attribuirmi, è proprio questo: di essere riuscito, malgrado tutto, ad essere e fare.il deputato nazionalista, nonostante cioè 11 duro e spesso mortificante facchinaggio, involontariamente imposto dai vincoli col corpo elettorale ». FEDERZONI {del Quale l'oratore cita le parole) sorride. ABBIATE: — Ineluttabilmente, contro ogni volontà, le clientele locali, che la proporzionale aveva spezzato, si ricostituiranno. Nell'ambito collegiale di poche migliaia di persone, le violenze ed i brogli! potranno esercitarsi con maggiore efficacia che non nell'ambito di centinaia di migliaia di elottori, e Dio voglia che In un periodo come questo, rovente di passioni e di odi, il ritorno al collegio uninominale non sia, tra gli uomini di uno stesso borgo, di uno stesso villaggio, causa di lutti e di- dolori da aggiungersi ai troppi ohe concordemente deploriamo. Io non sono cosi vecchio da non poter sperare che' la vita mi duri per assistere alla rivendicazione della proporzionale da parte di molti che oggi la condannano. Con questa confidenza, io non dò alla proporzionale il saluto sconsolato che si dà ad un morente. So che in questa Assemblea, nella difesa di questi principii, io mi trovo in piccola compagnia, ma so anche che in quest'Assemblea — e forse anche nel paese! — ogni onesta convinzione, anche se opposta a quella prevalente, ha diritto dì cittadinanza e anche so che il mio pensiero e la «ria fede hanno nel paese vasti consensi. Sonò il pensiero e la fede di una grande parte delle masse popolari e, per ouosto, senza tema di peccare di risibile orgoglio, io posso ripetere serenamente qui l'antico motto: « Etsi omnes, nos noni». Ho fede nella proporzionale, come nella libertà e nella democrazia. Sento nel mio intimo che non sarà lontano 11 giorno in cui dal libero suffragio queste verranno restituite al popolo italiano» (mormorii e commenti). Voci: — No! Noi PRESIDENTE : — Le questioni non si risolvono dicendo dei si o del noi Senza ballottaggio, I 6 giorni a le 400 Armo ABBIATE, continuando: — Chi voglia una prova che nella rifomna del 1923, nonché nella riforma presente, lo spettro nero non dimenticato è l'indebolimento del suffragio universale, faccia un attento esame di questo disegno di legge. Ho già detto che esso ha comune con la legge del 1923 l'adozione aeDa maggioranza relativa per l'elezione dei deputati, senza alcun limite minimo, nè del numero dei voti necessari per essere eletto, ne del numero dei votanti necessario per la validità dell'elezione. L'abolizione del ballottaggio è intimamente connessa col sistema della riforma, che vuole indebolire il suffragio universale; tutto questo poi a prescindere dalle frodi che si potranno ingegnosamente esercitare: ad esempio, l'artificiosa moltiplicazione di candidature, per conseguire una larga dispersione di voti, ed abbassare il livello di maggioranza necessario per essere eletto. Ma vi sono anche disposizioni rivelatrici dello spirito della riforma. Il nostro Ufficio centrale le ha combattute con parole degne di approvazione. La maggiore virtù dell'elezione a collegio uninominale — dicono i sostenitori di tale sistema — è quella di dare agli eletto* ri la massima libertà nella scelta oel candidato politico. La conoscenza della persona, delle sue abitudini, dei suol costumi è per l'elettore la migliore guida nella scelta. Orbene, per potenziare al massimo questa virtù del collegio uninominale, il Governo vuole che, entro sei giorni e mezzo dalla pubblicazione del decreto che indice le elezioni, 400 elettori del collegio (che un candidato di opposizione troverà colla massima facilità in questi tempi dinamici I) 400 elettori, dicevo, che spontaneamente rinunzieranno alla segretezza del voto e forse alla loro incolumità fisica, debitamente riconosciuti dal notalo, debitamente muniti del certificato elettorale, provvedano a dichiarare la candidatura nel capoluogo della provincia presso la Commissione elettorale. Questo, naturalmente, per le candidature nuove. Per i deputati uscenti di questa legislatura, eletti in base ad una legge che sarà abolita, secondo un sistema che sarà cambiato, nell'ambito di una circoscrizione nazionale e non nell'ambito di un collegio uninominale, per deputati di una tale legislatura, nessuna difficoltà e la maggior parte di essi sarà tenuta alla nuova fonte battesimale, 6a non dalla pentarchia, dal Governo, affinchè essi realizzino questa sonora previsione che leggiamo nella relazione del Governo al Senato: «La diretta scelta dei candidati da parte degli elettori, veri giudici di uomini le cose, determinerà una rappresentanza par¬ lamentare più aderente alla realtà degli interessi del paese ». « E, inane, un ultimo saggio di ossequio al suffragio universale in questa riforma è dato dall'abolizione della scheda di Stato. Era l'unica C06a buona della riforma del 1923, era la garanzia assicurata ad ogni elettore di votare per il candidato preferito. Fu tolta sotto il pretesto che la 6tampa e la distribuzione in ogni provincia della scheda di Stato avrebbe provocato complesse difficoltà, laddove 6 chiaro che il trasferimento di quell'operazione dall'Autorità centrale di tutto il Regno alle Autorità provinciali per ogni singola provincia l'avrebbe • alleggerita e sveltita. Elezioni e pubbliche libertà « lo, proporzionalista, discuto, ma non approvo il ritorno al sistema maggioritario a maggioranza relativa, ma sono solidale coll'Unicio Centrale nella difesa del diritto del Senato a volere quelle modificazioni di un disegno presentato al suo esame che esso ritenga necessarie. Non è dinanzi a noi un trascurabile progotto di ordinaria amministrazione, ma una legge organica e fondamentale.- Respingo la tesi che la legge elettorale politica sia di particolare competenza della Camera del deputati, come quella che riguarda esclusivamente quella Camera. No, la legge elettorale politica riguarda esclusivamente la sovranità popolare. Di una legge clie integra la costituzione del Regno e la costituzione del Regno sono custodi, di pari grado, di pari competenza, Senato e Camera. Non nego che in particolari occasioni e per leggi che non siano di questa fondamentale importanza che il Senato possa e debba considerare l'opportunità di evitare il rinvio di un progetto alla Camera elettiva, ma nei sei anni in cui ho l'onore di appartenere a questo Consesso troppe volte ho sentito invocare questa opportunità per sollecitare l'integrale approvazione di disegni di lagge che 6tavano a cuore del varii Governi. U dovere di tutelare, per mezzo di nuove leggi, la libertà degli elettori e l'indipendenza del voto popolare," si impone maggiormente ni Senato nell'ora presente della vita civile del nostro Paese « Alla vigilia della discussione di questa riforma dinanzi alla Camera, il 7 gennaio 6corso, nel bollettino ufficiale di una seduta del Consiglio dei ministri era dato questo testuale annunzio: « Il Presidente ha comunicato ai colleglli che ad. approvazione compiuta della nuova legge, elettorale la sessione potrà essere chiusa e quindi convocati i nuovi comizi ». L'annunzio ufficiale dato al Paese della possibilità di un immediato scioglimento della Camera e della convocazione dei comizi ha trasferito questo atto, che è fondamentale nella vita costituzionale del Paese, dalla sfera insindacabile delle prerogative sovrane alla sindacabile sfera delle responsabilità ministeriali. Perciò la discussione di questa riforma non può prescindere dalla. valutazione politica di un prossimo appello agli elettori. Orbene, io sento il dovere di dichiarare da questa tribuna, che è la 6o!a dalla .quale 6i possa oggi parlare liberamente al Paese, che non-riten go possibili le elezioni generali politiche in un periodo di sospensione delle pubbliche libertà. La sovranità popolare non può affermarsi quando è spogliata dei suoi attributi essenziali: la libertà di riunione, di associazione e di stampa. Chi consideri a che cosa è ridotta oggi la manifestazione del pensiero nella nostra vita pubblica, non può non sentirsi mortificato ed umiliato (Commenti e rumori). E l'appello accorato delle maggiori organizzazioni di stampa ai membri del Parlamento suscita nell'animo mio una commossa rispondenza. Io posso ammettere che un maggiore senso di responsabilità in una parte della stampa sarebbe stato doveroso nell'interesse del Paese e per l'autorità della stampa stessa; ma il Governo, che ha poteri quali nessuno dei Governi ha avuto, che è custode della legge per osservarla e farla osservare, non per sospenderne l'osservanza, che è responsabile della Costituzione davanti al Re, al Parlamento ed al Paese, per osservarla e farla osservare, non per sospenderne l'osservanza, il Governo che continua a confondersi col partito e non sa sottrarsi alle fazioni del partito, il Governo ha assunto una non comune responsabilità, della quale non gli è lecito chiamare giudice il Paese in un momento di compressione intimidatrice. Ed il giudice, il Paese, giudice supremo, dovrà pronunciarsi, ma nella normale pienezza del suoi diritti statutari e con la dignità di un popolo che le sue libertà ha conquistato a prezzo del suo sangue. L'autorità di questa tribuna, dalla quale ho l'onore di parlare, è grande. Io vorrei che da qui l'invito fervido al mutuo rispetto tra i cittadini, ad una convivenza pacifica e fraterna, scendesse suadivo nell'animo degli italiani di ogni parte. La voce di Massime D'Azeglio « Nell'atto in cui 6to per chiudere questo discorso mi tornano alla memoria le parole di un grande italiano. Nel giugno del 18G5, alla vigilia delle elezioni politiche, Massimo d'Azeglio da Cannerò dirigeva agli elettori una lettera, che, per essere scritta pochi mesi avanti la 6ua morte, ha valore di un testamento politico. Era senatore, non desiderava, non chiedeva nulla (che mai avrebbe potuto desiderare di più autorevole ed ambito che la riverenza italiana dalla quale era circonfuso?). Ma gli agitava l'ainiimo una grande passione: l'Italia, e lo contristava un grande dolore: i dissensi degli italiani. Ed a questi cosi parlava: « Bando agli equivoci e parliamoci chiaro. Si, il nostro grande peccato sta sempre in noi ed è tuU t'altro che vinto. SI, tutti abbiamo in un cantuccio del cuore un po' di guerra civile; anch'io. SI, anch'io. Non sono italiano per niente. Ma io e noi e tutti quanti 6i avrà a calpestare questa fatale favilla sinché 6arà pure alla fine soffocata per sempre. Non ci illudiamo. Questo è sempre, o laterite o patente, il morbo che ci distrugge ». E poi soggiungeva questo ammonimento: «Non è bello soffocare la voce di nessun partito, di nessuna opinione. Era la massima dell'assolutismo, e se fosse buona si è veduto. Lasciamo che tutto venga meglio alla luce, che tutto 6l mostri, che tutto passi al crogiuolo della libera discussione, che a tutti sia applicato il diritto comune. Conosco che per elevarsi ad un tale livello è necessaria una fede incrollabile e feconda nella libertà, che non ha potuto avere il tempo di entrare nei nostri costumi. Per ora si recita da uomini liberi coi prinqipii del dispotismo. Queste trasformazioni esigono del tempo. A noi sta dt accorciarlo col nostro senno ». ■ Sono trascorsi CO anni da quel giorno. Si sono compiuti memorabili eventi nella nostra storia ed ancora quella trasformazione non è avvenuta. Massimo d'Azeglio la invocava dal senno, invochiamola pure noi, dal senno e dal cuore dei governanti e dei governati, dal senno e dal cuore di tutti gli italiani » (Applausi e congratulazioni). L'on. Ruffini RUFFINI:' — Comincio con una premessa ed una dichiarazione: la prima è che si deve reagire alla tendenza, che anche in questa occasione si è manifestata, a considerare una legge elettorale come cosa di Interesse u di spettanza della sola Camera del deputali, rjuasi che ogni leggo elettorale non Bia da considerarsi invece come una specie di nuova costituzione, la quale, quindi, non può non interessare l'Intiero Parlamento. La dichiarazione poi è questa:" che intendo di prescindere dai miei immutati convincimenti proporzlonalistici. Mi dichiaro, cioè, sempre persuaso della superiorità del sistema di elezione proporzionale sopra il maggioritario, e sono convinto che la proporzionale rese, segnatamente nel 1919 un grónde servizio al Paese, impedendo che esso si scindesse in un Settentrione quasi esclusivamente socialista e in un Mezzogiorno liberale. Ritengu che gli inconvenienti lamentati siano derivati da mala applicazione del sistema proporzionale che si lasciò traboccare dalla sfera delle elezioni, che è la sua propria, in quella della legislazione e dello stesso Governo, contro il principio fondamentale di un vero e sano proporzionalismo. La mia impressione, di fronte al presente brusco ripristino del Collegio uninominale, è come se il popolo italiano sia stato rimesso in una condizione di minorità politica, da cui confida esso saprà in tempi più favorevoli risorgere. Stimo però inutile insistere su questi rilievi in un ambiente come quello del Senato cosi saturo di nostalgie unlnominalistiche e di avversioni proporzionalistiche. Due elementi perturbatori « Farò una critica del disegno di legge partendo da un punto di vista prevalentemente tecnico. Due sono le mende essenziali del disegno, t'una è di aver trasportato nel congegno elettorale unlnominalistico elementi che sono peculiari del sistema proporzionale e quindi sono qui non solo elementi eterogenei, ma profondamente perturbatori del nuovo congegno; l'altra è d,i avere bruscamente adottato l'antico sistema uninominale inglese, le cui ragioni storiche non si riscontrano punto nel nostro Paese e quindi agiscono anch'esse co-me dati pertuTbatorl e contraddittori della nostra tradizione uninomin&listica italiana. I caratteri tipici del sistema uninominallstico italiano, che fu in vigore dal 18/,8 al 1882 e dal 1891 al 1919, sono costituiti dal rapporto più diretto immediato e intimo dell'elettore coll'eletto, che nessun sistema unìnomlnalistico abbia creato mai iri nessun.altro Paese. Di qui la limitata libertà di scelta individuale da parte dell'elettore fino all'ultimo momento, fino a quello di deporre la scheda- nell'urna; qui ancora l'assoluto segreto del voto garantito indistintamente a tutti quanti gli elettori, di qui inflne la possibilità di candidature spontanee offerte a uomini eminenti che furono gloria della nostra vita pubblica. Orbene elemento estraneo e simile al nostro non glorioso sistema della candidatura è l'obbligo della presentazione fiancheggiata da ben 400 firme che era una recessità nel sistema proporzionale. « Ma nel sistema proporzionale cotesta violazione del segreto del voto era quantitativamente attenuata cosi dall'ampiezza del collegio elettorale, ove i 400 firmatari costituiscono un minoranza incompatibilmente più esigua in confronto del numero degli elettori, come d'altra parte, dalia circostanza che allora a cadesti firmatari si richiedeva esclusivamente di pronunziarsi palesemente per una lista, e cioè per un programma, lasciando loro ancora una certa, libertà di scelta personale e segreta entro alla lista, mercè il voto di preferenza. Con il sistema odierno 1 400 firmatari 6ono costretti a pronunciarsi palesemente 23 giorni prima delle elezioni in favore di un uomo, e tutti gli altri elettori sono vincolati alla proposta di codesti 400. > L'antico sistema elettorale inglese è una cosa cosi propria a quel paese, che il conte dt Cavour, il padre (come egli stesso 6i vantava di essere) della prima legge elettorale italiana, quella del 17 marzo 18-48, non ne volle sapere, ad onta della sua anglofilia e ciò«,(come egli pure ebbe a dichiarare espressamente) per desiderio di fuggire le imitazioni straniere e di dare alle nostre istituzioni polìtiche una foggia veramente italiana. Il regime elettorale inglese era ed è tuttora costituito da due momenti" o attti sostanzialmente distinti : la nomina e l'elezione. La prima consisteva nella presentazione personale del candidato a tutta la popolazione del collegio, la quale, se egli'era il 6olo a presentarsi, lo acclamava deputato 6enza che occorresse più addivenire all'elezione o scrutinio, proprio come oggidì può ancora accadere per quelle elezioni tradizionali quale si conserva quella pontificia. Di qui è rimasto nel diritto elettorale inglese il principio che il candidato 6enza competitori sia dichiarato senz'altro eletto. Ma più cose sono a considerare : prima di tutto che codeste elezioni diremo cosi automatiche vanno in Inghilterra diminuendo. Esse furono circa 200 nelle elezioni del 1900, non superarono le 40 in quelle del '24. Ad ogni modo colà si tratta di trapasso da elezione ad elezione in collegi costituiti uninominalmente da secoli, per lo più nei collegi delle università, le quali in quei paesi- costituiscono dei collegi politici ; che per la presentazione del candidato basta la firma di 10 elettori e infine che da codesto obbligo non è punto esonerato il deputato uscente, il quale non gode di nessun privilegio giuridico in confronto del candidato nuovo. Una finzione opportunlatioa « Il disegno della Commissione della Camera non tende dunque ad altro che a mascherare sotto la foggia inglese una figura nuova nella storia elettorale di qualunque popolo, e cioè quella che il disegno di leggo un po' fantasmagoricamente qualifica come: deputato uscente della Camera immediatamente sciolta. Cotesto deputato uscente è una specie di anima penante in cerca di un collegio. Egli sta per passare invero non da un collegio uninominale ad un collegio uninominale, come in Inghilterra, ma si stacca come una meteora da una nebulosa elettorale, come è quella del cosldetto «listone» del 1924. Manca quindi nella grande maggioranza dei casi anche quel minimo di base elettorale, che là relazione della Commissione della Camera generosamente gli regala, considerandola come equivalente alle firme richieste per gU altri candidati. Ora codesto privilegio di poter presentare la propria candidatura con una semplice dichiarazioni! unilaterale, senza cioè il concorso e il consenso di anche uno solo degli elettori, non costituisce solo un privilegio di per sè stante ; es60 costituisce lo strumento, mercè cui il deputato uscente sarà in grado di sfruttare realmente l'altro enorme vantaggio della elezione automatica di qualunque collegio del Regno, nel caso che all'ultimo momento le altre candidature 'mancbino o decadano per uno di quei molteplici vizi che la legge contempla. Per il deputato uscente il porre la propria candidatura all'ultimo quarto d'ora di tempo utile è una inezia; per il candidato nuovo, legato al requisito delle 400 firme, una assoluta impossibilità, ed è facile immaginare quali aiuti un deputato uscente, segnatamente se appartenga al partito dominante, possa avere per giovarsi efficacemente di 'tale privilegio in qualunque angolo della penisola, da cut una complacente comunicazione telegrafica o telefonica, con precedenza assoluta, segnala una simile possibilità. In quel collegio 11 deputato uscente può non conoscere una sola persona, può non recarvisi neppure di persona, può non richiedere neppure il voto di un solo elettore: egli sarà lo stesso dalla sera al mattino 11 deputato di quel collegio. Il che è semplicemente enorme. L'arbitrio nello circoscrizioni elettorali «Un'ultima questione non meno e forse praticamente anche più grave della precedente è quella delle circoscrizioni elettorali, che il potere esecutivo si 6 riservato con l'art. 40 del disegno di legge di formare. L'importanza della formazione e della estensione del collegio è massima in regime di collegio uninominale. Ricordo come l'imperioso ministro dnumascnssuOpari cPlhelplrcFaSnmmtcqbsazpszzEdMalvnmtplcstspnpdpètdfcdseoftpldgbtmsmmtcfic4rnzstrrcrldtltistaGdvssmsmdhdssdtoims*rRvGan dell'interno Xicotera avesse tentato, quando nel 1891 fu ripristinato in Italia il collegio uninominale, di arrogarsi tale facoltà, e come si debba all'aliar» deputato Cefaly di avere in tale frangente salvato questo geloso privilegio dei potere legislativo. E' vero che la legge del 1919 dà la facoltà al Governo di formare i collegi; ma tele potere discrezionale era allora contenuto in molto ristretti limiti, e cioè alla facoltà di formare un solo collegio di due Provincie finitime. Ora invece il Governo ha il potere di manipolare le circoscrizioni elettorali per entro alle varie Provincie; potere esorbitante e pericoloso specie nelle Provincie più vaste, ove i collegi possono superare la ventina. Ciò è contro a Ogni più sana tradizione politica. PrescindeaStfo da quegli Stati, i quali, come la Norvegia nella sua costituzione del 1914, hanno creduto questa delle circoscrizioni elettorali materia cosi alta, da inserirla nello statuto fondamentale, il più degli Stati perù la considerano materia riservata alla legge. Tre sole eccezioni conosco a tale diritto comune e tutte e tre niente' affatto lnr coraggianti: quella del Secondo Impero, in Francia, che si servi di tale strumento per asservire il Parlamento; quella di alcuni Stati germanici, ove però tale potestà governativa diede luogo a quella che colà si chiama geometria elettorale, poiché dai dati demografici e geografici 1 collegi erano formati assumendo le più strane figure geometriche, a capriccio del Governo, e finalmente quella degli Stati Uniti d'America, ove l'arbitraria formazione dei collegi elettorali costituisce una delle armi usuali che i partiti al Governo adoperano nella loro guerra senza scrupoli .contro gli avversari. Il sistema prese colà il nome curioso del .sistema della salamandra poiché la carta delle circoscrizioni si presentava colle più fantastiche sere, ziature come la pelle di questo animale. Esso fu adoperato soprattutto contro i poco desiderati elettori e candidati di colore nero. Mi auguro che ora il nostro Governo non abbia a disegnare delle salamandre elettorali con opposta colorazione, e cioè a tutto vantaggio di quei candidati che nera abbiano, non già la pelle, ma solamente la camicia « (approvazioni, congratulazioni). «L'on. Zappi ZAPPI parla per una dichiarazione di voto. I due discorsi degli oratori che lo hanno preceduto sono stati contrari al disegno di legga ed alla politica del Governo. Le 6ue dichiarazioni saranno favorevoli. Prendendo lo spunto dalle paiole dette dai senatori Abbiate e Ruffini, considera il disegno di legge • sotto un duplice aspetto, tecnico e politico, per dedurne il suo giudizio circa l'opportunità della presentazione e dell'eventuale applirazione della legge proposta, inquadrandoli nella situazione generale politica del paese. La parte tecnica del disegno di legge è stata illustrata cosi efficacemente dal reta- , tore, che poco rimane a dire; tratterà quindi della pai te politica ohe l'Ufficio centrale deferisce all'esame del Senato. L'oratore dichiara di esser favorevole alla soppressione del ballottaggio perchè l'eletto con questo sistema rappresenta una compagine elettorale e perchè la maggioranza dei deputati cosi ottenuta è omogenea e tale che essa si può formare un governo che risponda alla volontà del corpo elettorale appositamente interpellato, mentre col sistema del ballottaggio l'eletto spesse volte rappresenta il risultato di transazioni programmatiche. Se col collegio uninominale sarà garantita a tutti la libertà dell'esercizio del voto, l'atmosfera elettorale ne risulterà tale che tutti respireranno meglio elettori e candidati. Confida che questa libertà sarà fatta rispettare, perchè la migliore legge elettorale diventerebbe pessima, qualora fosse applicata con criteri- partigiani. Una disposizione grave è quella per' cui si indice un termine di 7 giorni per la firma di 400 elettori per la presentatane dei candidati. Non è che non si possano trovare 400 firme, ma difficilmente si potranno trovare 10 persone che firmino apertatht'nte Innanzi al notaio. Crede quindi che la disposizione potrebbe essère d'impaccio. Egli non. sa se il Governo abbia un pensiero recondito, ma ritiene che approvata e applicata la riforma elettorale essa potrà contribuire a S ristabilire la pacifica convivenza sociale. E" convinto che un cambiamento di governo ci riporterebbe alla situazione del 1919, perche la maggioranza dell'opposizione è composta da quei sovversivi che produssero quella situazione. Ogni governo ha le sue manchevolezze e commette errori, ma con serena e patriottica obbiettività non si può dubitare delia risposta che darebbe il Senato al Governo se questi domandasse la fiducia, e perciò voterà per 11 passaggio alla discussione degliarticoli ed a favore dell'o. d. g. di fiducia al Governo, sicuro di compiere cosi un atto di devozione verso il paese (approvazioni). Il voto tu) bilancio delle Comunicazioni Il Presidente proclama il risultato della votazione sul disegni di legge inviati allo scrutinio segreto. Sono tutti approvati, n risultato della votazione del bilancio delle comunicazioni è 11 seguente: 207 favorevoli, 47 contrari. Per la- nomina di 2 membri del Consiglio superiore coloniale bisognerà procedere al ballottaggio. Iva seduta i> sciolta alle 18,30. Domani seduta pubblica alle ore 15. La eli dlf i